Menu

Intervista a Antonio D’Amato: «Commissione talebana: sfascerà la nostra industria». «La Ue talebana sull’ambIente è un pericolo per la salute»

12.06.2023

Già presidente in Confindustria. Ma Antonio D’Amato da imprenditore cosa fa?

«Imballaggi per l’industria alimentare da 60 anni. Proteggiamo l’integrità degli alimenti, la salute di chili consuma e la salvaguardia del pianeta. Leader in Europa e nel mondo in innovazione (materiali, processo e prodotto) e sostenibilità. Quartier generale ad Arzano (Napoli), 14 piattaforme produttive fra Italia, Germania, Gran Bretagna, Portogallo e Stati Uniti. Esportiamo in tutto il mondo».

Ogni giorno loo milioni di consumatori maneggiano i suoi prodotti…

«Abbiamo iniziato con gli imballaggi per gelato. Quando un nuovo prodotto viene ideato, noi sviluppiamo il packaging su misura. Le prime coppette, il cornetto, il Calippo, gli incarti per ghiaccioli. Oggi siamo partner dei più importanti player mondiali nel packaging di gelato, caffè e bevande. Alimenti in genere».

Abito a due km da Sammontana.

«Amici e clienti fin dai tempi di Renzo e Loriano Bagnoli».

È anche presidente dell’European Paper Packaging Alliance… cioè?

«Una filiera innovativa e sostenibile. Produciamo packaging di carta e riforestiamo. Per ogni albero tagliato ne piantiamo almeno tre. Le nostre foreste certificate assorbono ogni anno il 20% della CO2 prodotta in Ue. La massa verde in Europa, Stati Uniti e Canada è più estesa di quanto non fosse due secoli fa. Sa che ogni dieci anni la superficie boschiva europea cresce di un’area estesa come la Svizzera?».

L’economia circolare di cui i verdi straparlano…

«Il nostro prodotto è fatto di materie prime rinnovabili. Riciclatili e riciclate. Ma sul serio. Nel 2019 abbiamo superato la percentuale di riciclo dell’imballaggio in carta dell’86,5%. Il target previsto dalla Commissione Ue per il 2023 era 85%. L’Europa è l’area di maggiore sostenibilità al mondo».

L’Italia?

«Abbiamo fatto più di tutti. Da ex presidente Confindustria sono orgoglioso della creazione del consorzio Conai per il recupero e il riciclo dei rifiuti. Un modello per tutti gli altri».

Ma In Europa cosa hanno in testa a proposito di imballaggi?

«Smantellare 3o annidi collaborazione virtuosa fra istituzioni europee, Stati membri ed imprese. Noi, l’economia circolare l’abbiamo realizzata rafforzando la nostra competitività, investendo miliardi (miliardi!) di euro per differenziare, raccogliere, riciclare i rifiuti e dare nuova vita ai materiali recuperati con il meglio della tecnologia. Anche sulla plastica si stanno ottenendo risultati importanti con l’impegno delle industrie delle bevande e delle acque minerali. Ma con questa bozza di regolamento andiamo incontro non solo ad una battuta d’arresto, ma ad una vera e propria inversione di marcia. E c’è di peggio…».

Ah!

«24-25 atti delegati consentiranno alla Commissione Ue di introdurre ulteriori regolamentazioni e proibizioni senza che il Parlamento europeo e ivari Stati possano fare alcunché. Unvero sfregio alla democrazia rappresentativa. Già abbiamo visto cambiamenti di rotta improvvisi. Una bozza di direttiva – di per sé strumento più flessibile – che diventa un regolamento immediatamente esecutivo e quindi più rigido».

Che mondo sarebbe quello che hanno in testa questi qua?

«Insostenibile! Figlio di una visione che punta alla deindustrializzazione. Rinunceremmo alle conquiste del progresso, alla qualità della vita, alla tutela del consumatore, agli standard di sicurezza e di salute. Torneremmo a ciò che eravamo nel dopoguerra coi cibi sfusi. Si acquistava ciò che si consumava. E ciò che non é venduto o consumato subito, va buttato. Il cibo sfuso non lo trasporti, non lo esporti, non lo importi, non lo conservi. Aumenterà lo spreco alimentare e i rischi per la salute. Perderemmo competitività, posti di lavoro e benessere sociale. Comprometteremmo la tenuta politica ed istituzionale dell’Europa».

Niente insalata nel sacchetto lavata e porzionata!

«Non solo quella. Hanno in testa l’ideologia del cibo a chilometro zero. La Cirio nasce in pieno Ottocento come industria di conserve alimentari che rende fruibili pomodoro e frutta anche fuori stagione. Il packaging ti dà il giusto porzionamento. Aumenta la shelf life (vita sul banco, ndr.) del prodotto. Sprechi eliminati e costi abbassati. Mi perdoni, ma lei sa quali sono le vere priorità del pianeta?».

No!

