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SINTESI IN PRIMO PIANO – 1 giugno 2021

In evidenza sui principali quotidiani:

– Verso il 2 giugno. Mattarella: “Parità di genere, ancora molta strada da fare”;
– Riaperture, vaccini anti Covid e Green pass;
– Visco: Recovery sfida decisiva, crescita Pil oltre il 4%;
– Sentenza Ilva: è disastro ambientale, condanne e confische;
– Libia: il Premier Draghi incontra il Premier libico a Roma;
– Cina: il sì di Pechino al terzo figlio.

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Sole 24 Ore
Autore:  Palmerini Lina
Titolo: Mattarella: per la parità di genere strada ancora da fare
Tema: Verso il 2 giugno
Domani alle celebrazioni per i 75 anni della Repubblica, Sergio Mattarella farà un bilancio di questi anni trascorsi e delle prospettive che abbiamo davanti, di come possiamo implementare i passi avanti fatti – che non sono sufficienti – e riconoscere i traguardi raggiunti. Un’analisi di quella che è diventata la realtà italiana e di come potrà ancora trasformarsi alla luce dell’occasione che abbiamo davanti con il Next generation Eu, investimenti per la prima volta espressamente destinati ai giovani. Ma intanto ieri sono stati diffusi stralci della sua conversazione con i ragazzi – che verranno trasmessi su Rai Gulp il 2 giugno – su temi come il futuro, la parità tra uomo e donna, il protagonismo dei giovani. Temi di vasto respiro ma che sembrano tagliati per il contesto attuale che prelude a grandi cambiamenti con il Piano Ue e il lavoro del Governo Draghi. «Ci vuole coraggio, parlare soltanto delle cose che non vanno, è un po’ un’abitudine. Bisogna parlarne, per cambiare, certamente anche per criticare quel che non va. Ma, soprattutto, dobbiamo partecipare, essere protagonisti del cambiamento». Un cambiamento che non è affidato solo a Governo, Parlamento, attori politici o economici ma che riguarda tutti, dice Mattarella che ricorda «se i nostri nonni non avessero piantato alberi, pur sapendo che non li avrebbero visti crescere, oggi, le nostre città, sarebbero soltanto asfalto. Se tanti giovani non si fossero sacrificati durante la guerra di Liberazione, per la nostra libertà, oggi non saremmo liberi». Parole che dette ore sembrano un invito rivolto ai leader politici a pensare da statisti preoccupandosi, appunto, non delle prossime elezioni ma del futuro in un momento in cui c’è l’occasione del Piano Ue.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  M. Br.
Titolo: Mattarella e la parità di genere: c’è ancora molta strada da fare
Tema: Verso il 2 giugno
La parità di diritti, tra donne e uomini, nelle leggi italiane è piena, ed è stata raggiunta da molti anni in base alla Costituzione. Non è invece ancora così per la sua concreta realizzazione». Ecco come Sergio Mattarella risponde alla domanda di una ragazzina di 11 anni, Elena, che gli chiede se, e quando, la sua generazione raggiungerà una totale parità nella vita e nel lavoro. Il presidente si tiene dunque dapprima sul piano delle norme, elencando «i tanti passi in avanti» compiuti finora, basta pensare – elenca – «all’ingresso delle donne nella magistratura, nelle forze armate, nei corpi di polizia». Ma poi riconosce che «per un’effettiva parità dobbiamo rimuovere ostacoli e sono necessari altri interventi… come strumenti adeguati per conciliare lavoro e vita familiare». Insomma, sì: «Cè ancora strada, molta strada, da fare». È una messa a punto d’impronta didascalica – alla vigilia del 2 Giugno, data che introdusse il voto femminile – che il capo dello Stato consegna alla trasmissione «La Banda dei Fuoriclasse» di Rai Gulp, in programma domani. Un dialogo con tre ragazzi sui 75 anni della Repubblica che spazia anche su altri temi, in bilico tra presente e futuro. Avverte Mattarella: «Ogni stagione ha i suoi problemi e le sue difficoltà, anche gravi, ma presenta pure dei risultati importanti… vanno bene le critiche, serve però anche coraggio per cambiare, ed è sbagliato ignorare, o sottovalutare i progressi compiuti dagli anni Quaranta ad oggi… Nel 1961 un giovane presidente degli Stati Uniti, John Kennedy, pronunciò parole di grande significato: “Non chiederti cosa può fare il tuo Paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. Quindi è assolutamente giusto che ciascuno chieda che le istituzioni si preoccupino della sua condizione, ma è anche bene ricordare che le istituzioni, in fondo, siamo noi stessi».
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza
Titolo: Riaperture istruzioni per l’uso
Tema: Riaperture
Pranzi e cene nei ristoranti anche al chiuso. È questa la riapertura più attesa che entra in vigore oggi. Con la curva epidemiologica in netta discesa e la campagna vaccinale che procede spedita, l’Italia fa un nuovo e decisivo passo per la libertà. Rimane l’obbligo di mantenere il distanziamento, di indossare la mascherina all’aperto e al chiuso e rimangono vietati gli assembramenti. Ma continua la corsa verso la normalità. Per andare all’estero serve la certificazione verde. Si tratta del certificato che viene rilasciato quando si è vaccinati, oppure guariti dal Cavid-19, oppure ci si è sottoposti a un tampone con esito negativo. Il certificato deve essere rilasciato dalla struttura dove si viene vaccinati. Ha validità «dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione fino alla data prevista per il completamento del ciclo vaccinale». Vale per 9 mesi. Se si è guariti bisogna avere il certificato dell’ospedale o del medico di base o del pediatra. Se si fa il tampone si può fare l’antigenico, il molecolare o il salivare nelle 48 ore precedenti.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Cuppini Laura
Titolo: Immunizzare gli under 16: l’Aifa dice «sì» – Via al vaccino per gli under 16 Perché va fatto ed è sicuro
Tema: Vaccino anti Covid
Tra due giorni apriranno le prenotazioni per tutte le età e ieri l’Agenzia italiana del farmaco ha approvato l’estensione del vaccino Comirnaty (BioNTech/Pfizer) alla fascia 12-15 anni. Quasi in contemporanea è arrivato il via libera della Commissione Ue, dopo il parere positivo dell’Agenzia europea peri medicinali. Come avverranno le somministrazioni agli under 16? Si prenoterà sulle piattaforme regionali, così come per gli adulti. Anche per partecipare agli open day sarà necessario iscriversi. Le consegne sono contingentate e quindi non sarà possibile richiedere le dosi in farmacia. 2 Ci sono voci contrarie alla vaccinazione degli adolescenti: perché la comunità scientifica ritiene invece importante questo passaggio? «I motivi principali sono due – sottolinea Alberto Villani, direttore del Dipartimento di Emergenza, accettazione e pediatria generale all’Ospedale Bambino Gesù di Roma – : in primo luogo non è vero che bambini e ragazzi sono immuni da forme gravi di Covid, o addirittura dalla morte. Inoltre lasciare un’intera fascia di popolazione scoperta significa permettere al virus di continuare a circolare. Dobbiamo chiudere tutte le porte per sconfiggerlo». I minorenni in Italia sono circa 10 milioni: uno su dieci è un soggetto fragile, per malattie o disabilità, che con il contagio potrebbe rischiare la vita o conseguenze devastanti. Un milione di bambini e ragazzi che vanno protetti e hanno diritto, come i loro coetanei, di tornare a una vita normale.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Bocci Michele – Ziniti Alessandra 
Titolo: Covid, via libera al vaccino per i ragazzi Scontro in Europa sul Green pass
Tema: Vaccino anti Covid e Green pass

