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SINTESI IN PRIMO PIANO – 1 novembre 2020

In evidenza sui principali quotidiani:

– Covid-19: verso nuovo dpcm, zone rosse e alt a spostamenti tra Regioni;
– Mps-Unicredit: dice il Ministro Gualtieri, “abbiamo lavorato per sostenere e rafforzare la banca”;
– Manovra: 7 mld nel pacchetto per il Sud, confronto fra i Ministri Provenzano e Gualtieri;
– Emergenza sanitaria: Gran Bretagna in lockdown, blindate anche Grecia e Austria;
– Usa: il voto e l’America da ricostruire.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Stop ai movimenti tra regioni – Saranno i governatori a decidere le zone rosse No a spostamenti tra regioni e coprifuoco anticipato
Tema: Covid-19, nuovo Dpcm in arrivo

«Zone rosse» nelle aree dove l’Rt (l’indice di trasmissione) supera l’1,5, divieto di spostamento tra le regioni, chiusura dei centri commerciali nel fine settimana, limitazioni per le altre attività commerciali, coprifuoco anticipato. Il governo accelera sulla stretta per provare ad evitare il lockdown nazionale. E mette a punto nuove regole e divieti da inserire in un Dpcm che potrebbe essere firmato tra domani sera e martedì. Anche il Comitato tecnico scientifico – convocato d’urgenza ieri pomeriggio – ritiene che non ci siano al momento le condizioni per bloccare l’Italia come avvenuto a marzo, né di fermare l’attività di intere regioni. Suggerisce però di procedere subito con lockdown locali a livello provinciale. Il governo sceglie dunque di agire a livello nazionale con un decreto «cornice» che alza l’asticella dei divieti e lascia a governatori e sindaci la possibilità di intervenire sul proprio territorio seguendo però un unico criterio: adeguare le decisioni all’indice di contagio e alla situazione delle strutture sanitarie indicate nel monitoraggio settimanale messo a punto dall’Istituto superiore di sanità. Quale sia il metodo per le regioni che hanno l’Rt oltre 1,5 lo spiega il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia: «La trincea degli ospedali va difesa il più possibile e le regioni hanno il termometro che abbiamo noi per decidere le misure. Quando è necessario alzare la difesa serve farlo senza tentennamenti. Avranno al proprio fianco il governo». Sono stati proprio gli scienziati a individuare i quattro scenari di rischio fissando le «chiusure» che devono essere disposte di conseguenza. E sulla base di queste linee guida già da lunedì mattina si dovrà procedere con le ordinanze.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Nuovo decreto, Conte accelera La telefonata all’opposizione
Tema: Covid-19, nuovo Dpcm in arrivo

Quasi un gabinetto di guerra, i nuovi dati costringono il governo ad una forte accelerazione sulle misure di contrasto contro il Covid. Già domani Giuseppe Conte andrà in Parlamento per riferire sulla nuova stretta in arrivo, stretta che dovrebbe essere definita oggi e adottata domani sera, dopo un confronto con le Regioni e una nuova riunione di governo e maggioranza. Al termine di una riunione di emergenza del Comitato tecnico scientifico di supporto al governo si preannunciano lockdown e zone rosse mirate. Ma è anche il giorno del tentativo di un confronto istituzionale costante con le opposizioni. Conte chiama sia i presidenti di Camera e Senato, sia Salvini che Meloni e Berlusconi, li invita ad indicare un rappresentante per ogni partito per mettere in piedi un tavolo permanente di raccordo fra le scelte del governo e il centrodestra, concetto invocato più volte anche dal capo dello Stato. Ma la risposta firmata dai tre leader dell’opposizione è durissima e rimanda al mittente l’offerta, anche perché, sottolineano nella Lega, ancora una volta il capo del governo avrebbe chiamato senza condividere alcun dato, informando con maggiore anticipo, ma solo questo, di ulteriori decisioni, senza alcun coinvolgimento effettivo del centrodestra: «Oggi il governo ipotizza una cabina di regia. Il ravvedimento appare tardivo. Il centrodestra è sempre stato a disposizione dell’Italia, ma oggi più che mai l’unica sede nella quale discutere è il Parlamento. Non siamo disponibili a partecipare a operazioni di palazzo che sembrano dettate dal tentativo di voler coinvolgere l’opposizione in responsabilità gravi che derivano dall’immobilismo e dalle scelte sbagliate del governo». Insomma niente dialogo diretto.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa – Ciriaco Tommaso 
Titolo: Il retroscena – “Il lockdown è già previsto” Così Franceschini e Speranza hanno imposto la linea dura
Tema: Covid-19, nuovo Dpcm in arrivo

Le ultime resistenze le vince un documento dalla copertina azzurra di 115 pagine. Dario Franceschini e Roberto Speranza lo fanno arrivare via whatsApp a tutto il governo. Lo mostrano ai capi delegazione collegati con Palazzo Chigi dall’ora di pranzo. «Non c’è un minuto da perdere – ripete il ministro della Salute a chi finora non lo ha voluto ascoltare – tutto quello che dobbiamo fare, con questi numeri, è scritto qui». Come a dire: di fronte a questi dati le Regioni non potranno non darci ascolto. Il testo – “Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione” – è stato preparato in estate, rivisto il primo ottobre, approvato dalle Regioni il 16. Prevede i quattro scenari di rischio e va letto in controluce col monitoraggio delle Regioni e delle Province diffuso ieri. Dove lo scenario è il quarto, dove cioè l’Rt supera l’1,5 e la rete sanitaria è in sofferenza, bisogna intervenire con «restrizioni regionali e/o provinciali», tra cui «restrizioni generalizzate», «limitazioni della mobilità» e «chiusura delle strutture scolastiche/universitarie e attivazione della didattica a distanza». Non sono prescrizioni che si possono trascurare, perché arrivano dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di sanità, dall’Inail, insomma da tutte le istituzioni preposte alla sicurezza del Paese. Per questo, sia Speranza che il ministro della Cultura Franceschini che il responsabile degli Affari Regionali Francesco Boccia lo impongono nella discussione e mettono in difficoltà quel pezzo di maggioranza che vorrebbe ancora resistere, almeno sulla scuola in presenza, almeno su parte del commercio.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista a Roberto Speranza – «Troppa gente è ancora in giro, terrificante la curva dei contagi Abbiamo 48 ore per una stretta»
Tema: Emergenza Covid, serve ancora una stretta

Roberto Speranza non si dà pace, guarda la curva del virus, i 297 morti in 24 ore, i quasi 32 mila nuovi positivi e spiega al telefono che «la situazione dell’Italia è ancora difficilissima». Perché se è vero che stiamo meglio di altri Paesi europei e che la settimana che si è chiusa è stata la prima senza che il virus abbia raddoppiato i suoi allarmanti numeri, è anche vero che «negli ospedali c’è troppo affollamento». Un problema che riguarda i malati di Covid-19, ma anche tantissimi cittadini che soffrono di altre patologie. Il ministro della Salute non vuole rischiare che le strutture vadano al collasso. Per questo sono giorni che spinge, nel chiuso dei vertici di governo, per inasprire ancora le misure di contenimento. «La curva epidemiologica è ancora molto alta – è l’allarme che Speranza non si stanca di rilanciare -. Quel che mi preoccupa è il dato assoluto, che mostra una curva terrificante. O la pieghiamo, o andiamo in difficoltà». Le terapie intensive reggeranno l’onda d’urto di migliaia di contagi? «Le terapie intensive non sono il problema fondamentale di questi giorni – tranquillizza, ma senza nascondere le criticità -. Per qualche settimana saranno ancora abbastanza gestibili». Il problema è il tempo, sono i giorni che passano senza che la pandemia accenni a frenare. Per questo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è convinto ad accelerare verso un nuovo lockdown, come chiedevano i rigoristi della maggioranza di cui Speranza è il punto di riferimento sin dall’inizio dell’emergenza. La fase in cui la difesa dell’economia sembrava essere tornata prioritaria è finita, ora anche il premier ripete che non può esserci una ripresa economica se non c’è la salute. «Abbiamo 48 ore per provare a dare una stretta ulteriore», ripete il ministro, in ansia perché «c’è troppa gente in giro» e bisogna convincere le persone a restare il più possibile in casa.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  S. Lan. 
Titolo: Intervista ad Antonio Pesenti – «I ricoveri aumentano un po’ più lentamente Ma il primo problema resta trovare letti»
Tema: Ospedali, allarme collasso

