In evidenza sui principali quotidiani:
– Condono, stop a Conte
– Caso Mediaset e frode fiscale: audio coch di un giudice
– Virus, la Ue riapre le frontiere, l’Italia mantiene la quarantena
– Superbonus, nuovi tetti di spesa
– Il Papa commissaria la Fabbrica di San Pietro
– Pechino impone a Hong Kong la legge sulla sicurezza
PRIMO PIANO
Politica interna
Testata: Corriere della Sera
Autore: Guerzoni Monica
Titolo: Condono, stop a Conte – Nuovo duello nella maggioranza Conte deve arretrare sul condono
Tema: decreto Semplificazioni
Giuseppe Conte che, nel chiuso del vertice a Palazzo Chigi, difende il decreto Semplificazioni anche negli articoli più controversi. E Dario Franceschini che chiede al premier di «far sparire dal testo ogni forma di condono». E un altro passaggio, l’ennesimo, del braccio di ferro ormai quotidiano tra il premier e i vertici del Pd, che soffrono ogni giorno di più le scelte (o le scelte mancate), del capo del governo. Lo scontro tra i dem e il Movimento sui fondi europei non accenna a placarsi, anche perché Conte ha ricevuto una telefonata di Angela Merkel. Quasi 45 minuti alla vigilia del semestre di presidenza tedesca, a cui Palazzo Chigi guarda con ottimismo. La conversazione con la cancelliera sul programma Next Generation Eu in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio sarebbe stata «molto costruttiva», il che smentirebbe gli attriti innescati dal pressing di Merkel sul Mes. Viste le tensioni incrociate che mettono a rischio la tenuta della maggioranza, Conte rimanda ancora il problema e punta a incassare il sì dell’Europa all’intero pacchetto di aiuti. Dalla Cancelliera il capo del governo ha incassato l’impegno a portare avanti una «proposta ambiziosa» nei numeri, ma a sua volta, per placare i «falchi», ha voluto tranquillizzarla sulla determinazione a modernizzare l’Italia. Alle otto e mezzo della sera, dalla riunione di governo cui partecipano anche i ministri Gualtieri e Dadone e il sottosegretario Fraccaro, filtra la notizia che il condono denunciato dai Verdi è stato stralciato dal testo del decreto (assieme alle norme sulla PA), segno che Conte ha perso la sua battaglia. A mettere in minoranza il capo del governo — con Alfonso Bonafede descritto come «silente» dagli alleati — è stato l’asse tra il Pd, Italia Viva e Leu, concordi sulla necessità di velocizzare le procedure, ma contrari seguire la rotta del precedente governo con la Lega.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Meli Maria_Teresa
Titolo: Il retroscena – Zingaretti teme « la palude»: questo è il momento di agire senza tentennamenti
Tema: tensioni nel governo
«Non dobbiamo fermarci, sennò rischiamo la palude»: Nicola Zingaretti è preoccupato delle conseguenze della tattica attendista di Giuseppe Conte. Un giorno si rinvia il Mes, l’altro la riforma dei decreti sicurezza targati Matteo Salvini… E il leader del Pd, che pure continua a mantenere un rapporto con il presidente del Consiglio, non è contento di questo andazzo. Ne teme i contraccolpi autunnali. «Come sapete tutti — spiega ai suoi il segretario del Partito democratico — io all’inizio ero contrario alla nascita di questo governo, non ero convinto poi ho dato il via libera ma a determinate condizioni. II governo ha un senso se fa le cose, se produce riforme e ottiene risultati, sennò non ha motivo di andare avanti, altrimenti diventa solo un’occupazione di poltrone». Insomma, è la riflessione ad alta voce che Zingaretti affida ai fedelissimi, «siamo fermi, ma il problema è che non possiamo fermarci». Secondo il presidente della Regione Lazio infatti è questo il momento di agire «senza tentennamenti» perché di rinvio in rinvio «il Paese rischia». Alle volte Zingaretti teme che manchi una visione. «Insomma — confida ad alcuni parlamentari amici — noi ora ci apprestiamo a chiedere un altro scostamento di bilancio, ma senza un progetto, come si fa?».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Franco Massimo
Titolo: La Nota – Un premier prigioniero delle ambiguità del Movimento
Tema: Conte e il M5S
Il governo rischia di più rinviando qualsiasi decisione sul Mes, o assumendosi la responsabilità di chiedere il prestito europeo di 37 miliardi di euro per il sistema sanitario? La questione riguarda in primo luogo il Movimento Cinque Stelle, barricato ufficialmente dietro un «no» granitico; e a cascata il premier Giuseppe Conte, che di quel rifiuto è portavoce e forse vittima. La notizia del colloquio telefonico di ieri tra Conte e la cancelliera tedesca Angela Merkel, che inizia il semestre di presidenza della Germania, è un primo indizio. Segue la reazione piccata del capo del governo italiano che nei giorni scorsi, di fronte alle pressioni dell’alleata, aveva ribattuto che l’agenda economica dell’Italia la preparava lui. Parole destinate a rassicurare i settori più intransigenti dei Cinque Stelle, e magari a cercare di disarmare la destra. Ma imprudenti per i contraccolpi che hanno creato nella maggioranza: in primis col Pd e Iv. E, cosa più preoccupante, per l’ennesimo segnale contraddittorio consegnato a un’Europa che nelle nazioni del Nord si nutre dei pregiudizi contro l’Italia populista e spendacciona. Non è ancora chiaro l’epilogo. Cominciano però a delinearsi le conseguenze di un’ambiguità che Conte avalla, ossessionato dal timore di una frattura parlamentare dei grillini. L’idea di rinviare tutto a settembre nasce dall’ansia di durare senza scossoni. Gli scossoni, però, arrivano comunque. E non si può esorcizzare la prospettiva di ritrovarsi tra due, tre mesi con un ritorno del coronavirus, senza avere chiesto i fondi che permetterebbero di agire subito sui punti deboli del sistema sanitario e di rassicurare l’opinione pubblica.
