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SINTESI IN PRIMO PIANO – 1 marzo 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Vaccinazioni: tra dubbi e necessità di accelerare
– Conte alla guida della rifondazione 5S
– Draghi al lavoro sul Recovery e vaccini
– Crisi in Myanmar
– Caso Attanasio: l’Onu promette di fare luce

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Messaggero 
Autore:  Evangelisti Mauro – Gentili Alberto 
Titolo: Virus, in campo Gabrielli e Curcio – Gabrielli supercommissario Vaccini alla Protezione civile per superare il caos Regioni
Tema: Vaccini

Comincia a prendere forma il piano di Mario Draghi per accelerare la campagna dei vaccini. Franco Gabrielli, appena nominato sottosegretario ai Servizi, potrebbe ricevere anche la delega di consigliere per la sicurezza nazionale del presidente del Consiglio. In questo ruolo l’ex capo della Polizia sarebbe anche una sorta di super commissario per il coordinamento della gestione dell’emergenza innescata dal Covid-19 e dalle sue varianti. Piano per la somministrazione dei vaccini incluso. Al programma vaccinale, che Draghi ritiene essenziale per uscire dalla spirale delle misure restrittive e per garantire la ripartenza del Paese, lavorerà anche Fabrizio Curcio tornato alla guida della Protezione civile venerdì. La notizia della delega per la sicurezza nazionale a Gabrielli non è ancora ufficiale. Dovrebbe trovare conferma domani con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del decreto di nomina. Da quel momento Gabrielli, oltre a occuparsi dei Servizi, potrà svolgere un ruolo di coordinamento di tutte le attività del governo legate alla lotta alla pandemia. Insomma, stabilire ruoli e responsabilità, affidare incarichi. Dettare l’agenda vaccinale. E, soprattutto, la sua organizzazione. Obiettivo: 500-600 mila dosi iniettate ogni giorno. Nel frattempo Draghi darà battaglia a livello europeo per ottenere un accelerazione delle autorizzazione del nuovo vaccino Johnson&Johnson da parte dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) e sommare nuove filiere di approvvigionamento a quelle esistenti di Pfizer, AtraZeneca e Moderna. Con la protezione civile in campo, ma anche con l’aiuto dell’esercito, ora si punta a non sbagliare la fase decisiva delle vaccinazioni e di questo si parlerà anche nel Dpcm in arrivo in queste ore.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco – Salvia Lorenzo 
Titolo: Dose unica, così la campagna – L’utilizzo della dose unica Resta la precedenza per età
Tema: Vaccini

Se anche si dovesse passare al meccanismo della dose unica, resterà ancora valido il sistema delle precedenze previsto dall’attuale piano vaccinale. Prima i più anziani e i più fragili, quindi. E poi a scalare verso i più giovani in base alle fasce d’età. Naturalmente lasciando andare a esaurimento le vaccinazioni «di settore» già avviate, come quelle degli insegnanti, dei militari e dei poliziotti e degli altri servizi pubblici essenziali. Anche perché per loro si usa AstraZeneca, che non può essere utilizzato per le persone che hanno più di 65 anni. La decisione vera e propria sull’eventuale passaggio al sistema della somministrazione unica non è stata ancora presa. La scelta è stata già fatta solo per le persone che il Covid lo hanno già avuto e sono guarite. Hanno gli anticorpi e una sola iniezione viene considerata sufficiente per proteggerli in modo adeguato. Per tutti gli altri la valutazione è in corso. E sembra esserci un vero e proprio scontro tra favorevoli e contrari, a livello scientifico prima ancora che politico. Difficile che si scelga questa strada per medici e infermieri, anche considerando il fatto che buona parte di loro ha già ricevuto la seconda dose e quindi il problema non si pone. Difficile anche per le persone con più di 80 anni, visto che sono le più fragili e anche quelle colpite più duramente dal Covid: l’età media dei morti è 81 anni. Anche qui, seppure con velocità molto diverse fra le Regioni, la campagna è già partita e sarebbe complicato cambiare le regole in corsa. Per tutti gli altri, però, la questione si pone. Anche se non proprio nell’immediato. Una soluzione di fatto Con l’eccezione degli over 80 e dei medici, la nostra macchina vaccinale sta già avanzando di fatto in regime di mono- dose.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Buzzi Emanuele 
Titolo: Conte guiderà la rifondazione dei 5 Stelle Benedizione di Grillo: andremo lontano – Grillo affida il Movimento a Conte A lui la «rifondazione» e la leadership
Tema: Conte alla guida della rifondazione 5S

