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SINTESI IN PRIMO PIANO – 19 aprile 2021

In evidenza sui principali quotidiani :

– Covid, un pass per l’estate sicura
– Recovery, cabina di regia a Palazzo Chigi
– Crisi dei consumi: acquisti ai livelli di 24 anni fa
– L’Ue avverte Mosca: Navalny va liberato
– Clima, svolta fra Usa e Cina

PRIMO PIANO

Politica interna

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Guerzoni Monica – Sarzanini Fiorenza 
Titolo: Un pass per l’estate sicura – Autocertificazione, tessera sanitaria oppure card digitale Le 3 ipotesi allo studio
Tema: Covid e riaperture

Nel decreto sulle riaperture del 26 aprile è contenuta la proroga dello stato di emergenza fino al 31 luglio, decisione che avrà conseguenze anche sulla durata dello smart working. Un’altra notizia molto attesa è il «pass» che consentirà di spostarsi tra le regioni in fascia arancione e rossa. In settimana, forse oggi stesso, ci sarà una riunione per decidere tempistica e modalità di questa nuova misura annunciata dal premier Draghi. La data dello spostamento tra regioni non in fascia gialla deve essere ancora. stabilita, ma si parla dei primi di maggio. Per spostarsi tra regioni che si trovano in fascia di rischio arancione o rossa bisognerà aver fatto il vaccino, essere guariti dal Covid-19, oppure presentare un tampone antigenico o molecolare negativo effettuato nelle 48 ore precedenti al viaggio. Tre le ipotesi prevalenti sul lasciapassare. La prima è consentire lo spostamento — almeno in una prima fase &md ash; a chi presenta un certificato della Asl o una autocertificazione che attesti i requisiti richiesti. La seconda è ricorrere al tesserino sanitario, sul quale verrebbero caricati i dati. La terza ipotesi è realizzare una tessera digitale. È la via meno immediata, ma anche quella preferita dal ministro Roberto Speranza, che vorrebbe informatizzare il nuovo strumento, purché non slittino troppo i tempi. Oltre alla Salute cl stanno lavorando i tecnici dell’Innovazione tecnologica e Transizione digitale, íl ministero guidato da Vittorio Colao.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Tomasello Maria_Rosa 
Titolo: Intervista ad Elena Bonetti – Riaperture, ancora scontro con le Regioni. Bonetti: “Anche se ricrescono un po’ i contagi non è grave” – “Messo in conto l’aumento di casi adesso il Paese può ripartire”
Tema: Covid e riaperture

Aperturista sì, ma con prudenza. Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la Famiglia di Italia viva, professore associato di Analisi matematica all’Università Statale di Milano, immagina una ripartenza per tappe successive. Nessuna accelerazione. «Oggi mettiamo in campo aperture che daranno sollievo a chi ha sofferto e ristori per chi sta soffrendo ancora e poi, via via che i dati lo consentiranno, si farà un percorso per la riapertura di tutte le attività, a partire dal turismo. Nessuno al governo ha rivendicato vittorie personali, e onestamente credo sarebbe poco utile». Il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga però sostiene che è giusto che il leader leghista Matteo Salvini rivendichi le aperture. Che ne pensa? «Che è lecito che ognuno faccia valutazioni per sé, ma questa non è una vittoria di nessuno, qui vince l’Italia. Stiamo giocando in Nazionale, non ciascuno per la propria squadra. Questo è lo spirito che ci ha chiesto il presidente Mattarella». Nella sua prima fase il governo Draghi è apparso a molti — nella gestione dell’emergenza — in continuità con quello precedente. Crede che ora siamo arrivati davvero a un punto di svolta? «La svoltà è per il Paese, che può iniziare finalmente ad avere una prospettiva, in modo da disegnare un percorso di ritorno alla vita e alla serenità dopo la drammatica esperienza che abbiamo tutti condiviso. Io credo che il governo sia invece in forte discontinuità con quello precedente perché il presidente Draghi ha portato quella visione che prima è mancata, come Italia Viva aveva denunciato. C’è una strategia che fa scelte sulla base del contesto epidemiologico, dei dati, del malessere sociale, e le decisioni sono indirizzate a mettere in sicurezza il Paese. Il grande nemico di oggi è l’insicurezza».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Zapperi Cesare 
Titolo: Open Arms, la strategia di Salvini: portare in aula Conte e Toninelli
Tema: processo a Salvini

«È stata la mia prima domenica da imputato per sequestro di persona. Ma io ritengo di aver fatto il mio lavoro, quello per cui mi pagavano gli italiani». II rinvio a giudizio se lo aspettava e per questo il giorno dopo nell’intervista al Tg5 a Matteo Salvini riesce facile ostentare tranquillità pur in una condizione personale scomoda. Perché c’è una ragione precisa. Ed è che il segretario della Lega intende trasformare un problema in un’opportunità. Dal 15 settembre, quando davanti alla Corte d’assise di Palermo andrà in scena il processo a suo carico per sequestro di persona, per aver impedito lo sbarco di 147 immigrati dalla nave della Open Arms nell’agosto del 2019, tutti i riflettori saranno per lui e lui li «userà» per lanciare la sua controffensiva. Da tifoso di calcio, l’ex ministro applicherà una delle regole più note, quella che vuole che la migliore difesa sia l’attacco. Si m uoverà su tre fronti. Anzitutto, chiamando a testimoniare tutti i componenti del governo di cui faceva parte, il Conte I, che hanno preso parte alle scelte sulla politica anti-sbarchi. A partire da Giuseppe Conte e Danilo Toninelli. Salvini ripete in tutte le salse che a suo avviso non sono stati commessi reati. «Ma se ne vengono ravvisati — ha detto — allora ne deve rispondere tutto il governo». Il suo obiettivo è far finire Conte e Toninelli sul banco degli imputati. In secondo luogo, rimanendo sul tema specifico del processo che si celebrerà a Palermo, l’ex ministro, attraverso la sua agguerrita legale, Giulia Bongiorno, cercherà di fare leva sul diario di bordo della Open Arms, fatto tradurre appositamente, per dimostrare che il comandante della nave in più occasioni fece di tutto per sbarcare per forza in un porto italiano, nonostante avesse altre opportunità. Per la difesa, quel diario è una sorta di «pistola fumante».
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Testata:  Giornale 
Autore:  Giannini Chiara 
Titolo: Il giudice anti Salvini graziò una fan dell’Isis – Il gup che l’ha imputato graziò una fan dell’Isis
Tema: processo a Salvini