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Testata: Stampa
Autore: Sorgi Marcello
Titolo: Il taccuino – L’accelerazione elettorale dei grillini agita Conte
Tema: Conte e il M5S
Da tempo Conte ha sviluppato con la Merkel una linea di trasparenza volta a rappresentarle, in linguaggio ovviamente più diplomatico, l’anomala realtà in cui si trova immerso da quando il Movimento 5 stelle è diventato una gabbia di matti. Così anche ieri sera non ha avuto difficoltà a spiegare che fino alle prossime elezioni regionali, previste per il 20 settembre, non è aria che l’Italia possa richiedere l’intervento del Mes, il fondo salva-Stati che s’è trasformato, al di là della convenienza del ricorrervi o meno, un argomento molto divisivo della campagna elettorale in corso. Dopo il voto, e nell’eventualità che il quadro economico del Paese a settembre si presenti come le previsioni allarmate di questi giorni lo tratteggiano, se non peggio, il premier non dispera di riaprire il discorso, ma portarlo in Parlamento adesso, al di là dei rischi che la maggioranza si disgreghi nelle votazioni, significherebbe sancire la spaccatura del Movimento 5 stelle, e di conseguenza la crisi del governo. Tra l’altro neanche la Merkel insiste più di tanto: la decisione sul Mes spetta all’Italia, ha ribadito la Cancelliera, sollecitando semmai Conte a definire il piano di riforme che l’Italia intende realizzare e l’Europa vuole conoscere. Insomma, se Conte è riuscito a spiegarsi con la Merkel, non altrettanto è in grado di fare con gli alleati.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Fiano Fulvio
Titolo: «Ora una indagine sulle sentenze contro Berlusconi» – Caso Mediaset, audio choc di un giudice Forza Italia: un golpe anti Berlusconi
Tema: Berlusconi e la frode fiscale
La sentenza di condanna a 4 anni in Cassazione di Silvio Berlusconi nel 2013 per frode fiscale in merito alla vicenda dei diritti tv Mediaset sarebbe stata «piotata dall’alto». Lo dice, in un audio rivelato dal quotidiano Il Riformista e dalla trasmissione Quarto Grado, uno dei giudici che faceva parte di quel collegio, Amedeo Franco, durante un colloquio «casuale» con lo stesso Berlusconi registrato da un collaboratore dell’ex presidente Mediaset. Il file verrà depositato alla Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo alla quale Berlusconi si era appellato contro la sua incandidabilità in base alla legge Severino. La conversazione, in attesa di riscontri nel merito e chiarimenti però impossibili (il giudice Franco è morto un anno fa) innesca la sollevazione di Forza Italia contro la magistratura. «Berlusconi senatore a vita sarebbe un giusto riconoscimento ad un uomo vittima di un vero golpe giudiziario», scrive su twitter il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani. In aula alla Camera vengono esposti i cartelli: «Verità per Berlusconi» e «Giustizia per Berlusconi» al termine dell’intervento della capogruppo Mariastella Gelmini. La Cassazione replica in una nota che si tratto di una decisione collegiale rispetto alla quale Franco, giudice relatore, non ha mai formalizzato dissenso. Mentre il presidente del collegio, Antonio Esposito, esclude di aver mai subito pressioni. La Giunta esecutiva dell’Anm parla di «attacchi violenti e irresponsabili alla Cassazione», basati su «gravi e plurime distorsioni di dati di fatto». Matteo Salvini esprime solidarietà a Berlusconi «per il processo farsa di sui è stato vittima» e ritiene fondata la proposta di una sua nomina a senatore a vita, mentre Matteo Renzi auspica chiarezza: «Nessuno può permettersi il lusso di far finta di niente».
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Testata: Stampa
Autore: Colonnello Paolo
Titolo: Il retroscena – Ma la difesa del Cavaliere mischia le due sentenze
Tema: Berlusconi e la frode fiscale
«Il Presidente della Repubblica lo sa benissimo che è stata una porcheria», sostiene nella registrazione sempre l’ex giudice Franco. I nuovi atti compongono un corposo fascicolo che va ad aggiungersi, come terza memoria integrativa, al ricorso dei legali di Berlusconi pendente ormai da 6 anni davanti alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo contro la condanna per la vicenda dei diritti tivù che lo fece decadere da Senatore e lo obbligò a un anno di lavori ai servizi sociali. Una macchia indelebile per il curriculum del Cavaliere mai digerita. Non tutto funziona però per il verso giusto. Intanto il giudice Franco, passando a miglior vita nel corso del 2019, non potrà mai più confermare i contenuti di quella confidenza che venne registrata dal cellulare di Berlusconi alla presenza di altre persone «alcuni mesi dopo il deposito della motivazione della sentenza di condanna», ovvero almeno 7 anni fa. Perché non tirare fuori prima la registrazione e allegarla subito nella primo ricorso alla Corte Europea? «Per rispetto istituzionale», spiegano i legali nella memoria e per non turbare la pensione del giudice. Il quale per altro ci pensò da solo a turbarsela, finendo indagato per corruzione in una vicenda di favori nella sanità privata romana, dove per avvicinare dei colleghi di Cassazione chiese in cambio un certificato per far rifare il seno a un’amica. Le sue dichiarazioni lasciano in eredità un pesante fardello, che verrà discusso nella causa per diffamazione già intentata dall’allora presidente Esposito — diventato nel frattempo occasionale collaboratore de “Il Fatto”— nei confronti di Berlusconi, dopo che lo stesso già l’anno scorso aveva anticipato il contenuto della registrazione in una puntata di «Porta a porta» di Bruno Vespa. Insomma, non esattamente un inedito, visto che sia della sentenza civile che delle dichiarazioni dell’ex giudice Franco, il nuovo «asso nella manica» di Berlusconi, si parlò sui giornali e in televisione.
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Testata: Il Fatto Quotidiano
Autore: G.B.
Titolo: Intervista ad Antonio Esposito – “Non sanno di cosa parlano. E il collega controfirmò tutto”
Tema: Berlusconi e la frode fiscale
Il giudice Antonio Esposito è stato il presidente della sezione feriale della Cassazione che il1° agosto 2013 ha confermato e resa definitiva la condanna di Silvio Berlusconi a quattro anni per frode fiscale. Ha ascoltato le registrazioni in cui il suo collega Amedeo Franco dice che lui non era d’accordo e che è stato tutto un complotto contro Berlusconi? “Chiariamo subito un fatto: la decisione di confermare la sentenza d’appello è stata presa da un collegio di cinque giudici. Il collega Amedeo Franco era il giudice relatore e, come tutti noi, non solo ha discusso il caso, ha accettato la sentenza di cui è stato anche estensore insieme agli altri componenti, e ne ha anche approvato la motivazione, in tutte le sue parti, firmando ogni pagina”. Poi cosa è successo? “A distanza di sette anni si continua a provare a delegittimare una sentenza passata in giudicato, dopo che 11 magistrati hanno convenuto sulla responsabilità di Berlusconi, prendendomi di mira in quanto presidente del collegio. Io invece mi chiedo perché il relatore senta il bisogno di incontrare il suo imputato per giustificarsi dell’esito del processo. Ritengo che sia questo il vero fatto gravissimo e inquietante di tutta la vicenda. E mi devo chiedere: dove avvenne quell’incontro, o quegli incontri? Quando? In che circostanze? Da chi fu sollecitato?”.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Panebianco Angelo