Antonio Pesenti, direttore del dipartimento delle Rianimazioni del Policlinico e coordinatore delle terapie intensive nell’unità di crisi della Regione Lombardia, ha altri pensieri. Trovare letti e garantire cure a chi arriva in ospedale. E’ stato tra primi a lanciare l’allarme dell’onda su Milano. A che punto siamo? «La velocità dell’attacco è un po’ meno sconvolgente. Ia crescita dei ricoveri è più lineare, meno esponenziale di prima». Si è detto dei rischi per una metropoli con questa densità abitativa… «I numeri di qualche giorno fa e soprattutto la loro proiezione facevano paura. Raddoppiava il numero dei ricoveri ogni settimana, a volte già ogni 5 giorni. Ora raddoppia più lentamente, ma il lavoro è sempre talmente tanto che non c’è tempo di star dietro alle statistiche». Sono state varate misure nazionali e altre più stringenti a livello regionale… «Gli effetti li vedremo nell’arco di quindici giorni. Per ora la curva va sempre su, diciamo che è un po’ meno verticale. Facendo gli scongiuri speriamo che abbia raggiunto un’accelerazione stabile». Milano ha bisogno dI un lockdown? «Difficile pensare se serva o no. Di certo è la misura più brutale e più semplice perché è la più diretta e trasversale. L’inversione del trend dell’Rt milanese degli ultimi giorni dimostra che chiudere aiuta e può dare frutti». Come si schiera nel dibattito sulle scuole? «Le scuole rappresentano tanto per il Paese. Chiuderle avrebbe riflessi pesanti, anche perché i numeri dicono che il rischio di contagiarsi in classe non è paragonabile ad altre situazioni. Comprese quelle che si potevano evitare quest’estate». Cosa la preoccupa di più oggi? «Abbiamo difficoltà a reperire letti in rianimazione. Ma con una differenza sostanziale con la primavera. Stavolta ci sarebbero. Si aprono dieci letti alla volta, ma ne servono di più. Oggi abbiamo occupato meno di un quarto della possibilità delle terapie intensive. Dicono che hanno sbloccato letti, ma sembra che questa volontà in molti casi resti nella penna. Bisogna fare in fretta».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bocci Michele 
Titolo: Ospedali, restano 20 giorni – Venti giorni per evitare il collasso Conto alla rovescia per gli ospedali
Tema: Ospedali, allarme collasso

Dieci giorni per battere il record della prima ondata, poco più di venti per raggiungere la soglia di allarme. Negli ospedali italiani reparti ordinari e terapie intensive vengono quotidianamente trasformati in spazi per malati di Covid. Il sistema non può andare avanti così per sempre, si saturerà presto, vista l’alta velocità della crescita. Ieri erano 19.809 i posti dedicati alle persone colpite dal coronavirus, giovedì 22 erano poco più di 10mila. Gli esperti si affidano alle proiezioni per capire cosa succederà e quelle di uno degli istituti più prestigiosi, l’Ihme dell’Università di Washington finanziato dalla Fondazione di Bill e Melinda Gates, lasciano pochi giorni all’Italia per intervenire. In base ai dati elaborati dai ricercatori statunitensi, proseguendo con questo ritmo il 10 di novembre i letti occupati saliranno a 32mila, raggiungeranno cioè il record della prima ondata, toccato tra marzo e aprile. Altri 14 giorni e il 24 novembre si toccheranno i 75mila ricoveri. Questa è la soglia critica, perché rappresenta il 40% dei letti disponibili in Italia. La conoscono bene anche nel Governo «Abbiamo 20 giorni di tempo per evitare il collasso del sistema», dicono dall’esecutivo. Già adesso, le persone colpite da altre patologie rischiano di non trovare le cure. Da quel quel momento per loro, a parte i casi urgenti e molto gravi, avere assistenza sarà quasi impossibile. È questa la grande paura della sanità, fare un altro lockdown delle cure dopo quello di primavera. «Ihme raccoglie dati in tutto il mondo, studiando l’andamento delle curve della prima ondata – spiega Lorenzo Monasta, epidemiologo del Burlo Garofolo, che collabora con l’istituto di Washington – Erano stati tra i primi a prevedere la seconda». La proiezione sull’Italia, tra l’altro, è ottimista, nel senso che stima dei dati leggermente inferiori a quelli che poi si sono effettivamente presentati dopo alcuni giorni.
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Testata:  Avvenire 
Autore:  R.d’A. 
Titolo: Intervista a Elena Bonetti – «Classi aperte presidio di comunità»
Tema: Scuola, le intenzioni della Ministra Bonetti

Le immagini degli scontri nelle diverse città passano mentre la ministra per la Famiglia Elena Bonetti lavora perché la stretta delle misure anti-Covid non tocchi la scuola: «Dobbiamo riacquisire quella necessaria solidarietà che è stata la cifra con cui l’Italia ha affrontato la prima fase dell’emergenza. Deve essere molto chiara la consapevolezza che o ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno», ragiona, condannando «ogni forma di violenza». Lei si sta battendo perché non si chiudano le scuole. Pensa sia possibile? “Con Italia Viva e con la collega Bellanova abbiamo posto la priorità che si lavori in una visione di insieme. I dati vanno identificati e resi disponibili al mondo della scienza perché possa cooperare a trovare i modelli matematici per regolare la mobilità sociale e il limitare il contagio senza chiudere le scuola. E nello stesso tempo bisogna riconoscere che c’è una dimensione integrale della vita umana, che comprende il diritto all’educazione per i ragazzi, la necessità di mantenere vivo un tessuto economico. E poi, una risposta sanitaria efficiente. Avevamo detto che l’avremmo organizzata, dobbiamo ancora farlo fino in fondo, sia sul fronte della rete di prossimità della medicina territoriale che del numero di terapie intensive e del personale”.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ziniti Alessandra 
Titolo: Intervista a Luciana Lamorgese – Lamorgese: la rabbia unisce nelle periferie giovani e immigrati – Lamorgese “Stop al terrorismo con nuovi accordi garantiti dall’Ue”
Tema: Terrorismo