«Primo, dare da bere e da mangiare ad una popolazione mondiale in continua crescita. La Fao ci dice che il water stress è l’emergenza numero uno. Lo spreco alimentare rappresenta i130% della produzione di cibo ed il 10% della CO2 mondiale. Per dire, l’intera produzione di CO2 in Ue vale i17-8%. Senza l’imballaggio aumenterebbero spreco e CO2. Il packaging consente il trasporto del cibo alle popolazioni affamate. Se fai guerra al packaging, di fatto la fai a ciò che sta dentro. Poi c’è la protezione della salute del cittadino. Essenziale soprattutto in tempi di pandemia. Anche il packaging farmaceutico è essenziale. Si sognerebbe mai di fare una trasfusione con una sacca per il plasma riutilizzabile?».

Ma cosa c’è dietro questo delirio dirigista? Ad esempio, con il bando della produzione del motori a scoppio dal zo35 facciamo gli interessi della Cina…

«Una visione talebana e poco solida in termini di ragionevolezza e robustezza scientifica delle argomentazioni. La visione cammina sulle gambe di Greta Thumberg che prima si incatenava di fronte ad una centrale nucleare. Una volta dismesse, torniamo al carbone più inquinante e lei si incatena pure là, di fatto reclamando il nucleare. Importeremo le batterie dalla Cina, ma anche tutte le auto di questo passo. Gli Usa potranno difendersi evitando di importarle. L’Europa invece no. Corriamo il rischio di non produrre più vetture. Vedo poi l’opportunismo di qualche politico che pensa di cavalcare l’onda demagogica in vista delle prossime elezioni europee».

Dipenderemo ancor più dagli altri.

«L’Europa perde autonomia strategica. Le rinnovabili non ci daranno mai da sole l’energia che ci serve. Saremo dipendenti da Paesi africani instabili per le terre rare. L’Europa – la più avanzata al mondo quanto a sostenibilità – dovrebbe piuttosto esportare tecnologie, know-how ed infrastrutture per aiutare i Paesi emergenti ad implementare subito i migliori standard dell’economia circolare. L’unica che rende compatibili sviluppo economico e salvaguardia del pianeta. Invece smantelliamo uno dei sistemi più solidi ed avanzati al mondo».

Ma questa delirante bozza diregolamento europeo che fa la guerra al packaging e al riciclo dei rifiuti a che punto è?

«In piena discussione. Ma questo regolamento non colpisce solo il packaging. Ma tutto quello che questo racchiude. Alimenti, farmaci, tessile e cosmesi. Tutto è packaging. L’assunzione da cui partono per promuovere questo regolamento è la seguente. Testuale: cresce la popolazione, cresce il reddito pro-capite, crescono i consumi ma questi saranno un pericolo per il pianeta».

Ma è un incubo…

«L’impatto di questo regolamento non ètantoe soltanto sullafiliera del packaging, ma trasversalmente su tutte le filiere economiche, agricole e industriali. La più importante è la filieraagroalimentare di Paesi come Italia, Spagna, Francia, Germania e Polonia. Quella italiana è la più importante in termini di tecnologia ed export. Un provvedimento che impatta sugli imballaggi e sul prodotto confezionato».

Se lei fosse ancora in Via dell’Astronomia quale sarebbe la posizione di Confindustria a proposito di Giorgia Meloni, Mes e riforma del Patto di stabilità?

«Non me la faccia così la domanda, perché non le rispondo».

Ci riprovo. La sua visione di Europa è quella di una confederazione di Stati che cooperano. Non un Super Stato che dirige dall’alto.

«La geopolitica è in disordine. Serve un’Europa forte perla governance del pianeta. Una politica estera forte, una difesa reale ed una politica del commercio estero univoca e coordinata. Ma per fare questo servono valori forti. Un’identità europea che abbiamo rinunziato ad affermare al momento della redazione della carta costituzionale europea. Serve una strategia di politica industriale che renda l’Europa protagonista. Altrimenti rischiamo il collasso politico e sociale dell’Ue. E dituttele strutture istituzionali oggi esistenti. Non la teniamo proprio insieme. Quanto alla sua domanda su Mes e Patto di stabilità, dico che l’emergenza ora è fermare il delirio distruttivo di intere filiere e settori voluta dalla Commissione».

Interdire Timmermans, insomma!

«Il Patto di stabilità va ridiscusso. Dobbiamo rimettere al centro la manifattura.350 annidi storia economica ce lo insegnano. Senza manifattura competitiva non c’è ricerca. Niente innovazione. Zero investimenti. Niente benessere e niente equità sociale; indispensabili per salvaguardare pace e stabilità».

La postura dell’Italia in Europa la convince?

«Sta ricominciando a dire la sua in maniera più convinta. Una postura, parola che non mi piace sia chiaro, più autorevole. Siamo comunque la seconda manifattura del continente anche se non abbiamo imprese grandissime».

L’Italia post pandemia cresce più dell’eurozona al contrario del passato. Che spiegazioni si dà e ci dà?

«Capacità di resilienza e di competere che da noi è forte. Quando un sistema globale, fatto di catene del valore consolidate, si rompe, l’imprenditorialità italiana fa premio. Esprimiamo capacità di reazione e di innovazione che altri non hanno. il tessuto industriale italiano è differenziato e diversificato. Una forte leadership internazionale parte da qui».

Leggi l’articolo

Articolo pubblicato il 12 giugno 2023 da “La Verità”

SCARICA L'APP