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SINTESI IN PRIMO PIANO – 11 maggio 2020

In evidenza sui maggiori quotidiani:

– Dalla Fase 2 alle riaperture del 18 maggio: il pressing delle Regioni;
– Giustizia e scarcerazioni: il nuovo decreto del Ministro Bonafede;
– Dl “Rilancio”: oggi il passaggio decisivo in Consiglio dei Ministri;
– Bce: pronta a rafforzare la sua azione;
– Silvia Romano è libera: la volontaria rientra in Italia;
– Regno Unito, messaggio di Johnson sul Covid-19: “State all’erta”.

PRIMO PIANO

Testata:  Sole 24 Ore – Norme e Tributi 
Autore:  Marinaro Marco 
Titolo: Decreto ingiuntivo sulle tlc: non si tenta la conciliazione
Tema: Processo civile in materia di tlc

Con due sentenze pubblicate il 28 aprile scorso le Sezioni unite della Cassazione (presidente Mammone, relatore Rubino) hanno affrontato e risolto alcune questioni interpretative di particolare importanza con riguardo al tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di telecomunicazioni. Con la sentenza 8240 la Suprema corte ha affermato il principio secondo cui «in tema di controversie tra le società erogatrici dei servizi di telecomunicazioni e gli utenti, non è soggetto all’obbligo di esperire il preventivo tentativo di conciliazione (…) chi intenda richiedere un provvedimento monitorio, essendo il preventivo tentativo di conciliazione strutturalmente incompatibile con i procedimenti privi di contraddittorio o a contraddittorio differito». La questione è giunta in Cassazione dopo le pronunce del tribunale e della Corte di appello di Roma che avevano revocato il decreto ingiuntivo reso in favore di un operatore nei confronti di un cliente (persona giuridica) con la declaratoria di improcedibilità della domanda di pagamento per il mancato espletamento, prima del deposito del ricorso, del tentativo obbligatorio di conciliazione. Le Sezioni unite hanno ribaltato le conclusioni di merito, confermando i principi espressi nell’unico precedente di legittimità esistente (sentenza 25611/2016). Le motivazioni partono dal testo delle norme applicabili (articolo 1, comma 11, legge 249/1997 e delibera Agcom 173/07/Cons) ponendo in evidenza come non si possa ricavare da queste alcun dato utile o, comunque, univoco per ritenere sussistente un obbligo preventivo di tentare la conciliazione anche per il procedimento monitorio.
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera 
Autore:  Segantini Edoardo 
Titolo: Eresie digitali – Martella e la legge italiana sul copyright
Tema: Legge sul copyright

Tutto parte nel marzo 2019 con l’approvazione della direttiva sul diritto d’autore da parte del Parlamento europeo, nonostante l’offensiva lobbistica degli oligopoli digitali e dei loro alleati in alcuni governi nazionali, incluso l’esecutivo giallo-verde guidato da Giuseppe Conte. L’opposizione alle norme pro diritto d’autore però non si è mai fermata. Tant’è vero che, un anno dopo l’approvazione europea, la direttiva non è ancora diventata norma dello Stato italiano. L’attuale governo, due mesi fa, ha finalmente presentato al Senato la legge delega che recepisce l’euro-direttiva sul copyright. L’obiettivo è arrivare al voto entro l’estate. Resta comunque un bel pezzo di strada da fare perché, dopo l’approvazione, serviranno i decreti delegati con i criteri per determinare il «giusto compenso» dovuto agli editori da parte dei big di Internet, che controllano l’80% del mercato della pubblicità. I decreti potrebbero essere pronti – potrebbero – entro la fine dell’anno: ma non va trascurata l’opposizione della componente che nel governo è maggioranza. Va poi segnalata la risposta positiva di Martella all’Agcom: l’Autorità per le Comunicazioni chiede di introdurre una norma che le consenta di spegnere i canali di messaggistica operanti anche fuori dai confini europei.
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Politica interna

Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Trocino Alessandro
Titolo: Migranti, è lite Per il decreto un altro rinvio – Migranti, gli alleati litigano ancora Lamorgese tenta la mediazione
Tema: Regolarizzazione migranti
Sulla regolarizzazione dei migranti è stallo nel governo. La trattativa che va avanti da giorni ha raggiunto una condivisione su un testo di base, ma si è incagliata sulla durata del rinnovo del permesso di soggiorno, con la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo e i 5 Stelle che frenano e si mettono di traverso. La soluzione ancora non c’è e la discussione si è trasferita al tavolo di Palazzo Chigi, tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i capi delegazione. Tra i molti argomenti del decreto atteso per oggi, si è discusso a lungo anche sulla proposta di mediazione, messa agli atti dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Da settimane lavorano a un tavolo tecnico quattro ministri: oltre alla Lamorgese e Catalfo, ci sono la renziana Teresa Bellanova e Giuseppe Provenzano. L’idea è quella di intervenire in aiuto del settore in crisi dell’agricoltura (carente soprattutto di stagionali, con conseguenze disastrose per i raccolti) e del lavoro domestico, attraverso una regolarizzazione che faccia emergere i lavoratori in nero. Lo schema dell’accordo prevede due leve, spiegato così dalla Lamorgese: «Con la prima, il datore di lavoro ha la possibilità di concludere un contratto di lavoro subordinato per chi è impiegato in modo irregolare in agricoltura e nei lavori domestici e di assistenza. Questa possibilità riguarda sia l’emersione dei lavoratori irregolari italiani sia di quelli stranieri presenti sul territorio nazionale alla data dell’8 marzo 2020. Con la seconda leva, invece, si dà al lavoratore straniero, che ha un permesso di soggiorno scaduto dopo il 31 ottobre 2019 e ha già svolto attività lavorativa in questi due settori, la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo che è convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro solo se esibisce un contratto di lavoro subordinato entro il termine indicato».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  M. Gu. 
Titolo: Il pressing continuo delle Regioni «Dateci regole o facciamo da soli»
Tema: Fase 2 e riaperture

«Basta cincischiare». Per quanto sia ormai chiaro che il 18 apriranno bar, ristoranti, negozi e parrucchieri su tutto il territorio nazionale, i governatori di centrodestra spronano il governo a fare presto e minacciano il fai-date sul delicatissimo tema delle riaperture. E anche a sinistra, complice la scadenza del mandato e la campagna elettorale che si avvicina, la tensione tra le Regioni e lo Stato resta alta. Il presidente della Puglia Michele Emiliano ha fretta di avere sul tavolo le linee guida che l’Inail sta studiando per tutti i comparti: «Se arrivano le applicheremo. Se non arrivano, il 18 maggio noi apriamo lo stesso parrucchieri, estetisti e saloni di bellezza, perché le nostre linee guida regionali sono più che sufficienti». Si va avanti così, uno strappo dopo l’altro. Da Nord a Sud la musica è la stessa, ma se si esclude la Calabria di Jole Santelli, si tratta soprattutto di accelerazioni a parole, dovute alla ricerca di visibilità: i governatori delle Regioni in scadenza vogliono votare a luglio e il terreno riaperture ben si presta alla ricerca del consenso. Il governo è contrario alle elezioni in questa fase di convivenza con il virus, anche perché la finestra elettorale che si apre ad agosto imporrebbe di organizzare i primi comizi già a giugno. Anche di questo si parlerà oggi durante la cabina di regia chiesta «con urgenza» dalle Regioni, alla quale prenderanno parte Giuseppe Conte e i ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia. Il governatore dem dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, che presiede la Conferenza Stato-Regioni, porterà alla video riunione l’urgenza dei colleghi di avere «certezza che dal i8 maggio possono riaprire gli esercizi e le attività commerciali oggi chiusi».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Mangani Cristiana 
Titolo: Intervista a Luciana Lamorgese – «Parchi, movida, bar più controlli: giovani da responsabilizzare» – «Siamo vigili sulla movida anche le famiglie ci aiutino»
Tema: Intervista a Luciana Lamorgese