È preoccupata sì, ma non ha nulla da rimproverarsi per quest’altro giovane tunisino sbarcato a Lampedusa ricomparso un mese dopo con un coltello in mano a Nizza per compiere una strage che ha fatto ripiombare tutta l’Europa nell’incubo del terrorismo. D. Ministra Lamorgese, Salvini la accusa di essere responsabile. Quello che è accaduto dimostra quanto non riuscire a rimpatriare chi viene espulso dall’Italia possa essere un rischio perla sicurezza? R.«Negli ultimi cinque anni abbiamo espulso 502 soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza dello Stato. L’ultimo da Fiumicino, un cittadino tunisino, lo abbiamo espulso una settimana fa. Se Brahim Aouissaoui, l’uomo che ha assassinato tre persone a Nizza dopo essere sbarcato il 20 settembre a Lampedusa, avesse avuto precedenti specifici per terrorismo sarebbe stato immediatamente rimpatriato. Ma non era mai stato segnalato dalle autorità tunisine, al contrario di altri, e il suo nome non era neanche inserito sotto il profilo della sicurezza nei canali di intelligence. Gli sbarchi autonomi sono sempre stati non controllabili. E comunque i rimpatri quest’anno, nonostante il blocco causato dal lockdown e dalle procedure anti Covid 19, sono stati 2.619 di cui 1260 sono tunisini (1032 dal mese di luglio). Abbiamo chiesto e ottenuto dal governo di Tunisi un certo numero di voli straordinari di rimpatrio, in aggiunta ai due voli settimanali già a regime da parecchi tempo. Certo,va cambiato qualcosa a livello di accordi: quelli che arrivano te li riprendi tutti. Su questo fronte è necessario lavorare anche con l’Europa per ottenere accordi bilaterali migliori con i Paesi di origine dei flussi migratori».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bozza Claudio 
Titolo: Ultimatum di Di Battista sul doppio mandato La nuova lite con Di Maio
Tema: M5S, tensione Di Battista-Di Maio

La Lega è stabile, ma i Cinque Stelle continuano a perdere consensi, cadendo per la prima volta al (15,9%), al pari di Fratelli d’Italia. E il partito della Meloni, numeri alla mano, continua a recuperare i voti di quell’elettorato di destra che aveva virato verso il Movimento. Molti parlamentari grillini, incalzati sul tema, rispondono con un «no comment», spiegando di «non credere ai sondaggi». Ma in verità la rilevazione Ipsos pubblicata dal Corriere ha fatto scattare l’ennesimo allarme tra i grillini, che oltretutto devono fare i conti con un altro scontro al vertice tra Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. E così gli Stati generali in corso, invece che strumento di ricucitura, si trasformano in un nuovo braccio di ferro. «Dibba», durante una delle assemblee su Zoom, lancia l’ultimatum sul limite dei due mandati: «Chiederò un voto di conferma su questo», avverte in un audio pubblicato online da La Repubblica. Se tale paletto venisse confermato, gran parte dei vertici pentastellati sarebbe di fatto fuori alle prossime elezioni per il Parlamento: in primis Di Maio, ma non «Dibba», che nel 2018 rinunciò al secondo giro alla Camera. Nell’audio ci sono altre pungolature all’ex amico Di Maio, che a distanza risponde piccato: «Tutti avevano la ricetta per risolvere e ora quelle ricette non si trovano. Facciamo gli Stati generali, diamoci una nuova leadership collegiale e ripartiamo per sostenere il governo e l’Italia», esorta l’ex capo politico M5S e oggi ministro degli Esteri Di Maio dalla festa de Il Foglio. E poi, avverte: «Spero che tutti possano esserci sempre, ma in un nuovo assetto cambiano pesi e contrappesi e questo vale anche per Davide (Casaleggio, ndr) e Alessandro (Di Battista, ndr). Io lavoro per l’unità». Leggendo il vademecum per lo svolgimento degli Stati generali, con assemblee online per la riorganizzazione del Movimento, salta poi all’occhio anche una norma antidissenso: «Evitare votazioni su temi contrastanti».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Malfetano Francesco – De Cicco Lorenzo 
Titolo: Di Maio: coalizione per vincere a Roma Un siluro alla Raggi – «Coalizione per Roma» Così Di Maio gela Raggi
Tema: La corsa per la Capitale

Sembrava quasi una sentenza definitiva: senza una coalizione con il Pd a Roma «finisce come le regionali e non andiamo da nessuna parte». Però ieri Luigi Di Maio, intervistato alla festa del quotidiano Il Foglio, si è esibito nel più classico dei cerchiobottismi ed ha preso ancora tempo in vista degli Stati Generali che si terranno il prossimo fine settimana. Con un esercizio di stile notevole infatti, appena prima di scaricare Virginia Raggi, sulla cui ricandidatura pesa proprio il veto dei dem, il ministro degli Esteri ha anche annunciato di esserle favorevole: «Io non voto a Roma, Virginia ha il mio sostegno e penso che lei abbia fatto il meglio possibile in condizioni difficili», ha dichiarato. “Nulla di personale ma è meglio se per ora ti fai da parte” è in pratica il messaggio in codice recapitato all’inquilina del Campidoglio da Di Maio. «Abbiamo il dovere di costruire una coalizione di governo nei cinque capoluoghi più importanti», ha infatti aggiunto, riferendosi oltre che a Roma alle altre amministrative che terranno banco nel 2021 e vedranno protagonisti dem e cinquestelle a Milano, Bologna, Napoli e Torino. «Insieme riusciremo a governare le città – ha chiosato l’ex capo politico dei grillini – divisi è più difficile». E ancora: «Apriamo il dibattito sui temi e sui programmi, poi arriviamo ai candidati».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Davi Luca – Trovati Gianni 
Titolo: Mps-UniCredit, piano per la fusione La dote per le nozze vale 5 miliardi
Tema: Il piano per Siena

Giusto l’altro ieri, alla giornata del risparmio, il ministro dell’Economia Gualtieri aveva voluto sottolineare che «le incertezze di questi tempi pongono con ancora più urgenza il tema delle aggregazioni bancarie». Un orizzonte strategico generale, certo, ben conosciuto dagli addetti ai lavori. Ma visto da Via XX Settembre anche un tema strettamente operativo. Il dossier, ovviamente, è quello di Mps. Ancora ieri Gualtieri ha spiegato che «stiamo lavorando e abbiamo lavorato per rafforzare questa banca, definendo un percorso di rilancio con la commissione europea che passerà anche per una operazione di fusione con un partner sufficientemente forte da consentirle un futuro». Di più il ministro non dice, e anzi dal Mef smentiscono seccamente l’ipotesi che sia stata già presentata una proposta a qualche controparte. Controparte che – come anticipato ieri da Il sole24ore.com – è anzitutto Unicredit, dove il ceo Jean Pierre Mustier dal canto suo continua a escludere possibili fusioni. Perché il terreno è delicato, sia peri mercati sia perla politica. In Via XX Settembre, dove negli ultimi anni si é maturata una certa esperienza in fatto di banche, molti sanno che c’è da agire in fretta. Al Monte servirà presto un aumento di capitale, e non è detto che il miliardo e mezzo già stanziato dal decreto Agosto sia sufficiente. Ecco dunque che può avere un senso rafforzare il capitale della banca non solo per tenerla in piedi ma anche per favorire un’integrazione e pone così le premesse per l uscita E qui arriva UniCredit, che come da prassi non commenta le indiscrezioni.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Spini Francesco 
Titolo: Gualtieri: “Un alleato forte per Montepaschi” Ma le nozze mettono a rischio seimila posti
Tema: Mps, indiscrezioni su chiusure, è scontro politico