Come atteso e annunciato, Aifa ha dato il via libera ieri pomeriggio all’utilizzo del vaccino Pfizer anche per chi ha da 12 e 15 anni. La decisione segue quella dell’Ema, l’agenzia del farmaco europea, e viene usata dalla Puglia per avviare da subito le coperture di tutti i giovani in quella fascia di età che hanno patologie che li rendono fragili di fronte al virus. «Vogliamo fargli passare un’estate tranquilla e serena», dice il presidente Michele Emiliano. Per la campagna saranno usati gli ospedali. Per quanto riguarda gli adolescenti che non hanno problemi, in tutta Italia teoricamente potrebbero già essere vaccinati dal 3 giugno, quando scompariranno le categorie prioritarie, anche negli hub. Il ministro alla Salute Roberto Speranza ha però detto di voler coinvolgere i pediatri e i medici di famiglia. I primi assistono circa 1,6 milioni di quei giovani. Altri 700mila sono iscritti invece presso i colleghi che si occupano degli adulti. «Siamo in grado di coprire i nostri assistiti in quella fascia di età in due mesi», dice Paolo Biasci, presidente della Fimp, il principale sindacato di categoria. Il commissario straordinario per l’emergenza, generale Francesco Figliuolo, ha chiesto alle Regioni di proteggere il maggior numero di ragazzi che vanno alle medie e alle superiori, cioè dai 12 ai 19 anni, prima dell’inizio dell’anno scolastico. Però allo stesso tempo ha aperto, appunto dal 3, alla prenotazione senza più categorie anche nelle aziende. Il tutto, con un numero di vaccini, 20 milioni, non molto superiore ai 17,5 del mese di maggio. E intanto in Europa è scontro sul Green pass che dovrebbe entrare in vigore il 1 luglio. La piattaforma che dovrà emettere i certificati digitali sarà lanciata oggi, anche se l’Italia sarà tecnicamente già collegata anche se l’accordo fra i 27 stati membri non è ancora raggiunto.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: M5S, solo un eletto su tre finanzia il progetto di Conte Il dualismo con Di Maio
Tema: M5S

Una chiacchierata a distanza, per chiarirsi le idee sulla fase politica e confermarsi reciproco sostegno. Giuseppe Conte e Luigi Di Maio tornano a parlarsi, o forse non hanno smesso nemmeno nei giorni tesi della svolta garantista del ministro degli Esteri, che tanto clamore ha suscitato nel Movimento e fuori. «Non c’è nessun dualismo» assicurano i rispettivi staff, che gareggiano a smentire tensioni e rivalità tra l’ex premier e l’ex capo politico. «Giuseppe e Luigi si marcano a uomo, ma stanno attenti a non pestarsi i piedi – è la lettura di un esponente del governo che li sente entrambi -Se le cose per il M5S vanno bene staranno insieme, se vanno male saranno alternativi». La clamorosa lettera di Di Maio al Foglio contro la gogna politica e mediatica continua ad agitare gli animi dei 5 Stelle, già parecchio insofferenti per la lunga attesa di un leader. Conte, che ha fatto ricorso contro Rousseau, aspetta il verdetto del garante della Privacy e spera che a giorni, se non a ore, Davide Casaleggio sia obbligato a consegnargli i dati degli iscritti. Ma il tempo passa, i parlamentari vedono che Letta e Salvini si sfidano un giorno sì e l’altro pure su chi più detta l’agenda del governo e se il segretario del Pd sale e scende le scale di Palazzo Chigi per incontrare Draghi, Conte ancora non può farlo. Il nervosismo tra gli scranni cresce e così la paura di restare fuori al prossimo giro. «Ma in politica il vuoto non esiste», è il leitmotiv tra i parlamentari. L’idea che allarma o incoraggia i gruppi, a seconda dei punti di vista, è che Di Maio quel vuoto di leadership voglia colmarlo, tanto più «che Conte non è stato ancora votato da nessuno».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Di Caro Paola 
Titolo: Intervista a Giorgia Meloni – «Per Fratelli d’Italia nessuna fusione Giovedì vedrò Draghi, basta limiti alla libertà»
Tema: Meloni e il centrodestra

È il suo momento: nei sondaggi Fratelli d’Italia ormai affianca il Pd come secondo partito, il suo libro va a gonfie vele, sui social crescono i consensi, forse porterà a casa – oggi potrebbe essere il giorno del vertice decisivo – il candidato a lei più gradito per Roma, Enrico Michetti. E, ciliegina sulla torta, Giorgia Meloni ha appena ricevuto un invito per giovedì dal premier: «Gli avevo chiesto incontri periodici e cadenzati anche con l’opposizione, perché riteniamo di poter dare il nostro contributo. Apprezzo che Draghi ci abbia ascoltato». Essere unica opposizione sta pagando, ma cosa andrà a dire a Draghi per portare a casa un risultato? «Il risultato non lo cerco per me, ma per gli italiani. Ho detto che avremmo fatto un’opposizione patriottica e responsabile, non cambio idea. Quindi solleverò il tema delle limitazioni della libertà personale che non può più essere sottaciuto, insisterò perché si acceleri quanto più possibile sulle riaperture interrompendo la continuità di azione – su questo piano – con il governo Conte». Come Salvini e Letta, chiederà garanzie sul blocco dei licenziamenti? «Purtroppo non basta bloccare i licenziamenti per salvare posti di lavoro, bastasse un editto del governo sarebbe tutto più facile. Il vero problema da affrontare è che il 40% delle aziende rischia la chiusura, con il risuato che milioni di italiani finirebbero per strada in ogni caso».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Folli Stefano 
Titolo: Il punto – Il giro di valzer Salvini-Berlusconi
Tema: Centrodestra
Qualcosa si muove a destra e per averne conferma basta scorrere testate quali La Verità, Libero, Il Tempo. Il vecchio mosaico che per anni ha avuto Silvio Berlusconi come centro focale è ormai scomposto, ma al tempo stesso cresce l’esigenza di rimettere a posto i tasselli in forme innovative. Ecco allora che si accredita un avvicinamento tra Salvini e lo stesso Berlusconi, ossia tra una Lega ancora prima nei sondaggi, sia pure ridimensionata rispetto a un paio d’anni fa, e una Forza Italia bisognosa di invertire la tendenza alla disgregazione. La nascita di “Coraggio Italia” del sindaco Brugnaro – secondo un progetto che traeva origine da un’idea berlusconiana per insidiare il territorio leghista e poi ha preso un’altra piega – è la prova che nel palazzo sono cominciate le manovre in vista del Quirinale (gennaio 2022). Potrebbe essere solo l’inizio dello smottamento. Sulla carta ci sono buone ragioni per spiegare la convenienza di un “giro di valzer” tra Salvini e il fondatore di Forza Italia, entrambi sostenitori di Draghi. Tuttavia ce ne sono altrettante per guardare con scetticismo all’operazione. Ad esempio, è evidente che queste mosse nascono dalla paura di Giorgia Meloni e della sua ascesa nei sondaggi. Se Fratelli d’Italia non fosse a due passi dalla Lega, c’è da credere che Salvini non si curerebbe della sorte di Forza Italia. Peraltro un’alleanza rilanciata sotto pressione esterna, temendo una sconfitta storica, rischia di essere controproducente, a meno di non definire bene i ruoli e la direzione di marcia. Sarebbe logico a tale proposito l’ingresso della Lega nel Partito popolare europeo.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Lauria Emanuele 
Titolo: Blocco dei licenziamenti Salvini si allinea a Letta partiti in pressing su Draghi
Tema: Licenziamenti, Pd-Lega

