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Merloni e le sue battaglie per lo sviluppo

10.01.2023

«Merloni, chi te lo fa fare?». È  il 1973 e Francesco Merloni, dagli scranni del Senato, sta conducendo da giorni una battaglia in nome dell’efficienza economica e contro gli sprechi di Stato. L’oggetto è l’ennesimo aumento del fondo di dotazione dell’Egam, mastodontico carrozzone pubblico, con bilanci in rosso cronico. Merloni si batte e ha difficoltà a trovare sponde: va dal presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, ma più che solidarietà trova un ambiguo incoraggiamento a desistere. II ritratto del più politico e intellettuale della dinastia degli elettrodomestici di Fabriano, a opera di Giorgio Mangani e intitolato “Francesco Merloni.

Il secolo dello sviluppo” (Il Lavoro editoriale, Ancona, 2022), ci svela il lato meno noto della grande famiglia industriale. Si sa quasi tutto, infatti, dell’ormai centenaria storia dell’impresa fondata dal capostipite Aristide di ritorno dal fronte della Prima guerra mondiale, operaio in una fabbrica di bascule a Pinerolo e fondatore del primo stabilimento ad Albacina Si sa dell’amicizia con il marchigiano Enrico Mattei, originario della vicina Matelica, e il salto nel business delle bombole e degli scaldabagni (stessa tecnologia di lamiera arrotolata). Fino alla leadership globale negli elettrodomestici e nel “bianco; al traguardo di quella che Peppino Turani definì una «multinazionale tascabile», all’affermazione di marchi come Ariston e Indesit fino alla crisi degli ultimi anni.

Come più nota al grande pubblico è la figura del fratello Vittorio Merloni, presidente della Confindustria negli Anni Ottanta, espressione del mondo produttivo emergente della provincia italiana e scomparso nel 2016. «E un guru», dice Romano Prodi, intervistato nel libro a proposito dell’amico Francesco Merloni. Ed in effetti il profilo di questo ingegnere, manager, ideologo di un modello industriale flessibile come fu quello marchigiano, ma anche politico a 360 gradi, era tutto da scrivere. Figlio maggiore, da Aristide raccolse il testimone nel Consiglio comunale di Fabriano per la Dc. A fianco del marchigiano Arnaldo Forlani, cui è ancora legato da amicizia, fece i primi passi nella scena nazionale. Cosl è stato parlamentare per sette legislature e ministro dei Lavori pubblici per due anni, dal 92 al 94, con Amato e Ciampi. La sua azione politica più matura, e che ha segnato il suo profilo, si sviluppa e trova linfa nel triangolo che si estende tra Roma, Bologna e Fabriano. Sviluppa nuovi legami: fondamentale quello con il suo vero faro politico, Nino Andreatta, con il quale fonderà l’Arel nel 1976, con l’idea di portare metodo e numeri nella pratica politica. Trovano così energia battaglie, allora controcorrente e mal viste dall’establishment, come quella contro il salvataggio dell’Egam, quella contro l’erogazione a rubinetto dei fondi di dotazione delle Partecipazioni statali, sulla scarsa produttività dell’Alfa Sud di Pomigliano ancora nelle mani dell’Iri e la denuncia, già dal 1986, della disastrosa situazione finanziaria del carrozzone Efirn che di G a qualche anno andrà incontro a un crack spaventoso.

Quando scoppia Tangentopoli, lo chiamano per fare il ministro dei Lavori Pubblici nel governo Amato e, a seguire, in quello Ciampi. Sono gli annidi grandi turbolenze del 92-94 e Francesco Merloni si mette al lavoro con il consueto pragmatismo. Farà una legge che porta il suo nome, che rivoluziona il sistema degli appalti, recepisce i princìpi europei, esclude le trattative private, vieta la partecipazione alle aste di evasori fiscali e aziende colpevoli di reati. I ricordi che dipinge Mangani, scrittore ed editore marchigiano, che ha intervistato a lungo Francesco Merloni, sono inquietanti: il clima al ministero non era dei migliori e perla secondavolta torna l’avvertimento: «Merloni, chi te lo fa fare?». La strada era tracciata per l’adesione all’Ulivo e l’approdo al Pd. Merloni trova ancora una volta l’opportunità di dare il suo contributo da ingegnere, ma appassionato di economia come dimostra la sua attività culturale: dalla partecipazione alla fine degli anni Settanta al capitale della casa editrice /1 Mulino, allo sviluppo dell’attività della Fondazione Merloni, diretta a lungo da Gian Mario Spacca, con il periodico “Economia Marche” e con un intenso rapporto con l’Università di Ancona e l’Istao di Giorgio Fuà oltre a un girotondo di premi Nobel per convegni, studi e ricerche.

Con l’obiettivo di trovare nuove soluzioni allo sviluppo marchigiano e del Paese per rilanciare i succpcsi della “via adriatica allo sviluppo” ai tempi della transizione tecnologica e dell’incertezza globale. A 97 anni, Francesco Merloni, ha deciso di fare i conti con un suo rimpianto e studia quotidianamente l’inglese. Crede molto nel futuro e ha fiducia, nonostante la crisi, la pandemia e la guerra. La sua Ariston Thermo Group, con aziende sparse per il mondo, è dal 2021 in Borsa. Francesco Merloni è di quell’ Italia che non molla.

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Articolo pubblicato il 30 dicembre da Avvenire

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