Un tranquillo weekend di paura, tra famiglie a spasso per i parchi, giovani in giro perla città e brevi fughe verso il mare. A pochi giorni dall’inizio della fase 2, nonostante le evidenti controindicazioni, i timori da coronavirus sembrano essere svaniti. Ministro Lamorgese, promuove o boccia la condotta degli italiani? «Gli italiani hanno saputo superare la prova ben più impegnativa delle chiusure attuate nella prima fase che si è conclusa il 3 maggio: i dati sui controlli ci dicono che la percentuale di cittadini sanzionati è stata solo del 3% su un totale di circa 13 milioni di persone identificate tra il 10 marzo e il 4 maggio». «Da una settimana è consentito un raggio di movimento più ampio per tutti noi, ma questo non ci deve far dimenticare che la diffusione del virus si moltiplica con gli assembramenti e con i contatti ravvicinati. In ogni caso non abbassiamo la guardia: abbiamo fatto quasi un milione di controlli dall’inizio della fase 2». Molti non indossano la mascherina e i guanti, pensa che sarà necessario tornare a un regime di controlli più severi? «Per questa seconda fase dell’emergenza sanitaria abbiamo chiesto ai cittadini di far leva sul loro senso di responsabilità. Le misure adottate dal governo, poi, devono trovare la loro applicazione individuando un punto di equilibrio tra il primario obiettivo di salvaguardare la salute pubblica, da perseguire soprattutto con il divieto di assembramento, e l’esigenza di contenere l’impatto dci controlli sulla vita quotidiana dci cittadini».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Russo Paolo 
Titolo: Piemonte, rischio chiusura anche dopo il 18 – Il 18 maggio riaprono negozi, bar e ristoranti Ma in Piemonte e Lombardia restano chiusi
Tema: Piemonte

Bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici, insieme a tutti gli altri negozi, potranno rialzare le saracinesche in quasi tutta Italia senza dover aspettare la data programmata del 1 giugno. La novità, comunque, non riguarderà tutte le regioni, perché Lombardia e Piemonte dovranno attendere. I dati del monitoraggio avviato dal Ministero della Salute, sulla base di ben 21 indicatori, stanno arrivando al dicastero degli Affari regionali e dicono che, almeno per ora, nelle due regioni dove si concentra la metà dei nuovi contagi ancora non si può accelerare. Anche se da qui al prossimo fine settimana, quando il premier presenterà agli italiani il nuovo Dpcm con il secondo step delle riaperture, almeno il Piemonte potrebbe rientrare nel gruppone delle regioni che anticipano. Oggi il ministro Francesco Boccia nella nuova riunione a distanza con i governatori proverà a sedare la rivolta della fronda leghista, spiegando che se i numeri dell’epidemia non peggioreranno in larga parte d’Italia si potrà giocare d’anticipo. L’orientamento è quello di rinviare ancora al 1 giugno il via libera a stabilimenti balneari e palestre, anche se a favore delle loro riaperture continua forte il pressing sia degli operatori che delle regioni “aperturiste”. «A chi dice “aprite, aprite”, rispondo sì, ma in sicurezza, perché i prossimi focolai potrebbero essere nei luoghi di lavoro», mette in guardia Boccia, che insieme al ministro della Salute, Roberto Speranza, vorrebbero fosse comunque il governo a decidere dove accendere il semaforo verde.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Della Frattina Giannino 
Titolo: Intervista a Beppe Sala – «Darò una mano ai commercianti Governo in ritardo, ora fuori i soldi» – Candidarmi di nuovo a sindaco di Milano? Prima di decidere rifarò il cammino di Santiago»
Tema: Intervista a Beppe Sala
Sindaco Giuseppe Sala, è ancora così arrabbiato con i milanesi? «Fare lo sceriffo non mi viene bene, ma in questa fase è importante non sgarrare». È molto duro con loro. «Penso a tutelare i commercianti, quelli che potrebbero andare a gambe all’aria. Vale la pena rischiare di dover chiudere di nuovo tutto?». Alzerà ancora la voce? «In fondo cosa chiediamo? Non più di rinunciare a uscire, ma semplicemente di mettere la mascherina e rispettare le distanze. Due cose semplici». I commercianti sono disperati, il governo promette e non mantiene. «Non è un problema di prestiti o diluizione dei pagamenti, bisogna iniettare liquidità nelle attività e ridurre i costi». Eliminerà tasse comunali? «Noi sindaci stiamo aspettando che il governo chiarisca quanti soldi ci darà e poi, se basteranno, saremo felici di togliere Tari e Cosap per i mesi di chiusura». I rimborsi degli abbonamenti sui mezzi pubblici? «Il ministro Paola De Micheli ne parla, anche qui aspettiamo i soldi del governo». Quindi i commercianti restano appesi. «Intanto li invito a utilizzare gli spazi all’aperto, non faremo pagare l’occupazione del suolo pubblico». Si ricandiderà sindaco l’anno prossimo? «Avevo immaginato un secondo mandato più tranquillo. Qui, come si diceva quando ero giovane, ci sarà da fare lotta dura senza paura». E quindi? «Farò una lunga camminata come l’altra volta sul percorso di Santiago, poi in autunno risponderò». Mario Draghi? «Un fuoriclasse. Ci parliamo al telefono, di lui ho una stima totale».
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Testata:  Stampa
Autore:  Izzo Edoardo
Titolo: Intervista ad Alfonso Sabella – “Il nuovo decreto può funzionare Ma sarà decisivo il lavoro del Dap”
Tema: Giustizia
Dottor Sabella, lei dice che il nuovo decreto “può funzionare”, ma con le strutture carcerarie attuali e l’emergenza coronavirus non si rischia l’esplosione di un’epidemia tra detenuti? «A mio parere sarà fondamentale il ruolo del Dap: vanno individuate strutture idonee perla detenzione dei soggetti a rischio. La realtà è che molti penitenziari non sono idonei ad affrontare l’ordinario, figuriamoci la pandemia. Gli spazi a disposizione per ogni detenuto sono ridottissimi e noi siamo addirittura più avanti rispetto al resto d’Europa: abbiamo più spazi e più agenti penitenziari in rapporto ai carcerati, ma non basta. C’è sempre un problema di sovraffollamento. Bisognerebbe pensare a un modello diverso da quello attuale, che metta al centro l’essere umano. Perché il diritto alla salute in carcere deve valere per tutti i detenuti: altrimenti rischiamo che si crei un paradosso, che la sanità penitenziaria diventi appannaggio dell’alta sicurezza. Va creato un nuovo modello sanitario penitenziario, costruendo nuove carceri dove è necessario. Spesso le scelte vengono fatte per motivi politici e non per motivi organizzativi. Con il nuovo decreto i detenuti che erano stati scarcerati torneranno davanti ai giudici di Sorveglianza. Si chiederà il parere della Direzione distrettuale antimafia. Non vede criticità in questo sistema? «Verrà chiesto uno sforzo straordinario al Dap. Per quanto riguarda le Dda non credo ci sarà un problema di questo tipo, sono ben strutturate e credo abbiano la forza per reggere questo tipo di lavoro. Servirà una buona organizzazione, ma ce la faranno. Mi sembra più complicata la situazione del tribunale di Sorveglianza: serviranno più magistrati e più cancellieri.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Martini Fabio 
Titolo: Bonafede da oggi alla prova del Parlamento Polemica per le scarcerazioni degli under 30
Tema: Giustizia

