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Gianfranco Dioguardi: Quando esistevano gli applausi…

25.03.2021

“Era, l’applauso, la consueta conclusione di qualsiasi manifestazione nella quale una compagnia teatrale, un’orchestra ma anche soltanto un relatore intrattenevano degli spettatori o anche dei semplici ascoltatori. Si trattava dunque di eventi che potevano assumere le connotazioni più diverse: concerto od opera di teatro, lezione universitaria, conferenza pubblica, discorso politico o sindacale – e sempre l’applauso del pubblico sanciva approvazione e successo mentre la sua assenza, magari evidenziata da fischi, ne decretava il fallimento. Comunque, l’attesa dell’auspicato gesto corale dell’applauso stimolava i protagonisti, indotti di conseguenza ad adeguare la loro esibizione ai sempre mutevoli umori del pubblico. Così l’evento si svolgeva nella costante interazione fra l’artista o il conferenziere e il pubblico presente – un’interazione in grado di generare uniche e propositive tensioni che rendevano lo spettacolo attivamente condiviso da tutti i partecipanti – un vero vivente «sistema» globale, pulsante e in grado di superare le singole individualità”.

Così il Cavaliere del Lavoro Gianfranco Dioguardi introduce una riflessione sulle regole di quell’ ordine nuovo che la pandemia sta delineando. E lo fa, non senza rammarico, osservando il venir meno di quella creatività emozionale propria di ogni interazione umana. Nell’editoriale, attraverso i riferimenti a Raymond Radiguet (1903-1923), autore francese de Il diavolo in corpo e a Gianni Rizzoni, scrittore e autore dell’Agenda Letteraria, Dioguardi mette in luce come l’applauso, lontano dall’essere un mero esercizio muscolare, sia metafora di vicinanza, di empatia e di propositive tensioni.

Leggi l’editoriale su La Gazzetta del Mezzogiorno

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