Titolo: Cosa unisce (ancora) Lega e M5S – Cosa unisce (ancora) Lega e Movimento 5Stelle
Tema: somiglienze e differenze Lega-M5s
L’opposizione di 5 Stelle e Lega al Mes offre l’occasione per riflettere sulle somiglianze, ma anche sulle differenze, fra i due partiti. Entrambi vengono definiti «populisti» e, per certi versi, l’espressione è corretta. Coglie quanto hanno in comune. Ma non permette di comprendere le differenze. Una cosa che certamente hanno in comune è l’antieuropeismo (di cui il rifiuto del Mes è una conseguenza). Essere contro l’Europa ha sempre significato, per entrambi i partiti, essere contro l’Establishment, le Caste, il Grande Capitale, l’Alta finanza. Certo, i loro differenti ruoli del momento (l’uno al governo, l’altro all’opposizione) comportano divergenze di toni e di stile. In materia di Europa, i 5 Stelle ricordano oggi la posizione dell’allora segretario del Partito comunista, Enrico Berlinguer , sulla Nato ai tempi del compromesso storico. Al fine di rendere il proprio partito pronto per l’ingresso nel governo, in una memorabile intervista al Corriere del 1976, Berlinguer dichiarò di preferire la Nato al Patto di Varsavia. Ma l’accettazione formale della Nato non impedì a un partito pieno zeppo di antiamericani e di filosovietici, di mobilitarsi, pochi anni dopo, contro gli euromissili (ossia contro la risposta difensiva della Nato al dispiegamento di missili sovietici puntati contro l’Europa). L’accettazione formale coesisteva con una perdurante opposizione sostanziale. C’è la stessa doppiezza nel rapporto fra i 5 Stelle e l’Europa. Il loro voto, nel Parlamento europeo, a favore dell’attuale Presidente della Commissione, fu la singola mossa che consentì l’alleanza fra Pd e 5 Stelle da cui nacque l’attuale governo. Ma anche in questo caso, come in quello del Pci e della Nato, l’accettazione formale dell’Europa non significa accettazione sostanziale. Come l’opposizione ai fondi Mes dimostra.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Verderami Francesco
Titolo: Salvini pensa alla spallata ad un anno dal Papeete – Così il leader leghista prova a dare la spallata a un anno dal Papeete
Tema: Lega
Esattamente un anno dopo il Papeete, Salvini ci riprova col Triplete: vuol far cadere Conte, andare al voto anticipato e «rientrare a Palazzo Chigi dal portone principale». Per riuscirci non ha mutato tattica ma ha cambiato squadra: ha mandato Giorgetti in tribuna, ha messo Bagnai ideologo di sfondamento contro l’Europa e ha avviato una campagna acquisti al Senato tra i grillini. «Ingressi di valore» — così li preannuncia il leader della Lega — che serviranno per affossare il governo appena chiederà il terzo scostamento di bilancio. Lui ci crede, e pur di riuscire nell’impresa ha chiesto e ottenuto dagli alleati di non ostacolarlo nel tentativo di spallata: è questa la parte riservata dell’accordo sulle candidature alle Regionali di settembre. Ed è più o meno il patto che l’estate scorsa Salvini offrì a Berlusconi per tornare subito alle urne: la presidenza del Piemonte e la garanzia di far rieleggere lo stesso numero di parlamentari azzurri. Allora come oggi regna un diffuso scetticismo sulle sorti del progetto, ma al momento Fdi e FI assecondano Salvini: «Il nostro voto sullo scostamento di bilancio non è scontato», ha detto l’altro giorno la Gelmini. E insieme alla capogruppo forzista, ieri anche l’Svp ha mandato un avviso sinistro a Conte: «La disponibilità a sostenere il governo dipenderà dai segnali a favore dell’Alto Adige», che i sudtirolesi amministrano insieme al Carroccio. È da vedere se tanto basterà per sovvertire i numeri a Palazzo Madama, ma questo è lo schema di Salvini, che nei suoi colloqui — per rendere allettante l’offerta — prefigura le elezioni prima del referendum sul taglio dei parlamentari. Così non ci sarebbero problemi di posti disponibili.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Armaroli Paolo
Titolo: Intervento – Quirinale, la tentazione di un Mattarella bis
Tema: Quirinale
Personaggi del più diverso orientamento vedrebbero con favore un bis per Mattarella. Perché? Innanzitutto perché si è rivelato un ottimo presidente, per qualche verso assimilabile a Luigi Einaudi, di gran lunga il migliore inquilino del Colle. All’inizio della legislatura è stato contestato senza fondamento da Luigi Di Maio, che da allora non fa che lodarlo. Ha battezzato un governo con la Lega e un altro con il Pd. Con dentro sempre i 5 Stelle, partito di maggioranza relativa. Il centrodestra ha capito che il capo dello Stato non può sciogliere le Camere motu proprio in caso di divario tra Paese reale e Paese legale se in Parlamento sussiste una maggioranza disposta a sostenere un esecutivo. E poi rappresenta al meglio l’unità nazionale. Un’alternativa a Mattarella è problematica. Zingaretti sa che i 5 Stelle diranno di no a una candidatura comune. Come sarebbe un candidato del Pd al Quirinale e uno pentastellato, o vicino al partito come Conte, a Palazzo Chigi. Se si aggiunge che i gruppi parlamentari non sono mai stati tanto indisciplinati come adesso, tutto fa supporre che si andrebbe avanti per un’infinità di scrutini senza intravedere una via d’uscita. E solo dopo un logorante gioco al massacro dal comignolo di Montecitorio uscirebbe per disperazione una fumata bianca. Con ogni probabilità avremmo uno scolorito personaggio di seconda fila tale da non fare ombra a nessuno. Mentre i candidati del Pd – da Prodi a Veltroni – e degli altri partiti in gara verrebbero rosolati a fuoco lento ed espulsi dalla marcialonga uno dopo l’altro. Una iattura. Cui prodest?
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Frignani Rinaldo
Titolo: Crescono i contagi, sono 142 (ma raddoppiano anche i tamponi)
Tema: andamento Covid-19
La prima metà del 2020 si è conclusa con altri 142 contagi da coronavirus, ma anche 1.052 persone guarite o dimesse dagli ospedali. La lotta al Covid-19 continua senza sosta. Al bilancio delle vittime se ne sono aggiunte altre 23, portando il totale nazionale a 34.767, ma in undici regioni non ci sono stati morti. E se aumentano (di poco, rispetto ai 126 di lunedì) i nuovi casi (ora il dato complessivo dall’inizio dell’emergenza è 240.578), quasi raddoppiano in 24 ore i tamponi effettuati: 48.273 contro i circa 27 mila del giorno precedente. Il 43,6% degli ultimi contagi è stato individuato in Lombardia, dove ci sono stati quattro morti, mentre in sette regioni (Trentino Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata) non ci sono stati altri malati. Più in generale, il numero dei positivi attuali è calato di 933 persone, attestandosi adesso a 15.563. Continuano a calare i pazienti in terapia intensiva: ora sono 93, tre in meno rispetto a lunedì. Meno 30 i ricoverati con sintomi (1.090), con 190.248 persone guarite. Cala infine di 900 unità il numero di chi si trova in isolamento domiciliare. In 14.380 sono ancora in attesa di poter uscire.