A palazzo Chigi è stato pensato come un provvedimento scaccia-problemi, ma il decreto sulle scarcerazioni non ha allentato la catena di diffidenze, ostilità e rischi politici che circondano il ministro Guardasigilli, Alfonso Bonafede. All’ombra della giornata domenicale, che di solito spegne i riflettori mediatici, si è consumato un primo problema: il decreto approvato sabato notte dal governo ha avuto qualche problema nel superare i rilievi di manifesta costituzionalità che spettano alla Presidenza della Repubblica. La procedura che accompagna un decreto-legge approvato dal governo sino al Colle è sempre informalissima, perché i testi licenziati dai Consigli dei ministri sono «invisibili»e nel corso degli anni questo ha talora consentito modifiche in corso d’opera, finalizzate alla piena operatività e congruità costituzionale dei provvedimenti. Stavolta il decreto è stato firmato dal Capo dello Stato domenica sera, al termine di un approfondito setaccio nel corso del quale si sarebbe arrivati ad ipotizzare un ridimensionamento quantitativo dell’articolato ma a tarda sera la Gazzetta ufficiale straordinaria non aveva ancora pubblicato il testo «vidimato». Bonafede è chiamato a fornire un’informativa sulla originalissima vicenda del magistrato Nino Di Matteo, che ha accusato in tv il ministro di aver subito pressioni della mafia. Bonafede ha ottenuto che le sue comunicazioni fossero derubricate a informativa e dunque le Camere non voteranno, cosa che però saranno chiamate a fare in occasione della mozione di sfiducia (ancora non calendarizzata) presentata dal centro-destra.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Pignatone Giuseppe 
Titolo: La giustizia e l’agenda da cambiare – Depenalizzazione dei reati e riti alternativi Per la giustizia subito una nuova agenda
Tema: Giustizia

La polemica politica e giudiziaria divampata in questi giorni dopo l’uscita dal carcere di numerosi detenuti imputati o condannati per gravi reati è un esempio degli effetti collaterali della crisi, innanzitutto sanitaria, innescati dalla pandemia che ha colpito l’Italia e l’intero pianeta. Infatti, gli effetti del virus si sono dimostrati tanto più pesanti quanto più gli organismi colpiti sono deboli e meno efficienti. Questo vale per gli individui, ma anche per le strutture e i settori dell’organizzazione sociale. Devastanti sono stati quindi, e ancora saranno, gli effetti della pandemia sull’intero sistema della giustizia penale, di cui sono noti limiti e difficoltà e che infatti è rimasta sostanzialmente paralizzata fino ad oggi, salvo pochissime attività indilazionabili. Anche la ripartenza sarà molto parziale. Non solo perché dovrà avvenire secondo le nuove regole, a cominciare da quelle sul distanziamento sociale che trasformeranno radicalmente la vita dei nostri Palazzi di giustizia, ma perché modalità inedite, tutte da sperimentare, si sommeranno alle carenze e ai problemi già ben noti. È quindi intuitivo il verificarsi di un pesante rallentamento: meno udienze, meno processi fissati per ogni udienza, meno persone ammesse nelle cancellerie, meno impiegati presenti nelle ore cruciali, enormi difficoltà a trattare i processi con più imputati, specie se detenuti. Né è pensabile che dopo l’estate si torni alla «normalità» del passato, ilche determinerà l’accumularsi di ulteriore arretrato in proporzioni molto pesanti, peraltro accresciute dai casi che scaturiranno dalla ripresa delle attività economiche e sociali.
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Testata:  Giornale
Autore:  Fazzo Luca
Titolo: Bluff di Bonafede sui boss scarcerati
Tema: Giustizia
Due settimane di tempo concesse ai giudici che hanno scarcerato in massa mafiosi e narcotrafficanti per ripensarci, anche alla luce dell’allentamento della pressione del virus, e riportare in cella i detenuti: questa è l’unica sostanza del decreto che il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha portato sabato notte all’esame del governo, e che ieri mattina è stato ufficialmente varato. È un decreto che il ministro presenta con una certa enfasi, annunciando che «nessuno può pensare di approfittare dell’emergenza sanitaria determinata dal Coronavirus per uscire dal carcere», e persino che «in momenti straordinari, servono provvedimenti straordinari». Di straordinario, in realtà, il decreto ha poco. Il provvedimento si limita a infliggere ai magistrati di sorveglianza l’obbligo di rivalutare periodicamente la situazione dei già scarcerati, e per le nuove richieste ribadisce quanto era peraltro già stabilito nel decreto precedente, ovvero la necessità di un parere preventivo da parte delle procure antimafia prima della concessione degli arresti domiciliari ai detenuti condannati per reati particolarmente gravi. Non toglie, nè poteva farlo a meno di venire asfaltato dalla Corte Costituzionale, la competenza ai tribunali sui provvedimenti di scarcerazione. Ma nemmeno interviene sulla situazione di impreparazione delle carceri all’emergenza Coronavirus, che è alla base di quasi tutti i decreti che nei giorni scorsi hanno ammesso i detenuti agli arresti domiciliari. Neanche una riga, infatti, sugli interventi chiesti da più parti per il rafforzamento dei reparti detentivi negli ospedali, che potrebbero essere la destinazione più ovvia per i detenuti a rischio di contagio.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Rogari Marco 
Titolo: Ecco dove vanno 55 miliardi di deficit La manovra dà l’addio alle clausole Iva
Tema: Dl Rilancio

Emerge da un puzzle gigantesco, su cui sono incastrate ben 258 tessere, il volto della manovra monstre anti-crisi da oltre 155 miliardi in termini di saldo netto da finanziare, alimentata da 55 miliardi di nuovo indebitamento. La fisionomia è quella di un testo omnibus in formato extra-large che rifinanzia molte delle misure del decreto Marzo e introduce nuovi interventi per uscire dall’emergenza, ma fa anche calare definitivamente il sipario sulla lunga stagione delle clausole di salvaguardia fiscali (in primis in 20,1 miliardi aumenti Iva del 2021), rinvia al prossimo anno la plastic e la sugar tax nate con l’ultima legge di bilancio e apre la strada alla creazione dell’annunciata “newco” per il salvataggio di Alitalia. E se l’impatto complessivo di quello che doveva essere il decreto Aprile e che, dopo ripetuti stop and go, è stato ribattezzato dal Governo «Dl Rilancio» è ormai a prova degli ultimi possibili restyling che saranno tentati nel passaggio decisivo oggi in Consiglio dei ministri, qualche sorpresa la potrebbe riservare in extremis la suddivisione della maxidote tra vari capitoli del decreto e il finanziamento finale di singoli interventi. Anche perché solo su una fetta dei 6-7 miliardi che ancora ballavano sabato mattina sarebbe stata pronunciata una parola definitiva. Per tutta la giornata di ieri è proseguito, non senza tensioni, il confronto nella maggioranza mentre la Ragioneria generale continuava a lavorare alacremente con l’obiettivo di chiudere diverse istruttorie tecniche ancora aperte.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Mobili Marco – Trovati Gianni 
Titolo: Imprese in crisi, niente Irap a giugno Stop a 30 milioni di cartelle fiscali – Irap, rata di giugno cancellata per imprese in crisi Stop a 30 milioni di cartelle e avvisi del Fisco
Tema: Dl Rilancio

