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Per Civitavecchia una batteria di sabbia al servizio dell’eolico

25.02.2022

Le centrali a carbone hanno ancora un ruolo significativo in Italia. Il sistema elettrico nazionale conta su quasi 6 gigawatt di capacità di generazione da carbone su sette centrali, circa il 10% della capacità termoelettrica totale. Il Piano nazionale energia clima prevede la loro dismissione entro il 2025, ma non sarà un passaggio semplice, come evidenzia Terna, perché il carbone «fornisce un contributo determinante alla copertura dei picchi di carico»: lo sviluppo delle rinnovabili e dei sistemi di accumulo già autorizzati non basterà per colmare il gap. Per affrontare la transizione bisogna quindi spingere di più sulle rinnovabili e puntare su tecnologie mirate per sostituire il ruolo stabilizzatore del carbone. Avvicinarsi a queste dismissioni in ordine sparso rischia di trasformarle in un’altra occasione persa per il sistema elettrico nazionale. il grosso della capacità termoelettrica da carbone viene dalle quattro centrali ancora attive dell’Enel (il resto è di A2.A e di EP Produzione): Torrevaldaliga Nord (Civitavecchia, 1850 Mw), Brindisi Sud (1840 Mw), Fusina (Venezia, 560 Mw) e dalla centrale del Sulcis (480 Mw). Enel ha già chiuso le centrali a carbone di Genova, La Spezia, Bastardo, il gruppo 2 di Brindisi e i gruppi i e 2 di Fusina. Complessivamente Enel ha dismesso circa 1.900 megawatt di capacità a carbone. Il programma prevede la sostituzione con fonti rinnovabili, batterie e impianti a gas, ad eccezione del Sulcis, dove sono previste soltanto fonti rinnovabili e batterie. Per Fusina è già stato approvato il passaggio da 54o megawatt a carbone a 840 a gas, mentre per gli altri impianti è ancora in corso l’iter autorizzativo. Enel non si sbilancia, ma sostiene che «la potenza a gas sarà solo quella sufficiente a garantire l’adeguatezza della rete». Qui entra in scena l’industria italiana, che punta al mercato degli accumuli termici, in forte crescita nei prossimi anni. Magaldi Green Energy, startup di Magaldi Power, player mondiale negli impianti per il trasporto di materiali ad altissime temperature, si candida come punto di riferimento italiano per l’accumulo termico di lunga durata. La sua tecnologia Magaldi Green Thermal Energy Storage è «basata su un letto di sabbia fluidizzato», spiega la vicepresidente Letizia Magaldi. Il sistema, nato dalla sperimentazione su un impianto solare a concentrazione, si è evoluto per immagazzinare energia rinnovabile anche dalla rete e sarebbe perfettamente compatibile con le funzioni di una centrale a carbone.  La “batteria di sabbia” può restare carica anche per settimane con perdite minime e ha tempi rapidi di risposta quando si tratta di cedere energia alla rete, in caso di picco dei consumi. «Il sistema ha raggiunto un’elevata maturità tecnologica e stiamo già realizzando il primo modulo industriale nello stabilimento di Salerno», precisa Magaldi. L’idea è candidarsi presso le utilities dovunque sia richiesto un sistema di stoccaggio termico. In Italia l’opportunità per applicare questa tecnologia si potrebbe presentare nella riconversione di Civitavecchia. Qui è stato appena lanciato un grande progetto di eolico galleggiante con 270 turbine, che avrebbero bisogno di accumulo. Luigi Severini, che ha già firmato il progetto del primo parco eolico offshore del Mediterraneo in fase di realizzazione nel porto di Taranto, lancia l’idea di trasformare Civitavecchia in un hub dell’energia rinnovabile, sfruttando i venti costanti che soffiano a 3o chilometri dalla costa e la presenza della grande centrale a carbone da riconvertire in una “batteria di sabbia”. Sposare gli impianti esistenti con la tecnologia innovativa di Magaldi Green Power «è un connubio che potrebbe rappresentare il primo passo per una riqualificazione del territorio, nello spirito del Green Deal europeo», ragiona Severini. Magaldi non si tira indietro: «Riuscire a conservare in modo efficiente e duraturo l’energia prodotta dalle rinnovabili ci fa compiere un passo importante in direzione di una progressiva decarbonizzazione del sistema industriale». Se son rose, fioriranno, ma un’opportuna regia governativa potrebbe aiutare.

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Articolo pubblicato il 24.02.2022 dal Sole 24 Ore Nòva 24

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