C’è uno strano filo, negato da chi lo regge, che potrebbe far saltare lo stop al blocco dei licenziamenti. Lo tirano Enrico Letta da un lato e Matteo Salvini dall’altro, i nemici giurati che in questo fine settimana si sono lanciati controversi segnali di dialogo. E che sono uniti da un unico obiettivo: non farsi travolgere dal decisionismo di Draghi che non ha il problema del consenso. Così, negli ambienti dei due partiti, si spiega la mossa del leader della Lega che a sorpresa riapre sulla possibilità di spostare in avanti di qualche mese il divieto di licenziare da parte delle aziende colpite dal Covid: Salvini, dalle colonne del Corriere, dice che su questo tema con il Pd ci può essere confronto. Non pochi collegano quest’apertura alle parole di pace pronunciate da Letta qualche ora prima, quelle che riconoscevano nel capo del Carroccio «una persona vera». Sullo sfondo altre convergenze meno evidenti, fra il Capitano e l’ex premier: come la riflessione sul “duro mestiere dei sindaci”, che Letta ha consegnato all’Espresso, e che l’altro ha posto allabase della richiesta di compensi più idonei ai rischi e ai sacrifici degli amministratori. Però non sono tutte rose e fiori: il nuovo feeling, anzi, nasce fra diffidenze interne ed esterne ai due partiti. Dentro la Lega, ad esempio, la posizione di Salvini crea giocoforza qualche imbarazzo a chi, nel governo, aveva bocciato la proposta di Andrea Orlando che puntava proprio alla proroga del blocco dei licenziamenti: dal sottosegretario al Lavoro Tiziana Misini al ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti. L’argomento è ancora oggetto di dibattito, fra gli ex lumbard che ieri sera hanno tenuto un vertice: con il segretario c’erano ministri, vice e sottosegretari. Ciò che emerge, da fonti vicine alla sottosegretaria Misini, è una nuova proposta della Lega «che metta insieme le esigenze delle imprese e quelle dei sindacati».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica 
Titolo: Intervista a Giuseppe Provenzano – «Sui licenziamenti Salvini fa giravolte Sia responsabile e si può dialogare»
Tema: Licenziamenti, Pd-Lega

«Salvini? È l’ennesima giravolta». Peppe Provenzano, il leader della Lega è pronto a confrontarsi sui licenziamenti e vol non gli credete? «Noi avevamo chiesto la proroga del blocco dei licenziamenti e Salvini si è accodato – risponde il vicesegretario del Pd ed ex ministro del Sud -. Poi quando il ministro Orlando ha fatto passare la norma in Cdm, a rimangiarsela è stata proprio la Lega». E adesso? La Lega apre al dialogo e il Pd chiude? «Dovevano pensarci prima. La nostra proposta era giusta, lo hanno detto i sindacati e anche la Cei e avere un po’ di tempo in più sarebbe stato utile. Eppure, malgrado il voltafaccia, noi ci siamo. Su un tema così delicato non è troppo tardi, siamo prone a discutere, insieme alla riforma degli ammortizzatori e delle politiche attive. Chiediamo al governo di aprire un tavolo». Anche con la Lega? «Soprattutto con le parti sociali. Ma deve essere il ministro Giorgetti a dire quali realtà stanno soffrendo maggiormente la crisi e hanno bisogno di ulteriore protezione per i lavoratori oltre che di politiche industriali innovative. Non possiamo accettare il gioco delle due leghe». Le due leghe? «Quella al governo e quella del giorno dopo che dice l’opposto sui giornali. C’è un punto politico, per anni la Lega è stata raccontata come il partito che difendeva i lavoratori che la sinistra non vedeva più. Noi li abbiamo messi al centro della nostra iniziativa politica e dunque per la prima volta Salvini è costretto ad inseguire e a fare le giravolte. II momento di assumersi le responsabilità è adesso, altrimenti il Parlamento rischia di intervenire in conversione del decreto dopo la scadenza del blocco dei licenziamenti. Deve essere chiara la proposta e deve essere il governo a convocare le parti sociali».
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Trovati Gianni 
Titolo: «Recovery, sfida italiana decisiva per rilanciare il debito comune Ue»
Tema: Recovery

Dall’efficacia nell’attuazione del Recovery Plan «dipenderanno le opportunità che l’Italia potrà offrire alle nuove generazioni». Ma il Recovery, e soprattutto il meccanismo europeo che lo anima, non deve restare un’una tantum. Perché «la possibilità di una stabile emissione di debito» comunitario «garantita da entrate autonome» rappresenterebbe il pilastro più solido per «una capacità di bilancio comune» dell’Unione. Nel dibattito europeo che comincia ad accendersi sulle possibili eredità strutturali della pandemia, il Governatore di Bankitalia si schiera con decisione fra i promotori degli eurobond. E lo fa con la convinzione dell’economista ma anche con l’interesse del banchiere centrale. I bond Ue, spiega Visco nelle Considerazioni finali, offrirebbero «ai mercati uno strumento finanziario con elevato merito di credito» con il risultato di accrescere «l’efficacia della politica monetaria, consentendo all’euro di assumere pienamente il ruolo di valuta internazionale» oltre che di facilitare «la diversificazione dei portafogli degli intermediari europei e l’integrazione dei mercati dei capitali». Ma Visco fa anche un passo oltre, quando arriva a teorizzare «la gestione comune di una parte delle passività emesse in passato da ciascun Paese, ad esempio attraverso un fondo di ammortamento», sostenendo che una mossa del genere «consentirebbe di conferire rapidamente al mercato europeo dei titoli pubblici lo spessore e la liquidità di cui esso oggi manca». Dalla sua il Governatore ha la storia dell’Unione, che dalla reazione alle crisi ha tratto l’energia per fare quei passi considerati impossibili in tempi di bonaccia. Contro, invece, ha le resistenze trasversali di quei Paesi che hanno modificato l’etichetta, dagli «austeri» del Patto di stabilità ai «frugali» del Recovery, ma non la sostanza del freno tirato su ogni ipotesi di condivisione dei rischi.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Marroni Carlo 
Titolo: Visco: «Crescita del Pil oltre il 4%, Pnrr sfida formidabile per l’Italia»
Tema: Relazione Governatore Bankitalia