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Economia e finanza
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Mobili Marco
Titolo: Ecobonus del 110%, ecco i massimali di spesa per le opere – Superbonus, nuovi tetti di spesa I paletti per cedere il credito
Tema: ecobonus
È in vigore da oggi il superbonus del 110% per la riqualificazione energetica e antisismica degli edifici e, per una strana coincidenza, proprio oggi la commissione Bilancio della Camera mette al voto le prime correzioni alla maxi agevolazione. Come già anticipato tra i correttivi oggi al voto ci sono: la riduzione dei massimali di spesa per il cappotto termico, differenziati in base al tipo di edificio; la possibilità di usare il superbonus energetico per due case, oltre i lavori condominiali, senza limiti tra prima e seconda casa, nonché per le unità site all’interno di edifici plurifamiliari indipendenti con uno o più accessi autonomi dall’esterno: in sintesi le villette a schiera; la possibilità che l’intervento di cambio della caldaia si applichi anche agli impianti a collettore solare e l’estensione ai lavori per la sostituzione della canna fumaria collettiva esistente; per gli immobili vincolati da regolamenti edilizi, urbanistici e ambientali si prevede che la detrazione del 110% spetti a tutti gli interventi di efficientamento a prescindere dall’obbligo di intervenire sul cappotto termico o sulla sostituzione della caldaia, nel rispetto comunque del requisito del miglioramento di almeno due classi energetiche dell’intero edificio. Ci sono poi l’estensione del superbonus agli edifici del terzo settore, la possibilità di vedersi riconoscere il 110% su opere di abbattimento e ricostruzione degli edifici e il prolungamento al 30 giugno 2022 per gli Iacp.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Santilli Giorgio
Titolo: Semplificazioni. Verso misure per l’edilizia privata con i piani di rigenerazione urbana – Edilizia per demolire e ricostruire meno vincoli e bonus al 110%
Tema: Dl Semplificazioni
Tenta il decollo l’accoppiata di rigenerazione urbana e demolizione/ricostruzione, il disegno di riqualificazione di città e periferie più volte annunciato e bloccato da anni. Se il decreto legge semplificazioni manterrà le promesse contenute nella prima bozza messa a punto a Palazzo Chigi dal segretario generale Roberto Chieppa, partirà un pacchetto di misure innovativo che andrà collegato alle notizie in arrivo dalla Camera sull’estensione del superbonus al 110% anche agli interventi di demolizione e ricostruzione. Un collegamento che non può essere casuale e che innalza il tema a livello di priorità strategica per il governo. Il pacchetto contenuto nel Dl semplificazioni consentirà l’eliminazione di gran parte dei vincoli esistenti per gli interventi di demolizione e ricostruzione su sedime, volumetrie e sagoma che dovrebbero essere liberalizzate mentre resta solo l’obbligo di osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Inoltre sono previste la riduzione automatica del contributo di costruzione del 35% per questo genere di interventi e una conferenza di servizi semplificata per l’edilizia privata complessa e per gli interventi contenuti nei piani di rigenerazione urbana C’è il tentativo di creare con il piano di rigenerazioìre urbana un contenitore che possa dare una configurazione sistematica e integrata ad azioni di risanamento di singoli stabili o di porzioni di quartiere o di città.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Pelosi Gerardo
Titolo: Asse con Merkel sul Recovery, ma sul Mes Conte prende tempo
Tema: colloquio Conte-Merkel
Sarà un lavoro di squadra con una fitta agenda quello che l’Italia si è impegnata a portare a termine da qui al Consiglio europeo del 17 luglio per spianare la strada a un accordo sul nuovo bilancio europeo e sul New Generation Eu, ossia il Recovery Fund. Lo ha confermato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte nel colloquio telefonico avuto ieri con la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Alla vigilia dell’avvio, oggi, del semestre di presidenza tedesca dell’Unione, Conte ha augurato alla Merkel pieno successo nel suo lavoro che sarà di «mediazione e guida». Il negoziato – è inutile negarlo – non sarà semplice e il tempo stringe ma l’Italia, ha assicurato Conte, farà tutto il possibile per facilitare un’intesa con i quattro Paesi “frugali” e con quelli dell’Est. Nei fatti Berlino, Parigi e Roma guideranno un esercizio coordinato fatto anche di contatti personali per arrivare a metà mese a un impianto di accordo che poi verrebbe formalizzato nel primo vertice europeo in presenza del post Covid a Bruxelles. A Conte spetterà il compito di tenere le fila soprattutto del fronte Sud dei Paesi europei. Il premier italiano si coordinerà nuovamente con la Merkel nei prossimi giorni dopo avere effettuato un giro di consultazioni che prevede contatti con il presidente francese Emmanuel Macron e forse anche un nuovo colloquio con il premier olandese, Mark Rutte.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Palmerini Lina
Titolo: Politica 2.0 – Se Conte va a mani vuote al summit UE
Tema: l’Italia e l’Ue
La telefonata di ieri con la Merkel arriva a pochi giorni dal botta e risposta sul Mes e per Conte è stata l’occasione di preparare un terreno più favorevole per il Consiglio europeo straordinario del 17-18 luglio in cui si cercherà la stretta in vista dell’accordo sulle risorse europee. Il punto però è con quali carte si presenta l’Italia a quel vertice. Al momento il premier è a mani vuote. Nel senso che il Governo dopo aver messo su la task force di Colao e aver impegnato 9 giorni sugli Stati generali – dove sono stati invitati anche i vertici Ue – si ritrova al punto di prima, quello in cui Pd e 5 Stelle duellavano sull’utilizzo o meno del prestito di 37 miliardi come accadeva più o meno nella Fase i e 2. Non c’è infatti ancora un assaggio di quello che potrà essere il piano di “rinascita” – come lo chiamò il premier – e pure il Pnr, cioè il piano nazionale delle riforme che ogni anno va presentato a Bruxelles, si è perso nelle nebbie. In sostanza, questa che doveva essere la fase 3 per stringere su alcune proposte, si sta trasformando nell’ora della polemica o delle idee che evaporano in pochi giorni. Solo la scorsa settimana il fronte di scontro era il taglio dell’Iva su cui Conte sembrava irremovibile e oggi nel question time chiarirà il suo punto di vista, forse, stando più attento a non creare nuove tensioni. Poi, lo stesso copione si è riproposto con le divisioni sul Mes, utili più per marcare le rispettive identità politiche che per l’intenzione di affrontare davvero e subito il tema delle spese sanitarie dirette o indirette ed eventualmente farlo usando i finanziamenti europei a tassi vicini allo zero. Il punto è che sia il taglio delle aliquote che i duelli sul prestito Ue non hanno ben disposto gli altri Paesi dell’Ue e innanzitutto quelli – i cosiddetti “frugali” – con cui sarà più difficile portare avanti la trattativa sulle risorse a fondo perduto.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Monti Mario
Titolo: Italia e Ue: ecco la via possibile – Italia e Unione europea: la via possibile per il Mes
Tema: l’Italia e l’Ue
Al Consiglio europeo del 16-17 luglio, quando saranno prese le decisioni fondamentali per i prossimi sette anni (bilancio della UE) e in particolare per i prossimi due-tre anni (Recovery fund), sarebbe deleterio per l’interesse nazionale, per i cittadini italiani, per l’economia italiana, se il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (qualunque opinione si abbia di lui o del suo governo) dovesse presentarsi dimissionario; oppure, pur nella pienezza formale dei suoi poteri, con autorità dimezzata per il fatto di rappresentare un Paese che, per quanto riguarda la sua posizione in Europa, appare incapace di intendere e di volere. La prima ipotesi potrebbe verificarsi se, in un eventuale voto parlamentare sul Mes, una parte del Movimento 5 Stelle fosse contraria all’attivazione del Mes, come larga parte delle opposizioni (Lega e Fratelli d’Italia) e dovesse così determinarsi, malgrado l’eventuale voto favorevole di Forza Italia, una prevalenza del No al Mes. Ciò causerebbe una spaccatura all’interno del governo e verosimilmente una crisi. Ma anche nel caso in cui vincesse il Sì al Mes, con un margine esiguo e dopo un dibattito al calor bianco, tutti gli altri Paesi europei resterebbero sbigottiti. Si comprende che il Presidente Conte cerchi di evitare un voto su una risoluzione, quando si recherà in Parlamento in vista del Consiglio europeo. Ma è la legge che glielo impone. Una legge introdotta nel 2012 proprio per rafforzare il ruolo del Parlamento nell’indirizzare la politica europea del governo e nel contempo rafforzare il capo del governo in sede di negoziato europeo, perché egli possa far valere che il suo Parlamento gli ha legato le mani. Ebbene, io credo che il Presidente del Consiglio, rispettando la legge e senza schivare un dibattito parlamentare difficile, possa però trasformare questa potenziale forca caudina in una chiamata di tutte le forze politiche ad una prova di responsabilità, in un momento in cui l’Italia deve decidere se perdere non solo importanti risorse finanziarie, ma anche la faccia.