Tra fughe in avanti e frenate altrettanto decise, torna al centro della scena l’ipotesi di un’aggregazione tra Unicredit e Monte dei Paschi. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, parlando alla festa del Foglio, non fa nomi e cognomi ma indica nelle nozze il futuro di Siena: «Stiamo lavorando – dice – e abbiamo lavorato per sostenere e rafforzare questa banca, definendo un percorso di rilancio con la Commissione europea, che passerà anche per una operazione di fusione con un partner sufficientemente forte da consentirle un futuro». L’aggregazione, aggiunge Gualtieri, «è un percorso che pub prendere diverse forme, seguiamo gli sviluppi tenendo fermo l’obiettivo strategico di rilancio» dell’istituto che dovrà arrivare a «camminare sulle proprie gambe». Gli accordi con Bruxelles prevedono l’uscita dello Stato dall’azionariato senese (dove il Tesoro ha il 68,25%) entro l’anno venturo e l’ipotesi a cui il governo accenna, secondo indiscrezioni, chiamerebbe in causa Unicredit. C’è chi parla addirittura di un’accelerazione nelle ultime ore con una proposta in campo, sottoposta al numero uno di Unicredit, Jean Pierre Mustier, con l’idea di giungere a un dunque già entro fine anno. Ma fonti del Mef puntualizzano: «Dal Tesoro non è stata presentata nessuna proposta ad alcuna controparte». E con l’occasione si smentiscono, definendole «destituite da ogni fondamento», le notizie circolate in giornata. Si dice per esempio che per il Monte – che domani rinuirà il Cda-si ragioni su un aumento non di 1,5-1,7 miliardi, come da ipotesi circolate nei giorni scorsi, ma da 2,5 miliardi per dare tra l’altro un presidio maggiore ai rischi legali calcolati in 10miliardi. Un miliardo servirebbe per affrontare pure gli eventuali costi di integrazione che prevederebbero, secondo alcune indiscrezioni, oltre 6 mila esuberi con l’addio alle sedi direzionali di Siena e Firenze.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Fotina Carmine 
Titolo: Manovra, 7 miliardi nel pacchetto per il Sud
Tema: Misure per il Sud dal 2021

Il negoziato con la Commissione europea è ancora in corso ma nella legge di bilancio potrà già entrare la norma per la proroga, dal 2021, della decontribuzione nelle regioni meridionali. È uno dei punti fermi del confronto in corso tra il ministero del Sud e il ministero dell’Economia. Questa misura sommata ad altre, a partire dal rinnovo del credito di imposta per gli investimenti, produce per il 2021 un impegno per l’erario di poco meno di 7 miliardi. La decontribuzione (esonero del 30% dei contributi previdenziali e assistenziali a carico dei datori di lavoro privati non agricoli per rapporti di lavoro dipendente) è stata avviata in via sperimentale per il periodo ottobre-dicembre 2020. Per il primo anno di proroga, il 2021, il Tesoro ha calcolato un effetto finanziario di 5,7 miliardi. La misura sarà finanziata fino al 2023 con le risorse straordinarie del programma europeo React-Eu per 7 miliardi e attraverso la finanza pubblica per il restante fabbisogno. Diverso il discorso per il periodo 2024-2029 che sarà comunque incluso nella norma: la decontribuzione, che avrà un onere calante (scende al 20% nel 2026-2027 e al 10% nel 2028-2029) sarà momentaneamente garantita attraverso il Fondo sviluppo e coesione in attesa di coperture alternative. Per quanto riguarda il negoziato con la Ue, che si punta a chiudere entro l’anno, il governo dovrà produrre ora una dettagliata analisi di impatto sull’occupazione come richiesto da Bruxelles. Confermata la proroga per il prossimo anno del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali, misura che nel 2020 è stata finanziata con 674 milioni ma sulla quale quest’anno il Tesoro conta di mettere miliardo alla luce delle nuove stime di tiraggio. La misura fin dagli anni scorsi è stata considerata di elevato impatto dalle imprese, come confermato anche in un recente incontro tra il ministro del Sud Giuseppe Provenzano e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Titolo: Covid e Pil, incognita incrociata sui conti 2021
Tema: Manovra

La corsa della pandemia e l’infittirsi delle misure restrittive per contenerla pongono un doppio ostacolo incrociato sulla manovra. Perché aumentano le esigenze di spesa anti-crisi mentre contraggono le prospettive di crescita a cui è agganciato il quadro di finanza pubblica. Complicando l’obiettivo indicato dal governo di avviare dal 2021 la riduzione del debito/Pil. Su questo, purtroppo, la ripresa accelerata del terzo trimestre riassunta nel +16,1% della stima preliminare Istat non può fare molto. Perché la quota inattesa di prodotto in più realizzata in estate dà una mano al consuntivo 2020, aumentando le possibilità di evitare una caduta a doppia cifra Male incognite si concentrano su ottobre-dicembre, che le stime della Nadef ipotizzavano quasi piatto (+o,4%) ma che ora rischia di ripiegare decisamente al ribasso. E sull’eredità negativa, dai tre ai sei punti di crescita in meno secondo l’Upb, che porterebbe al 2021: l’anno della ripresa, secondo il programma governativo appena inviato a Bruxelles. In uno scenario occupato da lockdown anche solo locali «la ripresa sarebbe rinviata», ha riconosciuto venerdì il ministro dell’Economia Gualtieri. Aprendo di fatto le porte all’idea che i numeri calcolati solo poche settimane fa abbiano bisogno di essere rivisti. Nel linguaggio della finanza pubblica questo significa un nuovo scostamento di bilancio, ipotesi che in questi giorni è tornata a occupare sia i tavoli tecnici sia il confronto politico nella maggioranza. «Se serviranno risorse aggiuntive le mobiliteremo come abbiamo sempre fatto», ha chiarito Gualtieri intervistato ieri da Luciano Capone alla Festa del Foglio.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Voltattorni Claudia 
Titolo: La spinta di Gualtieri al Mes: «Utile e conveniente»
Tema: Mes, il sì di Gualtieri

Se servirà, promette, «mobiliteremo risorse aggiuntive», ma il sistema «se sostenuto può reggere lo choc, come mostra il terzo trimestre (+16,1% del Pil)», e comunque per il 2021 ci sono «appostati 70 miliardi: 24 di risorse dello scostamento, le risorse del Recovery plan e 31 miliardi di manovra già fatta sul 2021», quindi «possiamo adeguarci a tutti i tipi di scenario». A poche ore da un nuovo potenziale lockdown, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri cerca parole rassicuranti e promette «misure proporzionate a qualsiasi intervento restrittivo sarà necessario per contrastare la pandemia». Ma, intervenendo alla festa de Il Foglio, riapre pure il discorso sul Mes, il fondo Ue che all’Italia porterebbe circa 36 miliardi di euro: «E’ uno strumento conveniente, utile e io sono sempre stato favorevole sapendo di cosa si tratta, cioè non sovvenzioni ma prestiti a tassi zero, con delle condizionalità minori dei prestiti del Recovery, se non l’utilizzo per le spese sanitarie». Il problema, sottolinea, semmai è politico: «Nella maggioranza ci sono valutazioni politiche diverse, un partito che è a favore e uno contro». C’è poi il Recovery fund, i cui primi fondi (circa 20 miliardi) potrebbero arrivare già in primavera, dice il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni, che ricorda anche però come dal Mes «l’Italia ne trarrebbe vantaggio». Il punto però non sono tanto i fondi, ma i progetti. Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ci tiene a sottolinearlo, sempre dal palco della festa del Foglio, come a rispondere a Gualtieri e anche al premier Giuseppe Conte che aveva ribadito: «Il Mes è un meccanismo che non ci ha mai entusiasmato».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  v.co. 
Titolo: Un rinvio non fa primavera La cassa Covid non basta per evitare i licenziamenti
Tema: Stop ai licenziamenti scade il 21 marzo 2021