Matteo Salvini ha già vinto il processo «Open Arms». Almeno sui social, dove migliaia di italiani si sono schierati dalla sua parte dandogli solidarietà. L’hashtag #iostoconSalvini ha raggiunto la vetta delle classifiche italiane, facendo capire come la decisione del gup di Palermo, Lorenzo Jannelli, di rinviare il leader della Lega a giudizio, inevitabilmente si ritorcerà contro alla magistratura. D’altronde, era stata la stessa Giulia Bongiorno, avvocato dell’ex ministro dell’Interno ed ex ministro della Giustizia, a chiedere al giudice: «Non consenta alle sentenze di prendere il posto dei voti». Salvini è deciso a dimostrare la sua innocenza in tribunale, sperando ovviamente di incontrare al processo giudici imparziali e rispettosi della legge, anziché delle proprie ideologie politiche. La cosa che sconvolge di più resta il silenzio assordante degli alleati di governo: Pd e 5 Stelle, che anziché esprimere sol idarietà al segretario del partito del Carroccio, fingono indifferenza. Ma anche contro di loro si ritorcerà questo sgambetto a chi ha da sempre cercato di tutelare i confini nazionali, visto che a settembre (l’udienza è prevista per il 15) si sarà in clima di elezioni amministrative e, visto che giudici e processi politici hanno reso Salvini un martire agli occhi degli italiani. Appare chiaro che la Lega, che è già il primo partito del Paese, potrebbe sbancare con l’aiuto degli alleati di Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ora il Capitano punta comunque a lavorare a testa bassa.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Manti Felice 
Titolo: Speranza sapeva: ecco le prove – Le bugie di Speranza Il ministro sapeva del report dei misteri
Tema: affaire Oms

La sinistra si muove in ordine sparso per evitare figuracce al ministro della Salute, ma l’esponente Leu esce dalla trincea e finisce impallinato dalle sue balle in diretta tv. Non basteranno l’appello dei 130 intellettuali, l’intervista del padre putativo Massimo D’Alema o le rassicurazioni di alleati e colleghi a salvare lo scranno di Speranza né tanto meno la decisione dello stato maggiore di Forza Italia e Lega di seppellire l’ascia di guerra per non imbarazzare il premier Mario Draghi. Perché l’esponente Leu ci mette la faccia ma anziché chiarire ingarbuglia la sua situazione. A inchiodare le responsabilità di Speranza sul piano pandemico fantasma e soprattutto sul rapporto Oms, sparito 24 ore dopo la pubblicazione il 13 maggio 2020 perché affatto congeniale alla narrazione rassicurante della prima parte della pandemia, non ci sono solo le dichiarazioni captate ai suoi uomini come il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, il suo consulente Rani eri Guerra con un piede dentro l’organismo Onu e uno dentro il ministero, o le mezze ammissioni de relato del suo capo di gabinetto Goffredo Zaccardi. Tanto che esisterebbe una lettera nella quale Guerra prende le distanze dal report e accusa Zambon di ravvivare lo scontro tra Italia e Oms e di infuocare lo scontro politico. Il Giornale è in possesso di un’altra lettera che il capo di Oms Europa Hans Kluge il 15 maggio ha scritto a Francesco Zambon, coordinatore dell’ufficio Oms di Venezia che ha redatto il report e che ha rispedito al mittente le correzioni chieste da Guerra e dalla dirigente Cristana Salvi per edulcorare le accuse alla gestione pandemica dell’Italia. Nella lettera Kluge dice espressamente di aver incontrato il ministro della Salute e che lo stesso Speranza fosse molto deluso dal report.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Capurso Federico 
Titolo: Conte torna in cattedra a Firenze stallo sulla corsa alla leadership M5S
Tema: M5S

La possibilità di ottenere la leadership del Movimento 5 stelle, in questo momento, sembra essersi fatta più opaca per Giuseppe Conte. L’ex premier è impantanato da mesi nel progetto di rifondazione del partito, stretto tra il braccio di ferro con Davide Casaleggioe i problemi giudiziari che hanno finito per diventare un ostacolo anche al suo piano di rilancio. E così, in attesa che si sbrogli la situazione, decide di tornare a fare il professore di diritto privato all’ateneo di Firenze, dove è titolare di una cattedra. Terrà la prima lezione oggi, dopo due anni e mezzo alla guida del Paese, per parlare agli studenti del primo anno di giurisprudenza di “Introduzione al contratto: autonomia privata e regolazione del mercato”. Una lezione di circa due ore, in videocollegamento, cui ne seguiranno altre, fino a giugno. Nel Movimento allargano le braccia sconsolati: «Siamo in una situazione complicata», ammette chi è vicino ai v ertici, «ma il progetto di rifondazione di Conte è sempre in campo». Tutti gli occhi sono puntati sul tribunale di Cagliari, dove sulla scia di una sentenza per l’espulsione di una consigliera M5S, il pubblico ministero potrebbe chiedere a Beppe Grillo di dare vita a quel Direttivo di 5 membri ideato a gennaio con l’obiettivo di sostituire la figura del capo politico e poi immediatamente archiviato, prima ancora che venissero nominati i suoi componenti, per far spazio a Conte. L’arrivo di un Direttivo, quindi, scombina ulteriormente i piani già rallentati dalla guerra aperta con Casaleggio. Conte dovrebbe aspettare che sia il nuovo organo collegiale a promuovere la rifondazione che ha ideato. Un altro stop, l’ennesimo, che solleva malumori sempre più forti in casa M5S.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Cuzzocrea Annalisa 
Titolo: Intervista a Matteo Renzi – Renzi: al Pd dico Conte potrebbe lasciare i 5S – Renzi “Tra Pd e 5 Stelle l’alleanza non funzionerà Conte potrebbe lasciarli”
Tema: centrosinistra

