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SINTESI IN PRIMO PIANO – 12 giugno 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Lotta al Covid: AstraZeneca, stop agli under 60; green pass per 30 mln di italiani;
– Decreti attuativi arretrati: la scossa del Premier Draghi, “smaltirne subito un terzo”;
– Contrasto evasione fiscale: l’allarme del direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini;
– Terza edizione del Vertice italo-francese Confindustria-Medef;
– G7 in Cornovaglia: avanti con politica espansiva, crescita e tutela del lavoro;
– Vertice Nato: da lunedì a Bruxelles per il primo vertice in presenza dal dicembre 2019.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Repubblica
Autore:  Bocci Michele
Titolo: Il dietrofront su AstraZeneca Mai più vaccini sotto i 60 anni
Tema: Vaccini AstraZeneca
È durata cinque giorni la discussione degli esperti sull’utilizzo del vaccino AstraZeneca sui più giovani alla luce del netto calo dei contagi. Da lunedì a ieri ci sono stati incontri, verbali, riconvocazioni pomeridiane delle riunioni, documenti da correggere. Quando già molte persone, spaventate dalle prime indiscrezioni, iniziavano a disdire gli appuntamenti e alcune Regioni cancellavano i loro open day per i giovani, e dopo il caso della morte della diciottenne in Liguria, finalmente ieri pomeriggio si è deciso di comunicare la decisione presa, anticipata da Repubblica. Il vaccino di AstraZeneca da ora in avanti si farà soltanto a chi ha più di 60 anni. Dal punto di vista organizzativo ha ancora più impatto la seconda previsione, direttamente collegata a quella appena esposta. Tutti coloro che hanno dai 59 anni in giù e hanno già fatto la prima dose con il vaccino a vettore virale riceveranno il richiamo con Pfizer o Moderna. La novità entrerà da subito in vigore, ha detto il ministro alla Salute Roberto Speranza, annunciando una circolare. Ieri sera, malgrado i giorni di discussione non era comunque ancora pronto il verbale del Cts che sarà alla base dell’atto. Anche se cambieranno i vaccini utilizzati, resteranno identici i tempi del richiamo, che si farà quindi a 12 settimane dalla prima somministrazione di AstraZeneca. Le Regioni ieri sera iniziavano già ad organizzarsi, annunciando ai cittadini prenotati per la seconda dose nei prossimi giorni che riceveranno appunto un vaccino a Rna messaggero. Sono circa un milione gli under 60 che devono concludere il ciclo iniziato con AstraZeneca. Ad annunciare la nuova strategia in conferenza stampa sono stati Speranza, il coordinatore del Cts Franco Locatelli, il commissario straordinario, generale Francesco Figliuolo e il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro. Tutto nasce dal calo dei contagi. «In questo contesto epidemiologico – ha spiegato Locatelli – II Cts, sentita Aifa e le altre istituzioni sanitarie, ha ritenuto opportuno rivalutare le indicazioni all’uso del vaccino di AstraZeneca. Essendo mutato lo scenario, cambia il rapporto tra benefici derivanti dalla vaccinazione e rischi come le trombosi».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Savelli Fabio
Titolo: AstraZeneca, le nuove regole: richiami con un altro vaccino
Tema: Vaccini AstraZeneca
Il ministro della Salute Roberto Speranza ha detto che recepirà in maniera «perentoria» l’indicazione del Cts in una circolare attesa nelle prossime ore. Si tratta di una svolta. Decisa in un momento in cui quasi un italiano su due ha ricevuto almeno una dose e quasi uno su quattro ha completato il cido. Un cambio di strategia che però non investe il preparato Johnson&Johnson, stessa tecnologia di AstraZeneca a vettore virale. Locatelli dissipa i dubbi, al momento, su un vaccino usato ancora marginalmente che ha però il vantaggio di essere monodose: «C’è qualche segnalazione di fenomeni trombotici in sede inusuale, tuttavia c’è una frequenza minore e abbiamo un numero di soggetti che hanno ricevuto questo vaccino significativamente minore». E’ chiaro che il cambio di programma solleva più di qualche interrogativo sulla tenuta degli approvvigionamenti. Forniture che ora dovranno necessariamente essere ri-tarate immaginando il pesante sotto-utilizzo di Vaxzevria. Il commissario Francesco Figliuolo ritiene ci sia «sostenibilità logistica» sempre che non si verifichino «altri intoppi». È il segnale che la coperta si è improvvisamente accorciata. Un rischio che però al governo si sentono di correre anche per scongiurare che la campagna vaccinale s’inceppi del tutto nel caso in cui dovessero verificarsi altri casi trombotici su giovani e giovanissimi che finirebbero per alimentare il panico delle famiglie. Figliuolo dice che entro settembre «la previsione è di 9,5 milioni di dosi AstraZeneca», già scontando eventuali ritardi nelle consegne visto che nel programma di marzo la cifra era di 23 milioni. Altri 70 milioni arriveranno tra luglio e settembre tra Pfizer, Moderna e il tedesco Curevac, la cui approvazione dell’Ema, però, sta slittando.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Russo Paolo 
Titolo: Vaccini, il giro di vite AstraZeneca vietato sui minori di 60 anni
Tema: Vaccini AstraZeneca

Da oggi AstraZeneca è vietato ai minori di 60 anni. E chi sotto quella soglia di età doveva fare il richiamo con il vaccino di Oxford ora lo farà senza se e senza ma con Pfizer o Moderna, sempre a distanza tra le 8 e le 12 settimane. A questo punto bisognerà vedere se chi aveva già l’appuntamento fissato con AstraZeneca potrà presentarsi ugualmente ricevendo un altro vaccino, oppure se verrà richiamato per riprogrammare il richiamo. Dopo oltre due giorni di discussioni tra Cts, Aifa e ministero della Salute, alla fine si è arrivati a una soluzione che non lascia più spazi interpretativi alle Regioni, perché come annunciato dallo stesso ministro Speranza sarà lui ora, con una circolare, a trasformare in «una forma perentoria» quella soluzione che il Cts, come spiegato dal suo coordinatore, Franco Locatelli, ha «chiaramente raccomandato» ma non esplicitamente vietato. Del resto per tutta la giornata è stato un susseguirsi di appelli dei governatori, di centrodestra come di centrosinistra, a sollecitare un’indicazione chiara agli esperti del comitato e al ministero. Mentre in seguito alla tragica morte della 18enne Camilla Canepa, ovunque si chiudevano gli Open day aperti ai giovani. Pensati per smaltire le scorte del farmaco anglo-svedese che non ha mai convinto gli anziani, nonostante quei rari casi di trombosi collegati all’abbattimento di piastrine nel sangue siano quasi pari a zero tra chi è più in là negli anni. Diversa è invece l’indicazione per il cugino di Vaxevria, il vaccino di Johnson&Johnson, anch’esso a vettore virale, che come ci spiega Speranza continuerà ad essere «raccomandato» agli over 60, così come lo era prima. Una formulazione meno perentoria, che lascia ancora qualche libertà di scelta a chi, dai 59 anni in giù, volesse togliersi il pensiero immunizzandosi con una dose sola.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Rossi Emanuele 
Titolo: Intervista a Giovanni Toti – “Altro che uso fantasioso Seguite le indicazioni di Aifa e degli scienziati”
Tema: Vaccini AstraZeneca