Il primo giorno di primavera sarà l’ultimo col divieto di licenziare. Il prossimo 21 marzo scadrà lo stop straordinario in corso dal 23 febbraio. Tredici mesi di blocco per Covid, storici per l’Italia, unicum in Europa. Da quel momento – anche le aziende ancora in Cassa integrazione Covid, gratis per tutte, a prescindere dalle perdite di fatturato, dopo il faticoso accordo tra governo e parti sociali di venerdì – potranno rivedere il perimetro del loro personale. Il 21 marzo 2021 diventa dunque una data spartiacque. Le 12 nuove settimane di Cig Covid, tutte a carico dello Stato, possono essere usufruite dall’1 gennaio al 31 maggio. Ma se usate di seguito, si esauriscono il 21 marzo, dodicesima domenica dell’anno. Le aziende che vanno oltre, spalmando la Cassa anche su aprile e maggio, devono astenersi dal licenziare, ma solo fino al 21 marzo. Dopo no. Stessa sorte per le imprese che scelgono in continuità la Cig Covid e la finiscono il 21 marzo. Dopo, se hanno necessità, possono proseguire con la Cigordinaria. In entrambe le situazioni – senza o con Cig ordinaria – possono sbloccare i licenziamenti. Ecco dunque tre casi in cui dal 21 marzo si tornerà a licenziare. Il divieto di licenziare ha però tre eccezioni, introdotte dal decreto Agosto. Si può licenziare, già ora, in presenza di accordi collettivi azienda-sindacati per uscite volontarie dei lavoratori. In caso di cessazione dell’attività. O di fallimento dell’azienda. Il blocco dei licenziamenti è poi generale: vale e varrà fino al 21 marzo 2021 anche per le aziende che fanno a meno degli ammortizzatori sociali. Il solo fatto che esista una Cig Covid a cui accedere in caso di bisogno impedisce loro di cacciare i dipendenti fintanto che c’è lo stop.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Conte Valentina 
Titolo: Intervista a Nunzia Catalfo – Catalfo “Se la pandemia continuerà pronti nuovi aiuti fino a giugno
Tema: Cassa Covid e ammortizzatori sociali

«Prorogheremo la Cassa Covid alle imprese che finiranno tutte le ulteriori 12 settimane anche oltre il mese di marzo, se ancora in difficoltà. Vedremo se con o senza blocco ulteriore dei licenziamenti. Dipende da come evolverà la pandemia». Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro, è soddisfatta dell’accordo di venerdì con le parti sociali sulla Cig. Chi ha vinto: industriali o sindacati? «Ha vinto il Paese. Abbiamo ascoltato e fatto sintesi delle esigenze: Cig Covid gratis per tutte le imprese dall’1 gennaio per 12 settimane, da usufruire entro la fine di maggio, e divieto di licenziare fino alla fine di marzo». Se un’azienda non finisce le 12 settimane a marzo, ma ne riserva qualcuna anche per aprile e maggio potrà incassare Cig Covid e anche licenziare? «Al momento è così, ma valuteremo in seguito alla luce dell’andamento dell’epidemia». Dopo marzo si aspetta un aumento della disoccupazione al 25%, il tasso che avremmo avuto – parole sue – senza gli aiuti Covid? «Non credo, perché le misure messe in campo e le altre che metteremo sono importanti. Già osserviamo una ripresa della produzione industriale. Monitoriamo gli altri settori più in sofferenza». Quali in particolare? «Turismo, spettacoli, fiere, eventi, commercio, tanto per cominciare. Fanno fatica e si riprenderanno più a lungo termine. Per questi e altri siamo pronti a prorogare la Cig Covid anche a tutto giugno». Cig gratis anche alle imprese furbette che l’hanno incassata In legge di Bilancio elimineremo il décalage della Naspi L’assegno di disoccupazione non calerà nel tempo se il lavoratore si forma senza cali di fatturato? «I comportamenti opportunistici vanno evitati sempre. Ma alcuni settori sono stati chiusi per Dpcm. Altri hanno riaperto con meno lavoratori per sanificare. Bisogna vedere caso per caso. Ci può essere chi se ne approfitta. Ma la maggior parte delle imprese ha operato e opera onestamente, vuole lavorare e tenere i dipendenti».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Luise Claudia 
Titolo: Il Covid si abbatte sul lavoro delle donne l’allarme di Bankitalia per il Mezzogiorno
Tema: Il mondo del lavoro, le donne e il Sud

C’ è un tema sociale molto forte emerso con più violenza durante questi mesi di pandemia: i cambiamenti nel mondo lavorativo e l’impoverimento economico innescato dalla pandemia non hanno colpito in modo neutro ma hanno aumentato il divario di genere. Che sia dipendente o imprenditrice, nella maggior parte dei casi è stata la donna a doversi sacrificare in ambito lavorativo. Un «sacrificio» che si traduce in un aumento delle inoccupate, delle scoraggiate (che non cercano nemmeno più un posto) e in una riduzione delle opportunità. Il bilancio firmato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, vede, tra il secondo trimestre 2020 e lo stesso periodo del 2019, 470mila occupate in meno, per un calo del 4,7%. Il decremento dell’occupazione maschile, invece, si ferma al 2,7% (-371mila occupati). Su 100 posti di lavoro persi – e in Italia in tutto se ne sono persi 841mila – quelli femminili rappresentano il 55,9%. La maggiore contrazione di lavoro femminile si registra nell’occupazione a termine (-327 mila lavoratrici per un calo del 22,7%), nel lavoro autonomo (-5,1%.), nelle forme in part-time (-7,4%) e nel settore dei servizi, soprattutto ricettivi e ristorativi (qui le donne rappresentano il 50,6% del totale) e di assistenzadomestica (sono l’88,1%). Ma a preoccupare è soprattutto la tendenza a rinunciare anche alla ricerca di un’occupazione, che tra giugno 2019 e 2020 ha avuto un incremento di 707mila inattive (+8,5%), soprattutto nelle fasce giovanili. «C’è un dato di fatto, che la partecipazione al lavoro è bassa, nel Mezzogiorno, per le donne, per i giovani: abbiamo 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, uno spreco straordinario, il 20%, un terzo nel Mezzogiorno», ha commentato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. L’economista ha sottolineato la necessità di «dare opportunità alle donne di lavorare disponendo delle infrastrutture adeguate per poterlo fare».
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Sileoni Lando_Maria 
Titolo: L’intervento – Un pacchetto di misure a sostegno del Paese
Tema: Misure economiche

La recrudescenza della pandemia Covid impone a chiunque guidi un Paese – non solo l’Italia, il tema è europeo – di prendere decisioni complesse e rapide. Purtroppo, vaccini adeguatamente testati non sono ancora disponibili e l’eccessiva fretta potrebbe causare danni a distanza. Sono stati persi mesi che invece potevano essere utilizzati per una programmazione strutturale, non solo sanitaria. Ora si è costretti a rincorrere l’emergenza. Gli aiuti pubblici e i sostegni finanziari delle banche, a questo fine, sono essenziali per fronteggiare lo shock economico-sanitario. La propensione al risparmio degli italiani, risalita in questi mesi al 18% del reddito disponibile, esprime paura e sfiducia verso il futuro. Servono segnali precisi per spezzare la sfiducia. Che le banche abbiano fronteggiato con un grande sforzo organizzativo e di risorse umane il compito aggiuntivo di centinaia di migliaia di pratiche di finanziamento garantito (oltre 100 miliardi di euro), loro affidato dal governo, è stato testimoniato venerdì, in occasione della Giornata mondiale del risparmio, da tutti i più autorevoli esponenti del settore: dal Governatore della Banca d’Italia al ministro dell’Economia, dal presidente dell’Abi a quello dell’Acri. A questi nuovi compiti, le banche hanno affiancato più di 300 miliardi di moratorie di vecchi crediti. Non importa, comunque, se ha ragione la politica o la finanza: adesso, però, va programmato il futuro del Paese, mettendo da parte competizioni e rivalità, per evitare che esploda il fenomeno dell’usura.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Severino Paola 
Titolo: Proteggiamo il Recovery Fund
Tema: Recovery: “Serve una rete per limitare gli illeciti”