Matteo Renzi, Enrico Letta punta a un centrosinistra largo che dialoghi con i 5 stelle. Lei è dentroo fuori? «Noi dentro, i Cinque Stelle no. Questa è anche la tesi di chi, tra i dem, ha visto all’opera i grillini a cominciare dai romani che hanno subìto l’amministrazione Raggi». Cosa non la convince? «Per me l’esperienza dei 5 Stelle è al capolinea. E dubito che Conte – che si definisce equidistante da destra e sinistra – accetti di guidare il Movimento. Non mi stupirei se alla fine rinunciasse: troppe tensioni a cominciare dalla rissa sul terzo mandato. Non sottovaluti la questione giudiziaria Noi avremo un processo sul finanziamento illecito solo perché un magistrato dice che la fondazione che organizzava la Leopolda era in realtà un partito. Si immagina cosa accadrà quando gli inquirenti entreranno nel rapporto tra la Casaleggio, il Movimento, Rousseau, i gruppi parlamentari? Non mi stupirei se Conte provasse a fa re qualcosa da solo. Credo gli convenga». II consenso di Conte è alto, quello dei 5 Stelle buono, il suo è sceso. «Questo interessa a chi confonde la politica con il Grande Fratello. Eppure nella recente crisi abbiamo dimostrato che il Parlamento non è Facebook. Noi abbiamo fermato Salvini nel 2019 e creato le condizioni per il governo Draghi nel 2021. Siamo orgogliosi di questo, ma non basta. Nei prossimi giorni organizzeremo meglio Italia viva».
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Mauro Ezio 
Titolo: L’editoriale – I grillini e la neutralità seni anima – I grillini senz’anima
Tema: M5S

Nella continua fuga dal Novecento in cerca del nuovo, scappando dalle ideologie si rischia di evadere anche dalla politica. Anche le larghe intese che sostengono il governo del Presidente, invece che una misura d’eccezione per una situazione d’emergenza vengono viste come un prodotto dei tempi in cui viviamo, quasi una consacrazione istituzionale di quell’indistinto democratico in cui le identità sbiadiscono mentre tutto diventa prassi, tecnica e compromesso, con ogni passione spenta. Il luogo d’incontro di questa politica scolorita è naturalmente il centro, per inerzia più che per scelta. Così il centro, senza nessun partito figlio di quella tradizione, sta diventando il luogo più affollato della politica italiana. Rischia di diventare una forza estremista di centro persino il Movimento Cinque Stelle, alla fine del percorso di rifondazione che Grillo ha affidato all’ex presidente del Consiglio Conte. Un percorso per il momento tutto sotterraneo, pe r un partito nato in piazza e per strada, irridendo ai riti delle altre forze politiche. Si sa che c’è un leader in pectore, come quando il Papa sceglie nel segreto del suo cuore un cardinale ma non lo ha ancora nominato, si apprende che sono in corso incontri riservati, casalinghi, si capisce che è stata staccata la spina a Rousseau, si ha notizia che qualcuno sta scrivendo misteriosamente la nuova carta dei valori che dovrà regolare la trasformazione del movimento. Niente di più, con buona pace del metodo democratico, delle primarie e persino delle primarie e persino del vecchio Comitato Centrale della Prima Repubblica: e con tanti saluti allo streaming, definitivamente ammainato, dopo che era servito soltanto a delegittimare la politica altrui, senza mai illuminare quella dei Cinquestelle. Un deficit di trasparenza e di confronto pubblico di cui il più consapevole tra i grillini sembra proprio Conte, come un sacerdote dubbioso della liturgia che celebra.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Diamanti Ilvo 
Titolo: Noi sospesi tra Italia, Regione e Mondo – L’identità degli italiani Cittadini del mondo legati alla loro Regione
Tema: sondaggio

Siamo un popolo di italiani e cosmopoliti. Cittadini d’Italia e del mondo. Lo sottolinea il sondaggio di Demos dedicato all’identità territoriale degli italiani. Un tema importante all’interno del nostro Paese. Perché il territorio contribuisce alle nostre relazioni. In Italia, l’appartenenza territoriale appare differenziata. Tra riferimenti locali, nazionali e inter-nazionali. Uno scenario che, nel corso degli anni, è cambiato profondamente. Tuttavia, mantiene motivo di interesse e attualità. Il sondaggio di Demos conferma le diverse “storie” e tendenze che da tempo caratterizzano il nostro Paese. Ma rivela anche novità significative. Se si considera la prima scelta, fra le diverse definizioni proposte, “gli italiani si confermano italiani” (appunto). E cosmopoliti. Cittadini dell’Italia e del mondo. Anche se l’identità nazionale, negli ultimi 10 anni, pare aver ridotto sensibilmente la sua rilevanza (sul piano demoscopico). Tuttavia, resta la più condivisa. A maggior ragione se si considera la seconda scelta, il secondo riferimento indicato dai cittadini (fra quelli proposti dal sondaggio). Si tratta di un orientamento che era già apparso evidente in passato. Non per caso avevamo parlato di un popolo di “E” italiani. Per sottolineare come si trattasse di una cornice importante, anzi, essenziale, a tenere insieme gli altri riferimenti territoriali. Nel nostro Paese, in altri termini, ci si dice e sente – o viceversa – italiani. Nonostante tutto. Cioè: cittadini del mondo, della nostra regione, area (Nord, Centro, Sud). Ancora: cittadini europei. E italiani. Non si tratta di una seconda opzione, ma di un tratto comune. Di “comunità”. L’Italia costituisce, infatti, un riferimento complementare e integrante. Non secondario. Tuttavia, negli ultimi 10 anni pare aver perduto, in parte, la sua capacità di offrire riconoscimento. Identità. Nel 2011, infatti, il 28% dei cittadini del nostro Paese si definiva anzitutto “italiano”. Oggi il 20%.
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Economia e finanza

Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Finizio Michela 
Titolo: Crisi dei consumi Famiglie, spese ko: da risparmi e aiuti le leve della ripresa – La pandemia riporta i consumi al 1997
Tema: crisi dei consumi

I consumi delle famiglie italiane sono tornati ai livelli del 1997. In base agli ultimi conti nazionali Istat, attualizzati ai prezzi dei 2020, la spesa finale interna è crollata del 12,3% l’anno scorso. Un duro colpo che riporta il dato a prezzi costanti indietro di 24 anni. In attesa dell’effetto delle prime riaperture annunciate, a partire da fine aprile, finora l’impatto delle restrizioni e i cambiamenti imposti dalla pandemia si sono abbattuti in modo differente nei diversi settori economici. L’unico a chiudere il 2020 con una variazione positiva sull’anno precedente è stato l’alimentare. Si tratta del calo più marcato registrato nei consumi finali delle famiglie (residenti e non residenti) all’interno del territorio italiano, mai registrato dall’inizio della serie storica rilevata dall’indagine Istat. Più colpiti i consumi turistici, in alberghi e ristoranti: qui il calo in termini reali è stato superiore al 40% e per trovare un valore di spes a paragonabile a prezzi costanti bisognerebbe andare indietro nel tempo ancor prima del 1995, quando è iniziata la rilevazione dell’istituto.
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Testata:  Giornale 
Autore:  Bulian Lodovica 
Titolo: Commercianti in allarme: «A rischio 70mila negozi»
Tema: commercio e Covid

Parlano di «figli e figliastri». Dicono che «la riapertura, così come è stata pensata, non è un vaccino ma una semplice aspirina». Il grido delle associazioni di categoria offusca l’ottimismo delle annunciate aperture dal 26 aprile, le cui regole privilegiano ristoranti e locali con spazi all’esterno. Confesercenti denuncia il rischio chiusura per 70mila negozi nel corso dell’anno a causa del crollo dei consumi e delle penalizzazioni, anche sui centri commerciali, di cui ha beneficato l’online. I ristoranti sono sul piede di guerra: «Chiederemo di sacrificare i parcheggi delle strisce blu a favore dei tavoli di bar e ristoranti, a questo punto è l’unico modo per salvare le aziende», dice Luciano Sbraga, direttore di Fipe Confcommercio di Roma. Nella Capitale «la metà dei titolari non ha tavoli all’aperto. E comprensibile che chi non sarà in grado di riaprire sia arrabbiato, soprattutto dopo mesi di inattività». Temono una ripresa che rischia di essere più lenta delle attese. Del resto, il governo ha sempre parlato di «gradualità». Ma l’allarme è di un ulteriore affondo, già quantificato dal Consiglio nazionale dei cornmercialisti in una perdita di fatturato di 38,5 miliardi nel biennio 2020-2021 per ristoranti e alberghi. Il valore di una finanziaria. Preoccupazioni che arrivano proprio nel momento in cui arriva in Parlamento il Def e la relazione sullo scostamento di bilancio, necessario per finanziare il decreto sostegni bis. Un’iniezione di liquidità da 40 miliardi. Ma intanto le attività chiedono una marcia indietro sulle regole.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  r.ma
Titolo: Draghi stringe sul Recovery, la cabina di regia a Palazzo Chigi – Recovery, Draghi vede le parti sociali Un decreto nominerà i supervisori
Tema: Recovery
 Dopo il via libera della Commissione europea al Recovery Plan italiano arriverà un decreto legge sulla governance su cui, tuttavia, l’esecutivo non ha ancora individuato una soluzione condivisa. Il piano sarà presentato dal governo italiano entro il termine previsto del 30 aprile. Il premier, Mario Draghi, ha deciso di rispettare le scadenze fissate da Bruxelles: questa settimana il Recovery Plan o Pnrr sarà approvato dal Consiglio dei ministri, il 26 e 27 aprile il presidente del Consiglio lo illustrerà alle Camere e il 30 aprile, infine, sarà inviato alla Commissione. Così Palazzo Chigi, dove anche ieri i tecnici hanno lavorato sul testo, ha smentito alcune voci secondo le quali l’Italia avrebbe ritardato di qualche giorno la presentazione del piano. Di possibile slittamento della scadenza aveva parlato, ma non con riferimento all’Italia, il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis a parere del quale sarebbe possibile de rogare il termine del 30 aprile se questo dovesse servire a definire meglio i progetti nazionali per poi accedere alle risorse messe in campo con il Next Generation Eu. Di certo resta da sciogliere il nodo della governance e, in particolare, della composizione dell’organismo politico che si troverà al vertice della struttura piramidale per la gestione delle risorse europee. Nell’impostazione che Draghi ha dato finora alla governance la supervisione politica del piano è affidata a un comitato istituto presso Palazzo Chigi con la partecipazione dei ministri competenti. E qui c’è la questione politica, a quanto risulta ancora irrisolta. Perché la supervisione verrebbe esercitata da ministri esclusivamente tecnici, tagliando fuori quelli espressione dei tanti partiti che compongono la maggioranza. Insieme a Draghi ci sarebbero il ministro dell’Economia, Daniele Franco, quelli delle transizioni Digitale, Vittorio Colao, ed Ecologica, Roberto Cingolani, infine il ministro dei Trasporti e della mobilità sostenibile, Enrico Giovannini. Ecco perché i partiti chiedono di contare di più anche se il Pnrr ha una prospettiva di lungo periodo e, dunque, ci saranno altri governi, diversamente composti, che gestiranno le f asi successive.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Lombardo Ilario 
Titolo: Draghi: “Recovery, l’Italia rispetterà i tempi” un decreto per la cabina di regia sui progetti
Tema: Recovery