Presidente Giovanni Toti, lei aveva chiesto che arrivassero certezze dal Cts, sull’uso di AstraZeneca. È soddisfatto? «Meglio tardi che mai. E speriamo che sia l’ultima volta che cambiamo le regole in corso d’opera. In tre mesi abbiamo fatto di tutto con quel vaccino, mancava la ricetta del pesto. Ma nessuno si deve permettere di dire che è stato usato in modo fantasioso dalle Regioni: le Regioni hanno usato AstraZeneca secondo quanto stabilito da Aifa e dal Comitato tecnico scientifico. Sino all’ultima circolare, del 5 giugno, che ribadisce che l’uso è per tutti i maggiorenni». Con le avvertenze però sul rischio di trombosi. «Si sapeva che era omologato e che c’era una quantità di casi avversi gravi pari a uno ogni centomila. Gli scienziati hanno ritenuto che fosse una percentuale accettabile di rischio e tutti i farmaci hanno controindicazioni». Il caso però è toccato alla Liguria, con la tragedia di Camilla. «Stiamo parlando di una tragedia eccezionale, la morte di una ragazza di diciotto anni è qualcosa che colpisce tutti noi, a prescindere da quali siano le cause, su cui ricordo che ci sono inchieste dei magistrati e della farmacovigilanza. La tragedia è che sia morta Camilla e niente la cancella, che sia per il farmaco o per le condizioni pregresse come la piastrinopenia». Non c’è stata una gara delle Regioni a vaccinare, a spingere sull’acceleratore? «No, c’è stata una volontà e un obiettivo del governo di unità nazionale, con la grande spinta del generale Figliuolo, ad aumentare il numero delle vaccinazioni. Il governo aveva proprio tra i suoi obiettivi quello di spingere sulla campagna vaccinale usando tutti e quattro i vaccini disponibili. C’erano timori? Allora si dovevano disdire gli ordini di AstraZeneca, senza considerare le indicazioni di Ema». Ci sono Regioni che però non hanno mai aperto all’uso peri più giovani. «Questo non le rende più o meno virtuose. È come se in Liguria decidessimo di non dare più l’aspirina perché può causare le ulcere».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Bartoloni Marzio
Titolo: Green pass a 30 milioni in Italia al via per vacanze, locali e feste
Tema: Green pass

Il green pass è pronto a entrare nelle tasche di 30 milioni di italiani: sono quelli che finora hanno ricevuto almeno una dose di vaccino (27 milioni) a cui si aggiungono circa 2 milioni di guariti dal Covid. Per i primi questo lasciapassare durerà 9 mesi che scatteranno 15 giorni dopo la prima iniezione, per i secondi 6 mesi dal momento della guarigione. Ma il green pass si potrà ottenere anche dopo un tampone negativo (72 ore di finestra) o un test antigenico (48 ore). Il certificato verde servirà per le vacanze in Europa con l’accorgimento che alcuni Paesi chiedono anche la seconda dose – ieri il Consiglio Ue ha varato definitivamente il regolamento sul green pass – e in Italia nel caso si vogliano raggiungere zone arancioni e rosse, ma anche per partecipare alle feste legate a cerimonie come i matrimoni o per accedere alle Rsa e agli ospedali. Ma il certificato verde, almeno nella versione italiana, si prepara a un possibile utilizzo massiccio che trova una ampia apertura al suo impiego nel decreto che ne disciplina l’attuazione in Italia e che il premier Draghi potrebbe firmare già nelle prossime ore. Si tratta dell’atteso Dpcm previsto dal decreto riaperture che ha appena incassato il parere con alcune osservazioni del Garante della privacy e che è stato messo a punto insieme ai ministeri della Salute, dell’Innovazione e al Mef e che apre un ampio varco al ricorso del green pass visto che attraverso una apposita app potrà essere verificato da una lunga platea di persone: oltre alle forze di polizia ci sono infatti personale di locali di intrattenimento, strutture ricettive (come gli hotel) o pubblici esercizi (a esempio i ristoranti) oltre a luoghi dove si svolgono eventi e spettacoli. L’articolo 13 della bozza del Dpcm prevede infatti che «la verifica delle certificazioni verdi Covid 19 è effettuata mediante la lettura» del Qr code, utilizzando «esclusivamente l’applicazione mobile» descritta dallo stesso decreto. Una app che consentirà a questi verificatori di controllare «l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione, e di conoscere le generalità dell’intestatario».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Rogari Marco 
Titolo: Decreti attuativi, Governo e Parlamento provano la svolta
Tema: Ritardi nei decreti attuativi

Oltre 3,5 miliardi per il 2021 dell’ultima legge di bilancio bloccati da quasi sei mesi. Altri 5,2 miliardi del cosiddetto decreto Agosto, varato la scorsa estate dal Conte 2 sull’onda dell’emergenza, che non più tardi della fine di aprile risultavano ancora fermi per stessa ammissione della Presidenza del Consiglio. Già in questi numeri c’è tutto il cortocircuito della mancata attuazione dei provvedimenti strategici varati dal governo a approvati dalla Camere. Che, settimana dopo settimana, si sta trasformando quasi in un caso politico, oltre che in uno dei principali ostacoli con cui sta facendo i conti Mario Draghi per fare ripartire il Paese. Il Parlamento continua incalzare il premier e tutto il governo. Soprattutto la Camera, con i presidenti della commissioni Affari costituzionali, Giuseppe Brescia (M5S) e del Comitato per la legislazione, il Dem Stefano Ceccanti, ovvero due degli organismi parlamentari con maggiore voce in capitolo su questo delicato tema, che sollecitano «più rapidità e trasparenza». Questa richiesta arriva alla vigilia di quello che potrebbe un incontro decisivo tra il tandem Brescia-Ceccanti e il sottosegretario alla Presidenza, Roberto Garofoli, per individuare una strategia comune Parlamento-governo che consenta di uscire finalmente dall’impasse. Un incontro che si terrà all’inizio della prossima settimana, probabilmente martedì, e che segue la decisa sollecitazione fatta da Draghi a tutto l’esecutivo nel Consiglio dei ministri di giovedì sera a recuperare il tempo perduto sull’accidentato terreno dei provvedimenti d’attuazione e ad accelerare il più possibile nelle prossime settimane. Dalle ultime indicazioni emerge che sono più di 630 i decreti e i regolamenti attuativi bloccati (la Presidenza del Consiglio ne aveva monitorati 644 a fine aprile).
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Cifoni Luca 
Titolo: Leggi-lumaca, scossa di Draghi – Troppe leggi nel cassetto «Smaltire subito un terzo»
Tema:  Ritardi nei decreti attuativi

Leggi pubblicate e teoricamente in vigore, ma monche perché di fatto non applicabili. E fondi stanziati che non arrivano a destinazione. La nuova strategia voluta dal premier Draghi punta a prendere di petto la piaga atavica dei decreti attuativi richiesti dalle norme approvate, che restano però nel cassetto rendendo inefficace l’azione del governo e del Parlamento. Il monitoraggio è uno dei compiti dell’Ufficio per il programma di governo, struttura che opera a Palazzo Chigi: al 28 aprile, nonostante gli sforzi per accelerare, si erano accumulati 644 provvedimenti relativi alla diciottesima legislatura, quella in corso. Da allora qualche testo ha visto la luce, ma altri da scrivere si sono aggiunti, senza contare lo stock arretrato che risale alla legislatura precedente. Il problema è annoso e si ripropone periodicamente: a volte nel passato sono stati ottenuti discreti risultati, quando c’era pressione politica sul tema. Ma la pila dei dossier è tornata a crescere. Nel Consiglio dei ministri di giovedì Mario Draghi è intervenuto energicamente, in prima persona, per dare una nuova spinta, con l’incarico al sottosegretario Roberto Garofoli di definire obiettivi quantitativi per ciascun ministero da raggiungere nei mesi di giugno e luglio. I cronoprogrammi per dicastero arriveranno la prossima settimana, ma l’obiettivo complessivo è ridurre di almeno un terzo – nei primi due mesi – l’intero arretrato dei provvedimenti. Questo vuol dire naturalmente ottenere una percentuale ancora maggiore su quelli relativi alla legislatura in corso, che sono una parte rilevante del totale. Lo stesso Garofoli ha avviato un programma di incontri con i vari ministeri; il primo si è già svolto all’Economia, che per sua natura ha la titolarità di una quota consistente di provvedimenti attuativi. La fissazione di target numerici è uno dei punti dalla strategia che sarà concretizzata dal sottosegretario insieme all’Ufficio del programma di governo. Un altro aspetto importante in prospettiva è la creazione in ciascun dicastero di un piccolo nucleo – all’interno degli uffici di diretta collaborazione – che si dedichi proprio a questo compito. In modo da dar vita a una sorta di rete. La presidenza del Consiglio avrà un ruolo di coordinamento, che include anche intervenire per risolvere situazioni in stallo perché i provvedimenti richiedono la concertazione di ministeri diversi.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buzzi Emanuele 
Titolo: Polemica su Conte e Grillo dai cinesi E l’ex premier alla fine rinuncia
Tema: M5S