La ripresa è ad un passo. La seconda metà dell’anno vedrà una decisa accelerazione dell’attività economica, che andrà di pari passo con lacampagnavaccinale. E il Recovery Plan (Pnrr) da 235 miliardi rappresenterà una formidabile sfida per il rilancio del paese, naturalmente se ben attuato e calibrato con una attenta «complementarietà» tra intervento statale e mercato. È un quadro a tinte pastello del prossimo futuro dell’Italia quello che emerge dalle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, all’assemblea annuale dei «signori partecipanti», anche quest’anno ridotti all’osso per il distanziamento. «L’attività produttiva si sta ora rafforzando. Nel corso dei prossimi mesi, con il prosieguo della campagna vaccinale, vi potrà essere un’accelerazione della ripresa. Le imprese già pianificano un deciso aumento degli investimenti; le famiglie appaiono più caute, ma con la normalizzazione della situazione sanitaria e la riduzione dell’incertezza l’elevato risparmio accumulato potrebbe gradualmente tradursi in maggiori consumi. Nella media dell’anno l’espansione del Pil potrebbe superare il 4 per cento», dice Visco – che in serata in un’intervista a SkyTg24 definisce «realistica» la stima Ocse uscita ieri di un +4,5% inun quadro di inflazione sotto controllo e di tassi che vanno mantenuti bassi confermando le attuali politiche Bce. Molti ipaletti che il governatore pianta nel suo discorso, a partire dalle fasce più deboli. «Sarà necessario mantenere il sostegno a chi perde il lavoro», dice, precisando «siamo ancora lontani dalla definizione di un moderno sistema di politiche attive, in grado di accompagnare le persone lungo tutta la vita lavorativa».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Petrini Roberto 
Titolo: Visco: Recovery sfida decisiva – “Pil anche sopra il 4% ma dovremo cambiare”
Tema: Relazione Governatore Bankitalia

L’Italia ce la può fare ma bisogna saper gestire il post-Covid. È il messaggio che il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha inviato ieri nel corso delle sue Considerazioni Finali, ancora una volta sostanzialmente da remoto. Un incoraggiamento e una attestazione di fiducia verso l’ex governatore Mario Draghi oggi alla guida del governo e per l’ex direttore generale di Bankitalia Daniele Franco, ora ministro del Tesoro ma anche un monito alla classe politica a non dimenticare che l’uscita dall’emergenza sarà dura. Il Paese, ha detto Visco, ha messo in luce dopo il periodo più terribile della pandemia una «capacità di ripresa». L’attività produttiva «si sta rafforzando» e quest’anno c’è la conferma che potremo «superare il 4 per cento» di crescita del Pil per il 2021 (una cifra che ieri ha trovato il consenso dell’Ocse che parla addirittura del 4,5%). Stavolta inoltre nella valutazione di Bankitalia c’è un ulteriore aspetto di fiducia: le imprese, secondo i sondaggi di Via Nazionale, contrariamente a quanto accadde nella fase di uscita delle passate recessioni, sono pronte ad investire già dalla seconda parte dell’anno. Ma se questo è l’aspetto positivo, l’altro elemento – forse il più importante – è quello assai complesso dell’uscita dalla crisi. Visco ha gettato lo sguardo avanti: certamente lo stimolo all’economia deve essere ancora mantenuto, ma ricordiamoci che «non è possibile un futuro costruito sulla base di sussidi e incentivi pubblici», che lo Stato, titolare di un ruolo cruciale durante l’epidemia, deve sostanzialmente tornare ad essere «complementare» con il mercato, che l’intervento pubblico sulle aziende deve diventare «più selettivo», evitando aiuti alle imprese «prive di prospettive». Insomma, ammonisce il numero uno di via Nazionale, prepariamoci ad un mondo diverso.
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Testata:  Messaggero
Autore:  Martinelli Massimo 
Titolo: Intervista a Carlo Bonomi: «Roma può rilanciare l’impresa-Paese»
Tema: Confindustria

«E’ la Capitale del mio paese, io ne sono innamorato». Sentire parlare di Roma Carlo Bonomi, presidente di Confindustria e già – per anni – presidente degli industriali lombardi, fa un bell’effetto. E non solo dal punto di vista delle suggestioni. Ieri Bonomi era a Roma, nella platea ristretta che ha assistito alla relazione del Governatore della Banca d’Italia, Visco, sulle possibilità di ripresa del Paese. Che esistono e sono concrete. E a Roma, presidente Bonomi, basterà la vetrina del Giubileo per riprendersi? «Quando ero presidente di Assolombarda, quattro anni fa, quindi in tempi non sospetti, dicevo già che il futuro del Paese si giocava sulla ripresa di Roma. Che è un brand unico al mondo, è l’immagine dell’Italia ovunque. Quella dei prossimi anni è una partita fondamentale, perché Roma è essenziale per trainare anche il Mezzogiorno. Qui si gioca una partita per il futuro del paese. Se penso ai due grandi eventi dei prossimi anni, il Giubileo 2025 e il bimillenario della crocifissione di Cristo nel 2033, penso che tutto il mondo starà a guardarci». Effettivamente, come a Taranto, anche a Roma la politica nazionale sembra girarsi dall’altra parte. Succede anche altrove? «Mi viene in mente la direttiva Sup». Cos’è? «La direttiva europea sulla plastica. Le linee guida espandono in maniera sproporzionata l’ambito di applicazione della definizione di plastica, inserendo una serie di prodotti tra cui anche quelli di carta definendoli genericamente come plastica». Lei ha parlato di blocco dei licenziamenti. Come giudica l’intervento del governatore Visco su questo tema? «Il Governatore Visco ha detto che il blocco dei licenziamenti va superato . A tal proposito ci riconosciamo nella mediazione che il presidente del Consiglio Draghi ha operato nei giorni scorsi».
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Testata:  Stampa 
Autore:  Carratelli Niccolò 
Titolo: Intervista a Maurizio Landini – “Non siamo un ostacolo il governo ci ascolti o mobiliteremo il Paese”
Tema: Blocco dei licenziamenti

