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Giugiaro, il genio della porta accanto

20.03.2021

Il Cavaliere del Lavoro Giorgetto Giugiaro e il designer per tutti e di tutti. Non ha disegnato auto stravaganti o da sogno, ma le auto che gli italiani hanno parcheggiato sotto casa negli ultimi cinquant’anni. Questo lo rende un personaggio familiare, non solo per la celebrità del suo nome, ammirato e ascoltato nel mondo. Ci ha lasciato l’Alfasud e la Panda, la Uno e la Punto, ma anche l’Alfa Romeo Gt, che magari non avevamo ma desideravamo. È il genio della porta accanto».

A parlare, e a entusiasmarsi, è Giosuè Boetto Cohen, autore di un volume appena pubblicato da Libreria Automotoclub Storico Italiano: Il giovane Giorgetto. Come si diventa il car designer del secolo. La grande novità, che rende il libro tanto originale e insieme godibile, è il fatto che non si tratta dell’ennesima biografia o catalogo ragionato di un’attività pluridecennale, straordinaria negli esiti e nei riconoscimenti internazionali.

Il giovane Giorgetto è un romanzo, anzi una sorta di autobiografia in forma di romanzo, frutto di una conoscenza ultradecennale con il grande designer, cui sono seguiti assidui confronti nell’ultimo anno e «una fondamentale condivisione con Giuliano Molineri, cugino, amico e poi manager nell’Italdesign di Moncalieri».

L’io narrante è lo stesso Giugiaro, oggi 82enne, che racconta se stesso e la sua famiglia attraverso i decenni, a partire dal nonno e dal padre, pittori a Garessio. Segue la vita a Torino (gli studi, la Fiat, Bertone, il successo…). «È la storia di un ragazzo che viene dal nulla, e che dalla provincia più profonda percorre una scalata strepitosa nella sua rapidità», spiega Boetto Cohen. E quindi un libro che può parlare a molti, in particolare ai giovani: «Spero che possa dare risposte a chi si chiede che cosa fare da grande, in anni così difficili. La vita di Giugiaro è davvero una lezione per giovani in gamba». Qual è stata la forza del giovane Giugiaro, capace di trasferirsi a 15 anni, solo, in una Torino sconosciuta per studiare pittura di giorno e frequentare le scuole serali San Secondo per apprendere il disegno tecnico? «Vocazione e sperimentazione, una coscienziosa gavetta e, al momento giusto, un po’ di ambizione», scrive Boetto Cohen.

«Ma aggiungo alcuni elementi, fondamentali», spiega ancora: «Prima, il rapporto con il padre, che trova le parole e l’approccio giusto per convincere il figlio a non ripercorrere le orme di famiglia, facendo il pittore, ma lo convince a disegnare pensando al mondo moderno. Giorgetto, quindicenne, accetta il suggerimento con rispetto e coraggio. E nei primi anni 5o parte per Torino, città in cui non era mai stato e che scoprirà davvero solo a trent’anni. E una grande prova di umiltà e di maturità». Un altro elemento che emerge è la fortuna di incontrare (e la capacità di riconoscere) i suoi possibili maestri. Chi sono? «Intanto il pittore Golia, straordinario personaggio torinese, maestro eclettico che gli insegna di tutto, soprattutto la curiosità e il guardare oltre.

Poi c’è la Fiat, la sua università per 4 anni, dove però non esistono i designer ma sono gli ingegneri a progettare. E infine Nuccio Bertone, l’uomo che lo rende veramente grande e nella cui azienda, nel giro di poche settimane e a soli 22 anni, disegna l’Alfa Romeo woo Sprint». Poi le collaborazioni, in particolare con Aldo Mantovani, il tecnico con cui Giugiaro porta al successo mondiale l’Italdesign. Una vita appassionante, come la sua biografia. Fatta anche di incontri straordinari, come quelli inevitabili con Gianni Agnelli: «Con l’Avvocato si parlava di arte, di mostre, di aste e più volte ebbi l’impressione», confessa il giovane Giugiaro raccontato da Boetto Cohen, «che se invece di disegnare scatolette di ferro avessi fatto il pittore astratto, o i ritratti dei grandi, come Van Dyck o Modigliani, le mie chiacchiere lo avrebbero interessato di più».

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