Una giornata infuocata per i vertici del Movimento 5 Stelle, scandita da riunioni sullo statuto, incontri programmati e poi (in parte) disdetti. Il caso del giorno è la visita di Beppe Grillo e Giuseppe Conte all’ambasciata cinese. L’indiscrezione trapela poco dopo pranzo e scatena la polemica politica. Per il garante – al centro di discussioni per aver ospitato sul suo blog posizioni filo Pechino – non e il primo faccia a faccia con l’ambasciatore cinese Li Junhua: era già stato ricevuto in una delle sue ultime trasferte romane nell’autunno del 2019 prima dello scoppio della pandemia. Per Conte, invece, sarebbe stato un esordio da leader in pectore del Movimento Cinque Stelle. Il vertice cade proprio nel giorno in cui il premier Mario Draghi è al G7 con i principali leader occidentali e la circostanza viene rimarcata nel mondo politico. «Nel giorno in cui inizia il G7, con Draghi che rafforza la cooperazione transatlantica e si pone come interlocutore di primo livello di Biden per tutta l’Unione europea, non possono esserci spazi per ambiguità con Cina e Russia», scrive su Twitter il dem Enrico Borghi, membro della segreteria del Pd. Il centrodestra insorge. Perla capogruppo di Forza Italia Anna Maria Bernini la visita «non poteva essere più intempestiva». La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, affonda: «In molti si chiedono perché Grillo accompagnerà oggi Conte dall’ambasciatore cinese. La risposta è facile: per far ricevere al prossimo capo del M5S la benedizione di Pechino. E la conferma di quello che abbiamo visto in questi anni al governo della Nazione: i grillini sono la quinta colonna del regime cinese in Italia». Le polemiche montano, cosi nel Movimento parte il pressing per evitare che i parlamentari si espongano sul tema. Conte alla fine non partecipa all’incontro: si parla di un passo indietro, di un ripensamento dovuto agli attacchi, ma l’ex premier puntualizza il suo punto di vista con una nota. «Per impegni e motivi personali, non ho potuto essere presente all’incontro con l’ambasciatore cinese. Ho incontrato già nelle scorse settimane vari ambasciatori e leader politici stranieri. L’ho fatto quale ex presidente del Consiglio e leader in pectore del Movimento 5 Stelle. L’ho fatto e continuerò a farlo anche nelle prossime settimane, incontrando leader e ambasciatori di tutti i continenti», afferma Conte.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Pucciarelli Matteo 
Titolo: Il retroscena – Dalla Cina alla giustizia Il nuovo M5S di Conte è una spina per Draghi
Tema: M5S

Dopo un avvio di governo in cui i maggiori problemi per la strana maggioranza arrivavano da destra, cioè dalla Lega, nei dintorni di Palazzo Chigi adesso è convinzione diffusa che con l’insediamento di Giuseppe Conte alla guida dei 5 Stelle – giunti tramortiti alla svolta Draghi – sarà proprio il rapporto con il Movimento il più complicato da gestire. Le avvisaglie ci sono tutte e del resto lo stesso Conte non ha nascosto il suo proposito: rimettere il M5S al centro della scena, del dibattito, facendo pesare i numeri del gruppo parlamentare che, nonostante le numerose defezioni di questi tre anni, resta pur sempre il primo: 237 in tutto. Tanto per cominciare, non è passato inosservato – anzi, ha scatenato vivaci polemiche – un fatto perlomeno curioso: ieri, mentre al G7 il presidente Usa Joe Biden rilanciava il Patto atlantico e chiedeva a tutti, compresa l’Italia, di aiutarlo a contenere l’espansionismo della Cina, Beppe Grillo andava in visita dall’ambasciatore cinese Li Junhua. «È un dito nell’occhio a Draghi, il giorno prima che si vede con Biden poi…», si raccontava nel dietro le quinte dello stesso Movimento. Ai cinesi non era dispiaciuto che la notizia dell’incontro fosse uscita, rappresentando un segnale, abbiamo sponde di alto livello nel governo anche noi. Risultato finale: Conte, atteso, si è defilato e ha declinato: «Per motivi personali, ma nelle prossime settimane continuerò ad incontrare leader e ambasciatori di tutti i continenti. Il neo-M5S avrà un respiro internazionale». Non c’è solo la politica estera, ovviamente. Su giustizia, ambiente, lavoro, fisco da qui ai prossimi mesi si preannunciano scossoni e non solo più le semplici e fisiologiche fibrillazioni tenute sottotraccia.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ainis Michele 
Titolo: La riforma senza forma
Tema: Riforma della giustizia

Fin qui, sulla giustizia, c’è una riforma senza forma: manca ancora un testo, un progetto di legge timbrato dal governo. Eppure le discussioni s’accendono come cerini. Ma senza un testo sul quale confrontarsi, di che discutono i discussant? D’ipotesi, o al più di proposte caldeggiate da questa o quella commissione ministeriale, e immediatamente respinte da questo o quel partito. E l’esito d’una babele che dura ormai da troppo tempo: qualunque idea divide prima ancora di venire formulata. In questa Babilonia, c’è però una scelta che chiama in causa la ministra in carica, e insieme a lei le forze di governo. Dovranno decidere fra l’aspirina e il cortisone, fra una terapia minima e uno shock per curare la giustizia italiana. Che sia malata, d’altronde, non c’è dubbio. Un sondaggio Ipsos espone numeri eloquenti: quasi un italiano su due (il 49%) dichiara di non avere più fiducia nella magistratura, mentre nell’ultimo decennio il credito che circonda il potere giudiziario è sceso a precipizio (dal 68 al 39%). La giustizia – dice l’articolo 101 della Costituzione – viene «amministrata in nome del popolo»; ma di questi tempi manca il popolo, resta soltanto l’amministratore. Ed è un problema, anzi una sciagura. Perché il discredito offusca l’autorità dei giudici, ne incrina la legittimazione. E perché mette radici nella stessa democrazia applicata alla cittadella giudiziaria, con i suoi tre corollari: il pluralismo culturale, il metodo elettivo, il consenso come fondamento del potere.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Ajello Mario 
Titolo: Roma, Michetti si presenta: «Sindaco di tutti» – «Ridiamo l’onore a Roma» I tre leader con Michetti E lui: io tribuno del popolo
Tema: Michetti candidato sindaco Roma