Stop al saldo e all’acconto di giugno dell’Irap per le imprese che hanno subito perdite rilevanti di fatturato. L’ultima novità, annunciata in serata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, arriva dopo circa 6 ore di vertice di maggioranza. E va incontro alle richieste dei partiti, che nel pomeriggio sono tornati a criticare pesantemente le altre misure per le imprese, a partire da quelle che prevedono aiuti pubblici. Ma questo «è un meccanismo molto bello», ha ribattuto Gualtieri nell’intervista televisiva serale. Sui parametri per ottenere lo sconto Irap i lavori sono ancora in corso. La misura, secondo le ipotesi sul tavolo, dovrebbe riguardare le imprese con un fatturato fino a 250 milioni, con l’esclusione di banche e assicurazioni. Il calcolo sui costi determinerà gli altri parametri: M5S e Iv spingono per uno stop generalizzato della rata, ma le esigenze di finanza pubblica potrebbero limitare la misura alle imprese in perdita. Un’ipotesi punta a riservarla a chi ha perso almeno il 33% di fatturato ad aprile rispetto all’anno scorso, in linea con i parametri previsti per altri aiuti pubblici. Ma le calcolatrici sono all’opera. Nella maxi-manovra antiaisi arriva poi il blocco per 30 milioni di atti di accertamento e cartelle esattoriali che il Fisco avrebbe dovuto notificare cittadini e imprese dal 1° giugno al prossimo 31 dicembre. Con una nuova norma si rinvia al 2021 la notifica di 8,5 milioni di accertamenti, avvisi bonari, comunicazioni per ibolli auto non pagati, nonché il recapito di oltre 22 milioni di cartelle esattoriali.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Marro Enrico 
Titolo: E Gualtieri annuncia uno sconto sull’Irap – Ritirata la norma sul condono Arriva lo sconto Irap per le aziende
Tema: Dl Rilancio

La solita storia: il governo che annuncia come imminente il Consiglio dei ministri, questa volta per approvare l’atteso decretone da 55 miliardi, e poi si incarta per via dei contrasti nella maggioranza. E così tra riunioni con i capidelegazione dei partiti e il preconsiglio che slitta di ora in ora, mentre i tecnici dei ministeri cercano di mettere ordine in una bozza di 258 articoli e 438 pagine, il Consiglio dei ministri salta. Si terrà forse oggi, sempre che gli ultimi nodi vengano sciolti, dalla regolarizzazione dei migranti, chiesta da Italia viva e da Leu e osteggiata dai 5 Stelle, agli interventi sulle imprese, dove i renziani sposano il pressing di Confindustria e si oppongono alle misure che ritengono stataliste e assistenzialiste caldeggiate dai grillini. Che a loro volta sono infuriati per le norme che prefigurerebbero il salvataggio delle banche che dovessero entrare in crisi, mentre è già saltata la norma sul condono edilizio, bocciata anche questa dai 5 Stelle. Un tira e molla politico dal quale prova a smarcarsi il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ieri sera in tv a Che tempo che fa, annunciando un taglio dell’Irap, la tassa più odiata dalle imprese. In pratica verrà «abbuonato», cioè cancellato, il pagamento del saldo e acconto del prossimo 16 giugno per le imprese con un fatturato di almeno 5 milioni che abbiano subito ad aprile di quest’anno un calo del fatturato di almeno il 33% rispetto allo stesso mese del 2019.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Barbera Alessandro – Monticelli Luca 
Titolo: Gualtieri: a giugno le imprese non pagheranno la rata dell’Irap – A giugno le imprese non pagheranno l’Irap La spesa sarà finanziata con i soldi del Mes
Tema: Dl Rilancio

Niente Irap per le imprese a giugno. Quando ormai è buio è Roberto Gualtieri ad annunciare ospite di Fabio Fazio l’ultima novità del maxi decreto anti-recessione. La più odiata delle tasse, quella che le imprese versano normalmente alle Regioni per finanziare la spesa sanitaria, quest’estate non dovrà essere versata. A finanziare quella spesa – oggi la priorità delle priorità – si farà fronte con l’enorme aumento del deficit e- probabilmente in autunno – con un prestito del fondo salva-Stati. Il ministro del Tesoro non lo dice esplicitamente, ma fa capire che la questione è in agenda. Ciò che conta oggi è dare flato all’economia: la pressione di Italia Viva e di Confindustria perché arrivasse una risposta ha avuto la meglio. Resta da capire quanto ci vorrà ancora per definire il decreto. Anche ieri la maggioranza è stata costretta ad una riunione fiume con il premier Conte. Il decreto è intitolato “Sostegno alle imprese e all’economia”, l’ultima bozza conta 258 articoli e quattrocento pagine di norme. L’impianto è definito, ma manca il si della Ragioneria generale dello Stato alle coperture. Nella maggioranza è ancora aperta la questione del cosiddetto “reddito di emergenza”: i renziani temono si tramuti in un altro sussidio indiscriminato. Il compromesso prevede che venga garantito una tantum a chi non ha altri aiuti, può dimostrare di avere un reddito familiare non superiore ai quindicimila euro l’anno e un patrimonio inferiore ai diecimila.
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera 
Autore:  De Bortoli Ferruccio 
Titolo: La crisi economica e sociale va evitata: giusto fare debiti (ma niente illusioni dovremo ripagarli) – Dobbiamo affrontare l’elefante del debito
Tema: Crisi economica e sociale

Quando a metà di questa settimana verrà comunicato il dato sul debito pubblico italiano a marzo, potremmo trovarci di fronte a un curioso, se non apparisse beffardo, scherzo statistico. Cioè vedremo il valore assoluto scendere anziché salire. Secondo le stime di Mazziero Research dovrebbe attestarsi a quota 2.423 miliardi, in calo di 27 miliardi rispetto a febbraio. La quiete apparente prima della tempesta, il silenzio che precede la deflagrazione. Le previsioni dell’Unione europea per il 2020 parlano già di un calo record del Prodotto interno lordo italiano (Pil) del 9,5 per cento contro una media dell’Eurozona del 7,7 per cento. Con flessioni comprese tra il 4,3 per cento della Polonia e il 9,7 della Grecia. Il debito pubblico italiano sfiorerà il 159 per cento del Pil (era al 134,8 l’anno scorso). I Paesi sopra la barriera del 100 per cento passano da tre a sette. Benvenuti nella peggiore recessione di sempre cui seguirà, nel 2021 un rimbalzo che per l’Italia dovrebbe portare a un recupero del Pil del 6,5 per cento, con un deficit in discesa dall’11,1 per cento al 5,6 e un debito al 153,6 per cento. Il deficit pubblico, disse Ronald Reagan, è talmente grande che può badare a se stesso. E così il debito. Ma era il presidente degli Stati Uniti (1981-89) e poteva permetterselo. Oggi lo ricordiamo, insieme a Margaret Thatcher, come un gigante liberale. Incomparabile (anche nell’eleganza dei vestiti Caraceni) al suo successore Donald Trump, costretto a far crescere sia deficit sia debito di fronte alla crisi della pandemia.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rizzo Sergio 
Titolo: Se la burocrazia nuoce ai decreti – La burocrazia nuoce ai decreti
Tema: Burocrazia vs decreti