«Bisogna aspettare, attendiamo il più possibile con il voto sul comitato direttivo. Diamo il tempo a Giuseppe di presentarci il suo progetto»: Beppe Grillo parla per mezz’ora, è un fiume in piena, sulla terrazza dell’Hotel Forum a Roma dove ha riunito il gotha M5S per varare e blindare l’ingresso dell’ex premier nel Movimento. Tutti insieme per approvare la svolta che il garante vuole imprimere e far sì che Conte non venga tradito dal fuoco amico. Schierarsi contro l’ex presidente del Consiglio — fa intendere Grillo — è come mettersi contro il garante. Lo showman ligure torna in prima linea proprio per tenere insieme i vari pezzi, le varie anime dei Cinque Stelle allo sbando. «Abbiamo le tecnologie, le idee e lo spirito di comunità che ci ha sempre contraddistinto. Ora è arrivato il momento di andare lontano», scriverà qualche ora dopo sul blog. Ma in queste parole c’è il senso del discorso del garante, che difende anche il ruolo di Rousseau: «Per noi è fondamentale, va ripagato il debito che abbiamo e fatto un contratto di servizio». Davide Casaleggio è assente, ma Grillo ne ricorda il ruolo (e si preannuncia anche un confronto tra i due). I big che assistono al suo intervento lo descrivono «carico e contento». L’idea del garante è quella — come anticipato dal Corriere — di mettere in mano a Conte un Movimento nuovo. Una sfida che l’ex premier raccoglie. Anche se ancora non ha un incarico formale. Anche se come viene precisato «lavorerà a questo progetto e se verrà condiviso da tutti solo allora si impegnerà a realizzarlo». L’ex presidente del Consiglio prende la parola (per circa trenta minuti) e spiega le sue idee, quelle di un Movimento più aperto alla società civile. Ad ascoltarlo ci sono tutti i maggiorenti M5S: da Luigi Di Maio a Roberto Fico, da Stefano Patuanelli a Paola Taverna, i capigruppo, Vito Crimi, Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Il retroscena – Il prof solo al comando Non ci sarà un direttorio – L’avvocato ha chiesto di avere carta bianca E già scatta la corsa alla sua «segreteria»
Tema: Conte alla guida della rifondazione 5S

«Io ci sono e ci sarò», aveva promesso Giuseppe Conte agli «amici del Movimento» nel giorno del discorso del tavolino, spalle a Palazzo Chigi e sguardo puntato al suo futuro politico. Nemmeno un mese dopo l’uscita di scena in diretta tv, per l’ex premier il futuro è già qui. Sarà lui il leader dei 5 Stelle, del nuovo Movimento che sorgerà dalla rifondazione voluta da Beppe Grillo. Dopo giorni di riflessioni e dubbi, l’avvocato che sognava un partito tutto suo ha raccolto l’invito del fondatore del M5S e ha accettato di mettersi al lavoro sulla «ristrutturazione integrale» della prima forza politica del Parlamento italiano, dilaniata dal sì al governo Draghi e decimata da fughe ed espulsioni. Il giurista pugliese entra all’Hotel Forum con passo svelto e look total blu, camicia in tinta e niente cravatta. E tre ore dopo ne esce da «capo» incaricato. «Ovvio che Conte sarà il leader», assicura chi ha parlato con Grillo. Il come è ancora tutto da decidere, perché il professore non ha voluto (per ora) nessun incarico formale e si è preso una settimana o poco più per ottenere le ultime garanzie e lavorare al progetto. «Se verrà condiviso da tutti mi impegnerò a realizzarlo insieme agli iscritti, ai parlamentari e ai simpatizzanti», è stato il ragionamento di Conte al vertice con i «big». Disponibile e ben lieto, ma alle sue condizioni. Forte dei sondaggi e di quattro milioni di seguaci sui social, stando ai numeri di Rocco Casalino, l’avvocato ha chiesto carta bianca, o quasi: libertà di pensiero e di manovra per trasformare i 5 Stelle nati dal «vaffa» in una forza più aperta alla società civile, europeista, ambientalista e moderata, che non rinunci ai temi storici come legalità, transizione ecologica, lotta alla corruzione. «Conte offrirà alla nostra causa un contributo determinante», gli ha aperto le braccia Luigi Di Maio, che con grande realismo ha siglato la tregua con il rivale di un tempo recente.
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Testata:  Repubblica 
Titolo: Il punto – La discontinuità secondo Draghi
Tema: Discontinuità

Come era prevedibile, affiorano le prime larvate critiche all’azione di Mario Draghi. Gli si rimprovera tra le righe un eccesso di “continuità” con la gestione precedente, nonché una certa timidezza nel prendere di petto le urgenze del Paese. Sono rilievi che non possono essere sottovalutati, purché non tradiscano una sottintesa sindrome della bacchetta magica. Vale a dire non ripropongano, sia pure in modo indiretto, l’idea che il presidente del Consiglio può essere apprezzato solo se interpreta un ruolo del superuomo in grado di trasformare l’Italia nel giro di poche settimane odi pochi mesi. La realtà è diversa e non solo perché nelle mani del premier non c’è la bacchetta del mago Merlino né egli dispone delle formule di Harry Potter. No, la realtà è diversa per la buona ragione che l’immagine di un governo troppo simile al Conte-2 è fortunatamente errata. E’ ormai chiaro infatti, o dovrebbe esserlo, che l’esecutivo Draghi rappresenta una seria discontinuità rispetto al predecessore, in quanto la novità che le riassume tutte s’incarna nella figura del presidente del Consiglio. Quello che sta accadendo nei primi giorni del governo testimonia di uno stile abbastanza determinato, in grado di ottenere risultati senza mettere le bandiere alle finestre.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Macioce Vittorio 
Titolo: L’analisi – Così il Pd perde la sua «riserva»
Tema: Pd