In un momento in cui l’Italia è scossa da proteste popolari che si stanno pericolosamente allargando non basta accelerare le procedure per accedere ai fondi europei. Occorre predisporre tempestivamente un progetto di distribuzione idoneo a limitare i rischi di illeciti accaparramenti, ma anche a liberare le procedure amministrative da pastoie burocratiche che ne impedirebbero l’impiego lecito da parte di cittadini onesti. Qualche giorno fa Tony Barber del Financial Times scriveva che la Recovery and Resilience Facility (Rrf) apre una via importante, perché per la prima volta l’Unione Europea accede al mercato dei capitali per finanziare i 750 miliardi di prestiti destinati agli Stati membri. E questo richiede una gestione attentissima delle risorse, per evitare abusi, impieghi poco trasparenti o casi di corruzione che possano incidere negativamente su un’opinione pubblica sensibile e già poco indulgente verso le istituzioni europee. Questa giusta considerazione deve spingere tutti, a partire dal decisore politico, fin dalla fase di costruzione dei progetti, a prestare la massima attenzione al corretto impiego delle risorse europee. L’Italia già dispone di un set strutturato di strumenti normativi, per prevenire fenomeni illeciti nell’impiego di denaro pubblico. Le norme antiriciclaggio, i sistemi di tracciabilità dei flussi finanziari, i controlli antimafia, i vari obblighi di trasparenza, le misure anticorruzione, il ruolo dell’Anac, per citarne soltanto alcuni, rappresentano presìdi all’avanguardia, la cui attivazione è indispensabile per intercettare distrazioni di fondi particolarmente odiose in un periodo di crisi profonda.
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Testata:  Messaggero
Autore:  Prodi Romano 
Titolo: L’editoriale – Investimenti congelati, così il Paese è senza futuro
Tema: Covid e investimenti

Il futuro dipenderà quindi dall’evoluzione della pandemia e dalla strategia di intervento dell’Europa e dei governi che, a differenza di quanto sarebbe avvenuto in passato in presenza di eventi simili, possono disporre di robuste risorse aggiuntive e di una ancora più robusta possibilità di indebitarsi. Di questa possibilità noi italiani stiamo largamente approfittando: il deficit di bilancio è previsto superare il 10% del Pil. Le decisioni di spesa si sono finora comprensibilmente concentrate nell’aiutare le categorie più deboli, sostenendo con denaro pubblico coloro che sono stati più colpiti dalla pandemia e dalle misure prese per arginarla. Uno sforzo quantitativamente gigantesco, ma che non poteva e non potrà essere in grado di riparare a tutti i danni che il Covid-19 ci ha portato e ci porterà. Di qui le proteste di tutte le categorie che, in questo processo redistributivo, si ritengono sfavorite dagli impegni del governo. Questi impegni, come è stato rigorosamente elencato ieri nelle pagine di questo stesso giornale, coprono solo una quota minoritaria del danno subito. Alle proteste si sono poi aggiunti inammissibili atti di violenza da parte di gruppi e di persone che, ovviamente, non hanno nulla a che fare con le categorie danneggiate. Ci troviamo quindi di fronte ad una fase di incertezza ancora più acuta, perché non sappiamo quali ulteriori restrizioni dovranno essere prese e quanto dovranno durare. Nello stesso tempo siamo consapevoli che, fra l’aumento delle spese sanitarie, le esenzioni fiscali, il prolungamento della Cassa Integrazione e i sussidi alle diverse categorie, le risorse pubbliche destinate alla riparazione dei danni stanno raggiungendo un limite invalicabile. Diventa perciò necessario e urgente destinare tutte le possibili risorse aggiuntive agli investimenti dedicati a evitare la futura catastrofe della nostra economia e a preparare la ripresa, senza la quale non ci libereremo mai dal peso del debito pubblico.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Agnoli Stefano 
Titolo: Intervista a Massimo Mondazzi – «Gas, solare, eolico, idrogeno blu e green: così l’Eni del futuro»
Tema: Eni, sulla via per decarbonizzare l’energia

La transizione energetica ai tempi della pandemia deve passare anche dalla cautela di chi lavora, e per ora la situazione all’Eni è «relativamente» tranquilla. «Sto girando per i siti operativi – dice il neo direttore generale della divisione “Energy evolution”, Massimo Mondazzi – e il fatto di aver proseguito con le misure adottate a marzo ci sta aiutando. Nelle sedi invece scendiamo dal 30 al 10% di lavoro in presenza». Da luglio, dopo aver ricoperto per anni il ruolo di chief financial officer, la svolta «green» del gruppo è anche una sua responsabilità. Come immagina l’Eni tra dieci anni? Che peso avranno petrolio, gas ed energie rinnovabili? «L’Eni sarà molto diversa rispetto ad oggi e il piano dello scorso febbraio, che punta al 2050, mostra l’evoluzione industriale. Ci saranno obiettivi intermedi e per il 2030 abbiamo un target di 15 gigawatt di capacità elettrica rinnovabile, un obiettivo aggressivo rispetto ai 350 megawatt di oggi. Nelle bioraffinerie siamo a un milione di tonnellate di prodotti bio e vogliamo crescere a 5 milioni nel 2050, ma stimo che ci arriveremo molto prima». Perché, che cosa accade? «II mercato del trasporto terrestre ed aereo si sta espandendo carbonica: Benzine e l’80% in gasolio, la meno nel produzione 2050 sugli sari obiettivi decrescente scope 1, 2, 3 Vogliamo essere tra i protagonisti come fornitori di energia al trasporto elettrico velocemente. Dall’anno prossimo, tra l’altro, potrebbe partire l’obbligo di miscelare i carburanti per aerei con prodotti più green. Con le bioraffinerie di Porto Marghera e Gela, siamo il secondo gruppo al mondo a produrre oli vegetali idrogenati».
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Filippetti Simone 
Titolo: Gran Bretagna e Austria in lockdown – Johnson ai britannici: «State a casa» Lockdown di un mese, scuole aperte
Tema: GB e Austria

La più spaventosa festa di Halloween si abbatte sul Regno Unito. La Notte delle Streghe, festa carnevalesca-horror adorata dai bambini che bussano nelle case, si trasforma nel peggiore incubo che il Regno Unito potesse temere: una nuova quarantena. Il primo ministro Boris Johnson, fino a due giorni fa sbeffeggiato su Twitter dove impazzava l’hashtag “Dov’è finito Boris”, è riapparso in pubblico per annunciare al paese che la Gran Bretagna abbasserà la saracinesca dal 5 novembre fino al 2 dicembre. È durata solo cinque mesi la riapertura: la settimana prossima chiuderanno perla seconda volta nell’anno orribile 2020. Ma di fronte alla soglia psicologica del milione di casi Covid, Downing Street non può che richiudere tutto. «Nessuno vorrebbe imporre queste misure, in nessun paese» ha esordito il premier che ha invocato «umiltà di fronte alla Natura». L’Austria invece chiude bar e ristoranti. Divieto di uscire dopo le 8 di sera. L’istruzione continua. Senza una azione immediata ci sarebbero presto ospedali saturi e migliaia di morti ogni giorno.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Guerrera Antonello 
Titolo: Un milione di contagi L’Inghilterra si chiude in casa
Tema: GB chiude