Dunque il governo di Giuseppe Conte ha deciso di lanciare la sfida alle più monumentali opere dell’ingegno letterario. Dopo aver surclassato Ipromessi sposi di Alessandro Manzoni, 592 pagine, il decreto ex “aprile” aveva a un certo punto superato le 762 pagine della Valle dell’Eden, capolavoro di John Steinbeck. Con la differenza che la bozza ciclopica, che da 767 cartelle è poi planata a quota 400, è tutt’altro che una pietra miliare della letteratura. Verosimilmente, un nuovo sterminato contorsionismo della nostra burocrazia. Ulteriore dimostrazione che mentre il Paese va da una parte, la politica e la pubblica amministrazione seguono la direzione esattamente opposta. Se questa è la semplificazione di cui aveva parlato il presidente del Consiglio dopo le prime fondatissime critiche ai decreti Cura Italia e Liquidità, stiamo freschi. A nulla è servito il confronto con gli altri Paesi. Né gli scivoloni, i ritardi, le disfunzioni e gli effetti catastrofici di certe assurdità che andavano corrette subito, come i cinque passaggi necessari per sperare di ottenere la cassa integre one in deroga. Ma ancor meno sono servite le osservazioni e le proteste arrivate da tutte le parti. Le imprese lamentano che per accedere alla misura fondamentale prevista dalle manovre anti coronavirus, la garanzia dello Stato sui prestiti bancari, bisogna produrre una impressionante mole di carte, fino a 19 diversi documenti.
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Testata:  Repubblica Affari&Finanza 
Autore:  Paolini Roberta 
Titolo: Donne manager di legno e acciaio le due venete di Confindustria
Tema: Confindustria: due donne manager

Due donne nella stanza dei bottoni di Confindustria. In viale dell’Astronomia non è una novità la presenza femminile, lo è il fatto che nella squadra del designato Carlo Bonomi ci siano solo loro, e che siano entrambe venete. L’una, Beltrame, è la giovane erede di una delle casate industriali più antiche d’Italia. L’altra, Piovesana, ha assunto la guida dell’impresa di famiglia poco più che quarantenne alla morte prematura del padre. Nel mondo della siderurgia gli eredi sono maschi, anche se spesso le “signore” si sono distinte in un mondo, sulla carta, impenetrabile dalle donne, come è successo alla Beltrame. Piovesana, invece, diventa nel 2013 presidente della territoriale trevigiana, Unindustria Treviso, e realizza la fusione con Padova, matrimonio da cui è nata Assindustria Venetocentro.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  … 
Titolo: Sace, per Garanzia Italia già chiesti 250 prestiti
Tema: “Garanzia Italia”

Accelera “Garanzia Italia”, lo strumento previsto dal decreto liquidità per sostenere le imprese danneggiate dall’emergenza coronavirus con finanziamenti garantiti da Sace e controgarantiti dallo Stato. Le richieste di finanziamento attualmente in corso di istruttoria presso le banche sono 250 per un ammontare complessivo di finanziamento richiesto di 18,5 miliardi. Le banche valutano le operazioni, che vengono proposte da imprese medie e grandi, per poi trasmettere la richiesta di garanzia alla società di Cdp guidata dal presidente Rodolfo Errore e dall’amministratore delegato Francesco Latini. Finora sono arrivate alla Sace dalle banche quattro richieste di garanzia, tutte «processate ed emesse in poche ore in maniera totalmente digitale per un ammontare totale di circa 30 milioni di euro». La società di Cdp rispetta il termine di 48 ore per portare a termine la pratica e rilasciare la garanzia. Le cifre attuali – secondo Sace – sono destinate «ad aumentare nelle prossime settimane», via via che si concluderanno le istruttorie bancarie e arriveranno le richieste. La nuova garanzia Italia si è messa in moto ufficialmente il 20 aprile: 190 istituti bancari si sono accreditati sul portale web sviluppato da Sace per accogliere e gestire le richieste degli istituti e in queste ore, spiega la società, si stanno registrando nuove richieste di garanzie provenienti dalle banche.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista a Dario Franceschini – «La nostra estate diversa» – Franceschini: 2 miliardi per aiutare il turismo Così le famiglie potranno andare in ferie
Tema: Turismo

In attesa delle regole «ufficiali» il ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, anticipa la filosofia dell’estate ai tempi del virus. Che vacanze faremo e in che modo, con quali tempi e con quanti soldi il governo aiuterà il mondo del turismo, il settore più duramente colpito dall’emergenza. Conte ha detto al «Corriere» che «ci attendono mesi molto difficili, ma l’estate non sarà in quarantena». Lei come la vede, ministro? «Saranno vacanze diverse. Stiamo lavorando perche siano possibili al mare, in montagna, nelle città d’arte, nei borghi, ovunque. Ma avremo dei limiti con cui convivere, dal distanziamento alle mascherine, alla prudenza in generale». Non andremo all’estero e gli stranieri non verranno da noi? «Sarà l’anno delle `vacanze italiane” perché il turismo internazionale, extraeuropeo, difficilmente potrà ripartire. E gli italiani che sarebbero andati a fare vacanze lontane potranno riscoprire le infinite bellezze che hanno vicino a casa. Quelle che tutto il mondo ammira». Quando riapriranno le frontiere con l’estero? «È importante che sia possibile il libero passaggio di turisti tra Paesi europei, quando l’andamento dei dati epidemiologici lo consentirà, attraverso regole di sicurezza e certificazione comuni. E quanto ho chiesto alla Commissione Ue insieme a molti colleghi di altri Paesi e spero che la prossima settimana ci sia una pronuncia».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mastrobuoni Tonia 
Titolo: Intervista a Isabel Schnabel – Schnabel (Bce): “Mes, no austerità” – Schnabel “La Bce pronta a rafforzare la sua azione Con il Mes nessuna austerità”
Tema: Bce

In questa prima intervista italiana, Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, spiega perché la Bce non ascolterà al Corte costituzionale tedesca, e fa appello a una maggiore solidarietà europea per evitare abissi tra i Paesi. Il Recovery fund dovrà dare anche aiuti e non solo prestiti. Mentre il Mes non porterà austerità, né troika, precisa la banchiera centrale tedesca. Per la Corte di Karlsruhe il programma di acquisti di titoli governativi della Bce (Pspp), è parzialmente incostituzlonale. Questa decisione mette a rischio l’azione della Bce? «La Bce è un’istituzione europea, il che significa che la Corte di Giustizia europea ha giurisdizione sulla Bce e le sue azioni. Come sottolineato dalla presidente della Bce, siamo imperterriti nella nostra volontà e abilità di agire. Continueremo a condurre il Pspp, così come le nostre altre misure di politica monetaria, in linea con il nostro mandato.Il messaggio sembra anche essere stato ben capito dai mercati». Non è pericoloso se una corte nazionale dichiara un verdetto dell’Alta corte europea “ultra vires” o illegittima? «Non sta a me giudicare gli aspetti legali del verdetto, ma le sue implicazioni vanno chiaramente al di là della Bce. La primazia della legge europea è fondamentale per il funzionamento dell’Ue». C’è un accusa alla Bce espressa anche da Karlsruhe: fa politica economica e non monetaria. «Da un punto di vista accademico, la distinzione tra politica monetaria ed economica è difficile. Ma i loro obiettivi sono chiaramente diversi. E posso assicurarle che la Bce pondera sempre molto attentamente che le sue misure siano adeguate, necessarie e proporzionate».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bresolin Marco 
Titolo: La Germania rischia una procedura europea per il verdetto sulla Bce
Tema: Bce

