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Montezemolo e la sua Ferrari

29.11.2021

Lo sguardo incollato al soffitto. Ricordi. Emozioni. Ansie. Non chiuse occhio tutta la notte. E quando l’avvocato si tirò su dal letto all’alba di un nuovo giorno andò incontro al suo destino. Era il 15 novembre del 1991. Trenta anni fa la storia prendeva un nuovo corso dalle parti di Maranello. Nasceva la Ferrari di Luca Cordero di Montezemolo. A 44 anni il manager bolognese diventava presidente della Ferrari. Racconta: «Trovai un’azienda in cui ogni due minuti mi si diceva:”Se fai questo, Enzo Ferrari si rivolterò nella tomba”. Non era vero, lui guardava sempre avanti. C’era un ambiente da liquidazione. Non dico che arrivai al punto di pensare di dover fare il liquidatore della Ferrari, ma certo non immaginavo di trovare un’azienda in quelle condizioni. Pochi mesi dopo il mio insediamento il New York Times pubblicò un articolo sulla Ferrari finita in cassa integrazione. L’ultimo mondiale di El vinto era datato 1979 e i piazzali erano pieni di auto invendute perché non più appetibili. Era un momento un cui si parlava di far fare alla Ferrari le cabine per i trattori». Montezemolo ricorda le difficoltà di quei giorni da uomo solo al comando di un’azienda troppo votata al passato che lui rivoltò come un calzino con grande coraggio e senso della sfida. Questo numero di Autosprint Gold Collection è il racconto di un’avventura che è entrata nella storia dello sport e del costume italiano. Una vita interamente intrecciata a quella di un’azienda e di una scuderia senza eguali al mondo. «I risultati non piovono dal cielo», spiega Montezemolo. I numeri della sua vita a Maranello sono sotto gli occhi di tutti. 118 Gp vinti, 14 titoli mondiali da Piloti e Costruttori, cui aggiungere i 5 da direttore sportivo degli Anni Settanta al fianco di Enzo Ferrari. Undici titoli consecutivi dal 1999 al 2004. E poi il rilancio industriale. Una parabola ascendente costante. «Dal 1993 in poi abbiamo sempre fatto meglio dell’anno precedente», sottolinea con orgoglio. Niki Lauda e Michael Schumacher i piloti del cuore dell’Avvocato. «Gli unici con cui il rapporto è andato oltre. Con Niki soprattutto. Insieme alla Ferrari, lui pilota sconosciuto e io giovanissimo direttore sportivo. Ci siamo sentiti sempre da allora, fino a pochi giorni dalla sua scomparsa, avvenuta due anni fa. Niki si fece mettere nella bara la tuta della Ferrari. Era stato proprio Lauda a contattare Schumacher per il primo affondo. Arrivò da noi al momento giusto. Anche con Michael avevo un rapporto forte, ma meno stretto di quello con Niki. Lo rendeva unico la grandissima attenzione ai dettagli, proprio come Lauda. Vincesse o perdesse era sempre un noi e mai un io». La Ferrari di Montezemolo ha resistito ai vertici in una costante ricerca spinta al futuro. È questo l’orgoglio dell’ex presidente. «Nello sport restare al top è più importante che vincere. Se conto i mondiali che abbiamo perso all’ultimo Gp…. Dal 2014 a oggi la Ferrari non è mai stata in lotta per il titolo fino all’ultima gara». Pareva una storia che non dovesse finire mai. L’addio del settembre 2014 sembrò brutale. «Mi fece molto male. Resta l’orgoglio d’aver lasciato un’azienda sana e vincente che ho gestito non da manager ma da imprenditore. La sera andavo a controllare se erano rimaste le luci accese». Montezemolo dice che il suo ultimo giorno a Maranello è stato uno dei più belli della sua vita. «Fui inviato a un brindisi d’addio. C’erano tutti, gli operai e le operaie della Ferrari in tuta. Le donne che piangevano. E ll parti a tutto volume “una lunga storia d’amore”, la canzone di Gino Paoli». I’Avvocato non riuscì a trattenere le lacrime.

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