«Non si cambia il Paese senza il mondo del lavoro». Maurizio Landini lo ripete più volte, quasi a voler rendere più forte il messaggio da recapitare a Mario Draghi. «Il governo accetti di confrontarsi con noi su tutte le riforme – dice il segretario della Cgil – il coinvolgimento preventivo delle parti sociali deve diventare un vincolo, o sarà rottura sociale».  Dal fisco alle pensioni, dagli ammortizzatori sociali alla pubblica amministrazione, «abbiamo le nostre proposte e devono tenerne conto», avverte Landini durante l’intervista con il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, per la trasmissione “30 minuti al Massimo”. Il governatore di Bankitalia Visco ha elogiato i governi che hanno sostenuto imprese, lavoratori e famiglie, ma ha spiegato che non si può continuare con un’economia assistita. Condivide? «Nessuno pensa di restare a regime con un’economia assistita, ma non possiamo tornare semplicemente a come stavamo prima della pandemia. Bisogna usare i quasi 300 miliardi che arriveranno per produrre cambiamenti, fare le riforme, ma anche scelte di politica industriale. Visco si è posto il problema del ruolo dello Stato: io penso che in questa fase il mercato da solo non sia in grado di affrontare i problemi e creare lavoro». Da Confindustria motivano la necessità di sbloccare i licenziamenti con il fatto che molte aziende non sono più in grado di stare sul mercato e possono liberare figure qualificate per altre imprese. Far licenziare per far assumere? «Io dico che lo sblocco dei licenziamenti deve essere parte di un processo complessivo: va anche bene l’idea di riconvertire i lavoratori, ma non bisogna lasciare sole le persone. Se, in un momento come quello che stiamo vivendo, si mandano via i lavoratori dalla sera alla mattina, c’è il rischio di generare rabbia sociale».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Borrillo Michelangelo 
Titolo: L’impianto resta attivo, il futuro dell’acciaieria legato al verdetto del Consiglio di Stato sulla possibile chiusura
Tema: Sentenza Ilva

Da un tribunale all’altro. È il destino di quella che si chiamava Ilva, e prima ancora Italsider, e che oggi è Acciaierie d’Italia. Nelle stanze romane del governo, tornate nella cabina di comando della più grande acciaieria del Paese dopo l’ingresso nel capitale di Invitalia, la sentenza più attesa non era quella di ieri ma la prossima. Quella del Consiglio di Stato (potrebbe arrivare nei prossimi giorni, forse già in questa settimana) che dovrà o meno ribadire la sentenza del Tar di Lecce del 1,3 febbraio scorso che – confermando una ordinanza del sindaco di Taranto del 27 febbraio 2020 – aveva disposto la fermata degli impianti dell’area a caldo, ritenuti inquinanti, entro 60 giorni. Se il Consiglio di Stato confermerà la sentenza del Tar che ha ordinato lo spegnimento, «il progetto di investimento nel siderurgico che vede partecipelo Stato, rischia di saltare», stando non solo a quanto prospettato dagli avvocati di Invitalia – l’Agenzia nazionale per lo sviluppo che fa capo al ministero dell’Economia – nell’udienza al Consiglio di Stato ma anche a quanto detto dal ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti nel question time alla Camera del 3 marzo scorso. Una bomba a orologeria, con countdown molto più ravvicinato rispetto alla Cassazione del processo «Ambiente svenduto», l’ultimo grado di giudizio dopo il quale la confisca degli impianti dell’area a caldo decisa ieri avrebbe, eventualmente, effetto sulla produzione e sull’attività del siderurgico. E ieri lo ha detto, tra le righe, lo stesso Giorgetti: «Rispettiamo la sentenza – ha sottolineato il ministro riferendosi alla decisione della Corte d’Assise di Taranto – ma manca la pronuncia del Consiglio di Stato per avere il polso della situazione. A quel punto sarà possibile capire in che quadro giuridico lo Stato, in qualità di azionista, potrà operare. Servono certezze». Senza la sentenza del Consiglio di Stato, infatti, tutto resta congelato: non si può approvare il bilancio, perché non si potrebbe garantire la continuità aziendale.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cassano Antonello – Martina Gino 
Titolo: Ilva, disastro ambientale – Stangata per i veleni Ilva condannati i fratelli Riva confisca per gli altiforni
Tema: Sentenza Ilva

Una sentenza che fa gioire ambientalisti e associazioni, ma che rischia di fermare la fabbrica siderurgica più grande d’Europa e fa a pezzi un sistema di potere che da quella fabbrica ha governato Taranto per decenni. Ci sono voluti 11 anni per arrivare a mettere un primo punto defmitivo sull’inchiesta “Ambiente svenduto” che il 26 luglio 2012 ribaltò la città, l’Ilva e l’intero comparto siderurgico nazionale. Ora, a cinque anni dall’avvio del dibattimento e dopo 12 giorni di camera di consiglio, la Corte d’Assise si è espressa e la sentenza di quello che è il più importante processo ambientale nella storia giudiziaria italiana è un macigno che avrà conseguenze politiche e economiche la cui portata si comprenderà più in là. Di certo i giudici confermano che a Taranto tra il 1995 e il 2012 lo stabilimento provocò un inquinamento definito dai pm “devastante per salute e ambiente”. La giudice Stefania D’Errico impiega quasi due ore per leggere le 83 pagine del dispositivo nell’aula magna della scuola sottufficiali della Marina militare. Ma prima di tutto i giudici confermano di fatto quasi completamente l’impianto accusatorio che a vario titolo contestava tra gli altri i reati di associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale doloso e all’avvelenamento di acque e sostanze alimentari. Viene così confiscata tutta l’area a caldo della fabbrica (che però continuerà a produrre fino a sentenza definitiva) insieme a 2,1 miliardi di euro di profitti della vecchia gestione e soprattutto vengono impartite 26 condanne pesanti. La sentenza non risparmia neanche Nichi Vendola, all’epoca dei fatti ex presidente di Regione.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Barenghi Riccardo 
Titolo: Intervista a Nichi Vendola – “Questa giustizia è un eco-mostro ho taciuto per rispetto, ora basta”
Tema: Sentenza Ilva