«Ridaremo l’onore a Roma». Eccoli, alla presentazione del candidato del centrodestra per il Campidoglio, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. E lui, Enrico Michetti, gongola nel tempio di Adriano, culla di quella romanità che adora. Di programmi non parla ancora – sta chiedendo idee – e al programma ha cominciato a lavorare ieri pomeriggio, incontrando gli esponenti romani e laziali di Fratelli d’Italia. Che non è il suo partito – «Io sono un civico che vuole rappresentare tutti» – ma Michetti dopo aver raccontato di San Paolo, il quale folgorato sulla via di Damasco disse «civis romanus sum», ammette di aver avuto a sua volta «una folgorazione per Giorgia». Quando? Quando la sorella della Meloni, Arianna, gli ha fatto incontrare la leader della destra. E comunque: «Per un buon programma ci vuole del tempo, e il nostro sarà il programma giusto per vincere», dice lui e dicono tutti i presenti in questa kermesse. Michetti si muove molto a suo agio e chiama tutti i big con il nome di battesimo: «Ringrazio Giorgia, Matteo, Antonio». E «Lorenzo» (Cesa), «Claudio» (Durigon), «Francesco (Giro), «Vittorio (Sgarbi che dice di lui: «Michetti lo faremo diventare un Michettone»), «Fabio» (Rampelli, anche lui seduto in prima fila e convinto che «Michetti sa che per governare Roma ci vuole l’apporto dei partiti»), «Maurizio» (Lupi) e via così. Gennaro Sangiuliano, moderatore dell’evento, gli fa notare: «Avvocato, sta dimenticando Berlusconi». E lui: «Naturalmente ringrazio anche Silvio». I due si sono sentiti.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Mobili Marco – Parente Giovanni
Titolo: Ruffini lancia l’allarme: «Riscossione da rifare»
Tema: Fisco – Agenzia delle Entrate
Così non va. L’analisi però non viene dall’interno. A mettere a nudo le criticità che impediscono alla macchina del Fisco di aumentare i giri nel contrasto all’evasione è il numero uno dell’agenzia delle Entrate e di quella della Riscossione, Ernesto Maria Ruffini. Intervenendo al convegno «Riforma e giustizia fiscale» organizzato dalla Fp Cgil, Ruffini ha messo in chiaro che la riforma della riscossione è una priorità non più differibile proprio nell’ottica di dare maggiore credibilità all’accertamento. Senza capacità di incasso delle somme contestate anche la compliance – tanto sbandierata dalle forze politiche – si rivela inefficace nel più ampio obiettivo della lotta all’evasione. A preoccupare non è solo la riscossione. Il direttore delle Entrate ha posto anche l’accento sulle enormi potenzialità della fattura elettronica che restano però parzialmente inutilizzate per i vincoli imposti dalla privacy. Il grido d’allarme sulla riscossione arriva proprio mentre sta entrando nel vivo il dibattito sulla riforma fiscale. Del resto, i parlamentari sono già consapevoli delle difficoltà in cui versa il sistema del recupero coattivo di tasse e multe: tema più volte sollevato da Ruffini in audizione. E la prossima settimana sarà il ministro dell’Economia Daniele Franco a illustrare le criticità esistenti alle Camere con la relazione sullo stato della riscossione prevista dal primo decreto Sostegni. Nel corso degli anni «il legislatore non ha fornito le norme necessarie» a far funzionare la riscossione ha detto Ruffini nel corso del convegno della Fp Cgil, anche sei numeri dimostrano che nel passaggio dalle esattorie private al concessionario pubblico gli incassi di ruoli sono triplicati. Il problema di fondo resta, però, il peso spropositato del sommerso. L’evasione fiscale è, secondo Ruffini, «un’indecenza da estirpare»: il tax gap è passato dagli 88 miliardi del 2011 a 79 miliardi nel 2018, «la strada è intrapresa e la digitalizzazione sta dando i suoi frutti», ma «la stiamo scalfendo, non demolendo».
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Testata:  Stampa
Autore:  Baroni Paolo
Titolo: Il governo rilancia il Redditometro consumi e investimenti ai raggi X
Tema: Fisco – Agenzia delle Entrate
Negli ultimi anni, prima che scattasse una sorta di «congelamento», i controlli erano crollati a poco più di 2 mila all’anno ed il gettito viaggiava attorno a 3-4 milioni di euro contro i 7-800 preventivati. Per questo nel 2018 il governo giallo-verde decide di cambiare tutto prevedendo di coinvolgere l’Istat e le associazioni dei consumatori, ma poi l’operazione si inceppa e di «Redditometro» non si sente più parlare. Ora ci ha pensato il Dipartimento delle finanze del ministero dell’Economia a riaccendere i motori e per questo mercoledì ha pubblicato sul proprio sito un avviso di consultazione per raccogliere entro il 15 luglio i pareri sul testo del nuovo decreto attuativo. «L’evasione fiscale è una indecenza da estirpare» sostiene il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini. Che proprio ieri, intervenendo ad una iniziativa della Fp-Cgil, ha segnalato come «la partita fisco/contribuenti» su questo terreno sia «impari»: «le risorse sono limitate, noi siamo 32 mila mentre le partite Iva da controllare sono 5 milioni per cui l’evasione la stiamo solo scalfendo». Uno strumento in più, dunque, può tornare utile. A patto che funzioni. Rispetto al vecchio sistema di accertamento il nuovo «Redditometro», che di fatto si configura come un vero e proprio studio di settore applicato alle famiglie, prevede un ventaglio molto più ampio di voci da monitorare e ben 55 diverse tipologie di famiglie modello (dal single under 35 ai nuclei con più figli), ma soprattutto potrà sfruttare uno strumento che negli anni scorsi non esisteva ancora, l’Anagrafe tributaria. Le macro-categorie che finiranno sotto la lente del «Grande fratello» fiscale sono i consumi (alimentari, bevande, abbigliamento e calzature, spese per l’abitazione, combustibili ed energia, mobili, elettrodomestici e servizi perla casa, e ancora sanità, trasporti, comunicazioni, istruzione, viaggi e tempo libero, cultura e giochi e infine altri beni e servizi; quindi gli investimenti (sia immobiliari che mobiliari, ma anche opere d’arte e gioielli), i risparmi e da ultimo le spese per «trasferimenti», come ad esempio l’assegno riconosciuto all’ex coniuge.
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Testata:  Repubblica
Autore:  Petrini Roberto
Titolo: Fisco, la sospensione delle cartelle esattoriali prorogata fino a settembre
Tema: Fisco
Si va verso una nuova proroga di due mesi, fino al primo settembre, del blocco dell’invio delle cartelle esattoriali e dei pignoramenti, mentre per l’eliminazione dell’aggio che l’Agenzia delle entrate chiede ai contribuenti al momento della riscossione, denunciato dalla Corte costituzionale, i costi sono ritenuti dal Tesoro troppo alti: 800 milioni. Il nuovo rinvio di due mesi delle cartelle è emerso ieri nel corso di una serie di riunioni tecniche al ministero dell’Economia. La proroga del blocco dell’invio delle cartelle e dei pignoramenti scade, secondo quanto previsto dal decreto “Sostegni 2”, il 30 giugno (dalla precedente scadenza del 30 aprile). Il pacchetto fiscale potrebbe essere adottato in sede di emendamento governativo al “Sostegni 2”, ma sul menù ancora non c’è intesa. Sul tavolo c’è anche lo scaglionamento del pagamento il 2 agosto delle 16 rate di coloro che hanno già ricevuto le cartelle, hanno accettato di pagare e che dal marzo dello scorso anno hanno beneficiato del blocco. Ieri la viceministra dell’Economia Castelli, in una intervista, ha aperto su una ulteriore dilazione ma la questione è in bilico per le coperture. Si studia anche la riforma della riscossione. «Non funziona», ha detto ieri il direttore generale dell’Agenzia delle Entrate Ruffini durante un convegno della Cgil. «Anche se da quando è diventata pubblica – ha aggiunto – le entrate sono triplicate, da 3 a 9 miliardi».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Picchio Nicoletta
Titolo: Bonomi: asse Draghi-Macron per sostenere lo sviluppo
Tema: Vertice Confindustria-Medef
Insieme, per investire e innovare, protagonisti dei grandi cambiamenti che si prospettano, dalla transizione ecologica al digitale. Convinti che i rispettivi Piani di ripresa e resilienza siano un’opportunità senza precedenti. «Ora che il piano vaccinale sta funzionando abbiamo tanta voglia di poter contribuire in modo importante alla crescita dei nostri paesi». Carlo Bonomi sta per firmare la dichiarazione congiunta dove sono scritti i dieci punti della collaborazione con il Medef, la Confindustria francese. Accanto, Geoffroy Roux de Bezieux, il loro presidente. È la terza edizione del Forum italo-francese. «Questa volta possiamo contare su una congiunzione astrale che rafforza il rapporto tra i due governi, l’asse tra Draghi e Macron. Un asset importante». I governi, quindi, insieme al mondo delle imprese, ha detto il presidente di Confindustria, sottolineando il ruolo dell’industria e della manifattura in Europa: «è una partita da giocare insieme. Sono convinto che non spetti solo ai governi decidere, ma anche al mondo delle imprese e del lavoro affermare quali siano le priorità per un mondo più sicuro e inclusivo». Prossimo appuntamento a Parigi il prossimo anno. «Quando le imprese parlano con un’unica voce hanno un peso fortissimo nella Ue, c’è stata convergenza sulla diagnosi della situazione economica nei nostri due paesi e della Ue»: è una sintonia convinta quella di Roux de Bezieux, soddisfatto di aver percepito in Italia un nuovo sentimento europeo. A fine ottobre, nell’appuntamento finale del B20, ha ricordato Bonomi, il mondo imprenditoriale presenterà le proprie proposte alle istituzioni «Sento molto mio – ha aggiunto – l’impegno nella dichiarazione congiunta di un’Europa protagonista, meno dipendente dalle altre potenze mondiali, che possa dare risposte alle quattro grandi disuguaglianze, di territorio, genere, generazionale, di competenze. C’è un gap formativo da colmare, con le imprese che non riescono a soddisfare le proprie richieste. L’asse franco-italiano contribuiràa trovare risposte, condividiamo un percorso a livello governativo e di imprese, da estendere ai colleghi tedeschi».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Di Vico Dario
Titolo: Alleanza Italia-Francia, Le Maire: avanti insieme Ma pesa il caso Stellantis
Tema: Vertice Confindustria-Medef
Sarà perché l’offensiva delle superpotenze di Pechino e Washington costringe l’Europa a serrare le fila, la sostanza è che mai come adesso il dialogo tra Parigi e Roma appare un cantiere in piena attività. Si fa fatica a tenere il conto dei progetti, si fantastica di triangolare anche con Berlino ma sui sogni pende una spada di Damocle. Se nelle operazioni legate alla fusione operativa delle attività Psa e Fca a pagare il prezzo dell’efficientamento fosse l’occupazione negli stabilimenti italiani, II racconto dell’alleanza italo-francese si interromperebbe. E la congiunzione di cui sopra cambierebbe di segno. Anche perché si tratterebbe di un’operazione asimmetrica: mai e poi mai Emmanuel Macron consentirebbe al manager Stellantis tagli nelle fabbriche francesi alla vigilia del duro confronto elettorale con Marie Le Pen. Tutti questi ragionamenti, i sogni e gli incubi di un’integrazione più stretta, li si potevano leggere in controluce ieri nei discorsi pronunciati al seminario organizzato congiuntamente da Confindustria e Medef. II ministro francese Bruno Le Maire aveva preparato due omaggi da dedicare all’Italia: «Roma è la mia città preferita» e «con le scelte della Ue su prestiti e debito in comune abbiamo reinventato il whatever it takes di Mario Draghi». Poi ha disegnato un’Europa dai tre aggettivi («fiera, ambiziosa e solidale») sostenendo che il comportamento dei governi europei nella pandemia è stato un modello per tutto il mondo, ma ha soprattutto parlato di futuro. Lo slogan è: «Il nazionalismo come nemico dell’innovazione». Che invece dobbiamo finanziare collettivamente. «Da sole le tre potenze economiche europee, Italia, Francia e Germania, non avrebbero le risorse». E di seguito ha elencato i campi in cui cimentarsi: 5G, cloud, intelligenza artificiale, spazio, satelliti, chip e dulcis in fundo automotive. Ha elogiato l’italo-francese StMicroelctronics, candidandola nella crisi dei semiconduttori alla collaborazione diretta con i taiwanesi di Tmsc e poi è arrivato a Stellantis, «una delle fusioni più belle del mondo». «Mi dispiace che la Ferrari non partecipi all’integrazione, ha modelli magnifici, capisco però che gli amici italiani vogliano tenersela».
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Marroni Carlo
Titolo: Bankitalia: il Pil 2021 a +5% Il Pnrr vale due punti di crescita in più per il triennio prossimo
Tema: Bankitalia: previsioni in rialzo
Ormai la stima della crescita del Pil per il 2021 è attestata attorno al 5 per cento (-8,9% nel 2020). La Banca d’Italia nelle proiezioni macroeconomiche per il triennio rivede nettamente al rialzo la previsione rispetto a gennaio, e migliora anche rispetto a quanto detto dal Governatore, Ignazio Visco, il 31 maggio, quando in una intervista aveva definito «credibile» un aumento del 4,5%, in linea con la previsione contenuta nelle Considerazioni Finali su un aumento superiore a 4 per cento. Il 5% migliora quindi il 4,7% di stima dell’Istat e il 4,5% di Ocse e Mef. Nelle proiezioni economiche di Via Nazionale «la ripresa dell’economia è trainata innanzitutto dagli investimenti, che si espandono in misura accentuata grazie all’attenuarsi dell’incertezza circa le prospettive di domanda (come confermato dalle indagini più recenti della Banca d’Italia), alle favorevoli condizioni di finanziamento e al sostegno proveniente dalle misure programmate nell’ambito del Pnrr». La stima per l’anno prossimo è del 4,5% e per il 2023 del 2,3%: a gennaio la Banca d’Italia indicava per il triennio, rispettivamente, +3,5%, +3,8% e +2,3 per cento. Le proiezioni degli economisti di Via Nazionale presuppongono che prosegua il miglioramento del quadro sanitario nazionale e globale e che sia mantenuto il sostegno proveniente dalla politica monetaria e dalle politiche di bilancio. Insomma, si ipotizza che «un andamento della campagna vaccinale in linea con i piani consenta di rimuovere gran parte degli ostacoli alla mobilità entro la fine dei 2021; che la ripresa del commercio mondiale si traduca in una robusta crescita della domanda estera per i beni prodotti nel nostro paese (ipotizzata pari all’8,8 per cento nel 2021 e in media attorno al 5 per cento annuo nel successivo biennio); che le condizioni monetarie, finanziarie e di accesso al credito restino molto accomodanti, con rendimenti a lungo termine che si mantengono molto contenuti».
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Testata:  Repubblica
Autore:  Conte Valentina
Titolo: Bankitalia vede rosa: la ripresa accelera a +5%
Tema: Bankitalia: previsioni in rialzo
La ripresa accelera, trainata dagli investimenti. I consumi ripartono, salgono (piano) le ore lavorate. Ecco perché Bankitalia vede rosa per l’Italia, con il Pil del 2021 vicino al +5%: per la prima volta da decenni sopra quello dell’Eurozona (+4,7%). Ci sono anche le spine, però. La più grande si chiama occupazione. L’Istat calcola in 889 mila i posti persi in un anno (primo trimestre 2021 sul 2020). La stessa Bankitalia ammette che il numero di occupati tornerà ai livelli 2019 di pre-pandemia solo «entro il 2023», nonostante la spinta del Recovery valutata in 2 punti nel triennio 2021-23. Il dramma dei dati sul lavoro fa dire a Cgil, Cisl e Uil che «bisogna prorogare il blocco dei licenziamenti per tutte le aziende fino al 31 ottobre». Ma non sarà così. Se un accordo si troverà in Parlamento sul blocco selettivo, solo per le aziende in crisi – in commissione Bilancio della Camera sono stati depositati alcuni emendamenti di Pd, MSS, Leu, ma non della Lega – questo accordo verrà poi recepito dal governo Draghi in un decreto ponte. Prima del 30 giugno, quando scade il blocco per le grandi aziende, libere di licenziare dal primo luglio (a meno di usare la Cassa integrazione ordinaria “scontata”, senza le addizionali). I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil ne hanno parlato ieri sera in videoconferenza. Niente sciopero generale per ora, ma mobilitazioni sul territorio. E ferma contrarierà a selezionare i settori da proteggere con i codici Ateco, dopo la confusione che ne derivò nella fase dei ristori e la conseguente esclusione di molte filiere. Si fa strada l’idea del calo di fatturato, ma una soluzione ancora non c’è. Da registrare però l’attivismo del ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta (FI). «Dopo il patto per il lavoro pubblico siamo pronti a siglare un grande patto per il lavoro privato, ne abbiamo parlato con il premier Draghi», dice.
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Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Tucci Claudio
Titolo: Primi segnali dal lavoro «Ritorno ai livelli pre Covid a fine 2023»
Tema: Occupazione, dati Istat
Anche il mercato del lavoro, seppur lentamente, sta mostrando primissimi segnaci di ripartenza. C’è un aumento delle ore lavorate, per via di un ricorso un po’ meno massiccio agli ammortizzatori sociali in diversi settori che stanno piano piano rimettendosi in moto. L’occupazione, nel trimestre aprile-giugno, è prevista in crescita (soprattutto rapporti atermine), e dopo una diminuzione dell’1,2 per cento nella media d’anno (che riflette la caduta già registrata nel primo trimestre) «si riporterebbe sui livelli del 2019 (pre pandemia) entro la fine del 2023». Nelle previsioni macroeconomiche diffuse ieri, la Banca d’Italia prevede anche un tasso di disoccupazione, quest’anno, del 10,2%, che passa al 9,9% nel 2022 e al 9,5% nel 2023, rivedendo lievemente al ribasso la precedente stima di gennaio (rispettivamente, 10,5%, 10% e 9,5%). Anche il numero di occupati previsto in crescita: 1,8% nel 2022, 1,9% nel 2023 (anche qui in rialzo sulla stima precedente, 1,7% nel 2022,1,3% nel 2023). Che dal secondo trimestre dell’anno, in concomitanza con le prime riaperture e con un miglioramento della situazione epidemiologica, il mercato del lavoro stia mostrando iniziali segnali positivi lo mostrano anche gli ultimi dati Istat (provvisori) sul mese di aprile, dove sono stati registrati +20mila occupati sul mese, soprattutto donne e contratti a tempo determinato, che si associano all’aumento del numero di disoccupati (+88mila) e al calo degli inattivi di 15-64 anni (-138mila). Un segnale, in quest’ultimo caso, che molte persone, anche scoraggiate, si stanno rimettendo in moto per cercare un impiego.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Meneghello Matteo 
Titolo: Borsa, oltre metà delle quotate già oltre il pre Covid per ricavi e valore
Tema: Mercati e prospettive