Non ci sono dubbi che è sull’epocale gestione dei fondi comunitari che si giocherà il giudizio della storia sul governo dell’ex presidente della Banca centrale europea. Per questo motivo non deve sorprendere che a Palazzo Chigi e al ministero dell’Economia si siano molto irritati ad aver letto un articolo della Reuters che dava ormai come altissimo il rischio che l’Italia non rispetterà la scadenza del 30 aprile per la consegna del piano all’Europa. Draghi non è abituato a smentire indiscrezioni o retroscena, ma questa volta il peso della notizia era tale che il suo staff non ha potuto faro altro che correre a soffocare categoricamente lo scenario. L’idea che un’importante agenzia internazionale potesse mettere in dubbio, di fronte alla platea europea, la sua capacità di rispettare le tempistiche del piano economico più importante degli ultimi decenni non è andata giù al premier. «Va chiarito subito che rispetteremo la dat a del 30 aprile, senza nessun dubbio», è stato il mandato di Draghi ai suoi collaboratori. «Saremo puntuali» assicurano fonti della presidenza del Consiglio e del Tesoro. Oggi Draghi, come previsto, vedrà Fratelli d’Italia e Italia Viva. Dopo i partiti, toccherà alle parti sociali, con i sindacati intenzionati a far pesare le proprie proposte. Dopo un passaggio in Consiglio dei ministri, il 26 e il 27 aprile il Pnrr (Piano nazionale di rinascita e resilienza) -un piano di spesa da 191,5 miliardi, di cui 69 a fondo perduto, 122 prestiti, più 30 del fondo di accompagnamento – arriverà alle Camere.
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Testata:  Stampa 
Autore:  Bertini Carlo 
Titolo: Intervista ad Enzo Amendola – Parla Amendola “Ora il Recovery poi le riforme di fisco e lavoro” – “Il piano non è il libro dei sogni i partiti devono fare le riforme”
Tema: Recovery

«L’Italia consegnerà il piano per il Recovery senza ritardi», ora però è essenziale che i vari ministeri sgombrino il campo dai «progetti aggiuntivi utopistici e presentino investimenti puntuali e riforme mirate». È il tornante decisivo per ultimare il Recovery plan da 200 miliardi, serve lo scatto finale di tutta la struttura dello Stato e il sottosegretario agli Affari Europei, Enzo Amendola, lancia un richiamo uber alles a fare presto. Come procede la corsa per consegnare il piano a Bruxelles? «Oggi abbiamo fatto 800 miliardi di titoli di debito comune per investire su Green e digitale. La Commissione Ue ha preparato il piano finanziario per andare sui mercati e gli stati consegneranno i piani a fine mese». Vero che l’Italia rischia di bucare la scadenza del 30 aprile perché Bruxelles non gradisce le bozze viste finora? «Allarmismo infondato. Presenteremo il nostro piano entro fine aprile ed è bene ricordare che il confronto con la task force della Commissione va avanti non da ieri, ma dal 15 ottobre. Le sei missioni e le componenti del piano sono note a Bruxelles, che nel tempo ha sempre dato indicazioni di modifiche. Faccio poi notare che le risorse saranno disponibili per tutti in quanto vengono rimborsati anticipi dalle casse nazionali. Quindi nessun rischio di essere esclusi se un paese presenta il piano per ultimo».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Fubini Federico 
Titolo: Riforme, ecco il piano – Draghi accelera sulle riforme Al lavoro su una legge per allargare la concorrenza
Tema: Recovery