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Testata: Repubblica
Autore: Cuzzocrea Annalisa
Titolo: Intervista a Enrico Letta – Letta: sì al Mes e al piano green o vincono gli egoisti – Enrico Letta “Mes e piano green è l’ora della svolta o vincerà l’egoismo”
Tema: l’Italia e l’Ue
L’Europa del semestre tedesco? O si conferma quella sociale e solidale di maggio, o scompare. L’Italia da progettare con i fondi europei? Deve sfruttare l’onda verde e inventare un Recovery plan tutto green. II Mes? Va preso, subito. Enrico Letta, preside della scuola Affari internazionali dell’università SciencesPo a Parigi, ex premier, fa molte proposte. E un invito: «I 5 stelle non sono una costola della sinistra, bisogna rispettare la loro diversità». II primo luglio in Europa comincia il semestre guidato dalla Germania. Cosa deve fare l’Italia per mettersi in sintonia con la nuova fase che ha davanti? «Questo semestre è cruciale perché può mettere in sicurezza la nuova Europa nata con il Recovery plan: l’Europa sociale e della solidarietà. Se non ci riuscisse, ll grandissimo rischio è l’effetto frustrazione, un’onda di delusione che farebbe vincere il sentimento di marzo, quando la maggioranza degli italiani aveva voltato le spalle a un’Unione europea che sembrava voltarle a noi. I prossimi mesi porteranno alla scelta definitiva: o vinceranno gli egoismi, o prevarrà la solidarietà. Non c’è una terza via». Da cosa dipende? «Merkel e Berlino sono decisive in questa vicenda. La Germania aveva giocato secondo me un ruolo negativo dieci anni fa, quando davanti alla crisi di allora ebbe un approccio solo finanziario, bloccando qualunque approccio di tipo sociale. Adesso è protagonista di un cambiamento con la presidenza Merkel e con quella della commissione europea di Ursula von der Leyen».
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Netti Enrico
Titolo: Turismo, senza gli Usa 5 miliardi in meno – Turismo, senza Usa e Russia l’Italia perde i clienti del lusso
Tema: crisi del turismo
La Ue allenta le restrizioni e riapre le frontiere turistiche ai voli extra Schengen ma non a quelli provenienti da Usa e Russia mentre nel caso della Cina gli arrivi sono soggetti alla conferma della reciprocità. Una spallata all’industria turistica italiana che in un solo colpo rischia di perdere i suoi migliori ospiti. I soli clienti americani nel 2019 sono stati 4,4 milioni ed hanno speso, secondo Bankltalia, oltre 5,5 miliardi di euro registrando quasi 40 milioni di pernottamenti. Per quanto riguarda i russi, che contendono ad americani e cinesi la palma dei big spender, il loro budget pro capite al giorno in media in Italia è di 173 euro contro i 117 euro di media degli altri stranieri in vacanza in Italia. «La spesa turistica totale nel 2019 è stata di circa 84 miliardi di cui 44,3 miliardi grazie agli ospiti stranieri – ricorda Giorgio Palmucci, presidente Enit -. Italia come destinazione è ai primi posti per i viaggiatori big spender “a lungo raggio” che quest’anno è la quota di mercato più in affanno e temiamo di perdere 67 miliardi di spesa complessiva».
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Di Vico Dario
Titolo: Vademecum per la ripresa – La scuola, la sanità e i consumi Cosa serve per la ripresa
Tema: rapporto Censis
Lo sviluppo non dipende dai documenti di pianificazione, anche se ben fatti, ma dall’insieme dei soggetti operanti nella società. Si apre con quest’affermazione «Stress test Italia», una sorta di Rapporto sulla pandemia elaborato dal Censis con il metodo di sempre: prima la fenomenologia e poi le analisi. «Sui nostri tavoli di lavoro si è accumulata una valanga di documenti di previsione o di programma e la parola Piano è tornata di moda ma tutti questi documenti finiscono nell’imbuto di una responsabilità attuativa dello Stato o di qualsiasi altra struttura di intervento pubblico». Lo sviluppo, invece, lo fanno i soggetti reali, quotidiani, della società. Se non ripartono loro — le grandi imprese, le piccole, le aziende di rete, gli enti locali, le autorità regionali, le scuole, il sistema sanitario, il terzo settore, ecc.— non saranno i documenti di Piano a creare nuove dinamiche. Ma perché ciò avvenga è necessario un esame di coscienza, la capacità di guardarsi allo specchio e individuare punti di forza e di debolezza.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Davi Luca
Titolo: Intesa-Ubi, i soci bresciani non svolgono la riserva – Intesa-Ubi, Brescia non scioglie la riserva
Tema: Intesa-Ubi
A pochi giorni di distanza dall’avvio dell’Offerta pubblica di scambio di Intesa i grandi azionisti di Ubi ragionano sul da farsi. Pro e contro dell’operazione ieri sono stati al centro dell’incontro, del tutto interlocutorio, che ha chiamato a raccolta il fronte bresciano dell’ex popolare, riunito sotto il Sindacato azionisti di Ubi. Nessuna decisione formale è stata presa dall’assemblea, anche perchè il Cda di Ubi, che si riunirà venerdì, ancora non si è espresso nel merito. E se è vero che è dato per scontato che il vertice dell’ex popolare bollerà come “ostile” l’Ops di Intesa, e quindi non conveniente, è anche vero che i soci bresciani vogliono avere in mano tutte le informazioni possibili per valutare compiutamente l’offerta di Ca’ de Sass ed esprimersi di conseguenza. Ieri dunque l’incontro è stato occasione per un’informativa da parte dei vertici del patto in un clima che fonti vicine al sindacato definiscono «lineare e coeso». Almeno ufficialmente, dunque, il patto si mostra compatto, sebbene al suo interno non manchino posizioni e letture differenti rispetto alla proposta di Intesa. Non è un caso che i soci della città della Leonessa, diversamente dal fronte bergamasco del patto dei Mille e dal patto Car – che da subito si sono opposti all’Ops – ancora non si siano espressi sull’operazione. O che l’imprenditore Giuseppe Lucchini, uno degli storici aderenti al sindacato, a inizio maggio si sia sfilato dalla compagine in dissenso con i vertici. Con l’8% circa del capitale, i bresciani rappresentano un possibile ago della bilancia della partita.