La Commissione europea sta valutando l’ipotesi di una procedura d’infrazione contro la Germania. Un atto forte per rispondere in modo formale alla sentenza della Corte costituzionale tedesca che ha chiesto alla Bce di mettere dei chiari limiti al suo piano di acquisto di titoli. Nulla è ancora deciso, ma la minaccia di Bruxelles ieri è stata messa nero su bianco in un comunicato ufficiale firmato da Ursula von der Leyen. La donna che oggi si trova alla guida dell’esecutivo Ue, ma che fino a pochi mesi fa era a capo del ministero della Difesa di Berlino. La mossa potrebbe avere un duplice significato: giuridico e politico. Da un lato von der Leyen vuole ribadire la supremazia del diritto europeo e difendere il ruolo di “guardiano dei Trattati” che è assegnato alla Commissione. Ma, da un punto di vista più politico, questo annuncio potrebbe servire anche a togliere le castagne dal fuoco al governo guidato da Angela Merkel e alla Bundesbank di Jens Weidmann. Che si trovano in grande difficoltà, imprigionati tra due fuochi. La Corte Costituzionale tedesca ha di fatto imposto alla banca centrale tedesca di abbandonare il programma di Quantitative Easing qualora non arrivassero chiarimenti dalla Bce «entro tre mesi». La Banca centrale europea, pertò, ha già fatto sapere di non essere tenuta a dare alcuna spiegazione: Christine Lagarde è stata molto netta. E la Corte di Giustizia Ue è subito corsa in suo aiuto per sottolineare che solo lei ha competenza sulle decisioni della Bce. Dall’Eurotower, dunque, non arriverà alcun chiarimento. A chi dovrà obbedire Angela Merkel? Ai giudici della sua Germania che lavorano a Karlsruhe oppure a quelli della sua Europa che stanno a Lussemburgo?
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sacchettoni Ilaria 
Titolo: Silvia in Italia rivendica la conversione – «Convertita all’Islam, una libera scelta»
Tema: Silvia Romano

Sorride. Saluta. Abbraccia. Alle quattordici e dieci Silvia Romano attraversa il breve tratto che separa l’aereo dall’ingresso dell’aeroporto di Ciampino dove la aspettano mamma Francesca, papà Enzo («è come scoppiare di gioia») e – virtualmente – tutti quelli che hanno seguito la vicenda del suo rapimento, iniziata in Kenya e conclusa in Somalia diciotto mesi dopo. È a casa. Finalmente. Un lungo abito verde brillante le copre il capo e scende giù fino ai polpacci mentre sotto s’intravede un tessuto batik dai disegni tipicamente africani. Silvia Romano fa scendere la mascherina sul mento perché la vedano meglio ringraziare e salutare tutti quelli che l’hanno riportata a casa, poi corre dai suoi. Ad attenderla, in aeroporto, oltre al premier Giuseppe Conte c’è anche il ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio. Si parla di tensione tra i due perché la Farnesina sarebbe stata informata solo a cose fatte, ma Di Maio fuga i dubbi: «Ho sempre seguito la vicenda, avevo parlato con il padre di Silvia a dicembre promettendogli che l’avrei riportata a casa e così è stato – dice Di Maio, soddisfatto – In questi casi è un orgoglio massimo servire il Paese perché lo Stato si mostra in tutta la sua forza e in tutta la sua capacità, giocando da squadra per riportare a casa una nostra connazionale». Quindi, un sorriso alla volta, Silvia Romano si affretta a salire sull’auto metallizzata che, di lì a poco, la porterà nella caserma dei carabinieri del Ros. L’aspettano quasi cinque ore di interrogatorio con gli inquirenti ai quali dirà che, durante i diciotto mesi di prigionia, ha imparato a parlare un po’ di arabo. Adattamento o scelta? È il nodo da sciogliere in questa vicenda, così come lo è il particolare della conversione. Fino a che punto Silvia Romano è stata davvero libera di scegliere?
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Caccia Fabrizio 
Titolo: La destra attacca sul riscatto. Polemiche per il velo
Tema: Silvia Romano

Sulla liberazione di Silvia Romano divampa la polemica. Il centrodestra va all’attacco e il via lo dà il leader della Lega, Matteo Salvini: «E chiaro che nulla accade gratis, ma non è il momento di chiedere chi ha pagato cosa…». E evidente l’allusione a un riscatto. Così, subito gli risponde a tono Federica Dieni, segretario M5S del Copasir, il comitato di controllo sui servizi segreti: «Se Salvini è a conoscenza del pagamento di un riscatto, il nostro presidente Raffaele Volpi (della Lega, ndr) lo convochi per riferire». Ma ormai il fuoco è acceso: «Spero che dopo aver riportato a casa lei, lo Stato si prodighi per andare a stanare i suoi carcerieri, sarebbe un dramma se passasse l’idea che rapire gli italiani è un buon affare – osserva il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni -. In quanto alla conversione della ragazza, non posso non ragionare che sia un modus operandi di buona parte del terrorismo islamico». Non mancano le critiche pure sul fatto che Silvia all’arrivo fosse avvolta in uno jilbab, l’abito somalo: «Come vedere tornare un prigioniero dei campi di concentramento orgogliosamente vestito da nazista», il tweet del direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti. «Guardate il suo sorriso, non l’abito», s’indigna però Nicola Fratoianni, portavoce di Sinistra Italiana. E Jasmine Cristallo, delle “Sardine”: «Sono stati spesi soldi per liberare Silvia? Meglio che per comprare armi!». «Felice per Silvia, ora verità per Giulio Regeni», è l’appello del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, mentre il premier Conte su Fb esprime sollievo: «Il sorriso di Silvia c’infonde grande energia, una boccata di ossigeno più che necessaria in questo momento».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ciriaco Tommaso 
Titolo: La tensione con gli Usa sul riscatto e l’ira di Di Maio all’oscuro del blitz
Tema: Silvia Romano

Non è stata una liberazione come le altre, quella della cooperante Silvia Romano. Ha provocato tensioni forti nel cuore del governo. Allargato il fossato che divide Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, infuriato per essere stato estromesso all’ultimo miglio dell’operazione. Ma non basta: la gestione del caso lascia interdetti gli alleati, Stati Uniti e Gran Bretagna in testa. Perché è vero, la “dottrina italiana” ha sempre previsto il pagamento di un riscatto, ma mai come stavolta l’esecutivo non ha fatto nulla per negare la trattativa con gli uomini di Al Shabaab, che gli americani combattono sul campo. Tanto che, trapela, l’esecutivo italiano si aspetta presto – molto presto – una richiesta di informazioni e dettagli da parte di Washington. Per ricostruire la vicenda, tracciare la direzione esatta presa dal denaro. E chiudere una partita così delicata senza troppi strappi. È vero, Palazzo Chigi si è mosso nel solco della filosofia che ha guidato i governi del recente passato, facendo il massimo per riportare a casa i connazionali rapiti, a ogni costo e grazie al grande lavoro dell’Aise. Ma c’è anche qualcosa di diverso. Alcune mosse inedite del premier, forse anche meno prudenti del solito. Di certo, il presidente del Consiglio ha voluto esercitare la gestione dei Servizi, che mantiene dal 2018, senza margini di equivoco. A differenza di altre operazioni, è apparsa plasticamente proprio la regia Palazzo Chigi. La Farnesina, che pure con l’unità di crisi aveva seguito per un anno e mezzo la vicenda del rapimento Romano, non è stata informata dell’ultima fase dell’operazione.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Foschini Giuliano 
Titolo: Silvia è stata tradita – Il racconto di Silvia tradita nel villaggio che voleva salvare
Tema: Silvia Romano