II Pd ha perso un altro ormeggio. Non è una stagione di certezze, ma il partito di Zingaretti vede svanire tutti i punti di riferimento. Giuseppe Conte va a fare il volto moderato dei Cinque Stelle. E’ la mossa di Grillo per cercare di ridare stabilità a un movimento sfilacciato da rancori e malumori. Lo fa senza chiedere conto a nessuno, con un vertice senza troppa trasparenza e dove Beppe segna la distanza dal figlio dell’altro fondatore. Grillo e Davide Casaleggio non hanno la stessa visione e uno ormai è di troppo. Conte è la leva da cui ripartire. E lo stesso Conte che, per una parte del Pd, rappresentava un patrimonio da non sprecare. Non è un segreto che l’ex premier per più di qualcuno avrebbe dovuto essere il candidato di punta della sinistra per le future elezioni politiche. Avrebbe dovuto arrivarci da presidente del Consiglio, poi Renzi ha fatto deragliare i piani. Zingaretti, pur con Draghi a Palazzo Chigi, non aveva però rinunciato a vedere Conte come una risorsa fondamentale. L’importante era tenerlo al caldo come riserva nobile della sinistra. L’investitura di Grillo cambia il colore della partita. Adesso Conte ha un ruolo. E’ il capitano dei grillini. Questo per lui significa avere una visibilità, un presente, una dimensione. Non consumerà la sua popolarità restando lontano dai giochi, come un pensionato precoce o un pretendente che cerca un’occasione ancora troppo lontana.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Diamanti Ilvo 
Titolo: Mappe – I ragazzi e la scuola Una generazione sospesa – La generazione sospesa nella scuola a metà che allontana il futuro
Tema: Scuola
La pandemia rischia di durare ancora a lungo. Un giorno dopo l’altro, i numeri dei contagi, dei ricoveri e delle vittime rimbalzano sui media. Senza soluzione di continuità. Perché il virus marcia e si diffonde in modo imprevedibile. E tutti lo seguono. O meglio, lo in-seguono. Medici, scienziati, media. E noi per primi. Così, la nostra vita è cambiata. E cambierà ancora. Il nostro presente e, tanto più, il nostro futuro. Per questo, è comprensibile che l’insofferenza e la protesta si allarghino. Fra i lavoratori e gli imprenditori, le categorie economiche che vedono crollare le loro Ègiustofavorire la ripresa dell’attività scolastica, perchè lì si costruisce il domani della società rappresentato e interpretato dai giovani prospettive e, prima ancora, la loro condizione presente. Ma non solo. Le manifestazioni si stanno ri-producendo, in diversi punti del Paese, anche fra gli studenti. Frustrati, oltre che preoccupati, dal “distanziamento sociale” che li coinvolge. E rende loro difficile frequentare i corsi. Alle scuole di ogni ordine e grado. Per problemi di convivenza in aula. E, ancor più, fuori. Perché gli “assembramenti” avvengono soprattutto intorno e all’esterno. Ma la frequenza scolastica è resa difficile anche, e soprattutto, dall’insufficienza e dall’inadeguatezza dei mezzi di trasporto, che molti studenti debbono utilizzare per recarsi a scuola.
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Economia e finanza

Testata:  Repubblica 
Autore:  Mania Roberto 
Titolo: Il retroscena – Sarà Draghi a riscrivere il Recovery Plan – Il premier ha fretta Il Recovery Plan se lo riscrive da solo
Tema: Draghi al lavoro sul Recovery