Da diversi anni Vendola ha lasciato tutti i suoi incarichi politici e si è difeso in tribunale rinunciando anche alla prescrizione per quanto fosse sicuro della sua innocenza. Invece, Vendola, i giudici lo hanno considerato colpevole: la sua reazione? «Sono indignato perché siamo dinanzi ad uno scempio, unvero eco-mostro della giustizia penale. La mia concussione, siccome non è in alcun modo provata, viene definita “implicita”. Il mio concusso nega di essere mai stato minacciato ed è allora un favoreggiatore. La prova che poi lui, il direttore dell’Arpa, abbia ammorbidito la sua condotta con il siderurgico? Non c’è, c’è invece la prova del contrario. Ed è un dolore grandissimo perché per me era un fatto importante che la giustizia chiedesse conto ad un colosso del capitalismo italiano dei costi umanie ambientali pagati da un’intera città a quel “padrone del vapore”». Una reazione comprensibile che tuttavia ricorda quelle degli altri esponenti politici finiti nel mirino dei giudici: a cominciare da Berlusconi… «Non direi proprio. Io non mi sono difeso dal processo, mi sono difeso nel processo. Non ho insultato i giudici o urlato contro di loro in un video. Ho rinunciato a difendermi nei talk o sui giornali per rispetto del processo. Ma ora basta. Ora non è più il tempo del silenzio; dico a tutti coloro che si occupano di giustizia: leggete le carte processuali, ascoltate su Radio Radicale (benemerita) la registrazione del dibattimento e ditemi voi in quale baratro sia finita la giustizia in Italia!».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Savelli Fabio 
Titolo: Escono i Benetton, arriva Cdp Le Autostrade tornano allo Stato
Tema: Autostrade

A quasi tre anni dal crollo del ponte Morandi a Genova le Autostrade tornano allo Stato. Si archivia quindi la lunga stagione dei Benetton, azionisti di riferimento della holding di controllo Atlantia che – tramite alcuni passaggi societari – è cominciata oltre venti anni fa dalla privatizzazione dell’Iri. Ieri i sod di Atlantia hanno approvato la vendita dell’88,06% di Autostrade per l’Italia al consorzio guidato da Cassa Depositi e Prestiti, al quale partecipano anche i fondi esteri Blackstone e Macquarie. L’ok è arrivato da circa l’87% del capitale che ha preso parte (in modalità Covid) alla votazione. Confermando così a grande maggioranza la proposta del board di Atlantia oggetto di una trattativa cominciata a luglio 2020 dopo l’accordo col governo precedente che sventò in extremis la revoca della concessione – che regola i rapporti tra lo Stato ed il gestore – in scadenza nel 2038. Anche il fondo attivista Tci, che detiene il 10% del capitale, ha votato a favore nonostante le dichiarazioni pubbliche. Dei grandi soci istituzionali solo Lazard ha ritenuto l’offerta da 9,1 miliardi – e 200 milioni aggiuntivi come commissione per i flussi di cassa dal i gennaio 2021 alla data del closing prevista nel primo trimestre 2022 – non adeguata. La dismissione della società verrà formalizzata dal board di Atlantia del 10 giugno e la firma del contratto di vendita entro la fine di giugno. Per Edizione – la holding dei Benetton divisa in quattro quote paritetiche in rappresentanza di altrettanti rami della famiglia di Ponzano Veneto – significa una valorizzazione di circa 2,4 miliardi. Ma sono soldi che resteranno in pancia ad Atlantia per investimenti futuri.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Sala Beppe 
Titolo: Lettera. «Con Euronext Milano rischia di perdere posizioni»
Tema: Euronext

Scrive il Sindaco di Milano Beppe Sala: “Caro Direttore, uno degli obiettivi fondamentali del mio mandato da sindaco è la creazione di una Milano del futuro sempre più accogliente, attrattiva e in grado di creare opportunità di lavoro qualificato, specialmente perle nuove generazioni. In questa prospettiva desidero esprimere alcune mie preoccupazioni per quanto attiene ad una delle funzioni essenziali che Milano svolge per il Paese, come piazza finanziaria e sede di Borsa Italiana. Il processo di integrazione di Borsa Italiana nel gruppo Euronext può rappresentare una grande opportunità per Milano e per tutto il Paese, ma solo a condizione che alla nostra Borsa sia assicurata quell’autonomia che le ha consentito di diventare un importante fattore di sviluppo per il comparto della finanza in questi ultimi anni. Borsa Italiana ha infatti creato valore per i suoi azionisti, ma ha anche prodotto occupazione e sviluppo che sono andati a beneficio dell’intera comunità. Avere una Borsa forte e dotata di adeguata autonomia è un elemento indispensabile per la ripartenza e lo sviluppo futuro del Paese. I primi segnali di queste settimane mi fanno però dubitare che si stia andando nella corretta direzione. Con orgoglio ho assistito, ad esempio, allo sviluppo di un progetto come Elite, ideato in Italia e rivolto alle piccole e medie imprese (PMI), cresciuto anche grazie al contributo delle università milanesi e di altre istituzioni pubbliche e private. Un progetto “milanese” che ad oggi vede coinvolte oltre 1500 aziende italiane ed estere e che deve poter continuare ad essere guidato da qui. Non si tratta di affermare concetti desueti di impronta sovranista ma, al contrario, di riconoscere il merito e le qualità delle risorse umane che dalla nostra città hanno dimostrato di poter diventare un polo di eccellenza a livello europeo”.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Galluzzo Marco 
Titolo: Draghi: «Impegno italiano per la Libia Ora serve un’azione europea concreta»
Tema: Libia

L’Italia investirà tutto quello che può in una Libia unita, che rispetti il processo di riforme, che assicuri la fuoriuscita di mercenari e forze straniere dal proprio suolo. Ma Roma farà anche di più, lo promette direttamente Mario Draghi: garantirà e promuovera un ruolo diverso di Bruxelles nei confronti di Tripoli. «L’Italia continuerà a fare la sua parte in termini di risorse e capacità formative, ma serve un’azione dell’Ue determinata e rapida, sosteniamo l’esigenza di incrementare e strutturare il contributo della Ue. E al Consiglio Europeo di giugno, su proposta italiana, la migrazione tornerà al centro dell’attenzione politica». Ovviamente anche Tripoli dice fare la sua parte, «ritengo sia un dovere morale ma anche un interesse della Libia assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti», dice Draghi al termine dell’incontro con il premier libico Abduihamid Dabaiba, a Palazzo Chigi. Ma non si tratta solo di migranti, la riconferma di una relazione speciale passa per molte tappe: «Incoraggiamo tutti gli attori libici a proseguire lungo il percorso intrapreso: l’attuazione completa dell’accordo sul cessate il fuoco, a partire dal ritiro di tutte le forze e i mercenari stranieri e dalla riapertura della strada costiera Sirte-Misurata; la riunificazione delle istituzioni politiche, economiche e di sicurezza e la realizzavione delle necessarie riforme socia economiche; la tenuta delle elezioni di fine anno e lo sviluppo del processo di riconciliazione», è la sintesi di Draghi.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Brera Paolo 
Titolo: Libia, Dbeibah incontra Draghi “Roma partner per la ricostruzione”
Tema: Libia