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Testata: Mf
Autore: Panerai Paolo
Titolo: Orsi & Tori
Tema: Intesa-Ubi
I piccoli azionisti sarebbero i danneggiati principali qualora il Consiglio di anuninistrazione di Uhb in questi giorni dovesse pronunciarsi contro l’operazione, come è possibile nonostante l’agenzia di rating Fitch già da tempo abbia fatto presente che è solo grazie all’offerta di Intesa che il titolo non è stato declassato a junk. Infatti, gli azionisti di maggioranza e soprattutto quelli rappresentati da Parvus possono consapevolmente decidere se e quanto eventualmente rimetterci e indirizzare in tal senso l’orientamento della banca sotto ops. Al contrario, i piccoli azionisti avrebbero soltanto la strada del contenzioso legale per far valere i propri diritti. Come? Sono tre le strade che stanno vagliando in questi giorni gli avvocati scesi in campo per conto proprio o per iniziativa di comitati di risparmiatori, per ora informali ma pronti a organizzarsi per evitare che Ubi fornisca informazioni errate o fuorvianti al mercato nel comunicato di valutazione dell’ops atteso per i prossimi giorni: 1) un’azione di responsabilità verso gli amministratori di Ubi a norma dell’articolo 2395 del codice civile e verso Ubi stessa (articolo 2049); 2) una class action nei confronti di Ubi, per la perdita di valore del titolo causata dal mancato successo dell’ops e, infine, 3) un esposto alla Consob per aprire un procedimento sanzionatorio verso il Consiglio di amministrazione, in caso di violazione degli obblighi relativi appunto al comunicato che il cda deve emettere sull’offerta. Ma non è escluso che possano decidere per le tre azioni insieme.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Tucci Claudio
Titolo: Cig d’emergenza e stop licenziamenti Proroga selettiva fino a Natale – Cig di emergenza e stop ai licenziamenti: selettivi fino a Natale
Tema: proroga Cig
La cassa integrazione d’emergenza, che per le prime imprese che l’hanno attivata a inizio pandemia scade a metà luglio, sarà prorogata, probabilmente, fino a Natale. Ma non per tutti. Il meccanismo allo studio del governo sarà “selettivo”, nel senso che interesserà le aziende che ne hanno veramente bisogno, anche facendo riferimento al calo del fatturato subito (si starebbe accantonando l’ipotesi di circoscrivere il sussidio aggiuntivo a determinati settori per evitare di escludere a priori aziende coinvolte dalla crisi, ad esempio l’indotto). In questo modo, le imprese in reale difficoltà – la platea esatta è ancora da individuare in base alle risorse finali disponibili – potranno contare fino a ulteriori 18 settimane di ammortizzatore Covid-19, per arrivare a fine anno. Le aziende, invece, che stanno piano piano ripartendo, se avranno bisogno di nuovi periodi di cassa, potranno utilizzare gli strumenti ordinari (Cigo e Cigs), che però sono più costosi. Per le imprese, invece, che rinunciano alla Cig Covid-19, e fanno quindi rientrare a pieno ritmo i lavoratori, si ipotizza, anche, un incentivo, sotto forma di decontribuzione di 2-3 mensilità, a condizione però che non licenzino per i successivi 6-9 mesi. Sono alcune delle misure allo studio, al centro ieri del primo faccia a faccia tra il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, e la collega, titolare del Lavoro, Nunzia Catalfo, accompagnati dai rispettivi tecnici, per delineare il pacchetto di interventi a sostegno dell’occupazione da inserire nel dl luglio.
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Testata: Repubblica
Autore: Livini Ettore
Titolo: Alitalia, missione rilancio Accordo sul personale e poi il piano industriale
Tema: Alitalia
sono i manager, Francesco Caio alla presidenza e Fabio Lazzerini ad. Ci sono i soldi: tre miliardi, ennesimo gentile omaggio dei contribuenti italiani. Al decollo della nuova Alitalia (la terza nuova Alitalia in dodici anni) manca solo un particolare: il piano industriale. Necessario per evitare che il salvataggio della compagnia sia un flop come i precedenti, costati allo stato 12 miliardi di euro. Una cifra con cui oggi si potrebbero comprare in Borsa Lufthansa, Air France, Iberia e British Airways messe assieme. Il tandem Caio-Lazzerini inizia l’avventura alla cloche del vettore con un compito che farebbe tremare i polsi a chiunque, ma con un piccolo surreale vantaggio: il Covid ha riportato all’anno zero tutto il settore. Facendo crollare il traffico (i voli commerciali sono il 60% in meno di un anno fa) ma costringendo tutte le grandi compagnie a ricorrere all’aiuto dello Stato e a pesanti ristrutturazioni per far quadrare i conti. Ecco perché un no della Ue all’intervento pubblico del governo Conte pare improbabile. Il problema del nuovo vertice è però altrettanto chiaro: Alitalia oggi è la stessa compagnia che a inizio anno bruciava quasi un milione al giorno. E sarà necessario un «progetto in forte discontinuità con il passato» – copyright della ministra dei Trasporti Paola De Micheli – per evitare che i soldi stanziati per tenerla in volo facciano la fine delle precedenti, andando in fumo. Le linee guida delle strategie allo studio degli advisor sono semplici: l’aerolinea nazionalizzata avrà una flotta simile a quella attuale di un centinaio di aerei – un settimo di Lufthansa e un quinto di Air France – si sgraverà dei debiti lasciati in eredità alla bad company, terrà l’hub a Fiumicino e punterà sul lungo raggio dove ci sono i clienti più ricchi e si vendono biglietti più cari. Facile a dirsi, difficile a farsi. E qui si gioca la sfida di Caio e Lazzerini.
