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Benetton, sostenibilità è tema obbligatorio per le imprese

13.06.2022

La sostenibilità? Per Alessandro Benetton, presidente della holding di famiglia Edizione, intervenuto domenica 5 giugno al Festival dell’Economia di Trento nel panel «L’impatto della sostenibilità sul mondo della finanza e dei mercati», in dilago con il giornalista del Sole 24 Ore Gianfranco Ursino, è un «tema obbligatorio».

Lo è nella misura in cui «l’azienda che non risponde a questo tipo di sfida potrebbe essere un’azienda che non ha futuro». Nel sottolineare questo Benetton ha riproposto la teoria dell’economista Michael Porter, da lui totalmente condivisa, del share value ricordando però che «il primo incontro con il concetto di sostenibilità» lo ha avuto «grazie ad Al Gore» che sul piatto ha messo subito una questione chiave: rendere «conveniente» la tutela dell’ambiente. «Se un’impresa vuole sopravvivere deve fare questi cambiamenti», ha sottolineato.

Lui con 21 Invest li ha fatti ed ora è determinato ad applicare lo stesso approccio in Edizione. «Le cose nella vita è più importante farle che raccontarle. Noi, io e miei cugini, crediamo nel tema della sostenibilità e intendiamo spenderci per questo ma lo faremo riconfermando quelli che sono stati i valori dei padri fondatori. Ossia una propensione al rischio e alla crescita. Il concepire il fare impresa come un obbligo. Avendo fiducia del futuro». Benetton non si è sottratto nemmeno quando è stato chiamato a parlare nuovamente della tragedia del Ponte Morandi: «Sul Morandi c’è un pensiero profondo che si unisce al dolore. Con i miei cugini vogliamo scrivere un nuovo capitolo, un nuovo libro rimanendo fedeli alle tradizioni. È il momento di lavorare a testa bassa». Di uscire, «dalla zona di comfort», perchè tra l’altro «è nella discontinuità che di creano le migliori opportunità». E questa è certamente una fase di discontinuità, come ha sottolineato anche Livia Pomodoro, tra le altre cose anche titolare della prima cattedra Unesco alla Statale di Milano: «Siamo in una contingenza molto particolare, abbiamo alle porte una guerra, arriviamo da un momento di stasi complessiva e allora mi chiedo: le imprese fino a che punto sono consapevoli che questa è la nuova frontiera?»

Nella sua ottica, «c’è un passo di consapevolezza» e ora non resta che attendere che «gli uomini di buona volontà» si rendano conto «che qualcosa si può fare purché si possa camminare insieme». Sulla consapevolezza Ezio Bassi, presidente di Telepass, ha potuto confermare che «come membro di cda di diverse compagnie l’approccio negli ultimi io anni è cambiato». Ora quest’attenzione c’è ed è condivisa. A proposito di strategie, invece, il presidente non ha escluso perla società «di volere ricorrere al mercato dei capitali». «Non abbiamo intenzione di quotarci, ma siamo una società ambiziosa e vogliamo crescere anche per linee esterne, qualora ci fossero opportunità», ha spiegato. «Tuttavia – ha poi aggiunto- nel nostro capitale abbiamo un fondo di private equity che prima o poi vorrà uscire, quindi cominciamo a lavorare oggi per essere pronti domani». La stessa logica che dovrebbe muovere chi oggi vuole sposare la causa della sostenibilità. E tra questi c’è anche il settore assicurativo, come ha confermato Alessandro Molinari, ad e dg di Ras Mutua: «Siamo particolarmente coscienti della questione climatica, l’industria assicurativa rendiconta questi rischi in modo significativo. Purtroppo c’è un aspetto: oggi la copertura assicurativa non è molto diffusa. il tema della lotta contro le catastrofi deve ancora essere sviluppato molto, soprattutto in Italia. Va fatto un passaggio di carattere culturale profondo». Passaggio che però, da solo non basta, Silvio Mignano, Ambasciatore d’Italia in Svizzera e in Liechtenstein, ha infatti commentato: «Il ruolo della cultura fino ad ora è stato superiore a quello dell’assetto normativo, forse se noi europei abbiamo commesso un errore è stato proprio quello di mettere le ideologie davanti a vita reale e pragmatismo». Un pragmatismo che invece Stefania Di Bartolomeo, ceo Physis Investment, rileva negli Stati Uniti: «Noi europei dobbiamo chiederci se la nostra regolamentazione così complessa sia efficace, non credo. Gli Usa, sebbene meno strutturati, hanno un approccio più pragmatico e efficace».

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Articolo pubblicato il 7 Giugno da Sole 24 Ore Festival dell’Economia

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