Mario Draghi ha deciso di scrivere personalmente il nuovo Recovery Plan italiano. Lo farà insieme al ministro dell’Economia, Daniele Franco, e a un gruppo ristrettissimo di consiglieri tra i quali il bocconiano Francesco Giavazzi e l’esperto di diritto amministrativo comparato Marco D’Alberti, professore alla Sapienza di Roma. Due mesi di tempo, perché entro la fine di aprile il piano va presentato alla Commissione di Bruxelles. Poi non potrà più essere cambiato, le ultime erogazioni (in tutto sono circa 209 miliardi per l’Italia) arriveranno – rispettando i tempi e le condizioni fissati dalla Commissione Ue – nel 2026, le prime (il 13 per cento del totale) entro l’estate. Dunque 60 giorni – dopo gli errori commessi dal precedente governo – per disegnare il nuovo modello di sviluppo del Paese spinto da quello che l’Europa ha appunto chiamato Next Generation Eu. Un’occasione irripetibile, la più importante operazione di politica economica dal dopoguerra ad oggi, la ricostruzione di  un Paese che nel 2020 ha ridotto la ricchezza nazionale di quasi il 9 per cento, perso poco meno di mezzo milione di posti di lavoro e centinaia di migliaia di piccole imprese. Per recuperare i tassi di attività pre-Covid bisognerà aspettare la fine del 2022. La lotta al virus, attraverso un piano di vaccinazioni di massa, e il rilancio economico, attraverso il Recovery Plan, sono le due priorità di Draghi. E camminano di pari passo.
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera
Autore:  Baccaro Antonella
Titolo: Recovery Plan la squadra di Draghi il motore del risparmio (e il peso del debito) – Recovery team La squadra di Draghi I rischi? Veti e burocrazia
Tema: Draghi al lavoro sul Recovery
Che cosa distingue la macchina messa a punto da Mario Draghi per l’attuazione del Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) da quella che aveva provato a immaginare il suo predecessore Giuseppe Conte? Prima di tutto il peso specifico che ha, almeno in questa prima fase, il nuovo premier, senza il quale non sarebbe stato possibile decidere di sventrare alcuni ministeri di peso, spostarne pezzi, scegliere uno di questi, l’Economia, per coordinare tutto. E decidere che i problemi vadano fluidificati all’interno dei comitati interministeriali. Tutto questo però dovrà andare alla prova dei fatti, perché ciò che ora appare un miracolo potrebbe trasformarsi in qualcos’altro. Ma vediamo perché. Draghi ci ha messo una decina di giorni per decidere che il coordinamento tecnico dell’operazione da 209,5 miliardi dovesse stare al ministero dell’Economia. Certo, ha seguito una traccia: proprio lì la legge di Bilancio aveva già previsto la creazione dell’unità di missione per il monitoraggio del Piano. Una giusta intuizione dell’ex governo, cui però Conte aveva fatto seguire una ridda di ipotesi su fantomatiche cabine di regia con goo esperti. L’indecisione era frutto della debolezza politica che poi lo ha portato alle dimissioni. Draghi, o meglio, il ministro Daniele Franco, invece ha già scelto il coordinatore di quella unità di missione nella persona di Carmine Di Nuzzo, la cui esperienza maturata nel campo del monitoraggio dell’utilizzo dei fondi europei, corroborata da una solida competenza informatica, dovrebbe fare la differenza. II coordinatore lavorerà a stretto contatto con sei funzionari, uno per ciascuna missione, coadiuvati da una squadra di economisti (interni e non) e da un drappello di esecutori.
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera
Autore:  De Bortoli Ferruccio
Titolo: L’emergenza pandemia prima priorità Abbiamo bisogno di quei soldi: c’era una volta il Mes – C’era un volta il Mes – Nessuno ne parla più ma la salute ha bisogno di un lieto fine
Tema: Mes
E’ ormai un autentico mistero repubblicano l’improvvisa scomparsa del Mes. L’acronimo che mise in crisi il governo Conte II rappresentò (meglio usare il passato remoto) l’invalicabile linea di separazione tra forze politiche poi disposte ad allearsi con chiunque, anche con il peggior nemico. Mai e poi mai, si disse. Tutto il resto sì, ma quello strumento del diavolo, l’anticamera della Troika, la perdita della nostra illibata sovranità, proprio no. Al contrario, ci fu chi si mostrò risoluto nel giudicare irrinunciabili quei 37 miliardi circa per la nostra sanità, ponendo l’accettazione della linea di credito dell’European stability mechanism come una questione di vita odi morte. L’aiuto urgente e improcrastinabile a medici infermieri, senza il quale l’intera campagna di vaccinazione sarebbe stata in forse. Inutile elencare dichiarazioni, interviste, proclami pubblici. Ma è credibile che il solo arrivo alla presidenza del Consiglio di Mario Draghi abbia cancellato di colpo mesi di aspri scontri politici, infinite diatribe intellettuali e fitti scambi sull’asse tra Bruxelles e Roma? No, non lo è. E allora forse sarebbe il caso di riaprirlo quel dibattito, ammettere di aver calcato in qualche caso i toni e magari riconoscere le ragioni degli avversari. E toccherebbe anche al premier spiegare la sua posizione che immaginiamo fosse, prima dell’incarico, assolutamente favorevole (o no?). Altrimenti rimarrà nell’opinione pubblica la sgradevole sensazione di essere stati spettatori (o peggio oggetti) di una discussione esoterica che aveva il solo intento di perseguire fini meno urgenti di quelli della salute dei cittadini, anzi sulla pelle degli stessi.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Gabanelli Milena – Marvelli Giuditta
Titolo: Dataroom – Un anno di pandemia: i danni per le imprese e le famiglie – Un anno di pandemia: il conteggio dei danni
Tema: Un anno di Covid: la situazione economica
Dopo un anno esatto di pandemia, l’azienda Italia tira le somme. Il Prodotto interno lordo nel 2020 è diminuito dell’8,9%, dice l’Istat. Sono circa 160 miliardi in meno rispetto al 2019. Vuol dire che ognuno di noi ha “perso” 2.600 euro di Pil. Se tutto va bene nel 2021 la ricchezza nazionale risalirà del 3-4%. La più ottimista è Standard e Poor’s: +5,3%. In ogni caso non basta per tornare dove eravamo prima. Ci saremo forse nel 2023. Tutto il mondo ha perso vite umane e Pil, ma, nota Ref ricerche, c’è chi ha preso la botta in una situazione di forza e chi paga debolezze antiche. La ricchezza della Germania, pandemia compresa, negli ultimi 25 anni è cresciuta comunque del 30%, il nostro incremento dal 1995 ad oggi è zero. Nel 2020 per le famiglie mancano all’appello 29 miliardi di reddito e 108 miliardi di consumi. Chi invece non ha perso reddito ha risparmiato, visto che molte spese, sono “vietate” dal distanziamento fisico. Così la propensione a “metter via” è passata dal 9% al 16%: sui Conti correnti delle famiglia sono finiti 84 miliardi in più rispetto al 2019 (un record storico) e ora il totale viaggia a 1200 miliardi.
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Testata:  Giornale
Autore:  Cangini Andrea
Titolo: L’intervento – Solo i ristori possono evitare il crac
Tema: Un anno di Covid: la situazione economica
Chi più chi meno, ci siamo cascati tutti. E a seconda delle rispettive sensibilità chi più chi meno tutti in questi giorni abbiamo invocato l’apertura dei ristoranti, o degli impianti sciistici, o dei cinema, o dei teatri, o delle palestre, o delle scuole di ballo… Evidentemente, chi più chi meno, i capi dei partiti e i singoli parlamentari faticano a maturare quello “spirito repubblicano” invocato dal presidente del Consiglio e continuano a “chiudere gli occhi di fronte alla realtà” come ha deprecato il presidente della Repubblica. La realtà è che, a causa del ritardo nell’approvvigionamento dei vaccini e del diffondersi di nuove varianti, il virus oggi è più minaccioso di quanto non fosse un mese fa: impensabile, oggi, tornare alla normalità. Chi ha responsabilità di governo lo sa, e con realismo si fa carico del problema. Chi non è direttamente responsabile delle scelte finge spesso di non saperlo. Assistiamo, così, a un corto circuito logico per cui mentre i leader di partito reclamano nuove aperture i governatori espressi dai loro stessi partiti chiudono le scuole e i sindaci serrano i ranghi delle città che amministrano. Un corto circuito che rischia di delegittimare sul nascere un governo che pure i quattro quinti delle forze politiche hanno dimostrato, votandogli la fiducia, di considerare vitale perla salvezza dell’Italia. Così non può funzionare. E naturale che i partiti si facciano carico del malessere delle categorie economiche più colpite dalle chiusure, ma non è invocando un irrealistico ritorno alla normalità che ne possono concretamente sanare le ferite. Ad oggi si può solo, anzi si deve, far leva sui cosiddetti ristori: aumentare gli stanziamenti, semplificare le procedure, integrare la platea di chi ha diritto affinché nessuno ne sia escluso. Il resto non serve. Non aiuta. E’ appena iniziata una fase politica nuova. Una fase di responsabilità nazionale.
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Testata:  Giornale
Autore:  Signorini Antonio
Titolo: Bomba disoccupazione – La bomba occupazione: si rischiano 150mila licenziamenti al mese
Tema: Lavoro
Non molti parlano in questi giorni del blocco dei licenziamenti. Tema apparentemente ai margini anche nell’incontro di sabato tra il ministro del Lavoro Andrea Orlando e le parti sociali. Ma la scadenza del 31 marzo, quando si esaurirà la proroga dello stop ai licenziamenti economici, si avvicina ed è ben presente nell’agenda del governo. Il motivo è sintetizzato in un articolo pubblicato recentemente sul sito Lavoce.info dall’economista Bruno Anastasia dove si fa il punto su che cosa potrebbe accadere quando finirà il blocco. In sintesi, a partire da aprile è da mettere in conto «un flusso di licenziamenti attorno a 200-300mila» unità. Per qualche mese «il flusso ordinario di licenziamenti economici (pari a circa 40-50mila al mese) potrebbe risultare raddoppiato o triplicato». In altre parole, tra 120 e 150mila licenziamenti al mese, fino a quando si ritornerà alla normalità. In sostanza mancano all’appello circa 250/300mila licenziamenti «che, in condizioni normali, sarebbero avvenuti e che ora risultano “coperti” dal ricorso alla cassa integrazione e dal divieto». I licenziamenti attesi sono un po’ inferiori perché secondo Anastasia alcune imprese «si sono “aggiustate” in altri modi (esodi incentivati, licenziamenti disciplinari o altro)». Ma è anche possibile che il boomerang licenziamenti sia sottostimato per un effetto poco considerato del blocco: «Il ricorso alla Cig – si legge nell’articolo di Lavoce.info – consente infatti alle imprese un’estrema flessibilizzazione dell’uso della forza lavoro: di fatto, la cassa equivale da un lato alla trasformazione temporanea di rapporti di lavoro a tempo indeterminato in rapporti di lavoro intermittente, dall’altro alla trasformazione temporanea di rapporti di lavoro a tempo pieno in rapporti di lavoro a part-time». Quando gli ammortizzatori straordinari e gratuiti motivati dal Covid verranno meno, si genereranno «situazioni in cui il rientro al lavoro (a tempo pieno e continuo) di alcuni lavoratori» si accompagnerà «al licenziamento di altri».
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Testata:  Repubblica
Autore:  Sabbadini Linda_Laura
Titolo: Tre strategie per restituire il lavoro alle donne – Tre strategie per le donne
Tema: Lavoro
Non c’è solo il problema delle 440 mila lavoratrici in meno rispetto a dicembre 2020. Un milione 300 mila donne sono a rischio, lavorano in aziende in particolari difficoltà per la crisi, secondo i dati Istat. Serve una svolta strategica, audace, lungimirante sull’occupazione femminile. Qualcuno si è mai accorto che avevamo un obiettivo europeo per il 2010 di un tasso di occupazione femminile al 60% e che lo abbiamo “bucato”? Qualcuno ha fatto qualcosa per perseguirlo successivamente al 2010? La risposta è no. Siamo al 48,5%. Anni luce dalla media europea del 64,5%. Il primo e fondamentale obiettivo che bisogna perseguire è la crescita dell’occupazione femminile. Buona occupazione, come dice l’Organizzazione internazionale del lavoro. Ci vuole un grande piano. Una strategia di breve, medio e lungo termine. Tre assi fondamentali. Primo. Lanciare una grande offensiva culturale per rimuovere gli ostacoli all’accesso al lavoro legati agli stereotipi di genere eaigap formativi delle ragazze rispetto ai ragazzi, soprattutto nelle materie scientifiche. Servono stanziamenti cospicui per misure contro gli stereotipi di genere nelle scuole per rendere normale che le ragazze accedano allo studio delle materie Stem come i ragazzi. […]Secondo. Rimuovere gli ostacoli all’accesso, alla permanenza in occupazione delle donne, alla carriera, rappresentati dal forte sovraccarico di lavoro familiare sulle loro spalle e che induce all’abbandono del lavoro dopo la nascita di un figlio. […]Terzo. Grande investimento nell’imprenditoria femminile attraverso migliore accesso al credito, spesso negato alle donne, incentivi, orientamento, formazione e affiancamento nei primi tre annidi vita dell’azienda, specie nei nuovi settori economici emergenti. Bisogna fare presto. Siamo in piena she-cession, recessione che colpisce più le donne. O si interviene massicciamente ora, o la nostra crescita non sarà inclusiva e aumenterà gli squilibri.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Salom Paolo 
Titolo: In Birmania la polizia spara sui giovani Morti e feriti – Birmania, spari e morti La protesta anti golpe diventa una strage L’Ue: agiremo presto
Tema: Crisi in Myanmar

