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L’imperatore cresciuto in orfanotrofio così Del Vecchio ha imparato a far da sé

06.06.2022

In tutte le storie, nelle biografie dei capitani di industria come nella vita delle aziende, c’è sempre un momento topico un piccolo episodio che finisce per dare il senso a tutto il racconto. Nel nostro caso quel momento arriva quasi alla fine del libro. La scena è ambientata a Cernobbio, sulla ghiaietta del parco di Villa d’Este, quella che le telecamere inquadrano almeno una volta all’anno affollata di banchieri, politici e giornalisti per il convegno  Ambrosetti. Questa volta invece ad animare la scena sono i vertici di Luxottica, la multinazionale dell’occhiale fondata da Leonardo Del Vecchio nel 1961 e ormai diventata leader mondiale nel settore della vista. È l’estate del 2014, l’occasione è la convention annuale del gruppo.

Bilanci, progetti, analisi: al termine della giornata l’amministratore delegato Andrea Guerra riceve un biglietto riservato. Apre e legge: «Grazie di tutto». La firma è quella di Del Vecchio. Con cortesia, il fondatore ha licenziato il ceo. Il nodo è tutto in quel biglietto: quanto capitalismo familiare è in grado di delegare ai manager?

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Articolo pubblicato il 4 Giugno da La Stampa

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