«Assicurare il pieno rispetto dei diritti dei rifugiati e dei migranti è un dovere morale, ed è anche nell’interesse della Libia. L’Italia continuerà a fare la sua parte, ma serve un’azione della Ue rapida e concreta». Il presidente del Consiglio Mario Draghi stavolta usa parole molto chiare al termine del suo lungo incontro a palazzo Chigi con il premier libico Abdulhamid Dbeibah. L’ultima volta che lo aveva visto, il 6 aprile a Tripoli, aveva ringraziato la Guardia costiera libica «per i salvataggi in mare», suscitando critiche feroci. Dbeibah è arrivato a Roma accompagnato da sette ministri di primo piano. Se n’è andato ieri sera più che soddisfatto di un’accoglienza dal forte impatto economico e politico: alla Farnesina, in mattinata, ha incontrato 32 grandi gruppi industriali italiani interessati alla ricostruzione libica. Energia, infrastrutture, telecomunicazioni: da Enel a Eni, da Snam a Retelit, da Italtel al gruppo Psc. Nel pomeriggio è arrivata la consacrazione politica: «Abbiamo toccato tantissimi temi – dice Draghi – tra cui due particolarmente importanti: la collaborazione in campo sanitario ed energetico. La Libia è già un grande partner per le energie tradizionali, ma oggi si discusso di avviare una collaborazione nel capo delle energie rinnovabili: le nostre aziende sono pronte». In un Paese che cammina su riserve fossili immense con un deficit clamoroso nella capacità di trasformazione, e che ha una rete elettrica primordiale e devastata, i blackout continui sono uno dei principali problemi dei libici, e un gran motivo di scontento.
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Testata:  Corriere della Sera
Autore:  Santevecchi Guido 
Titolo: La svolta di Xi «Fino a tre figli per coppia»
Tema: Cina

Spinta dal calo demografico la Cina cambia ancora la pianificazione familiare. Il Politburo comunista ha deciso che ogni coppia potrà avere fino a tre figli «per fronteggiare l’invecchiamento della popolazione e mantenere il vantaggio naturale nel campo delle risorse umane». I dati del censimento hanno appena rilevato un crollo nelle nascite: nel 2020 sono stati registrati circa 12 milioni di neonati, un calo del 18% rispetto ai 14,6 milioni del 2019. Il «tasso di fertilità», il numero medio di figli per ogni donna, è 1,3 che significa contrazione progressiva della popolazione. l cinesi sono 1,41 miliardi, ma secondo le proiezioni nel 2100 si ridurrebbero a un miliardo. La nuova politica dei tre figli è un tentativo di riportare il tasso di fertilità a 2,1 per stabilizzare la popolazione. Nel 1979 Pechino aveva imposto la legge del figlio unico: allora le famiglie cinesi avevano in media quattro figli e il peso di quelle bocche da sfamare rischiava di bloccare la grande rincorsa che ha portato la Repubblica popolare a diventare la seconda economia del pianeta. Tra il 1979 e il 2015 i medici statali hanno praticato 336 milioni di aborti. Improvvisamente i pianificatori scoprirono che la Cina rischiava di «Invecchiare prima di diventare ricca». Dal 2016 fu consentito il secondo figlio. Ma non c’è stato baby boom. Le motivazioni sociali delle culle cinesi vuote sono simili a quelle che rileviamo in Occidente
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Colarusso Gabriella 
Titolo: “Contrordine compagni nella Cina che invecchia si può fare il terzo figlio”
Tema: Cina

I cinesi fanno sempre meno figli, ed è un problema: per la crescita interna del Paese più popoloso del mondo e per la sua proiezione esterna, da potenza globale. Per questo ieri il Politburo del Partito comunista ha deciso di rivedere la politica demografica: le coppie sposate potranno avere tre figli, superando il limite di due imposto nel 2016. Le ragioni sono da ricercare nell’ultimo censimento pubblicato tre settimane fa che racconta il declino demografico del Paese: nel 2020 sono nati 12 milioni di bambini, il 18% in meno del 2019. Il dato più basso dal 1961, da quando cioè la Cina cominciò a uscire dalla tremenda carestia provocata dal furore rivoluzionario del Grande balzo in avanti di Mao Zedong. Il tasso di fertilità è di 1,3, al di sotto della soglia del 2,1 necessario per avere un equilibrio stabile nella popolazione e più vicino ai numeri della vecchia Europa, dove il tasso di fertilità medio è di 1,5. Per ampie fasce della popolazione gli standard di vita sono migliorati di pari passo con i salari, i giovani dedicano più tempo alla loro istruzione, si sposano più tardi, vogliono spendere di più per i figli che hanno, sono spaventati dal costo della vita soprattutto nelle grandi città: una trasformazione culturale già vista nelle economie avanzate dove il benessere economico ha coinciso anche con l’invecchiamento della popolazione. Per questo diversi analisti ritengono che la decisione sul terzo figlio in assenza di altre misure non basterà a invertire la tendenza. «Anche l’attuale politica dei due figli avrebbe dovuto dimostrarsi efficace, ma chi vuole addirittura tre figli? Il problema principale è il costo della vita», dice Hao Zhou, economista di Commerzbank, alla Reuters.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ginori Anais – Mastrobuoni Tonia 
Titolo: Patto Macron-Merkel per le quote migranti “Ma chi viene dall’Italia sarà mandato indietro”
Tema: Migranti

È stato l’ultimo consiglio ministeriale franco-tedesco della lunga era del cancellierato di Angela Merkel. Ma al termine del pomeriggio di colloqui, la leader tedesca ha sottolineato ieri che «non sarà l’ultima sfida» che affronterà con il presidente francese Emmanuel Macron. Quella forse più difficile rimane il dossier immigrazione, oggetto in queste settimane di serrate triangolazioni con l’Italia. La coppia franco-tedesca vorrebbe arrivare a un’intesa prima dell’estate. La campagna elettorale in Germania è in pieno svolgimento e la cancelliera non vuole che il dibattito sui migranti, che si acuirà fisiologicamente nei mesi estivi, faccia da volano alla destra radicale dell’Afd. Ma anche Macron teme che il dossier che da sei anni divide l’Europa riscoppi in autunno, quando comincerà la corsa per le presidenziali francesi e la sfida diretta con Marine Le Pen. Parigi e Berlino convergono su una riedizione degli accordi di Malta, il meccanismo organizzato nel settembre 2019 per la redistribuzione dei migranti sbarcati. «Con la prevista ripresa delle traversate del Mediterraneo, che è già iniziata, c’è la volontà di riattivare questo meccanismo di trasferimento delle persone salvate», spiega una fonte all’Eliseo. In vista del Consiglio Ue del 24 giugno, Francia e Germania sarebbero pronte ad accettare ognuna un 30 per cento di quote dei migranti, mentre un ulteriore 30 per cento resterebbe in Italia, secondo fonti tedesche e francesi. Il restante 10 per cento verrebbe redistribuito tra altri partner “volenterosi”.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  … 
Titolo: Merkel spiata dagli Stati Uniti (con l’aiuto della Danimarca)
Tema: Merkel