Gli scienziati a Boris Johnson glielo dicevano dal 21 settembre scorso: «Bisogna chiudere il Paese. Tutto. Subito. Altrimenti sarà sempre peggio». Ma il premier britannico non li ha ascoltati: la Brexit incombe il 31 dicembre e il Paese non poteva permettersi un’altra serrata. Dunque, per settimane Boris si è ostinato nell’opposizione a un secondo “lockdown” nazionale, come quando in primavera esitò a chiudere nel primo tsunami di Coronavirus, mentre l’Italia già registrava centinaia di morti al giorno. Il premier ha provato a resistere con un cervellotico sistema di “livelli” di restrizioni locali (uno, due, tre), che però non hanno funzionato: ieri in Inghilterra c’è stato il milionesimo contagio di Covid19 da inizio crisi, i nuovi casi di recente sono stati sempre intorno a 22mila ogni 24 ore, con centinaia di morti. Ieri mattina, infine, la resa, quando Johnson ha letto l’ultimo studio dei suoi esperti: senza un lockdown immediato, si sarebbe arrivati fino a 4mila morti al giorno, con la sanità inglese collassata ai primi di dicembre. E così, Boris Johnson ha ceduto. Lockdown di un mese in tutta l’Inghilterra. Si parte giovedì 5 novembre e rieccolo, quel motto: “Restate in casa”. Si potrà uscire solo per di contagi chiude in casa lavori che non si prestano allo smartworking, oppure per fare esercizio fisico o una passeggiata.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Pierantozzi Francesca 
Titolo: Johnson: tutti a casa per un mese Blindate anche Grecia e Austria
Tema: Gb, Grecia e Austria

Le cifre dell’epidemia non hanno lasciato scelta a Boris Johnson, che ieri ha dovuto cedere a una seconda ondata che sta travolgendo tutta l’Europa e che in Gran Bretagna rischia di essere «potenzialmente due volte più grave della prima» secondo il capo del consiglio scientifico Patrick Valiance. Dopo l’Irlanda del Nord e il Galles, che avevano dato l’esempio, anche l’Inghilterra, lo stato più popoloso del regno si richiude: da giovedì chiudono pub e ristoranti, i commerci considerati non indispensabili, saranno vietate riunioni di amici e parenti nelle case mentre resteranno aperte scuole e università. Per ora le misure resteranno in vigore fino al 2 dicembre, poi, se gli indicatori saranno diventati più clementi, alcune regioni potranno parzialmente riaprire, ma per ora non c’è alternativa – ha detto il premier – alla misura dello “stay at home”. Lockdown parziale anche in Grecia, da martedì, con coprifuoco notturno e chiusura per un mese di bar, ristoranti e palestre. Scuole e negozi, anche qui, aperti. In Spagna, che con la Francia ha dovuto far fronte a una seconda ondata precoce e potente, a deciso di blindare tutte le regioni in modo da limitare al massimo gli spostamenti nel week end di Ognissanti. La maggior parte di queste “zone rosse” regionali dureranno almeno due settimane. Diverso invece l’approccio della Slovenia, che ieri ha deciso di lanciare uno screening nazionale con test tutti i 5,4 milioni di abitanti. Si tratta di una prima mondiale. Un dispositivo composto di circa 45 mila tra sanitari e forze dell’ordine sarà in prima linea nei 5mila centri di analisi disseminati nel paese. In Francia, invece, il secondo “confinamento” è in vigore già da venerdì, anche se nel fine settimana le misure sono state più flessibili per consentire il ritorno dalle due settimane di vacanze di Ognissanti. Da oggi, aperte solo scuole, negozi essenziali e uffici pubblici. In Portogallo lockdown locale in tre regioni del nord, dove vivono circa 150.000 persone.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Bellomo Sissi 
Titolo: Energia e clima al centro della sfida tra i candidati
Tema: Elezioni Usa

L’energia non ha mai avuto un ruolo così centrale nella campagna per le presidenziali negli Stati Uniti. Nell’era del climate change forse non poteva andare diversamente. Ma di certo ha aiutato la personalità dei due candidati alla Casa Bianca. Da un lato il repubblicano Donald Trump, che durante il suo mandato si è sempre presentato come un paladino dei combustibili fossili (carbone compreso), con l’esplicita strategia di affermare la «dominanza energetica» degli Usa nel mondo attraverso le esportazioni di petrolio e gas. Dall’altro lato il democratico Joe Biden, spinto – quasi per necessaria contrapposizione – ad assumere il ruolo di alfiere della transizione energetica: il presidente che restituirà il sostegno di Washington agli Accordi di Parigi sul clima (da cui Trump ha ritirato l’adesione) e che premerà l’acceleratore sullo sviluppo delle rinnovabili e delle tecnologie pulite, con un piano di promozione da ben 2mila miliardi di dollari. La tentazione di semplificare gli scenari, proponendo una visione della realtà a seconda dell’esito del voto, rischia tuttavia di condurre in errore. La realtà è molto più complessa e ricca di sfumature. E le posizioni di Trump e Biden in fin dei conti non sono ben definite come potrebbe sembrare. Nei dibattiti pre-elettorali i due contendenti molto spesso hanno parlato per slogan, senza descrivere i loro progetti in campo energetico se non a grandi linee, talvolta anche in modo incoerente o contraddittorio. Un futuro più verde? Con Biden, finora favorito nei sondaggi, la transizione dovrebbe essere agevolata e accelerata.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gaggi Massimo 
Titolo: Intervista a Chris Hill – Il comandante delle milizie: vedo 45 giorni di violenza – Il leader delle milizie ora avverte «Pronti a intervenire ai seggi»
Tema: Elezioni Usa
«Credo che i prossimi 45 giorni saranno imbottiti di violenza. Ma non partirà da noi: ci limitiamo ad addestrarci, ad accumulare munizioni e a sorvegliare». Trump dice che saranno i gruppi della sinistra radicale antifa ad appiccare l’incendio. La sinistra, invece, teme che sarete vol delle milizie paramilitari di destra a attaccare in caso di vittoria di Biden. «Noi siamo qui per difendere la Costituzione, soprattutto il Secondo e il Quarto emendamento (quelli che sanciscono la libertà di armarsi e il divieto per lo Stato di ispezionare case e persone salvo casi estremi di grave pericolo, ndr). Se qualcuno viola la Law of the Land, la ribellione diventa un dovere». Blood Agent, il comandante della Georgia Security Force III%, cioè la milizia paramilitare dei Three Percenters di questo Stato del Sud, nella vita di tutti i giorni si chiama Chris Hill ed è un paffuto 46enne di statura media, mediamente tatuato, capelli radi e barba rossiccia, con un lavoro un po’ noioso (non mi dice altro) a Morrow, un sobborgo di Atlanta. E lì che mi dà appuntamento, davanti a un anonimo complesso di uffici sulla Jonesboro Road. Sale in macchina, andiamo a prendere un caffè in un bar all’aperto. Chi mi ha messo in contatto con lui dice che nel movimento (300 gruppi di Three Percenters nei 50 Stati, per un totale di circa 15-20 mila miliziani) alcuni lo criticano perché parla troppo. Sopratutto proclami aggressivi in rete, visto che con la stampa americana ha rotto i ponti. «Sono stufo», mi spiega, «di farmi dare del razzista violento. Vediamo se voi stranieri riuscite ad essere più obiettivi».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Obama con Biden per annientare Trump “Con lui avete visto l’America nell’abisso”
Tema: Elezioni Usa

