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Giuseppe Lavazza. L’accoglienza in un caffè: da Lavazza l’asilo è formazione

30.09.2023

Articolo pubblicato il 30 settembre 2023 da “Avvenire L’Economia civile”

 

Può oggi un’azienda essere “solo” un’azienda, un’entità che guarda esclusivamente a numeri, mercato, profitto? In questi anni in cui emerge e si rafforza una consapevolezza nuova, l’attenzione verso il bene comune diventa per molte imprese impegno quotidiano e anche un elemento che rinsalda legami sia tra i lavoratori che con i propri consumatori. È così per Lavazza, la storica azienda torinese leader nel settore del caffè, che declina il suo coinvolgimento in termini di sostenibilità su quattro pilastri: parità di genere, lavoro dignitoso, cambiamento climatico e produzione responsabile. «Un’azienda come la nostra non può non essere inserita nel contesto e nei programmi sociali del Paese e del mondo in generale – sottolinea Veronica Rossi, che per Lavazza ricopre il ruolo di Senior sustainability manage.

Ammetto che anche da consumatrice, per quanto riguarda la scelta di un prodotto, faccio molta attenzione a come un’impresa si muove sul fronte sostenibilità». Anche una tazzina di caffè, insomma, oggi è qualcosa di più: basti pensare a quello che ruota intorno alla coltivazione delle piantagioni nei Paesi produttori. Oggi i programmi della Fondazione Giuseppe e Pericle Lavazza contano 33 progetti, di cui beneficiano oltre 180mila coltivatori di caffè in 20 Paesi e 3 continenti: si punta non solo a migliorare le rese produttive e la qualità del caffè, ma anche a promuovere le condizioni di vita dei piccoli produttori, valorizzando il lavoro delle donne e coinvolgendo le nuove generazioni. Inoltre, vengono effettuati periodi di formazione e introdotte nuove tecniche per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. «Tra questi interventi rientra A cup of learning, il programma di formazione rivolto ai giovani in cerca di opportunità lavorative nel mondo del caffè, in particolare quelli che provengono dai gruppi sociali più fragili», spiega ancora Rossi. Per il secondo anno di fila, il programma è stato premiato dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Acnur) con l’assegnazione del logo Welcome.

Working for refugee integration, assegnato alle aziende che si sono contraddistinte per aver favorito l’inserimento lavorativo delle persone beneficiarie di protezione internazionale e per la promozione di una società inclusiva. «La spinta per A cup of learning è stata del presidente Giuseppe Lavazza, che ha avuto l’idea di utilizzare la nostra rete dei centri di formazione per trasmettere conoscenze ai giovani – spiega Rossi -. È stato bello vedere il coinvolgimento dei colleghi formatori, tornati arricchiti da questa esperienza che rafforza i legami in azienda. E poi, ovviamente, osservare le conseguenze positive per i beneficiari». Il programma prevede due diversi percorsi, il primo per fornire conoscenze metodologiche per poter valutare la qualità di un caffè sotto diversi punti di vista, il secondo per offrire formazione sulle tecniche di macinazione e sul funzionamento delle macchine per l’espresso. Dal 2017 a oggi, sono oltre 3801e persone che hanno beneficiato del programma in 16 Paesi. «Da quando abbiamo iniziato, abbiamo capito che per realizzare questo tipo di progetti bisogna anche affidarsi a entità forti che già lavorano sul territorio – fa notare Rossi -. Noi siamo partiti collaborando con Save the children a Calcutta e nel tempo abbiamo ampliato i corsi, partendo da quello che sappiamo fare, ovvero selezionare le miscele di caffè.

Abbiamo coinvolto ad esempio i figli dei piccoli produttori, ragazzi che magari non volevano continuare il lavoro dei loro genitori, ma che in molti casi grazie a questo programma hanno cambiato idea. Da qui si è poi sviluppato il filone di interventi insieme all’Acnur, che ci ha fatto entrare in contatto con ragazzi beneficiari di protezione internazionale, che formiamo direttamente a Torino, così come abbiamo sviluppato una partnership con San Patrignano, coinvolgendo alcuni giovani ospiti della Comunità nel percorso “Essere Barista”». Lo stesso percorso è al centro del progetto A.A.A. – (Tripla A) – Accoglie, Avvicina, Accompagna, che ha origine nel quartiere Aurora di Torino a favore dei giovani richiedenti asilo e dei ragazzi italiani più vulnerabili, che puntano a ottenere la professionalità necessaria a trovare lavoro in bar e locali. Ai partecipanti, Lavazza ha proposto anche un periodo di tirocinio e di borse lavoro presso i locali partner del progetto. Tra i giovani coinvolti, la peruviana 20enne Marcela, che oggi lavora per Amen Bar, caffetteria all’interno dei magazzini Dora; Christian, 29enne originario della Costa d’Avorio, che ha potuto iniziare un periodo di tirocinio presso la storica Pasticceria Mazza; Samuel, giovane individuato da Rete italiana di cultura popolare, che dopo il tirocinio in Lavazza ha visto aprirsi l’opportunità di sviluppo professionale come coffelier (specialista di tutto ciò che concerne il caffè) presso lo stesso Museo Lavazza.

Lavazza ha effettuato corsi di formazione anche a Londra, dove l’azienda torinese è sponsor della squadra di calcio dell’Arsenal. In particolare, nella capitale del Regno Unito sono stati coinvolti alcuni giovani della comunità di North London, che in due settimane di lezioni hanno potuto apprendere le abilità necessarie per diventare baristi, sostenendo anche uno specifico esame. Sempre sul tema della sostenibilità, di fronte all’Emirates Stadium a febbraio è stata inaugurato il murale Learn to Dream, prima espressione artistica delle iniziative rivolte alla comunità locale da parte dell’azienda torinese. «Il nostro impegno su questo fronte continua, tanto che a fine autunno abbiamo in programma di inviare 20 colleghi in Guatemala, Ruanda e Colombia per seguire i progetti sul campo e aumentare ancora di più il senso di consapevolezza sul nostro lavoro e sull’importanza del fare squadra», sottolinea ancora Rossi, che evidenzia anche un altro aspetto: «Con le altre aziende del settore, sulla questione sostenibilità noi lavoriamo in ottica precompetitiva. Siamo cofondatori dell’iniziativa CoffeeeClimate insieme a Starbucks, lavoriamo insieme a Nespresso in Brasile per la tutela delle risorse naturali. Insomma, al di là della competizione sul mercato, il mondo è uno solo, è inevitabile che sia così».

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