Secondo le rivelazioni della televisione pubblica danese, dal 2012 al 2014 la l’agenzia di intelligence americana (Nsa), avrebbe spiato parlamentari e alti funzionari di Germania, Francia, Norvegia e Svezia, tra cui la cancelliera tedesca Angela Merkel, utilizzando i sistemi di intercettazione dei cavi sottomarini delle telecomunicazioni danesi. Fatti «inaccettabili tra alleati, e ancora meno tra alleati e partner europei», ha detto il presidente Emmanuel Macron, che in conferenza stampa congiunta con la Merkel ha chiesto «risposte» per «chiarire quello che è successo». Lo sconcerto si è sollevato subito tra le capitali colpite dalle rivelazioni. Anche per la premier norvegese Erna Solberg «è inaccettabile che Paesi con una stretta cooperazione sentano la necessità di spiarsi l’uno con l’altro», per questo ha ufficialmente chiesto alla Danimarca «tutte le informazioni in suo possesso». Il ministro della Difesa svedese Peter Hultqvist si è rivolto al suo omologo danese per sapere se vi fossero attività anche sui politici svedesi, e anche il portavoce del governo tedesco ha fatto sapere che Berlino sta avendo contatti necessari a chiarire i fatti. Secondo l’inchiesta della tv DR, l’Nsa ha potuto sfruttare i cavi danesi in virtù di una collaborazione di sorveglianza con l’unità di intelligence militare danese FE.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Tramballi Ugo 
Titolo: La politica israeliana non riuscirà a liberarsi di Bibi Netanyahu
Tema: Israele

C’è una strana dicotomia attorno a Israele: con una generalizzata dose di entusiasmo, la stampa internazionale celebra la fine del lungo regno di Bibi Netanyahu; giornali, tv e studiosi israeliani sono invece molto più cauti, chiedendosi con una certa discrezione se un’era controversa della loro vita sia davvero vicina alla condusione. Naftali Bennett, leader del partito Yamina e uomo decisivo nella creazione di una maggioranza parlamentare alternativa a Netanyahu, non intende promettere ai suoi elettori «che questo sia il governo dei nostri sogni». La sua partner politica Ayelet Shaked, il cui volto angelico non corrisponde alla durezza delle sue idee ultra-nazionaliste, in questi giorni è rimasta silenziosa. Non sono segnali che galvanizzino una base. Anche a sinistra laburisti e Meretz – l’ultimo dei partiti pacifisti – devono superare il disagio di governare assieme a una destra più destra del vecchio Likud. La ragione ufficiale di tanta disponibilità è che bisogna impedire con qualsiasi mezzo di portare gli israeliani alla quinta elezione in poco più di due anni. Ma quello che ora pervade una notevole parte del paese è un irrefrenabile disgusto per Netanyahu. L’importante, insistono i promotori, è dare un governo al paese. E poi? E per quanto tempo? Qualsiasi nome verrà dato alla coalizione ora chiamata “di unità nazionale”, il fronte Bennett-Lapid che prenderà il posto di quello guidato da Netanyahu, assomiglierà a un Frankenstein politico che non risolverà la profonda crisi istituzionale d’Israele: le braccia a destra, le gambe a sinistra, la testa al centro, il complicato cervello diviso fra tutti, il cuore di nessuno perché forse non c’è. Ci sarà probabilmente l’appoggio esterno di uno dei partiti dei palestinesi d’Israele.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Nizza Sharon 
Titolo: Hamas: “Pronti a consegnare gli ostaggi”
Tema: Israele-Hamas

La mediazione egiziana per consolidare la tregua tra Israele e Hamas potrebbe portare a una svolta anche rispetto alla trattativa in corso da anni tra le parti su uno scambio di prigionieri. Israele pone come condizione che, nei negoziati in corso, vengano consegnati i corpi dei soldati Oron Shaul e Hadar Goldin – uccisi a Gaza nel 2014 – nonché il rilascio di Avera Mengistu e Hisham al-Sayed, due civili mentalmente instabili che hanno attraversato il confine con Gaza e sono detenuti in ostaggio da anni. Hamas finora si è rifiutato di legare la questione alle trattative perla ricostruzione di Gaza in seguito all’ultimo conflitto, sostenendo che faccia parte di un dossier separato che deve includere il rilascio di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Negli anni sono fallite numerose mediazioni. Negli ultimi giorni, che hanno visto un picco di intensità nell’interventismo del Cairo per cementare il cessate il fuoco, la questione sembra essere tornata di primo piano. Ieri il leader di Hamas a Gaza, Yahya Sinwar, ha affermato che Hamas è pronto a condurre negoziati immediati e indiretti con Israele in merito a un accordo per lo scambio di prigionieri.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ansaldo Marco 
Titolo: L’altro Bosforo che dividerà Istanbul “Viola l’ambiente”
Tema: Turchia

«È il mio sogno. Un progetto folle». Sabato mattina Recep Tayyip Erdogan, all’ombra della nuova torre di Camlica, alta 580 metri e destinata a smistare segnali radiotelevisivi dalla riva asiatica della città – ennesima inaugurazione dopo quella della nuova moschea nella piazza centrale di Istanbul – ha annunciato “per giugno” il via ai lavori del Kanal Istanbul. Dalla parte opposta del Bosforo, nell’area verde di Arnavutkoy, l’allevatore Aydin guardia il suo bestiame, allarga le braccia e mormora: «A me sembrano tutti matti. Come si fa a costruire un altro canale artificiale, buttando giù alberi per costruire porti e ponti, facendo scorrere l’acqua dal Mare di Marinara al Mar Nero, senza che tutto ciò non tocchi l’ambiente?». Attraversare da Nord a Sud i 45 chilometri della Tracia orientale in procinto di essere tagliati per creare un nuovo istmo e fare posto a un Bosforo parallelo, significa incontrare pascoli e parchi, coltivazioni di ortaggi, allevamenti di bufali, laghi, dighe e fattorie. L’area vicino al Mar Nero, ad esempio, già violentata l’anno scorso con la costruzione del terzo aeroporto della metropoli, chiamato Istanbul, è avvezza alle scosse telluriche di scavi ormai permanenti. Ma nei “koy”, cioè nei villaggi come quelli di Dursun o nel quartiere di Sazlidere, la gente preoccupata comincia a farsi domande. Dove verranno tirati su i ponti? Quali saranno i percorsi dei bacini? Che cosa verrà distrutto e cosa salvato? Ambientalisti e verdi sono già in armi. La sezione locale di Greenpeace avverte che «il progetto influenzerà in profondità la natura e l’ecosistema, e renderà la già vulnerabile Istanbul ancora più vulnerabile». Petizioni e proteste sono partite all’indirizzo di governo.
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