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Mauri: Tornano i lettori, il libro più forte del Covid

29.01.2021

I libri non escono ammaccati dall’anno nero della pandemia. Il mercato, trainato dal digitale, registra una lieve crescita (+2,4 per cento, dati Aie): si è adattato in modo plastico alle leggi del lockdown prima, e nella seconda fase è stato aiutato dalla promozione dei libri a “beni essenziali”, che ha permesso alle librerie di restare aperte. E poi, ci sono stati i “lettori di ritorno”, chi ha ritrovato il piacere di sfogliare pagine e ascoltare storie.

«Abbiamo scoperto che il re, il libro di carta, scomunicato tante volte, è ancora vivo», ragiona l’editore e Cavaliere del Lavoro Stefano Mauri, presidente e ad di GeMS e vicepresidente di Messaggerie Italiane. «Facciamo tesoro delle lezioni del lockdown per guardare avanti». Guardare al futuro dell’editoria significa anche guardare al futuro di Milano che ne è la capitale italiana e fare il punto sul mestiere del libraio in una giornata, come oggi, che vede per la prima volta lo storico Seminario della Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri, alla 38esima edizione, accorpare gli incontri in una sola giornata e farli online con oltre 1.000 iscritti da 27 paesi.

Mauri, come se la passano i libri?
«Hanno dimostrato una straordinaria resistenza. Milano poi non ha perso il suo primato perché qui si continua a vendere il 30 percento dei libri ma quello che è cambiato e in parte resterà è il modo di comprarli: ora si preferisce farlo online e nelle librerie di quartiere. Le grandi catene sono quelle che nell’ultimo anno hanno sofferto di più per ché sono cambiati i flussi di persone».

II digitale ha fatto da traino per le vendite, in prospettiva ha anche trasformato il modo di approcciare libro e autori?
«Il 2020è stato un anno ad alto tasso di emotività. Il settore ha fluttuato tra la paura in aprile, quando eravamo tutti spiazzati dal Covid, a un cauto ottimismo a giugno e dopo l’estate con il bel riconoscimento dei libri come “beni essenziali”. Gli e-book insieme a gli acquisti online sono andati in primavera, ma — appena è stato possibile — c’è stato il ritorno in libreria Questo ci fa dire che il caro vecchio libro di carta, il re dell’editoria, non se la passa male. E che e-book e audiolibri sono solo
modi diversi con cui approcciamo la lettura. Quindi in futuro non si tratta di cambiare il modo di ragionare intorno ai libri ma sfruttare al meglio le lezioni che abbiamo imparato».

Cosa ha tolto e cosa ha dato alla comunità dei lettori questa pandemia?
«Ci ha tolto il rapporto dal vivo con gli autori, che ora è mediato dalla tecnologia. Milano è stata molto colpita dal virus, stava vivendo una sorta di rinascimento e ora dovrà ridisegnare la sua mappa, ma dal punto di vista tecnologico si è fatto un salto in avanti di 5 o 6 anni».

Parlando di chi consiglia e vende i libri: cosa fa di un libraio un buon libraio?
«Posto che l’abitudine a comprare online si affiancherà al piacere di andare in libreria, ora più che le grandi librerie si cercano quelle medio-piccole. I librai che hanno vinto in questa fase sono quelli al centro di una comunità, che vantano un rapporto di fiducia con i clienti e che, piuttosto che sui social, li hanno contattati in modo diretto su whatsapp con consigli e iniziative. Questo approccio funzionerà anche nei prossimi anni».

Come sono cambiati i lettori?
«I lettori sono aumentati dal 57 al 61 per cento, e questa differenza è data soprattutto da lettori di ritorno. Un bravo editore deve riuscire ad allargare il più possibile questa platea. I 60-70enni in Italia leggono meno che all’estero, mentre i giovanissimi sono già lettori forti anche in Italia».

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