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Intervista A Giuseppe Vicenzi: «Così ho dettato legge allo Stato con gli amaretti e i savoiardi»

29.11.2021

Nel suo intrepido viaggio verso il traguardo del 90° compleanno, che taglierà fra sei mesi (il 30 maggio 2022, per l’esattezza), Giuseppe Vicenzi, sponsor unico della monumentale stella cometa di Natale sbucata dall’Arena e caduta nel bel mezzo di piazza Bra, continua ad applicare lo schema di vita imparato all’età di 5 anni, quando suo padre Angelo gli metteva sotto i piedi una cassetta rovesciata per consentirgli di arrivare all’altezza del bancone da pasticciere e di esercitarsi nella stampa delle sotosóra. «Lei non sa cosa sono le sotosóra? Strano. Le frolle con il buco. Sotto, lo strato di pasta intero; sopra, lo strato forato; in mezzo, la marmellata all’albicocca, visibile dall’oblò». Lo schema è questo: arriva in azienda a San Giovanni Lupatoto, alle 8.30, al volante della propria Audi Q5 («da qualche tempo alle 9.30, parché son vècio»); alle 13 ritorna per a Verona, nella casa ai piedi di Castel San Pietro; alle 15.30 rientra in stabilimento, dove si trattiene fino alle 19.30, quando è costretto ad andarsene perché si spengono le luci degli uffici. «Fasso mal? Me godo cossi!». Unaroutine divenuta ancora più stringente da quando è mancata la consorte Gianfranca Savoia, che aveva sposato nel 1968 e dalla quale ha avuto tre figlie: Giuliana, che vive a Londra e dirige l’export dell’industria dolciaria, Valeria e Beatrice, professioniste e mamme una a Milano e l’altra a Verona. «Mia moglie scriveva per L’Arena, quando la conobbi. Poi fu assunta dal Gazzettino a Venezia». L’antico tran tran casa-lavoro ha subìto una battuta d’arresto dopo che il patriarca s’è cimentato in una partita di tennis con Pietro, 12 anni, il più giovane dei suoi otto nipoti. «Ho rincorso una palla in retromarcia e son strabucà». Frattura di radio e ulna del braccio sinistro. Intervento chirurgico. Il che lo costringe a farsi scarrozzare dall’autista. Il martedì si è presentato al Quirinale con un tutore ortopedico per ricevere dalle mani del presidente Sergio Mattarella le insegne di cavaliere del lavoro; il venerdì l’aveva già buttato via ed era tornato a esercitarsi in ciò che gli riesce meglio. Nel lavoro, appunto. L’ultima delle sue 170 specialità è il Grisbi mignon ripieno di crema dei Baci Perugina. «Guardi, in pochi giorni se ne sono già occupate 84 testate», gongola, esibendo la rassegna stampa. In ogni scatola ha voluto inserire gli aforismi che hanno reso famoso il cioccolatino di gianduia, granella di nocciola e cacao fondente inventato a Perugia da Luisa Spagnoli un secolo fa. «Alcune consumatrici ci hanno telefonato per sapere se si potranno collezionare. E come no!». Apre una confezione. «Ecco qua: “Ci sono vizi che confinano con la virtù”. Seneca». Si chiamava Seneca – non Lucio Anneo, maestro di retorica nell’antica Roma, bensì Federico- anche il grafico pubblicitario che ebbe l’idea di racchiudere frasi d’amore nell’incarto dei Baci Perugina.

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Articolo pubblicato su L’Arena il 29/11/2021

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