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Maldarizzi: Il Post Coronavirus peggio del Dopoguerra

03.01.2021

“Il post Covid sarà peggio del Dopoguerra”. Il Cavaliere del Lavoro Francesco Maldarizzi è il titolare della Maldarizzi Automotive S.p.A., una delle più importanti concessionarie auto del Mezzogiorno, componente del Comitato Esecutivo di Federauto e Presidente di Assomotorizzazione di Bari e provincia. Dal suo osservatorio riesce a intercettare in anticipo la direzione dell’economia e della società e non usa mezze misure per tratteggiare il futuro. «Nel Dopoguerra c’era un Paese da ricostruire sulle sue macerie, la pandemia è arrivata nel bel mezzo di una crisi già in atto. Il Recovery Fund potrà essere il nostro Piano Marshall ma a condizione che sia utilizzato per investimenti, infrastrutture e opere pubbliche. Se lo buttiamo via in assistenzialismo firmiamo la nostra condanna a morte».

E il Covid è piombato in un periodo in cui il settore auto era già sofferente.
«A marzo il lockdown ci ha sorpreso mentre ancora ragionavamo su due mesi consecutivi con il -7% di immatricolazioni».

Ma poi è arrivata la rottamazione, che ora viene rinnovata per il 2021. È soddisfatto?
«Direi di no. Il settore automotive in Italia vale oltre il 10% di Pil, è la prima filiera del Paese. Da luglio a ottobre abbiamo registrato una buona ripresa, abbattendo fortemente le Cig e in parte ringiovanendo il parco. Poi sono finiti i soldi stanziati. Ora il governo ha rifinanziato la misura ma di fatto non andremo oltre febbraio».

Lo sa che così si espone alle critiche di chi giudica uno spreco questi aiuti pubblici?
«Lo Stato dalle rottamazioni ci guadagna. È una storia consolidata, anche per
gli anni pregressi. A fronte di 450 milioni di euro di incentivi, all’Erario sono rientrati oltre 600 milioni».

Come?
«Ad esempio, l’incentivo rottamazione per un’auto del valore medio di circa 20mila euro è di massimo 2mila euro. Ma lo Stato incassa il 22% di Iva, il 13% di tasse di immatricolazione e circa 300 euro di Ipt».

E che dice delle critiche ecologiste? Più auto, più inquinamento. E proprio mentre il mondo va verso la sharing economy, la condivisione piuttosto che il possesso.
«A Roma durante il lockdown di marzo e aprile i livelli sono rimasti invariati nonostante la circolazione quasi inesistente. Quindi la colpa non è solo dell’auto. L’Italia è il Paese con il parco auto più vetusto: sa quanto inquinano 25 milioni di veicoli che non superano gli standard Euro6? Un disastro. E sul fronte della sicurezza, vogliamo mettere a confronto, ad esempio, i dispositivi di una vecchia Punto di 15 anni con una Panda di ultima generazione? Qual è il costo sociale occulto, a carico del sistema sanitario e quindi di tutti noi, di un parco auto circolante con queste caratteristiche disastrose?».

Ma queste cose le avete spiegate al governo?
«I vertici della pubblica amministrazione e della politica queste cose le conoscono. E conoscono anche l’altra faccia della medaglia: l’occupazione.120mila addetti solo nella distribuzione ufficiale, oltre l’indotto. Se non posso contare su almeno dodici mesi di incentivi, come faccio a evitare la Cig per i miei dipendenti? Altri soldi pubblici, no? Invece con una misura di ampio respiro, al contrario, potrei assumere e formare giovani».

Perché non investite sull’innovazione? La pandemia ha dato impulso all’e-commerce.
«Ci siamo anche noi, e da tempo. Abbiamo imparato a servire il cliente attraverso il web in ogni modo possibile ma il nostro settore per molti anni non potrà essere totalmente on line».

Ma il web ha portato, tra le tante novità, anche quella della condivisone delle auto, per viaggiare o anche solo per spostarsi dentro una città: comprare un’auto è fuori moda?
«La pandemia ha portato a una dinamica esattamente opposta, che probabilmente durerà molto tempo. L’auto propria è un mezzo igienicamente sicuro per uso personale o anche per viaggi di lavoro, a discapito dei mezzi pubblici».

Che cosa ha da rimproverare ancora allo Stato sulle partite Iva?
«Noi non rimproveriamo nessuno, ci limitiamo a sottolineare la realtà. Guardiamo all’Europa, no? Beh, siamo l’unico Paese che non prevede importanti ammortamenti sull’auto e la deducibilità dell’Iva. Solo in Italia il limite è di poche migliaia di euro. Nel resto d’Europa o è per il totale importo o con soglie che vanno anche a 50mila euro».

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