Quindici secondi di un video girato di nascosto — poi postato su Twitter insieme a decine di altri — forniscono la brutale, scioccante realtà di un giorno di guerra tra civili disarmati da una parte, e poliziotti e soldati dall’altra. La scena: Yangon, un tempo conosciuta come Rangoon, la città più grande del Myanmar (ex Birmania). Un viale grigio e deserto, immerso nella caligine dell’estate incipiente del Sud-Est asiatico. Un gruppo di uomini in uniforme si ferma. Un soldato si rivolge a un poliziotto e gli passa il proprio fucile. «Forza, spara», sembra dirgli. Il poliziotto si inginocchia, prende la mira e tira il grilletto. I colleghi intorno a lui esultano: evidentemente ha centrato l’obiettivo, un giovane o una giovane manifestante. Non sappiamo chi sia stato colpito perché il video si ferma lì, con gli altri poliziotti che si affrettano entusiasti a imitare il compagno, felici anche loro di usare la propria arma. A quattro settimane dal colpo di Stato che ha messo fine al governo civile di Aung San Suu Kyi, arrestata con tutti i suoi collaboratori e ministri nelle ore e nei giorni seguenti, il Myanmar ieri è stato travolto da un’ondata di violenza, la più feroce dall’inizio delle proteste pacifiche che hanno pressoché paralizzato il Paese. Le forze dell’ordine, poliziotti in divisa e in borghese, soldati in assetto di guerra, hanno sparato contro la folla inerme ovunque si presentasse l’occasione: pallottole di gomma, gas lacrimogeni e proiettili veri.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bultrini Raimondo 
Titolo: Strage in Myanmar il regime spara sulla folla – La domenica di sangue in Myanmar I militari sparano sulla folla: 18 morti
Tema: Crisi in Myanmar