A un anno esatto dalla presentazione delle prime trimestrali «infette» dal Covid, i conti ele quotazioni delle imprese italiane sono già stati in gran parte ripuliti dalle scorie della pandemia e, per alcuni, la brutta parentesi dei lockdown e del panic selling è stata definitivamente cancellata, riportando le lancette indietro al 2019. Uno zoccolo duro di imprese «vaccinate» dalla crisi che nei prossimi mesicercheràdi proseguire lungo un percorso che, stando alle indicazioni comunicate nelle ultime settimane, sembra avviato verso obiettivi di crescita ulteriore. In alcuni casi, poi, è stata proprio la pandemia a offrire un’opportunità di disruption irripetibile a molte imprese: per queste realtà la sfida sarà oraprovare a confermare questi nuovi paradigmi anche nella fase new normal che dovrebbe essere innescata nella seconda parte dell’anno con la messa a terra definitiva dei vaccini, l’avvio del Pnrr e il rimbalzo atteso del le italiano. Secondo due distinte elaborazioni della Direzione studi di Intesa Sanpaolo realizzata per il Sole 24 Ore, la quasi totalità delle aziende quotate del Ftse Mib e dello Star è riuscita nelle ultime trimestrali a presentare conti in progressione nel confronto con la prima frazione del 2020, obiettivo abbastanza agevole visti i risultati eccezionalmente negativi di un anno fa; una buona parte di esse ha inoltre superato anche il confronto con il 2019, sancendo di fatto la capacità di raddrizzare la barra già a partire dalla fine dell’anno scorso. Ma sono le guidance, come detto, a fornire le indicazioni più confortanti.  «La reporting season del primo trimestre ha ulteriormente migliorato i già buoni livelli raggiunti nei tre trimestri precedenti in termini di sorprese positive – spiega Monica Bosio, responsabile dell’equity research nell’ambito della Direzione studi di Intesa Sanpaolo – . Nel nostro campione di preview, composto da 90 società, abbiamo avuto 54% risultati al di sopra delle aspettative, 40% in linea, e 6% al di sotto».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Romano Beda 
Titolo: Anche la Nato riparte dal multilateralismo
Tema: Vertice Nato