«Tutto – ha raccontato la ragazza agli investigatori per quanto Repubblica è riuscita a ricostruire -sembrava andare come doveva, non ho percepito in quei giorni nessuna situazione di particolare pericolo o che mi facesse temere per la mia incolumità». In realtà non era così. Qualcuno l’aveva tradita. Spifferando agli jihadisti di Al Shabaab che una ragazza occidentale lavorava sola, senza particolari protezioni, in quel villaggio. È così che alle 19.30 del 20 novembre a Chakama arriva un commando composto da almeno otto persone a prenderla. Sono banditi keniani. Ma non sono banditi qualsiasi. Il capo, Ibrahim Adhan Omar, è un somalo di 31 anni che fa parte di Al Shabaab. II loro compito – in cambio di soldi e armi – è soltanto prendere Silvia e consegnarla. «Dopo essere stata rapita – ha spiegato la cooperante – sono stata accompagnata per circa un chilometro dove ad aspettarmi c’erano tre sequestratori somali con delle moto». Erano gll jihadisti di Al Shabaab. «Mi hanno preso e siamo partiti verso la Somalia». «Il viaggio – ha raccontato Silvia – è durato circa quattro settimane. Abbiamo attraversato foreste e zone molto impervie. Abbiamo guadato due fiumi. Avevamo moto, abbiamo camminato e nell’ultimo tratto sono arrivate anche due automobili». II primo è stato, nella ricostruzione offerta da Romano, il momento più drammatico. In quei giorni ha piovuto a dirotto in quella zona tra il Kenya e la Somalia. Silvia è stata malissimo, una febbre altissima. E i suoi carcerieri l’hanno curata, recuperando anche medicine particolari.
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Testata:  Libero Quotidiano 
Autore:  Gonzato Alessandro 
Titolo: Intervista a Vittorio Sgarbi – Sgarbi: «Con il riscatto pagati i nostri nemici» – «Siamo diventati complici degli jihadisti»
Tema: Silvia Romano

«Per lo Stato italiano Silvia Romano vale più di Aldo Moro, lo dicono i fatti: Moro è morto perché le istituzioni decisero di non trattare coi terroristi, mentre in questo caso il governo ha dato 4 milioni ai carcerieri islamici. Abbiamo finanziato chi combatte l’occidente: siamo diventati complici degli jihadisti». Vittorio Sgarbi prosegue la sua “fase 2” a Roma tra quadri, libri e musica. Qualcuno però la starà chiamando anche per chiederle cosa ne pensa della liberazione della giovane volontaria… «E’ stata un’operazione mercantile, altro che diplomatica o politica!». Cosa intende? «Lo Stato ha accettato un ricatto e ha favorito il terrorismo. Ecco, adesso per colpa sua mi è venuto in mente il capo delle “sardine”, come si chiama… Santori, che l’altro giorno ha scritto su Twitter che Moro è stato ucciso dalla mafia anziché dalle Brigate Rosse». Lei non avrebbe pagato il riscatto della Romano? «Si tratta di una vittoria umana, è chiaro, come si fa a non essere contenti della liberazione? Però, visto che il governo nega di aver pagato, ci dica in che modo l’hanno liberata. Abbiamo il diritto di saperlo. Io non voglio sapere quanto hanno pagato, ma chi ha trattato, come si chiama, a che categoria appartiene e come hanno fatto a ottenere il risultato per via diplomatica. Tutte domande alle quali Conte ovviamente non potrà mai rispondere». II premier ha detto che è stata un’operazione di «intelligence». «Intelligence con Luigi Di Maio ministro degli Esteri? Impossibile».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Ippolito Luigi 
Titolo: Da «stare a casa» a «stare allerta» Il Regno si divide sulla linea Johnson
Tema: Regno Unito

Il Regno Unito va in frantumi sulla Fase 2. Ieri sera, in un discorso televisivo alla nazione, Boris Johnson ha annunciato il progressivo – ma comunque lento e graduale – allentamento del «lockdown»: il messaggio del governo passa da «state a casa» a «state allerta». Tuttavia le altre regioni del Paese non ci stanno: Scozia, Galles e Irlanda del Nord continueranno a chiedere ai propri cittadini di non uscire. E in particolare la premier scozzese Nicola Sturgeon, tenace avversaria di Boris, ha attaccato con durezza la linea del primo ministro, definita «vaga». Johnson è stato estremamente prudente: la «road map» che ha schizzato, ci ha tenuto a sottolineare, è del tutto condizionale: se il virus rialzasse la testa, si tornerebbe a un pieno «lockdown». Al momento però, ha spiegato, la R (ossia il tasso di diffusione del virus) è fra 0,5 e 0,9 (a seconda delle aree del Paese), dunque sotto la fatidica soglia di 1: il che consente di avviare una timida riapertura. In primo luogo, già da oggi, chi non può lavorare da casa è «attivamente incoraggiato» a tornare al lavoro: e si tratta innanzitutto dei cantieri e delle fabbriche. Da mercoledì i cittadini avranno sostanziale libertà di spostamento fuori dalle mura di casa, pur nell’osservanza della regola del distanziamento sociale. Dal primo giugno cominceranno a riaprire i negozi e le scuole (a scaglioni) a partire dalle materne ed elementari.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Marconi Cristina 
Titolo: La Regina sparirà per mesi Johnson: basta stare a casa
Tema: Regno Unito

Per la fase due bisogna ancora aspettare almeno tino a giugno, ma da oggi nel Regno Unito inizia un alleggerimento delle misure: da «state in caca» a «state all’erta». E se nella sostanza le regole non cambiano di molto – chi non può lavorare da casa deve andare al lavoro ma non con i mezzi pubblici, si potrà stare all’aperto quanto si vuole purché a distanza – il nuovo messaggio del governo britannico per la gestione del coronavirus ha convinto così poco che sia la Scozia che il Galles e l’Irlanda del Nord hanno deciso di agire indipendcntementeda Londra. Il premier Boris Johnson, parlando alla nazione al termine di un lungo fine settimana di sole, ha annunciato un «piano che cerca di dare risposte ad entrambe le paure», ossia guella sulla salute equella sull’economia. E quindi da «state a casa, controllate il virus, salvate vite» si è passati a una più generica richiesta di vigilanza, giudicata decisamente vaga e confusa dal leader dell’opposizione Sir Keir Starmer, che guidi il paese attraverso la «risposta flessibile» dei prossimi mesi, basata sul rispetto di cinque parametri: tutela del sistema sanitario, calo dei decessi, riduzione delle infezioni, numero sufficiente di test e di equipaggiamento protettivo per il personale sanitario e evitare un eventuale nuovo picco. Per questo verrà messo a punto un sistema di allarme sul Covid, non dissimile da quello esistente sul terrorismo, in cui 1 sarà il rischio minimo e 5 il più alto. II lockdown del 23 marzo, per dire, è stato imposto con un livello 4.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Sabadin Vittorio 
Titolo: La Regina Elisabetta si rinchiude a Windsor fino all’autunno – Elisabetta isolata, tocca a Carlo Esce di scena la regina eterna
Tema: Regno Unito