Bisogna tornare indietro ai massacri di studenti nel 1988 o alle crudeli rappresaglie del 2007 contro monaci e civili per trovare qualche similitudine con la domenica di terrore e sangue che ha visto un numero ancora imprecisato tra le 18 (fonte Nazioni Unite) e le 30 vittime nelle città del Myanmar, trasformate nel giro di poche ore in veri e propri campi di battaglia. I responsabili del golpe del 1° febbraio, gli stessi accusati del genocidio di migliaia di islamici Rohingya nello stato di Arakan, avevano già fatto sapere attraverso i loro organi ufficiali che — dopo aver «mostrato moderazione» — l’esercito avrebbe «inevitabilmente intrapreso un’azione grave» per fermare i «ribelli». Detto fatto. Mentre s’ignora il luogo dove sarebbe stata trasferita di recente la leader della Lega per la democrazia Aung San Suu Kyi, arrestata nella sua casa della capitale Naypyidaw all’alba del golpe, l’ufficio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha rivelato in una nota la drammatica dimensione delle rappresaglie militari contro i sostenitori della Lady che issavano i suoi ritratti in imponenti cortei. Nessuno sa dove si trovi. Nonostante le minacce e le uccisioni dei giorni scorsi, a migliaia si erano radunati fin dal mattino presto tra centro e periferia della ex capitale Yangon, dove risulta il maggior numero di vittime (9, secondo fonti locali), seguita dalle città costiere di Myeik (dove si parla di 7 morti) e Dawei (3, dei quali un uomo il cui corpo è stato cosparso di fiori).
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  A.Mu. 
Titolo: Nigeria, libere anzi no: giallo sulle ragazze rapite a scuola
Tema: Nigeria

Passano le giornate davanti alla scuola. Aspettano per ore davanti al cancello dell’istituto da cui sono state rapite le loro figlie. Sono in trepida attesa di notizie. Sono state liberate oppure no, si chiedono in una domenica segnata da annunci e smentite: un saliscendi di emozioni per la gente di Iangebe, villaggio nello Stato di Zamfara, Nordovest della Nigeria. Ieri mattina alcuni media nigeriani avevano dato notizia del rilascio delle oltre 300 studentesse prelevate a forza dai dormitori la scorsa settimana: alcune indiscrezioni le davano al sicuro nel palazzo dell’emiro di Anka. Ma con il passare delle ore non è arrivata nessuna conferma ufficiale. Anzi nel pomeriggio le autorità locali hanno gelato gli entusiasmi: il ministro della Sicurezza di Zamfara ha negato che le studentesse siano state liberate; così pure un collaboratore del governatore Bello Matawalle che ha parlato di sforzi ancora in corso per mettere le ragazze in salvo; il commissario di polizia ha invitato a non tenere in considerazione «qualsiasi fake news riguardante la liberazione delle studentesse». La speranza è che nel giro di voci e smentite qualcosa si stia muovendo e le giovani tornino libere.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Riecco Trump, festeggiato dai fan: «Il viaggio continua, Biden pessimo»
Tema: Trump torna alla carica