È con sentimenti contrastanti che gli alleati della Nato si riuniranno lunedì a Bruxelles per il primo vertice in presenza dal dicembre 2019. Da un lato il cambio di amministrazione a Washington e l’arrivo del presidente Joe Biden sono fonti di sollievo per molti governi europei. Dall’altro, la funzione della stessa organizzazione militare è sempre oggetto di dubbi trai Paesi membri, in particolare in Francia. II vertice, ha detto ieri in conferenza stampa il segretario generale Jens Stoltenberg, è «un’opportunità unica» per rinnovare i legami transatlantici. Il nuovo multilateralismo di Biden piace e dovrebbe permettere anche di rafforzare la Nato politica rispetto alla Nato militare. Tra le altre cose, i leader dovrebbero dare il benestare alla messa a punto di una strategia per il prossimo decennio, l’iniziativa 2030. «L’ultima volta che ci siamo dati una strategia collettiva fu nel 2010 a Lisbona», ha detto il segretario generale. Da allora «il mondo è cambiato». «Gli alleati- ha aggiunto Stoltenberg – affronteranno le implicazioni per la sicurezza dell’ascesa della Cina e del comportamento aggressivo della Russia». La strategia dovrebbe includere temi quali il clima, i rischi pandemia, la sicurezza dbernetica. II rilando dell’organizzazione militare non sarà semplice. Innanzitutto rimane da capire come la Nato intenda porsi verso Mosca e Pechino. Sul fronte russo gli europei sono spesso stati divisi, tra chi privilegiala mano pesante e chi vuole trovare un modus vivendi più articolato. Quanto alla Cina, molti Paesi Ue tentennano all’idea di seguire l’esempio americano di un confronto tous azimuts. Il presidente francese Emmanuel Macron si è dimostrato il più combattivo. Ha spiegato di non avere intenzione di approvare un riorientamento dell’Alleanza atlantica contro Pechino: «Per quanto mi riguarda, la Cina non fa parte della geografia atlantica. Se così fosse, avreiunproblema con la mia carta geografica».
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Testata:  Stampa 
Autore:  I. LOMB. 
Titolo: Il retroscena – Futuro della Nato, Libia e dazi nel bilaterale tra Joe e Mario
Tema: Vertice Nato