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Societa’, istituzioni, esteri
Testata: Sole 24 Ore
Autore: Romano Beda
Titolo: Riaperte le frontiere d’Europa a 15 Paesi: condizioni per la Cina
Tema: l’Ue e il Covid-19
Dopo un lungo negoziato diplomatico, i Ventisette hanno deciso di riaprire le frontiere esterne dell’Unione europea a 15 paesi, sulla scia di uno scemarsi dell’epidemia influenzale. La raccomandazione, approvata ieri alla maggioranza qualificata e in vigore da oggi, lascia margini di manovra ai singoli governi. Il timore di alcuni è che in mancanza di uno stretto coordinamento i Ventisette possano rimettere in discussione la riapertura recente delle frontiere interne nell’Area Schengen. I paesi sono l’Algeria, l’Australia, il Canada, la Georgia, il Giappone, il Montenegro, il Marocco, la Nuova Zelanda, il Rwanda, la Serbia, la Corea del Sud, la Thailandia, la Tunisia e l’Uruguay. Nella loro raccomandazione, i Ventisette hanno inserito anche la Cina, purché vi sia reciprocità. La nota a piedi pagina sorprende, poiché il principio della reciprocità vale per tutti. In realtà, per la Cina la clausola è stato specificata per tentare, nel caso, di ammorbidire l’eventuale critica americana. Infatti, gli Stati Uniti, insieme al Brasile e alla Russia, sono stati esclusi dalla riapertura delle frontiere ai viaggi non essenziali. Questi paesi non rispettano il criterio epidemiologico deciso dai Ventisette. I confini sono riaperti solo con i paesi terzi che hanno contato negli ultimi 14 giorni livelli simili o inferiori a quelli dell’Unione europea. La lista verrà rivista ogni due settimane, a seconda della situazione sanitaria in giro per il mondo. Secondo diplomatici europei a Bruxelles, i grandi paesi hanno tutti approvato la raccomandazione, inclusi la Germania, la Francia, la Spagna e l’Italia. Si sarebbero astenuti – l’astensione equivale al voto contrario – l’Austria, la Bulgaria, il Portogallo, Cipro e la Polonia, tra gli altri. Alcuni paesi hanno allegato al loro voto una dichiarazione in cui precisano di volere applicare la lista con flessibilità. L’Italia stessa ha confermato ieri sera che manterrà in vigore l’isolamento fiduciario e la sorveglianza sanitaria per tutti i cittadini provenienti dai Paesi extra Schengen. La misura si applicherà anche ai viaggiatori provenienti dai 15 Paesi individuati dall’Unione.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Basso Francesca – Guerzoni Monica
Titolo: L’Ue riapre, Roma impone la quarantena
Tema: l’Ue e il Covid-19
Al termine di un negoziato complesso le capitali europee hanno dato il via libera alla lista di 15 Paesi extra Ue nei confronti dei quali aprire da oggi i confini esterni, dopo il blocco ai viaggi non essenziali verso l’Unione introdotto a metà marzo nel tentativo di contenere la diffusione del coronavirus. Il nostro Paese ha votato a favore della lista, ma la posizione del governo resta improntata alla linea della «massima precauzione»: rimane in vigore l’isolamento fiduciario e la sorveglianza sanitaria per tutti i cittadini provenienti dai Paesi extra-Schengen, anche da quelli compresi nella lista. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato l’ordinanza che stabilisce la riapertura delle nostre frontiere, mantenendo però la quarantena. L’ordinanza aggiunge anche la comprovata ragione di studio ai motivi che consentono l’ingresso: esigenze lavorative, di salute e urgenza. Per Speranza il rischio di una nuova ondata di contagi in arrivo dall’estero è ancora troppo alto: «Dobbiamo evitare — ha detto — di vanificare i sacrifici fatti». Potranno entrare nell’area Schengen i visitatori che provengono e hanno la residenza in Marocco, Algeria, Tunisia, Serbia, Montenegro, Georgia, Canada, Uruguay, Thailandia, Corea del Sud, Giappone, Australia, Nuova Zelanda e Rwanda. Porte aperte anche alla Cina ma è «soggetta a conferma di reciprocità», cioè dovrà eliminare a sua volta la quarantena obbligatoria nei confronti dei cittadini europei. Il criterio discriminante è la residenza e non la nazionalità. Per il momento sono esclusi gli Stati Uniti, la Russia, il Brasile e l’India per l’alto numero di contagi. Fuori dalla lista anche Israele.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Marroni Carlo
Titolo: Il Papa commissaria la Fabbrica di San Pietro
Tema: Vaticano
Scoppia un nuovo bubbone economico dentro il Vaticano. Il Papa commissaria la Fabbrica di San Pietro a seguito di un’indagine penale avviata dalla magistratura pontificia sull’ente cui è affidata la gestione della basilica più grande al mondo e delle aree circostanti, uno dei maggiori centri di spesa dello stato. Dalle verifiche sarebbero emerse presunte irregolarità negli appalti, e in particolare su quelli relativi al restauro in corso della Cupola della Basilica. Il Papa ha nominato commissario straordinario il nunzio apostolico Mario Giordana, 78 anni, diplomatico in pensione che già aveva indagato sulle pratiche amministrative del Coro della Cappella Sistina, «affidandogli l’incarico di aggiornare gli Statuti, fare chiarezza sull’amministrazione e riorganizzare gli uffici amministrativo e tecnico della Fabbrica. In questo delicato compito il Commissario sarà coadiuvato da una commissione». La Fabbrica è presieduta dal cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica (nominato da Giovanni Paolo II e tuttora in carica a 76 anni) e nell’organigramma figura il vescovo Vittorio Lanzani come delegato, quindi la massima carica “operativa”, e poi un gruppo di laici nelle strutture tecniche e amministrative. La derisione è stata assunta a seguito della recente promulgazione del Motu Proprio “Sulla trasparenza, il controllo e la concorrenzanelle procedure di aggiudicazionedei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”, il nuovo codice degli appalti la cui attuazione è affidata all’Apsae alla Segreteria dell’Economia. Sul latogiudiziario è stato spiegato, per ora, che la scelta «segue anche una segnalazione proveniente dagli uffici del Revisore Generale, che ha portato, questa mattina, all’acquisizione di documenti e apparati elettronici presso gliuffici tecnico e amministrativo della Fabbrica di San Pietro.
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Testata: Stampa
Autore: Agasso jr Domenico
Titolo: Il Papa commissaria la Fabbrica di San Pietro “Appalti senza gara, favori e buchi nei conti”
Tema: Vaticano
La clamorosa decisione di Bergoglio arriva poche settimane dopo la promulgazione del Motu proprio che impone gare pubbliche nelle procedure di aggiudicazione dei contratti. La Reverenda Fabrica Sancti Petri – questo il suo nome originale – sovrintende, in accordo con il Capitolo della Basilica, alle opere edili e artistiche riguardanti la chiesa più grande e famosa del mondo, «cuore» della cristianità. E si occupa della disciplina interna dei custodi e dei circa 11 milioni di pellegrini annui. La sua storia nasce con Giulio II nel 1506. Era presieduta, dal 2005 fino all’altro ieri, dal cardinale Angelo Comastri, 76 anni, mentre il delegato era il vescovo monsignor Vittorio Lanzani. I sospetti sulla conduzione anomala degli appalti sono stati sollevati mentre da qualche mese sono in corso imponenti lavori, evidenziati dai ponteggi sulla Cupola, riguardanti il restauro del tamburo, parte di una progetto conservativo reso necessario dal degradato stato di conservazione della superficie lapidea. Un intervento che prevede cantieri per almeno quattro anni. L’allarme lo aveva lanciato il Revisore Generale ad interim, Alessandro Cassinis Righini. Si è mossa così la magistratura, che nella mattinata di ieri, dopo avere informato la Segreteria di Stato, ha proceduto all’acquisizione di atti, documenti e materiale informatico. Operazione autorizzata dal Promotore di Giustizia del Tribunale, Gian Piero Milano, e dell’Aggiunto, Alessandro Diddi. Le irregolarità sarebbero emerse dalle fatture delle ditte appaltatrici: in alcuni casi sarebbero state duplicate, mentre altre proverebbero prestazioni non previste dal contratto. «Da tempo c’era la forte sensazione che la gestione della Fabbrica fosse poco trasparente», afferma un alto prelato nei Sacri Palazzi.