Anche sulle riforme si sta accelerando, con l’obiettivo di favorire la crescita, rendere sostenibili i conti pubblici e rassicurare così i mercati finanziari. Una delle decisioni più recenti riguarda l’avvio di un gruppo di lavoro che proponga interventi per aprire di più l’economia alla concorrenza. Si tratta di una delle misure che la Commissione Ue chiede all’Italia di inserire nel Recovery e questo offre a Draghi un’opportunità: se le riforme di concorrenza sono incardinate nei progetti europei, benché non approvate subito, anche i futuri governi italiani dovranno attuarle e mantenerle per continuare a ricevere i bonifici da Bruxelles. Un progetto ben fatto oggi, vincolato al Recovery, legherebbe le mani ai partiti anche in futuro. Su questi temi il coordinatore è Marco D’Alberti, esperto di diritto amministrativo e consigliere di Draghi per le semplificazioni amministrative (che arriveranno in un decreto di maggio per accompagnare il Rec overy). Tra l’altro, per la prima volta da moltissimo tempo il premier ha deciso anche di presentare una legge sulla concorrenza. Anche su altri fronti di riforma da agganciare al Recovery c’è un’accelerazione. La ministra della Giustizia Marta Cartabia ha costituito una serie di gruppi di lavoro, tutti con tempi stretti per presentare dei progetti. Il più recente riguarda il codice sulle crisi d’impresa, per rendere più agili le procedure fallimentari. Entro fine mese deve presentare le sue conclusioni a Cartabia un gruppo di lavoro sulla giustizia civile, prevedendo riforme che vadano oltre l’assunzione di migliaia di assistenti per giudici e magistrati.
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Testata:  L’Economia del Corriere della Sera 
Autore:  De Bortoli Ferruccio 
Titolo: Goldes Power arma a doppio taglio le aziende vanno difese non frenate – Il socio cinese Golden Power e mercato difendiamo il Made in Italy ma serve un piano europeo per evitare danni collaterali
Tema: golden power
E’ innegabile — soprattutto nella filiera del 5G e non solo — che il golden power sia uno strumento indispensabile per proteggere le attività connesse alla sicurezza, alla Difesa, alle tecnologie più sofisticate e contrastare soprattutto l’imperialismo economico cinese. Un solo esempio: Pechino si è accaparrato il 70 per cento delle Terre rare, ricche di materie prime, e strangola i Paesi poveri o in via di sviluppo indebitandoli fino al collo. L’import di semiconduttori pesa per la Cina più del petrolio. Le misure protettive (in particolare dagli Stati Uniti) hanno causato una carenza di chip che pesa in particolar modo sul settore automotive. Così il governo della Repubblica Popolare ha messo in atto una strategia aggressiva — pari se non superiore a quella delle Terre rare — incentivando e finanziando le proprie imprese affinché acquisiscano il controllo di aziende del settore un po’ in tutto il mondo. L&agrave ; dove è ancora possibile.
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Testata:  Sole 24 Ore 
Autore:  Melis Valentina – Uccello Serena 
Titolo: Sos imprese giovanili: -22% in dieci anni – Aziende giovanili in declino Dal 2011 è scomparso il 22%
Tema: imprenditoria giovanile

Quasi una impresa “giovane” su quattro manca all’appello rispetto a dieci anni fa. Le attività condotte da under 35 – o con una prevalenza di giovani under 35 nella governance – iscritte al Registro imprese, erano 697mila nel 2011 e sono passate a 541mila a fine 2020 (-22,4%). Un andamento che riguarda tutto il territorio nazionale: la Lombardia, ad esempio, passa da oltre 95mila imprese giovanili a 74mila, il Lazio da 64mila a 56mila. Perde terreno anche il Sud, dove l’incidenza delle imprese intestate a giovani è tradizionalmente maggiore: in Sicilia, ad esempio, sono diminuite di quasi 16mila in dieci anni. Il quadro emerge dall’analisi di Unioncamere-Infocamere. Attenzione, le aziende che escono dallo stock delle imprese giovanili non necessariamente hanno chiuso i battenti: una parte, per la crescita dei titolari e degli amministratori, esce fiosiologicamente, prima o poi, dalla categoria delle “giovanili”. Resta tuttavia il fatto che dieci anni fa le imprese giova nili rappresentavano il 10% dell’intero universo delle imprese iscritte al Registro (6,1 milioni), mentre oggi si attestano all’8,9 per cento. Pesa sicuramente la dinamica demografica, con il calo progressivo della natalità in Italia: la popolazione compresa tra 18 e 34 anni, quindi la base dei potenziali giovani imprenditori, si è ridotta dell’8 per cento dal 2011 al 2022. Ma questo non basta a spiegare un calo delle imprese giovanili di oltre il 22 per cento.
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Testata:  Messaggero 
Autore:  Marcatili Marco 
Titolo: Superbonus 100% troppa burocrazia flop da 18 miliardi – Flop del superbonus 110% troppi ostacoli burocratici
Tema: superbonus

Forte attesa delle famiglie e grande fermento negli operatori, ma la misura del superbonus 110% stenta a decollare. Alcune imprese hanno già deciso di rinunciare a questa straordinaria opportunità per complessità della procedura e rischi durante il percorso. Molte altre imprese non sono nelle condizioni di valutare se impegnarsi in interventi condominiali senza la certezza della famigerata proroga al 2023 all’interno della versione definita del Recovery Plan da inviare dall’Unione Europea entro il 30 aprile 2021. Secondo le ultime statistiche diffuse dall’Enea, in Italia si sono avviati soltanto 6.512 interventi per un valore complessivo di lavori di 670 milioni di euro, che richiederà allo Stato una copertura di oltre 730 milioni ma di gran lunga ben inferiore a quella stanziata e attesa dalla misura, vale a dire 18,7 miliardi. Questi primi dati consentono almeno due valutazioni. La prima è che oltre un terzo dei cantieri sono localizzati in Veneto , Lombardia ed Emilia-Romagna. La più grande misura espansiva rischia di diventare la misura più iniqua, che penalizzerà i territori meno organizzati nella gestione di processi complessi sotto il profilo tecnico, finanziario ed amministrativo. La seconda valutazione è che sono solo 530 i cantieri avviati nei condomini che restano dunque in attesa da parte delle imprese di un approccio più speditivo, meno vincolato alle lungaggini delle progettazioni tecniche iniziali e più utile alle decisioni assembleari.
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Societa’, istituzioni, esteri

Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Dragosei Fabrizio 
Titolo: Ora l’Ue avverte Mosca «Navalny va liberato» – Si muovono Usa e Ue «Mosca responsabile per la vita di Navalny»
Tema: caso Navalny

