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Antinori è la migliore cantina del mondo

03.11.2022

Dieci anni e 26 generazioni dopo. Era i125 ottobre del 2012 e Piero Antinori, per tutti il Marchese, l’italiano del vino più noto al mondo, saliva uno a uno i gradini di una delle due grandi scale a ricciolo che dischiudono dal Bargino l’infinita emozione del vino. Dieci anni dopo questa cantina è salita sul tetto del mondo. È un successo che viene a corroborare un momento di flessione e di riflessione del nostro più prezioso prodotto agricolo: il vino. Stamani a Bruxelles la Commissione europea chiederà agli Stati, e quelli del Nord ne sono ben felici, dell’Unione di togliere i contributi alla promozione del vino perché lo si ritiene sostanza sospetta cancerogena, perché si pensa che l’alcol sia diseducativo.

DALL UE AL BRUNELLESCHI

Bisognerebbe che Piero o Albiera Antinori la maggiore delle tre figlie del Marchese (le altre sono Alessia e Allegra) che ora presiede un gruppo da oltre 26o milioni di fatturato, o Renzo Cotarella, grandissimo enologo, ma soprattutto motore dell’azienda come direttore generale accompagnassero Ursula von der Leyen su per quella scala e giunti al tetto che ospita 4,5 ettari di vigna a Sangiovese dicessero: guardi! La baronessa scoprirebbe che traguardando da li si vede la cupola del Brunelleschi, e il campanile di Giotto, ma oltre si scorge palazzo Vecchio e poi gli Uffizi. E forse sentirebbe la voce di Marsilio nano ripetere: «La materia non ha la forza in sé per darsi forma, è necessario perché ció accada che incontri l’anima e la manifestazione dell’incontro è la bellezza e il risultato è la qualità». È questo il manifesto del Rinascimento, mutuato da Plotino, ma questo è anche il credo degli Antinori che qui hanno costruito la più bella cantina del mondo per dare forma, con l’anima del vino e la loro anima, a un presidio di qualità assoluta. Glielo hanno riconosciuto oltre 500 intenditori di vino, sommelier ed esperti di viaggi e turismo che ogni anno votano la cantina più bella del mondo e il luogo dove l’enoturismo ha maggior valore.

IL PREMIO

Il premio si chiama World’s Best Vineyards e lo hanno assegnato ieri notte a Mendoza in Argentina dove l’Academy era riunita. Il premio è andato ad «Antinori nel Chianti Classico», cosi si chiama la cantina del Bargino. Albiera Antinori commenta: «Avendo seguito la sua costruzione fin dalle prime fasi, occupa un posto speciale nel mio cuore, oltre che un onore per la nostra famiglia e per tutta la nostra azienda, questo prestigioso premio appena ricevuto rappresenta un importante riconoscimento per tutto l’enoturismo italiano. Un movimento che negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale e che vede sul territorio italiano tantissimi esempi di grandissima eccellenza». Antinori nel Chianti Classico è il compendio di una storia che parte in Firenze dal 1385 quando Giovanni di Piero Antinori fu accolto nell’arte dei vinattieri. Queste terre (la vecchia cantina dove Giacomo Tachis il più grande enologo che l’Italia abbia mai avuto, per trenta anni direttore dell’Antinori, ha creato vini mito come il Solaia o il Tignanello stava a San Casciano in Val di Pesa) sono la radice della famiglia. Cosi Piero decise di realizzare al Bargino, saranno 5 chilometri da San Casciano, quest’opera d’arte di un nuovo Rinascimento. Ci sono voluti sette anni di studi e di lavoro perché si compisse l’opera svolta da Marco Casamonti, socio fondatore dello studio Archea Associati, con l’ingegnerizzazione di Hydea.

UNA SCULTURA

Antinori in Chianti Classico è una scultura, una sorta di alcova della natura, ha linee morbidissime, colori che sono quelli del Creato. E dal Creato sono tratti i materiali che la compongono: cotto, legno e corte. Intorno è foresta di ulivi, di lecci, è contrappunto di vigne. Trascorrendo l’Autopalio che da Firenze corre a Siena lungo la leggenda del Chianti Classico la cantina si scorge come un occhio socchiuso nel verde, come una finestra sul cuore della terra, come una goccia di luce poggiata sullo smeraldo del bosco. Dentro ci sono dei sancta sanctorum: la barriccaia, la tinaia, la collezione unica di quasi otto secoli di ceramiche e vasi per il vino, il romanzo degli Antinori. ll percorso di visita è insieme cognitivo ed emozionale, esperienziale e sensoriale fino a salire in vetta al tetto verde e sedere ai tavoli di Rinuccio n80 (Rinueeio è il capostipite degli Antinori) un ristorante dove la cucina toscana è partitura del territorio e i vini Antinori sono la sinfonia. Il paesaggio che da lí si gode è impagabile come la possibilità di degustare le bottiglie che al Bargino vengono prodotte: Pèppoli, Villa Antinori Riserva e, dall’annata 2015, il Vigna sul Tetto Chianti Classico Riserva. Sono tutti Chianti Classico Docg.

CLASSIFICA ILLUSTRE

A dare lustro al primato degli Antinori è la classifica: il primo dei francesi è un re dello Champagne Billecart Salmon (peraltro preceduto dalla bellissima cantina Ferrari di Trento che in fatto di vini spumanti non è certo secondo) che si piazza dodicesimo, al secondo posto c’è una cantina spagnola, al terzo una cilena, per trovare Napa Valley che del turismo del vino ha fatto un’industria si scende con Mondavi alla settima posizione. Un successo dunque planetario che dovrebbe convincere che il vino è cultura, ma chissà se la Von der Leyen lo sa. Ció che si sa è che Antinori è in grande crescita. Solo al seconda posto lo Champagne Billecart Salmon

IN CHIAROSCURO

Il fatturato 2021 è oltre 266 milioni, l’utile si è mantenuto cospicuo a 67 milioni quasi recuperando il prepandemia, gli investimenti sono massicci (75 milioni) e il patrimonio netto con quasi 3 mila ettari di terra è oltre 1,2 miliardi. Ma se Antinori è leader il vino italiano sta soffrendo. L’export si è contratto (per noi su 13 miliardi di fatturato di Bacco l’estero significa 7 miliardi) dopo i primi ottimi quattro mesi con un evidente rallentamento che porta il saldo ad agosto a 4 miliardi di vendite estere. E poi ci sono i costi diventati insostenibili con aumenti medi del 38% e il problema enorme delle bottiglie che non si trovano. Una consolazione? Sapere che i vini di pregio sono cresciuti di valore del 15,4% nell’ultimo anno e che a livello mondiale i rialzi maggiori in termini di rendimento per le bottiglie considerate bene rifugio sono stati dello Champagne (più 8,7%) e dei vini italiani (più 3,7%). Quasi inutile dire che tra queste ci sono almeno 4 etichette di Antinori.

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Articolo pubblicato il 2 ottobre da Verità & Affari

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