Il «viaggio cominciato quattro anni fa è tutt’altro che finito. Non faremo nuovi partiti e saremo più forti che mai». Donald Trump rivendica la leadership, la rappresentami assoluta del partito repubblicano e non esclude di candidarsi per le presidenziali nel 2024: «Chissà, potrei decidere di battere Biden per la terza volta». Anche perché «Joe si sta rivelando ancora più disastroso di quanto avessi immaginato. In un solo mese siamo passati da “America First” ad “America Last”». Trump è riemerso ieri pomeriggio a Orlando, in Florida, dopo un mese di silenzio. Ha parlato per oltre un’ora sul palco della Cpac, la «Conservative Political Action Conference», il tradizionale raduno annuale della base più conservatrice. In platea non tutti avevano la mascherina; molti, invece, indossavano cappellini rossi vecchio tipo («Make America Great Again») e nuova versione, con il numero 47 stampato sulla visiera. Come dire: The Donald tornerà alla Casa Bianca come 47° presidente. II primo passaggio, comunque, è «mettere ordine» nel fronte conservatore. Tanto che Trump comincia così: «Siamo qui riuniti per parlare del futuro, il futuro del nostro movimento, il futuro del nostro partito e il futuro del nostro amato Paese». Il partito è lacerato. Ma l’ex presidente la vede in un altro modo: «II partito repubblicano è unito. La sola divisione che vediamo è tra una manciata di mediocri politici dell’establishment di Washington e tutto il resto del Paese».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Basso Francesca 
Titolo: Sputnik, Praga va avanti senza la Ue
Tema: Vaccini in Europa

Dopo l’Ungheria, ora è la Repubblica Ceca a voler utilizzare il vaccino russo Sputnik V senza aspettare il via libera dell’Ema. Il premier ceco, Andrej Babis, ha dichiarato ieri alla Cnn Prima News: «Non possiamo aspettare l’Ema». Il premier ungherese Viktor Orbán si è spinto ancora più avanti e si è fatto somministrare il vaccino cinese Sinopharm contro il Covid-19: «Vaccinato!», ha scritto su Facebook. L’Ungheria è quindi anche il primo Stato dell’Unione ad acquistare e autorizzare l’uso di vaccini cinesi. Le regole Ue consentono a uno Stato membro l’autorizzazione per uso di emergenza di un medicinale e quindi anche di un vaccino in circostanze eccezionali com’è la pandemia. Lo Stato membro si prende la responsabilità della scelta e decide autonomamente quali dati sono necessari per l’autorizzazione e quali requisiti imporrà per l’uso. E il tipo di autorizzazione adottato dal Regno Unito a dicembre, quando faceva ancora parte dell’Ue, per dare il via libera all’uso dei vaccini Pfizer-BioNTech e AstraZeneca prima del parere dell’Ema. Londra ha superato i 20 milioni di vaccinati con una sola dose e i nuovi casi sono diminuiti nelle ultime settimane del 40%. La diffusione del virus nelle sue varianti ha avuto un’impennata in Repubblica Ceca. La Germania oltre due settimane fa ha ripristinato i controlli alle frontiere. Il sistema sanitario ceco è in difficoltà. Praga ha chiesto aiuto anche ad altri Paesi, nei giorni scorsi Israele ha promesso 5 mila dosi. Ora l’apertura al vaccino russo.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Cazzullo Aldo 
Titolo: Gli errori europei sulla crisi – Vaccini, gli errori dell’Europa
Tema: Vaccini in Europa

A poco più di un anno dall’arrivo del Covid, si profila un fallimento clamoroso dell’Europa sui vaccini. L’Unione dei Paesi che vantavano il miglior sistema sanitario pubblico al mondo si sta rivelando impotente nel proteggere e immunizzare propri cittadini. Non soltanto i regimi — che come ci siamo detti mille volte hanno mezzi che le democrazie non hanno —, ma pure gli Stati Uniti e il Regno Unito vantano oggi numeri che  sognano; per tacere del miracolo israeliano, dove il peso internazionale di un leader sia pure contestato come Netanyahu ha incrociato la forza morale e organizzativa di un nazione per cui il concetto di guerra a un nemico comune non è un’idea astratta. L’Europa invece è ultima in tutte le classifiche di immunizzazione. E pure la diatriba sui vaccini — secondo Le Monde, il 24% degli italiani non intende vaccinarsi o non ha ancora deciso, percentuale che sale al 83 in Germania e addirittura al 51 in Francia, mentre crolla al 20 nel Regno Unito — si rivela priva di senso; perché i vaccini non ci sono, neppure per chi li vorrebbe. Il fallimento nasce non da uno, ma da molti errori. L’Europa ha puntato quasi tutto su un vaccino, quello di AstraZeneca, che è arrivato molto dopo quello di Pfizer, e pur avendo alcuni vantaggi — costa meno, si trasporta più facilmente — ha un’efficacia inferiore. Quando la Germania se n’è accorta, ha tentato di risolvere il problema trattando con la Pfizer per conto proprio, e di fatto rimangiandosi la strategia con cui le due donne forti del continente — la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e la cancelliera Angela Merkel — avevano impostato la campagna vaccinale. Una strategia non sbagliata, anzi: muovendosi in modo coordinato, e facendo quindi massa critica, l’Europa poteva ottenere condizioni migliori, sia come prezzi sia come forniture. Ma questa strategia si basava su due presupposti: fare le scelte giuste; e restare uniti. Purtroppo entrambi i presupposti sono venuti meno.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Gaggi Massimo 
Titolo: La caduta di Cuomo, due donne lo accusano Anche i democratici chiedono le dimissioni
Tema: Il Caso Cuomo