Dallo staff italiano non si sbilanciano ma nessuno se la sente di escludere che tra le tante cose che Mario Draghi e Joe Biden hanno da dirsi, durante il bilaterale di oggi, ci sarà anche la futura guida della Nato. Scavando nella memoria recente delle relazioni tra Italia e Stati Uniti diverse fonti diplomatiche ricordano come nel 2014 sia stato Barack Obama a promettere all’allora presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano che dopo il norvegese Jens Stoltenberg gli Stati Uniti avrebbero sostenuto la candidatura di un italiano. La scadenza è tra un anno ma già tra qualche mese la sfida entrerà nel vivo. Che l’Italia abbia chance importanti è chiaro a Draghi come a Biden, vicepresidente di Obama nei giorni in cui il leader della Casa Bianca prese l’impegno con Napolitano. In questa fase le discussioni fra i leader non sono entrate nel vivo. Fonti diplomatiche assicurano che non si è nemmeno iniziato a parlare, ma il G7 può essere comunque il luogo in cui informalmente si fanno le prime mosse. Un nome che potrebbe godere di appoggi – sempre se rimarrà la scelta rituale di affidare l’Alleanza Atlantica a un ex premier – è quello di Enrico Letta. In ambienti diplomatici qualcuno azzarda il nome di Piero Fassino, mentre l’ex Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri Federica Mogherini potrebbe essere la candidata dell’Italia se gli alleati convergeranno tutti sull’opportunità di consegnare la Nato, per la primavolta nella storia, a una donna. E soprattutto se il Regno Unito, come è probabile, schiererà l’ex premier Theresa May. Non è certo se Draghi voglia sondare già oggi quanto Biden sia davvero intenzionato a dare una mano o a deludere l’inglese Johnson, o se lo farà a settembre quando sarà ospite alla Casa Bianca. Ma nel bilanciamento dei favori, l’Ue ha comunque incassato l’addio ai dazi imposti da Donald Trump. L’accordo dovrebbe essere annunciato ufficialmente martedì, dopo il vertice Nato, e in occasione del summit a Bruxelles tra Biden e i leader europei.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Draghi apre il vertice dei Grandi: «Investimenti e coesione sociale»
Tema: G7 in Cornovaglia

È al suo primo vertice G7, ma non è un novellino. Molti dei leader li conosce già, compreso il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Certo, è la prima volta che li vede in rappresentanza del suo Paese, al vertice delle prime economie del mondo. Ma è lo stesso capo del governo britannico, Boris Johnson, aprendo la prima sessione dei lavori del summit, a mettere in risalto quel tratto speciale che accompagna Mario Draghi e lo precede: l’ex banchiere, l’ex economista, l’ex professore, nonostante la transizione in un ruolo di governo. «Mi ricordo che c’ero anche io quando hai salvato l’euro con quella frase, ora dacci la tua prospettiva», lo esorta ed elogia il numero uno di Downing Street. La photo opportunity del vertice lo relega in seconda fila, sono le regole del protocollo, tutti gli altri sono al potere da più tempo di lui, eppure Draghi viene trattato come un leader senior: la regia del G7 gli ha concesso un ruolo da primo speaker in due sessioni su sei, non è poco e la prima occasione è sulla ripresa globale e sul ruolo delle politiche nazionali per uscire dalla crisi. Il capo del governo italiano ripete un assunto che lo ha accompagnato da quando ricopre la carica: «Ci sono ottimi motivi per avere una politica di bilancio espansiva. La crescita economica è oggi il modo migliore per assicurare la sostenibilità dei conti pubblici». Ma questo non significa allentare troppo i cordoni fiscali, ignorare la crescita del debito pubblico in molti Stati, compreso ovviamente il nostro Paese: «E’ necessario mantenere un quadro di politica di bilancio prudente nel lungo periodo, per rassicurare gli investitori e evitare politiche restrittive da parte delle banche centrali». Draghi tratteggia una reazione alla crisi economica globale provocata dalla pandemia che è stata strutturata in due fasi: «Questo è un buon periodo per l’economia mondiale. La ripresa ha avuto un forte picco. Le politiche attuate durante la fase più acuta della pandemia si sono mostrate corrette. Ci siamo concentrati su misure di sostegno rivolte alle imprese e alle persone. Ora ci stiamo orientando sempre di più sulla spesa per gli investimenti e meno su forme di sussidio».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: G7, Biden all’Ue “Boicottate la Cina” La ricetta di Draghi “Più investimenti”
Tema: G7 in Cornovaglia

Il G7 della Cornovaglia sarà ricordato come il summit del ritrovato amore tra America ed Europa. E in amore vanno compiute delle scelte. Joe Biden lo ha fatto capire in tutti i modi agli alleati: la Cina va tenuta a giusta distanza. E gli europei gli hanno dato una dimostrazione di fedeltà già nel primo giorno del summit sulla spiaggia di Carbis Bay facendo filtrare l’assoluta sintonia emersa durante l’incontro di coordinamento tra il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen. La Cina è un partner per le sfide globali, un concorrente economico e un rivale sistemico, di fronte al quale, sono le parole di Von der Leyen, «una stretta unità transatlantica è essenziale». Washington pretende che non ci siano più ambiguità nei rapporti tra Ue e Pechino. L’Europa però ha bisogno di chiarire che un conto è la prudenza sul fronte commerciale, per frenare l’espansionismo cinese, un altro è fare a meno del gigante asiatico nella lotta contro il cambiamento climatico e la minacela delle pandemie presenti e future. Una distinzione cruciale per Draghi, convinto che sull’ambiente l’Occidente non possa permettersi di alienarsi i rapporti con la Cina. Per il presidente del Consiglio italiano è stato il giorno del debutto a un G7, in un angolo del Regno Unito che il primo ministro inglese Boris Johnson ha osato definire, con sano humour, la «cosa più vicina che c’è in Inghilterra alla Costiera Amalfitana». E proprio a Draghi è toccato introdurre assieme al padrone di casa e a Merkel la prima sessione dei tre giorni del vertice. Una scelta quasi obbligata per l’ex presidente della Banca centrale europea, visto il tema scelto: l’economia. «Mario dacci la tua prospettiva» lo ha presentato ilpremier britannico soffermandosi sul ricordo personale di quando a un seminario di qualche anno fa «hai salvato l’euro nel mezzo di una crisi con una frase». Quella frase la conoscono tutti: è il «whatever it takes».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso – Guerrera Antonello 
Titolo: Draghi indica al G7 la strada della crescita – “Avanti sulla crescita”
Tema: G7 in Cornovaglia

Per il resto, i leader mostrano grande unità di intenti su vaccini e clima (per il segretario dell’Onu Guterres «siamo sull’orlo dell’abisso»), lotta alle discriminazioni e “via della Seta” occidentale. Si distingue solo Emmanuel Macron, quando ribadisce l’impossibilità di modifiche all’accordo Brexit sull’Irlanda del Nord e si fa poi fotografare sui suoi social in un caloroso abbraccio con Biden – o al fianco degli altri leader europei – ma mai solo col premier inglese. L’ennesimo dispetto tra i due, tra l’altro a ridosso delle elezioni tedesche. Un passaggio cruciale e un vuoto di leadership che anche Macron proverà a occupare. In serata l’attenzione dei media è monopolizzata dal rinfresco con la regina Elisabetta e la famiglia reale. Teatro dell’evento è l’Eden Project, la più grande foresta pluviale del mondo al coperto. Fuori dal summit, invece, non mancano tensioni, con le proteste degli ambientalisti e 7 arresti. La seconda giornata che si apre oggi è incentrata sulla ricostruzione dopo la pandemia, ma dal punto di vista di politica estera e sanità. È atteso, in questa chiave, un altro passo ufficiale dei Sette: la “Carbis Bay Declaration”, una dichiarazione firmata dai leader per evitare ogni futura pandemia, con un coordinamento massiccio che blocchi ogni nuovo virus entro 100 giorni con cure e nuovi vaccini.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Olimpio Guido 
Titolo: Il super-satellite russo che rafforza l’Iran
Tema: Russia-Iran