Mentre Europa e Stati Uniti ricordano al governo russo che è sua responsabilità mantenere in vita il detenuto Navalny, l’incarico di smentire che la vita del principale oppositore di Putin sia veramente in pericolo viene affidato all’ambasciatore in Gran Bretagna. Andrej Kelin, un diplomatico di carriera, ha rilasciato una intervista alla Bbc per sostenere che Navalny, nella colonia penale dove deve scontare due anni e mezzo, «si comporta come un hooligan; oggi gli fa male una gamba, domani un braccio. Tenta di violare tutte le regole per farsi pubblicità». Secondo l’ambasciatore a Londra, íl detenuto è stato visitato in ospedale e certamente «non morira in prigione», nonostante quello che dicono i suoi medici. Poi ci sono due video messi in rete in questi giorni da media certamente non ostili al Cremlino, l’ Izvestia e Ren tv . Mostrano un detenuto nella grande camerata dove si trova normalmente Navalny che potrebbe essere l’oppositore e che viene ripreso mentre dorme tranquillamente dall’agente di sorveglianza che lo riprende con una telecamera a raggi infrarossi. Questo per negare che venga svegliato ripetutamente durante la notte dal giro d’ispezione. Nel secondo filmato, un uomo che potrebbe essere il blogger (ma non lo si vede in faccia) viene mostrato in una camera di quello che sarebbe il centro medico mentre esegue senza problemi flessioni a terra. Insomma, il detenuto starebbe benissimo e i dolori alla spina dorsale e alla gamba sarebbero invenzioni. Da giorni però Navalny dice di aver iniziato lo sciopero della fame. I familiari dicono che ha perso 15 chili. I suoi medici sostengono che ora è in condizioni critiche, citando un documento che hanno avuto dagli stessi familiari di Navalny.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Castelletti Rosalba 
Titolo: Parla la dottoressa di Navalnyj “Sta morendo” – Il medico di Navalnyj “Ha ancora poche ore” E l’Occidente avverte la Russia
Tema: caso Navalny

«Crediamo davvero che si tratti di giorni. Se non di ore». II medico personale di Aleksej Navalnyj, Anastasija Vasilyeva, è sempre più pessimista sulle condizioni di salute dell’oppositore russo che il 31 marzo ha annunciato lo sciopero della fame in carcere. Mentre su Mosca aumenta la pressione occidentale, con appelli al rilascio da entrambe le sponde dell’Atlantico, la dottoressa non smette di tartassare le autorità perché le consentano di visitare in cella il suo paziente più illustre. «Ogni detenuto ha diritto a essere esaminato dal suo medico di fiducia», insiste. Terminati i domiciliari a fine febbraio, Lo scorso agosto, non appena aveva saputo dell’avvelenamento da agente nervino Novichok di Navalnyj, Vasilyeva era volata a Omsk insieme alla moglie dell’attivista Julija e si era scontrata con l’omertà delle autorità ospedaliere. «Oggi come allora l’impressione è che le strutture non sia no autonome nel prendere decisioni. Aspettano istruzioni dai vertici. E quello che fa l’amministrazione carceraria non sembra essere a beneficio di Aleksej».
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Sarcina Giuseppe 
Titolo: Disgelo Usa-Cina sul clima: «Pronti a collaborare»
Tema: clima

Stati Uniti e Cina «si impegnano a collaborare, insieme con altri Paesi, per affrontare l’emergenza clima, con serietà e urgenza». Sono le prime parole di distensione tra le due superpotenze, da quando Joe Biden è alla Casa Bianca. Le possiamo leggere nel comunicato congiunto, diffuso a Shanghai, dopo l’incontro di gioved’i, tra l’inviato per il «climate change» John Kerry e Xie Zhenhua, vice presidente della Commissione per la Riforma e lo Sviluppo nazionale di Pechino. Stando ai commenti ufficiali, dunque, almeno su un punto, sembra possibile il dialogo. E’ un passo essenziale in vista della conferenza sull’ambiente, promossa da Joe Biden per giovedì 22 e venerdì 23 aprile. II presidente americano ha invitato 40 leader mondiali, compreso il presidente del consiglio Mario Draghi. Non è ancora sicuro, però, se parteciperà anche Xi Jinping e se, eventualmente, avra un bilaterale, via video, con lo stesso Bi den. II numero uno cinese, venerdì scorso, si è visto in teleconferenza con la concelliera tedesca Angela Merkel e il francese Emmanuel Macron. Ha colto l’occasione per inviare un messaggio alla Casa Bianca: «La lotta all’inquinamento non deve diventare una pedina nelle strategie geopolitiche, uno strumento per attaccare altri Paesi». La Cina è la maggior fonte di emissioni nel mondo. Ogni anno, giusto per avere un’idea, aumenta i suoi scarichi tossici con un ammontare equivalente all’intero volume di fumi prodotto dalla Gran Bretagna. Gli Stati Uniti sono al secondo posto: l’accordo tra Washington e Pechino, quindi, è essenziale se si vuole accelerare la «decarbonizzazione» del mondo.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Rampini Federico 
Titolo: Clima, svolta fra Usa e Cina Kerry convince Pechino a collaborare sull’ambiente
Tema: clima