La regina Elisabetta esce di scena per un Jlungo periodo, senza fissare una data per il ritorno. A 94 anni, e dopo 68 di regno, è stata costretta dall’epidemia di Covid a cancellare ogni impegno futuro: la sua agenda, per la prima volta, è vuota. Niente più apparizioni pubbliche, ricevimenti, inaugurazioni, cene di stato. Resterà confinata almeno fino all’autunno nel castello di Windsor, dove si trova dal marzo scorso in compagnia di suo marito il principe Filippo (99 anni il prossimo mese), del suo ultimo corgi, Peggy, e di una delle poche amiche che le sono rimaste, la sarta Angela Kelly. In quell’enorme e millenario castello, i passi dei pochi domestici rimasti rimbombano nei saloni vuoti, malinconica colonna sonora del tramonto della più longeva monarchia nella storia britannica. Anche Buckingham Palace, che persino durante la Seconda Guerra Mondiale continuò ad ospitare il re e la regina, verrà chiuso per tutta l’estate. I 50.000 turisti che lo affollano da luglio a ottobre non contribuiranno quest’anno ai lavori di restauro. La Regina non andrà neppure a trascorrere le vacanze al castello scozzese di Balmoral: il suo isolamento sarà totale. Fonti del palazzo hanno spiegato: «La Regina non farà niente che vada contro le raccomandazioni comunicate alle persone della sua età e intende adottare tutte le precauzioni necessarie. Si discute se potrà riprendere l’attività in ottobre, ma in questo momento nella sua agenda non c’è più nulla».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: A New York lo spettro di non farcela
Tema: New York

Ground Zero vuole rinascere anche stavolta, ma ce la farà? New York è stata l’epicentro della pandemia, il focolaio di gran lunga più colpito negli Stati Uniti con quasi ventimila morti. Ora vuole convincersi che il peggio è passato. Esibisce indicatori positivi: è scesa sotto i duecento ricoveri quotidiani per dieci giorni consecutivi; il sistema ospedaliero ha retto nell’emergenza tanto che la nave-ospedale militare è partita senza essere mai stata usata, e l’ospedale da campo a Central Park è stato smobilitato. Ieri a Central Park sembrava una domenica qualsiasi (mascherine a parte), con i prati brulicanti di famiglie. È scattato il conto alla rovescia per questo venerdì 15 maggio, quando diversi settori non essenziali potranno riaprire: edilizia, manifatturiero, e ogni negozio che sia attrezzato per servire la clientela all’esterno, con consegna sul marciapiedi. Ma lo stesso governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, ammette che «nessuno ha un’idea di quando l’economia cittadina ripartirà». Per il sindaco Bill de Blasio «mancano mesi a una vera riapertura». Le aziende che in teoria riempiono i criteri, saranno ancora vive quando arriva il via libera? L’ecatombe economica ha già superato quella sanitaria: 830.000 disoccupati in più, in una città di 8,5 milioni. Nelle vetrine sbarrate di negozi e ristoranti si legge “arrivederci a presto”; molti in realtà hanno già fatto bancarotta.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Nigro Vincenzo 
Titolo: Libia, arrivano i jet degli Emirati Verso lo scontro totale con Erdogan
Tema: Libia

La guerra civile in Libia si avvicina a una nuova escalation. Dopo alcune settimane di successi militari del governo di Tripoli contro le milizie di Khalifa Haftar, gli sponsor esterni del generale preparano un contrattacco. Gli Emirati, la Russia e l’Egitto trasferiscono materiali e uomini in Libia per permettere a Haftar di recuperare il terreno perduto. La novità potenzialmente più pericolosa sono i 6 caccia Mirage 2000 degli Emirati rischierati al confine orientale della Libia, nella base egiziana di Sidi Barrani. È la risposta del principe Mohammed bin Zayed al sostegno aereo che la Turchia di Erdogan da dicembre garantisce al governo di Fayez Serraj, fornendo droni e missili antiaerei per impedire agli aerei di Haftar di colpire Tripoli. Gli Emirati hanno trasferito anche tonnellate di materiale militare direttamente nell’area della Cirenaica oppure in Egitto, da cui poi le armi proseguono via terra perla Libia. La Russia invece in Siria ha iniziato a organizzare con l’esercito del presidente Assad l’arruolamento di miliziani siriani da schierare in Libia. Combatteranno con Haftar, sul fronte opposto a quello degli altri siriani che la Turchia invece ha inviato al fianco di Tripoli. Un’operazione che ha allarmato gli Stati Uniti, che temono la possibile presenza in Libia anche di miliziani sostenuti da Hezbollah o dai consiglieri iraniani di Assad.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Ventura Marco 
Titolo: Intervista a Fabio Agostini – «Irini non favorirà Haftar stop a tutte le armi libiche»
Tema: Libia
«Controlleremo anche i cieli, non saranno i nostri mezzi a intervenire». Parola di Fabio Agostini, l’ammiraglio italiano al comando della missione europea Irini operativa dal 4 maggio. II 28 aprile si è chiusa la “Force generation conference” in cui i Paesi Ue hanno fornito gli assetti disponibili e Irini (“Pace” in greco) può adesso cominciare a operare con la fregata francese Jean Bart e un aereo di pattugliamento marittimo messo a disposizione dal Lussemburgo. «Allo stato attuale partecipano 20 Paesi con mezzi e personale, risultato ottimo considerando che tutti sono alle prese con l’emergenza Covid che non risparmia neppure le procedure per far partire questa missione». Ammiraglio, il premier libico Al Sarraj teme che le armi possano arrivare al rivale, il generale Haftar, via terra… «La nave francese, avendo capacità di scoperta aerea. ci permette di monitorare il traffico marittimo ed eventualmente anche quello aereo. L’obiettivo prioritario e quello di attuare l’embargo sulle armi verso la Libia imposto dall’Onu, compiti secondari sono quelli di contribuire a impedire le esportazioni illecite di petrolio, la formazione della guardia costiera e della Marina libiche e il supporto alla lotta al traffico di esseri umani. Fondamentali saranno l’Intelligence dei Paesi membri e le immagini satellitari che ci arriveranno dall’agenzia europea SatCen.» Quali altri Paesi si sono già concretamente impegnati? «Grecia, Germania e Polonia, ma ci aspettiamo in futuro una serie di assetti che ci permetteranno di monitorare il flusso di armi nelle tre dimensioni. Via mare, naturalmente, possiamo intervenire in modo diverso che via terra o aerea. Per queste ultime faremo segnalazioni alle Nazioni Unite, che agiranno di conseguenza».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gabanelli Milena – Ravizza Simona 
Titolo: Dataroom – Fondi, lobby, politica Chi comanda all’Oms
Tema: Oms

Quando si chiuderà questa drammatica pandemia l’Oms dovrà rispondere del ritardo con cui è stata comunicata. Solo un’inchiesta internazionale indipendente potrà chiarire se l’Organizzazione istituita dall’Onu nel 1948 con funzione di vigilanza sanitaria mondiale, ha commesso errori. Oggi sta supervisionando altre 35 operazioni di emergenza (dal focolaio di morbillo in Congo, a quello di colera nello Yemen) e coordinando gli interventi contro tubercolosi, diabete, poliomielite e malattie tropicali. È finanziata dai 194 Paesi membri con contributi fissi in base al Pil, congelati dal 1987, e da contributi volontari. Questi ultimi sono la parte più consistente e provengono anche da una moltitudine di soggetti privati, parliamo di 4,6 miliardi su un budget complessivo di 5,6. II primo contribuente sono Gli Stati Uniti che versano in totale 893 milioni di dollari. Al secondo posto troviamo BM e Melinda Gates, al terzo il Regno Unito, al quarto Gavi Alliance (di Bill Gates), poi il Rotary Club, il National Philantropic Trust, la Cina è al 14° posto con 85,8 milioni. Di fatto l’Oms gestisce solo il 20% del suo budget, perché il resto sono progetti specifici decisi dai privati, non tutti trasparenti.
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