La Russia fornirà all’Iran un nuovo satellite, un dispositivo che accrescerà le capacità nell’individuazione di target in tutto il Medio Oriente. Uno sviluppo interessante in una partita senza fine. Teheran – secondo quanto rivela il Washington Post – riceverà un Kanopus V, concepito per scopi civili ma che verrà riconvertito per le missioni militari. La Repubblica islamica non ha mai nascosto questo progetto e i contatti con Mosca vanno avanti dal 2o18. Adesso stanno per chiudersi con la fase operativa. L’apparato verrà gestito da un centro nella cittadina settentrionale di Karaj, dove sono in corso i lavori per renderlo pienamente funzionale. Gli esperti sottolineano che il satellite – pur non essendo di ultima generazione – fornirà un’ottima definizione di possibili bersagli garantendo tempi di reazione, conoscenza e interventi accurati. Gli iraniani già dispongono di un sistema realizzato localmente, tuttavia è ritenuto obsoleto e insufficiente rispetto alle loro necessità difensive/offensive. Un particolare racconta molto. Il 7 gennaio 2020 l’Iran ha sferrato un attacco missilistico di rappresaglia contro la base americana di Al Asad, in Iraq. Ritorsione per l’uccisione da parte del generale Qasem Soleimani a Bagdad. In quell’occasione i pasdaran hanno acquistato immagini satellitari dell’obiettivo rivolgendosi ad una società privata internazionale, mossa che non è sfuggita all’intelligence Usa. Il Pentagono sapeva ed ha adottato le sue contromisure. Teheran, così, può ridurre la dipendenza da un fornitore esterno ottenendo maggiore autonomia.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Perosino Monica 
Titolo: La crociata di Orban vietato parlare di gay a scuola e nei film
Tema: Ungheria – pericolo omofobia

Ieri i pensieri di Orban si sono trasformati in un’altra proposta di legge, quella che vuole vietare nelle scuole i programmi destinati a informare gli studenti sui temi Lgbt e di affrontare in classe il tema dell’omosessualità. Un po’ quello che fece l’alleata Polonia due anni fa con i programmi di educazione sessuale e perfettamente in linea con le sue zone «Lgbt free», le zone libere da Lgbt. Le due nazioni-gemelle, in prima linea nella crociata morale sovranista nel cuore dell’Europa, marciano compatte e in controtendenzaper ricostruire un’identità «cristiana e originaria»: solo un mese fa Polonia e Ungheria hanno chiesto e ottenuto lo stralcio della frase «promuovere l’uguaglianza di genere» dalla dichiarazione dei 27 leader europei al summit di Porto sulle politiche sociali dell’Unione. Il disegno di legge ungherese punta anche avietare la pubblicazione di libri, film e altri contenuti diretti ai minori che espongano comportamenti non eterosessuali. Verrebbero inoltre vietati i riferimenti alla riassegnazione del genere, ad esempio nei libri e nei film, e qualsiasi tipo di pubblicità in cui si mostrano omosessuali o transessuali. Le norme sono contenute in una bozza che prevede un pacchetto di leggi più rigide contro la pedofilia. Fidesz, il partito del premier magiaro, descrive la nuova legge come parte di uno sforzo per «proteggere i bambini dalla pedofilia» e il diritto dei minori «all’identità di genere concepita alla nascita» ma è stata subito paragonata a quella approvata nel 2013 in Russia «contro la propaganda gay», e denunciata da diverse Ong ungheresi.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Guerrera Antonello 
Titolo: Le varianti fanno risalire i contagi il Regno Unito rinvia il liberi tutti
Tema: Regno Unito

Altro che ritorno alla normalità del 21 giugno: ora si teme il rinvio di un mese. Perché la variante “Delta”, ovvero quella indiana, fa davvero paura al Regno Unito, nonostante quasi metà popolazione vaccinata con due dosi e 41 milioni (su 66) con una. Ieri altri 8.125 casi di coronavirus, record da febbraio scorso. Oramai il 90% dei casi oltremanica è riconducibile al ceppo molto più contagioso della stessa variante cosiddetta “inglese” (+60%) ed è anche più resistente ai vaccini in uso, secondo la sanità pubblica: una sola dose, che sia Pfizer o AstraZeneca, proteggerebbe soltanto al 33%, mentre per quanto riguarda la doppia dose si arriverebbe fino all’85% circa per il vaccino tedesco-americano con quello di Oxford al 70 circa. Anche i morti sono tornati a salire: 18, dopo il record di zero di qualche giorno fa. Mentre l’indice Rt si è alzato verso un livello tra 1,2 e 1,4, ovvero il contagio ha re-iniziato a correre. Difatti i casi di Delta sono cresciuti addirittura del 240% nelle ultime due settimane: da 12.431 a 42.323 totali. Dall’inizio di febbraio al 7 giugno, ci sono stati 33.206 casi di variante indiana in Inghilterra: 19.573 di questi (58,9%) sono persone non vaccinate, 1.785 individui completamente vaccinati (5,3%) e 7.559 con una sola dose ricevuta (22,7%), il resto dei casi con uno status vaccinale non chiaro. In totale, 383 persone sono state ricoverate per la variante Delta, di queste 42 avevano ricevuto due dosi di vaccino (10.9%), 86 una e 251 non vaccinati. Mentre dei 42 morti causa variante indiana, 23 non erano stati vaccinati, 7 immunizzati con una dose e 12 con due. Numeri inquietanti.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gandolfi Sara 
Titolo: Il Perù nel caos dopo il voto: esito incerto, accuse di brogli e Fujimori rischia l’arresto
Tema: Perù

Il primo a congratularsi (troppo presto) con Pedro Castillo è stato il presidente argentino Alberto Fernández, ansioso di rafforzare il fronte delle sinistre in America Latina. Poche ore dopo, è arrivata la nota ufficiale di protesta del governo di Lima: il vincitore del ballottaggio presidenziale di domenica scorsa non è stato annunciato. E chissà quanti giorni ancora ci vorranno. L’ex maestro di scuola elementare, già apparso trionfante sul balcone del suo partito, con il piglio da caudillo democratico e il cappello da campesino, dovrà aspettare. II conteggio dei voti è terminato ieri: Castillo, candidato del partito di sinistra Peru Libre, è in testa di circa 60.000 voti (50,2% a 49,8%) su Keiko Fujimori, leader del partito di destra Fuerza Popular, che però ha chiesto la revisione di 200.000 schede, denunciando non meglio chiariti brogli nelle regioni rurali dove il rivale ha ottenuti il vantaggio più alto, come Arequipa e Cusco. La commissione elettorale dovrà concludere entro oggi i controlli, ma poi seguiranno gli appelli. Pochi dubitano che Fujimori andrà avanti il più a lungo possibile per impedire l’insediamento dell’ex sindacalista. «Continueremo a difendere il diritto legittimo di milioni di peruviani fino all’ultimo voto», ha twittato. La posta in gioco è alta: la figlia del contestato Alberto, presidente-dittatore dal 1990 al 2000, che sta scontando una condanna a 25 anni per violazione dei diritti umani e corruzione, rischia non solo di perdere per la terza volta la corsa alla presidenza ma pure di raggiungere il padre dietro le sbarre, per la seconda volta Il Procuratore capo del Perù, José Domingo Pérez, ne ha chiesto la carcerazione preventiva nell’ambito del processo per riciclaggio, collegato all’inchiesta brasiliana «Lava Jato», in cui è indagata. Chiunque emerga alla fine vincitore avrà davanti a sé una sfida durissima. Le presidenziali si sono svolte nel pieno di una nuova pesante ondata di pandemia e di una delle peggiori crisi politico-economiche nella storia del Paese.
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***ciro/

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