«Gli americani hanno visto l’abisso in questi quattro anni, perciò sono pronti a cambiare». È feroce, tra prese in giro e denunce, l’attacco che Joe Biden e Barack Obama sferrano contro Trump da Flint, per il primo comizio insieme di questa campagna presidenziale. «Il suo egoismo – affonda il predecessore – è costato la vita a migliaia di americani, e ora insulta anche i medici che hanno rischiato la vita per salvare la sua, accusandoli di incassare profitti coi morti. Se un vicino di casa si comportasse così, staremmo alla larga: perché lo tolleriamo dal presidente degli Stati Uniti? Votiamo per farla finita». L’aereo di Biden atterra all’aeroporto Bishop alle 12 e 35. Davanti alla pista, oltre al corteo di auto del Secret Service, ci sono unadecina di persone, incluso un pick up con la bandiera di Trump. La campagna ha sempre tenuto segrete le sedi dei comizi, proprio per evitare gli affollamenti alla Donald, che secondo uno studio appena pubblicato dalla Stanford University hanno provocato almeno 30.000 contagi di Covid. Eppure quando arriviamo all’ingresso della Northwestern Preparatory Academy su Carpenter Road la voce deve essersi sparsa, perché oltre alle 179 auto invitate nel parcheggio per il «car rally» a distanza di sicurezza, fuori ci sarà un migliaio di persone. Lo scopo è riconquistare il Michigan, che nel 2016 faceva parte del «blue wall» democratico, ma Trump lo aveva espugnato per 10.000 voti. Ora, secondo RealClearPolitics, Biden è avanti del 6,5%, non abbastanza per essere sicuro. Quindi ha chiesto aiuto a Barack per mobilitare neri e giovani, che mancano all’appello degli oltre 7 milioni di voti postali richiesti e non ancora riconsegnati.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Bianconi Giovanni – Olimpio Guido 
Titolo: Strage di Nizza, arrestato un altro tunisino: seguì il killer?
Tema: Strage di Nizza

Quarto fermo nelle indagini per l’attacco alla chiesa Notre-Dame di Nizza. La polizia ha bloccato a Grasse un tunisino, Ahmed Ben Amor. secondo indiscrezioni avrebbe accompagnato l’assassino nel viaggio verso Lampedusa e poi nel trasferimento in Francia. Uno sviluppo che attende dettagli e conferme, un individuo forse diverso dagli altri detenuti, localizzati – sembra – grazie alle telecamere di sicurezza. Ben Amor potrebbe essere un semplice compagno d’avventura o un complice. A definire il ruolo i futuri passi investigativi e la ricostruzione delle mosse del protagonista. Da Alcamo, dove è rimasto una decina di giorni, Brahim Aouissaoui era partito lunedì scorso, 26 ottobre. All’amico tunisino che lo aveva aiutato – un conoscente della famiglia – ha detto che voleva andare in Francia per cercare lavoro. Nessun accenno a propositi omicidi, né a un radicalismo islamico, secondo il racconto dell’uomo che dice di averlo conosciuto al suo arrivo. Il killer probabilmente se n’è andato prima in pullman e poi in treno, fino al confine, passando da Palermo e Roma.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Guerrera Antonello – Bolzen Stefanie 
Titolo: Intervista a Micheàl Martin – Martin “Una Brexit senza accordo minaccia la pace in Irlanda”
Tema: Brexit

«Una Brexit dura, con un’uscita brutale del Regno Unito dall’Ue, è l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno. L’Irlanda ne pagherebbe le conseguenze peggiori». Micheál Martin, 60 anni, è i I primo ministro irlandese e parla in esclusiva con Repubblica e Welt dal suo ufficio di Dublino, quello del “Taoiseach”, primo ministro in gaelico. Sul tavolo ha due ritratti della guerra civile irlandese, anni Venti: «A destra – spiega Martin – c’è Michael Collins», il patriota repubblicano che nel 1922 accettò con Londra la partizione dell’isola di Irlanda, scatenando la guerra civile contro i “nazionalisti ortodossi” che invece rivendicavano l’intera isola e che poi uccisero Collins. «Alla mia sinistra, ecco invece Eamon de Valera», ex presidente irlandese, contrario all’accordo con i britannici, «e fondatore del mio partito Fianna Fáil (centro-destra, ndr). Sono sempre con me perché io cerco sempre un compromesso e l’armonia». Perciò Martin non si esprime sulle elezioni Usa, nonostante Biden sia mezzo irlandese. Oltre a una carriera da pluri-ministro, Martin nella vita ha dovuto superare tante sfide, come due suoi figli su cinque, Léana e Ruairf, morti da piccoli. Ora, lo aspetta la sfida politica campale: guidare l’Irlanda nel più pericoloso trapasso dopo la Pace del Venerdì Santo fra repubblicani e unionisti del 1998. Ossia la Brexit e il rischio di nuove, terribili tensioni in Irlanda del Nord, in piena seconda ondata di Coronavirus, per cui l’Irlanda, con il suo secondo e tempestivo “lockdown”, è già diventata un modello per l’Europa: «Non avevamo scelta. Magari così avremo un Natale un po’ più normale…». E pochi giorni dopo, il 31 dicembre, si materializzerà la Brexit, per cui incombe il “No Deal”, l’uscita di Londra dall’Ue senza accordo, con enormi incognite sull’economia e la fragile pace in Irlanda del Nord.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Quirico Domenico 
Titolo: L’assedio turco strnge gli armeni – Nel Nagorno Karabakh assediato dai tiranni si annienta un popolo
Tema: Turchia-Armeni

Dalla fine di settembre, da quando gli azeri e i loro alleati turchi hanno attaccato l’Alto Karabakh per conquistarlo, c’ è la guerra. Gli armeni la conoscono. Possono aprire un libro e raccontare un genocidio, il primo del secolo. Fulmineamente sembra che il tempo non sia passato per questo popolo risorto; abitano quella terra e pensavano di essersi finalmente meritati la benedizione di quella bellezza, il dono della sua ricchezza, per gli anni che hanno passato, e le città che erano state distrutte, i padri figli i fratelli uccisi, i cuori viventi ottenebrati dall’odio. Guardiamo le foto che Roberto Travan ha scattato in Armenia e nell’Alto Karabakh. Le fotografie sono parole, sono atti di accusa, prove a disposizione del tribunale della Storia. Perché quello per l’Artsakh, così gli armeni chiamano questa regione, non è un conflitto guizzato fuori dalle mani maldestre della diplomazia; è un tentativo di eliminare gli armeni, un altro, l’ennesimo di distruggere questa piccola tribù cristiana che per i suoi nemici è gente che non ha nessuna importanza, e la cui storia è finita, le cui guerre sono state già tutte combattute e perse. Gli armeni, asserragliati in quel loro campo di pietre, montagne che si sono sfasciate sul terreno come se il tempo le avesse invecchiate e fossero rimaste le ossa, conoscono la guerra: l’ultima negli Anni 90 sempre contro gli azeri ha fatto trentamila morti. Non si illudono più, sanno che essa non è romantica ma barbara.
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