Kerry è emerso da tre giorni di incontri in Cina con un documento congiunto, una vera rarità in questo periodo di tensioni fra Washington e Pechino. Il prezzo pagato per ottenere la frima del governo cinese in calce a quel documento, è la genericità. Stati Uniti e Repubblica Popolare vi proclamano il comune intento di combattere la crisi climatica «con la determinazione e l’urgenza necessarie», rafforzando le azioni per ridurre le emissioni carboniche. Mancano però impegni concreti e misurabili. In positivo, le due superpotenze in questa occasione sono riuscite ad accantonare tutti gli altri temi che le dividono: dal commercio ai diritti umani, da Taiwan al furto di proprietà intellettuale. È un successo della linea Kerry. L’inviato speciale di Biden per l’ambiente si era posto l’obiettivo esplicito di separare la lotta al cambiamento climatico in un “compartimento a sé”, per evitare che diventi terreno di scambio co n altri dossier. «E molto importante – ha detto Kerry – che riusciamo a separare le cose. L’emergenza climatica è questione di vita o di morte per l’umanità. Dobbiamo dimostrare che su questo terreno possiamo lavorare insieme». Il 22 aprile Biden ospiterà – virtualmente – un summit mondiale dedicato all’ambiente. Il fatto che Kerry sia riuscito ad avere un incontro proficuo con i cinesi e la loro firma al comunicato congiunto, sembra preludere a un intervento di Xi Jinping al summit della Casa Bianca. Nei giorni scorsi però Xi Jinping è tornato a presentare la lotta al cambiamento climatico in termini antagonistici con l’Occidente, cosa che non faceva da tempo. In una conference call con Emmanuel Macron e Angela Merkel il presidente cinese ha detto che la questione del clima non dovrebbe essere «un elemento di scambio negoziale nella geopolitica», né «la scusa per barriere commerciali». La prima frase è parsa una critica agli americani, la seconda un attacco alla carbon tax sulle importazioni proposta dalla Commissione europea.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ziniti Alessandra 
Titolo: Migranti dalla Libia Lamorgese a Tripoli per negoziare un accordo
Tema: Libia
Dodici giorni dopo la visita di Mario Draghi a Tripoli tocca a Luciana Lamorgese cominciare a scendere sul piano operativo di una partnership rinnovata che l’Italia giudica strategica per gli equilibri nel Mediterraneo. Avere un ruolo concreto nella stabilizzazione di un governo che possa essere un interlocutore affidabile anche nella gestione dei flussi migratori dalla Libia la cui ripresa preoccupa il Viminale: è la missione della ministra dell’Interno che oggi vola a Tripoli per incontrare il suo omologo Khaled Mazen. La carne al fuoco è tanta. Lamorgese sa di dover portare a casa il più presto possibile le condizioni alle quali l’Italia aveva accettato l’anno scorso di rinnovare il contestatissimo memorandum Italia-Libia: la garanzia del rispetto dei diritti umani dei migranti, il libero accesso delle organizzazioni umanitarie nei centri di detenzione e la ripresa dei corridoi umanitari per i rifugiati, così come promesso pochi giorni fa all’alto commi ssario dell’Unhcr Filippo Grandi. Oltre, naturalmente, al controllo delle frontiere per cercare di fermare i flussi nel Mediterraneo. Ma il governo libico anche questa volta è pronto a battere cassa: sull’altro piatto della bilancia chiede ancora sostegno economico, addestramento delle forze militari, mezzi. Non solo motovedette, ma anche mezzi terrestri per controllare la frontiera sud del Paese, quella attraverso la quale decine di migliaia di migranti continuano ad entrare nel Paese. È questo che interessa di più al governo libico: il programma europeo Sibmil (Support to Integrated border and migration management in Libya) che prevede formazione e fornitura di strutture sul campo.
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Testata:  Repubblica 
Autore:  Ansaldo Marco 
Titolo: Chiesti 2.445 anni per il giornalista nemico di Erdogan
Tema: Turchia
La liberazione dello scrittore Ahmet Altan, avvenuta pochi giorni fa, è solo un’illusione. La stretta della Turchia su intellettuali e artisti non molla la sua presa. Ora arriva come una mannaia la richiesta di condanna contro un altro giornalista, e il parossismo della giustizia turca di questi tempi vuole che il pubblico ministero ne abbia chiesto la condanna a quasi 2.500 anni di prigione. Hidayet Karaca, 57 anni, è stato prima general manager e poi presidente di Samanyolu TV, un canale chiuso subito dopo il tentato golpe contro il presidente Recep Tayyip Erdogan avvenuto il 15 luglio 2016. Dopo avere a lungo lavorato per il quotidiano Zaman, Karaca era stato arrestato nel 2014 con l’accusa di legami con il terrorismo e affiliazione a un gruppo sedizioso di ispirazione religiosa, e quindi condannato a 31 anni e 6 mesi. Quattro anni dopo un tribunale ha aggravato la sentenza, condannandolo all’ergastolo «per avere tentato di sovvertire l’ordine costituzionale&ra quo;. Da allora Karaca è detenuto nell’ormai celebre carcere di Silivri, sulla sponda asiatica di Istanbul, dove soggiornano gran parte degli oppositori al governo in carica, soprattutto giornalisti e scrittori. Adesso si sarebbero aggiunte nuove prove contro l’ex presidente del canale televisivo. Riguardano l’accusa di avere cercato di aggiustare alcune partite di calcio della Super Lig turca, oltre alla violazione della confidenzialità sulle comunicazioni, e in più infiltrazioni telefoniche, registrazioni indebite e falsificazione di documenti. Le accuse fanno così ammontare il totale della pena a ben 2.445 anni di prigione.
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Testata:  Corriere della Sera 
Autore:  Montefiori Stefano 
Titolo: Droga e carceri, la svolta «law and order» di Macron
Tema: Francia

«Un grande dibattito nazionale sul consumo di droga e i suoi effetti deleteri». è uno degli annunci fatti dal presidente francese Emmanuel Macron nel corso di una lunga Intervista sul tema della sicurezza rilasciata al Figaro in edicola oggi, e intitolata «Mi batto per il diritto a una vita tranquilla». A un anno dall’elezione presidenziale della primavera 2022, Macron sceglie un dossier cavalcato tradizionalmente dalla destra, come fece a suo tempo Nicolas Sarkozy che e diventato uno dei suoi consiglieri ufficiosi. II capo dello Stato promette 15 mila posti in carcere in più, ribadisce l’obiettivo di 10 mila poliziotti e gendarmi supplementari entro la fine del suo mandato, annuncia la creazione di una «specie di scuola di guerra» per poliziotti, e il rinnovo di metà del parco auto delle forze dell’ordine, in modo che abbiamo gli strumenti per Combattere «l’aumento delle violenze quotidiane» al quale contribuiscono secondo lui i social media e «la cultura dell’anonimato». Macron usa toni molto duri contro íl consumo degli stupefacenti e l’ipotesi di una depenalizzazione delle droghe leggere, di fatto molto diffuse.
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