Campane a morto per Andrew Cuomo, le cui dimissioni immediate vengono ormai chieste non solo dai repubblicani (per il caso dei dati nascosti sui morti da Covid nelle case di riposo), ma anche da molti democratici (per le accuse di molestie sessuali che gli vengono rivolte da due ex collaboratrici). Il governatore dello Stato di New York che un anno fa di questi tempi veniva invocato da molti progressisti come il leader capace, assai più di Biden, di battere Donald Trump alle presidenziali 2020, era già in caduta libera, come raccontato dal Corriere due settimane fa, per aver sottostimato (9.000 anziché 15 mila) il numero dei morti da coronavirus negli ospizi: numeri non dati — disse la sua assistente personale — temendo che venissero strumentalizzati da Trump contro i democratici. Quel caso aveva spinto molti democratici del parlamento dello Stato a chiedere la revoca dei poteri straordinari per la pandemia a suo tempo conferiti a Cuomo. Del quale i repubblicani avevano, invece, chiesto l’impeachment. Ora i due casi a sfondo sessuale appena denunciati, anche se hanno contorni non del tutto definiti, stanno provocando una rivolta anti Cuomo nel suo stesso partito: il governatore è attaccato da almeno otto parlamentari nazionali (tra loro Alexandria Ocasio-Cortez), dal sindaco di New York Bill De Blasio, e da molti senatori dello Stato, a partire dall’italoamericana Alessandra Biaggi, presidente della Commissione etica e della governance che già lo condanna: «Sei un mostro: te ne devi andare, subito». Il governatore cerca di difendersi negando gli abusi (baciata sulle labbra e invitata a giocare a strip poker) denunciati da Lindsey Boylan, una ex assistente ora candidata alla guida amministrativa del distretto di Manhattan e ammettendo le conversazioni intime con Charlotte Bennett che, però, secondo lui erano paterne e non maliziose.
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Testata:  Stampa
Autore:  Mastrolilli Paolo 
Titolo: Intervista ad Antonio Guterres – Guterres: “L’Onu assicurerà ai giudici i killer di Attanasio” – Guterres: “Porterò davanti alla giustizia gli assassini di Attanasio e Iacovacci”
Tema: Omicidio Attanasio

Antonio Guterres prende questo impegno: «Condurremo un’analisi approfondita della sicurezza», sulla missione in cui sono stati uccisi Attanasio, Iacovacci e Milambo. Quindi il segretario generale dell’Onu promette: «Lavoreremo fianco a fianco con le autorità congolesi e italiane, mentre conducono le indagini penali per garantire che i responsabili di questo crimine siano assicurati alla giustizia». Cosa sa l’Onu dell’attacco e cos a intende fare? «Ho condannato in modo inequivocabile il brutale attentato nella Repubblica democratica del Congo alla missione congiunta, che ha visto la brutale uccisione dell’ambasciatore italiano Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci, e del nostro collega, Mustapha Milambo, autista di lunga data per il Pro gramma alimentare mondiale. Le mie condoglianze vanno alle loro famiglie, amici e colleghiin tutto il mondo. Condurremo un’analisi approfondita della sicurezza di questo incidente, e lavoreremo fianco a fianco con le autorità congolesi e italiane, mentre conducono le indagini penali per garantire che i responsabili di questo crimine siano assicurati alla giustizia».
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Grillo Francesco 
Titolo: L’editoriale – Il tesoro del Congo e le domande di Attanasio
Tema: Omicidio Attanasio

Non molti lo ricordano ma “Apocalypse Now”, uno dei film che, maggiormente, hanno segnato gli anni Ottanta, è ispirato a “Cuore di Tenebra”, il racconto della risalita del fiume Congo che fece Joseph Conrad alla fine dell’Ottocento. In quel libro, il narratore cerca il commerciante di avorio Kurtz e tratteggia un parallelismo improbabile e geniale tra il centro dell’Occidente – Londra – e il cuore dell’Africa. Oggi come allora, il Congo riesce ad essere, contemporaneamente, il luogo nel quale più da vicino si toccano un passato ancestrale ed una strana porta sul futuro. Il cobalto è, infatti, il minerale più importante per realizzare quella transizione ecologica e digitale che il mondo sta cercando e per più della metà le sue riserve sono nella terra della Repubblica Democratica del Congo. Forse, questo contesto può aiutare a capire meglio la straordinaria avventura di Luca Attanasio conclusasi qualche giorno fa nella giungla, al centro del continente più antico. Duecento miliardi di dollari: questo è il valore ai prezzi attuali delle riserve di cobalto che il Congo – un Paese di cento milioni di abitanti e con una superficie superiore alla metà dell’intera Unione Europea – conserva nelle proprie miniere. In realtà, tuttavia, il patrimonio sul quale il popolo più povero della terra vive, potrebbe essere molto superiore.[…]Rimane, tuttavia, la domanda che si poneva ieri, da queste colonne, Romano Prodi e che certamente si sarà posto Luca Attanasio mille volte. Cosa fare? Cosa possiamo fare per consolidare processi di sviluppo che ci sono anche se non stabili, e di democratizzazione che sono sempre fragili? Una strada è quella dell’aiuto cercato, del resto, dei programmi del World Food Program che Attanasio accompagnava nel cuore della giungla: su questo fronte, tuttavia, sarebbe efficiente valorizzare, ancora di più, le organizzazioni non governative di medici e volontari che in Africa ci vanno anche a prescindere dalla protezione dei caschi blu. Certamente c’è anche l’assistenza tecnica, nessuno ne fa tanta come la Commissione Europea, a governi che cercano di costruire infrastrutture minime.
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