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Aldo Bonomi: «Ripagato lo sforzo per impresa e sviluppo»

20.12.2021

Lo stabilimento della Rubinetterie Bresciane Bonomi di Gussago, inaugurato nel 2014 in zona Mandolossa, presenta sin dall’esterno un aspetto razionale, capace di coniugare funzionalità ed estetica, ancor più evidente negli spazi interni. Qui il Cavaliere del Lavoro, Aldo Bonomi, trascorre le sue giornate dense di impegno, iniziando di buon mattino come succede normalmente per i capitani d’industria abituati a mantenere ben saldo il timone: più per l’intima soddisfazione di stabilire la rotta, affrontando in prima persona soddisfazioni e rischi della navigazione, che per bisogno o necessità di controllare i collaboratori.

Soprattutto in terra bresciana l’imprenditore respira, vive la fabbrica, con la quale è in profonda simbiosi. Figuriamoci un Cavaliere del Lavoro, un’onorificenza che gli è stata conferita dal Presidente della Repubblica nel 2013. Prendendo spunto da questo traguardo Bonomi ricorda che, da ragazzo, vedeva i Cavalieri del Lavoro come figure irraggiungibili, alle quali fare riferimento. Ricorda che i Cavalieri rispondevano ai nomi di Lucchini, Nocivelli, Beretta, di particolare risonanza nell’imprenditoria non solo bresciana. Per Aldo Bonomi non basta essere un bravo imprenditore per diventare un Cavaliere del Lavoro, è necessario che «dia il suo apporto anche alla collettività». E’ un riconoscimento che si aspettava di ricevere? «Non nascondo che iniziai a pensarci – spiega Aldo Bonomi – quando un imprenditore in procinto di ricevere il riconoscimento mi disse che avevo in tal senso più meriti di altri. Sino alla consegna e anche dopo, ho sempre considerato l’onorificenza uno stimolo, un obiettivo al quale tendere».

L’imprenditore, già presidente dell’allora Aib (ora Confindustria Brescia), parlando dei meriti che lo hanno portato all’ambito riconoscimento spiega che, probabilmente, «è stato riconosciuto l’impegno per far crescere l’impresa, creando lavoro e sviluppo» (oggi sono circa 700 i dipendenti delle aziende riconducibili a Bonomi Group), oltre a «quello posto a servizio dell’Associazione industriale». Ricorda, con orgoglio, che durante la sua vicepresidenza ha dato via ad Assoenergia, contribuendo al conseguimento di un vantaggio economico da parte di numerose aziende. Così come, durante il mandato da vicepresidente nazionale di Confindustria, la creazione di Retlmpresa ha rappresentato un servizio e un’occasione di crescita per le aziende del Paese. Sul risvolto sinistro della giacca gessata il distintivo verde e rosso del Cavalierato per il lavoro, analoghi gemelli spiccano ai polsi per chiudere la camicia bianca a far da pendant. Una dimostrazione del valore attribuito al riconoscimento. Bonomi sottolinea il positivo ruolo del compianto presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, in merito all’ottenimento dell’onorificenza. «Contrariamente a qualcuno che a Brescia remava contro – precisa l’imprenditore – il livello e il presidente nazionale erano molto determinati».

Parlando del lavoro, Aldo Bonomi dice chiaramente che «il lavoro è la sua vita». Con l’aggiunta che si considera «un uomo molto fortunato, perché quando lavora è contento, così come lo è quando è con la famiglia e quando sta con gli amici». Ricorda la fortuna di provenire da una grande famiglia, sentendosi in debito con mamma e papà per quanto hanno fatto. Elogia i tigli e riserva parole di affetto e stima per la moglie, Eliana, che gli ha permesso di lavorare intensamente e, come tutta la famiglia, gli ha sempre fatto respirare un’atmosfera serena.
Considera l’impresa casa propria, «un luogo piacevole dove mettere a frutto il talento». Sottolinea che non è il denaro la principale motivazione dell’imprenditore corretto, aggiungendo che si sente debitore verso le persone che con il proprio impegno hanno consentito la crescita dell’attività «Bisogna lavorare, guadagnare, investire, stare al passo della concorrenza, saper innovare continuamente», rimarca prima di lanciare un consiglio agli imprenditori con riferimento al loro ruolo sociale oltre che economico. «Bisogna coinvolgere di più i dipendenti, l’opinione pubblica – conclude il Cavaliere del Lavoro – serve un rapporto più profondo tra industria e scuola. I giovani devono conoscere meglio le aziende, vederle non solo un luogo dove si lavora ma dove si vive. Forse crescerebbero quanti sono innamorati del proprio lavoro. Per me è stato così, la mia grande fortuna è di essermi innamorato del mio lavoro».

 

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Articolo pubblicato su Brescia Oggi il 18/12/2021

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