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Testata: Sole 24 Ore
Autore: Fatiguso Rita
Titolo: Pechino impone a Hong Kong la legge sulla sicurezza
Tema: Hong Kong
Oggi Hong Kong celebra i 23 anni dal passaggio del testimone dalla Gran Bretagna alla Repubblica popolare cinese con una più rigida legge sulla sicurezza promulgata ieri dal Parlamento di Pechino. Validità? Immediata, per la precisione dalle 11 del mattino di ieri, 3o giugno, con tanto di imprimatur del presidente Xi Jinping. È un modo triste di festeggiare, lontano anni luce dalle fanfare e dai tappeti di velluto e dai fuochi di artificio della storica visita del core leader e consorte Peng Liyuan appena tre anni fa, per i venti anni del ritorno di Hong Kong alla Cina. Il testo ufficiale della legge non è stato ancora reso noto, la versione in cinese in 66 articoli che circola in queste ore manca del crisma dell’ufficialità. Di certo l’aspetto più controverso è la nascita di un National Security Committee le cui decisioni saranno sottratte alla revisione delle Corti giudiziarie di Hong Kong.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: Santevecchi Guido
Titolo: Hong Kong, addio libertà In carcere chi protesta
Tema: Hong Kong
La Repubblica popolare aveva fretta di varare la legislazione cinese che punisce sedizione, secessione, terrorismo, collusione con lo straniero in tempo per la celebrazione di questo 1 luglio, 23° anniversario della restituzione dell’ex colonia britannica alla Madrepatria. «È il secondo e vero ritorno di Hong Kong alla Cina», esulta la stampa di Pechino. La nuova legge deve scoraggiare ogni protesta, pacifica o violenta che sia. Xi Jinping l’ha promulgata subito, il governo di Hong Kong l’ha pubblicata in gazzetta alle 23, è in vigore da mezzanotte. Sono rimasti ancora incerti i metodi di applicazione, ma definite le pene: tra dieci anni di carcere e l’ergastolo per i trasgressori. Le autorità cinesi sostengono che «solo una piccola minoranza» incorrerà nel rigore della Legge nazionale e «pochi casi di crimini commessi a Hong Kong saranno giudicati fuori dal territorio da magistrati cinesi», il grosso del lavoro sarà lasciato ai tribunali della città. I giudici però saranno scelti dal governo locale, scavalcando l’indipendenza del sistema giudiziario. I legislatori cinesi sono maestri nel lasciare i contenuti delle norme abbozzati all’interno delle cornici. Pechino insedierà nella City una sua Agenzia di sicurezza e intelligence che «collaborerà con le autorità del territorio autonomo». Ma di quale collaborazione si tratta, se la governatrice Carrie Lam, ringraziando Pechino, ancora ieri rifiutava di commentare la portata della svolta «perché non ho letto i termini»? È chiaro che Xi Jinping era stanco e frustrato di fronte alle scene di lotta continua e anche di violenze gravi arrivate da Hong Kong per tutto il 2019, prima dell’anestesia causata dal coronavirus. Ha deciso di chiudere la partita dando scacco matto. A Hong Kong il 6 settembre si vota per il rinnovo del Legislative Council: ora i candidati di opposizione come il giovane Joshua Wong potranno essere squalificati preventivamente e processati per «sovversione» o «collusione con forze straniere».
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Testata: Stampa
Autore: Mastrolilli Paolo
Titolo: Legge e ordine a ogni costo Trump ordina la ripresa delle esecuzioni capitali
Tema: pena di morte negli Usa
Il primo a morire, il 13 luglio, sarà il suprematista bianco Daniel Lewis Lee. Condannato perfetto per Trump, perché gli consente di dimostrare come lui sia il presidente della legge e dell’ordine, che non guarda in faccia a nessuno. Due giorni dopo il boia del penitenziario di Terre Haute infilerà l’ago per l’iniezione letale di pentobarbital nella vena dello stupratore bianco Wesley Purkey; il 17 ucciderà il trafficante di metamfetamine Dustin Hon ken; e il 28 agosto Keith Nelson, killer di una bambina, bianco pure lui. È il calendario delle prime esecuzioni federali che si terranno negli Stati Uniti da 17 anni, dopo che lunedì la Corte Suprema conservatrice ha rifiutato di ascoltare i ricorsi presentati per bloccarle per irregolarità varie. Un segnale politico, che magari va contro la tendenza nazionale del calo di popolarità della pena di morte, ma era voluto dal capo della Casa Bianca, anche prima che le proteste violente seguite all’uccisione di George Floyd lo spingessero a scegliere la difesa dell’ordine dagli estremisti di sinistra come uno dei pilastri della campagna per la rielezione a novembre. La pena di morte negli Usa era stata sospesa nel 1972 dalla sentenza della Corte Suprema Furman vs. Georgia, che l’aveva giudicata punizione «crudele e inusuale», ma nel 1976 la sentenza Greeg vs. Georgia l’aveva nuovamente legalizzata. Gli Stati avevano ripreso subito ad applicarla, mentre il governo federale, che dovrebbe usarla solo per i crimini più efferati di carattere nazionale, aveva aspettato fino al 1988. Dal 1976 ad oggi, secondo il Death Penalty Information Center, negli Usa sono stati giustiziati 1.518 condannati. Il picco c’è stato nel 1999, con 98 esecuzioni, ma da allora è cominciata la discesa, con il punto più basso toccato 2016, ultimo anno di Obama, con 20 condannati uccisi.
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Testata: Corriere della Sera
Autore: P.Val.
Titolo: Berlino taglia le teste di cuoio: piene di neonazi
Tema: neonazismo
Le KSK, le forze speciali dell’esercito tedesco, verranno radicalmente ristrutturate, una delle loro compagnie dissolta e le altre tre sottoposte a stretta osservazione, dopo la conferma di una forte presenza nelle loro file di elementi dell’estrema destra radicale e ultranazionalista, sia tra i soldati che tra gli ufficiali. Lo ha annunciato il ministro della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, secondo cui «l’unità d’élite si è parzialmente resa autonoma» dal resto della Bundeswehr a causa della «cultura tossica di certe persone alla loro guida». Nell’immediato le teste di cuoio tedesche rimarranno in quarantena, col divieto assoluto di partecipare a esercitazioni e tantomeno alle missioni internazionali. Create nel 1996 sul modello delle SAS britanniche, forti di circa 1700 uomini, le Kommando Spezialkräfte sono da anni al centro di polemiche. Già nel 2003 il loro primo comandante, Reinhard Günzel, fu costretto a dimettersi, dopo un discorso nel quale aveva definito gli ebrei «popolo assassino». Nel 2017 ad una festa, erano state lanciate in aria teste di maiale e tutti i partecipanti si erano congedati col saluto nazista.
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IL SOLE 24 ORE
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LA STAMPA
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IL MESSAGGERO
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IL GIORNALE
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LIBERO QUOTIDIANO
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IL FATTO QUOTIDIANO
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