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Investire in energia pulita – “L’energia pulita? Il nucleare di nuova generazione è assolutamente sicuro”

27.09.2022

La sfida del mondo dello shipping, dell’economia del mare in generale, è quella dell’energia pulita. Il superamento dei combustibili fossili è al centro della ricerca e degli investimenti di molte aziende. Di armatori come di autorità e di società di gestione dei porti. E c’è un’eccellenza italiana impegnata da tempo in questa direzione. E RINA, multinazionale che fornisce un’ampia gamma di servizi nei settori Energia, Marine, Certificazione, Real Estate e Infrastrutture, Mobilità e Industry. Un colosso con ricavi al 2021 pari a 533 milioni di euro, oltre 4.600 dipendenti e 200 uffici in 70 paesi nel mondo. Al timone c’è l’ingegner Ugo Salerno, presidente e ad della società, che racconta a che punto siano le nuove tecnologie e quali siano ancora i limiti da superare.

Ingegner Salerno, dovesse scegliere lei, qual è l’energia pulita più conveniente su cui puntare?

Il nucleare di nuova generazione è assolutamente sicuro. Le centrali di oggi hanno una sicurezza intrinseca sia di tipo attivo, sia di tipo passivo che non creerà alcun problema. Queste centrali è chiaro che hanno un notevole investimento iniziale, ma hanno un costo di esercizio minimo. Però torniamo alla Blue Economy. Una centrale a bordo di una nave è un po’ ingombrante. Sgombriamo il campo dall’idea delle centrali mastodontiche e inamovibili. Le tecnologie attualmente in via di sviluppo sono all’avanguardia perché puntano su reattori di dimensioni diverse – piccoli e modulari -, con una potenza che andrà da poche decine di megawatt a qualche centinaio. Questi reattori hanno il vantaggio di essere piccoli, vengono costruiti in fabbrica e probabilmente in serie. E possono essere spostati. Pensavo di fare una battuta parlando di centrale a bordo… C’è l’idea di usare questi reattori anche per la propulsione navale. Infatti, vogliamo decarbonizzare il mondo dello shipping; e un impianto nucleare di questo tipo è in grado di alimentare fino a tre navi. Questa è una delle possibilità ma ce ne sono molte altre.

Si riferisce all’idrogeno?

L’ idrogeno rappresenta il principale vettore a zero emissioni per sostituire l’uso delle fonti fossili in molte filiere industriali, quelle i cui processi produttivi necessitano di temperature molto elevate, raggiungibili solo con una molecola e non con l’elettrone. I progetti danno buoni risultati, ma l’applicazione concreta sembra stenti a decollare. Esistono già le tecnologie per l’applicazione di idrogeno, ma visto il loro minimo impiego possiamo dire che sono in una fase di scarsa efficienza.

L’ idrogeno sarà comunque il combustibile green del futuro?

In realtà per parlare di idrogeno bisognerebbe usare una gamma di colori abbastanza ampia…

Scusi, può spiegare meglio?

L’idrogeno si divide in quattro famiglie: grigio, blu, verde, rosa. Il grigio non sembra suonare bene. Infatti, la sua produzione comporta un impatto ambientale pesante. Viene prodotto utilizzando metano, petrolio e carbone.

Quindi lo scartiamo?

Meno impattante è l’idrogeno blu perché viene prodotto anche con la cattura dell’anidride carbonica.

Il verde invece è meglio?

È quello verso cui puntiamo, ma per avere una certa quantità bisognerà attendere qualche decennio. Per produrlo è necessaria l’acqua dolce. Evitiamo anche di sprecare un bene prezioso come l’acqua. C’è anche il rosa… Si, ma per ora non esiste. Perché parliamo di un tipo di idrogeno che per essere prodotto ha bisogno delle centrali nucleari. Se ne parla anche per il settore dello shipping. Esistono realtà che potrebbero essere un punto di riferimento per sviluppare i porti green. Penso ad esempio agli scali di Savona e La Spezia dove esistono a breve distanza dalle banchine, due centrali Enel. Una scelta green è fondamentale perché parliamo di scali crocieristici, specie quelli a ridosso delle abitazioni, proprio come nei casi liguri. L’energia pulita farebbe bene a tutte le navi. Ovviamente sì. Ma una nave da crociera anche quando è ancora in porto ha una vita e un consumo di energia altissimo, assorbe circa 1112 megawatt. Per dare un’idea, a un cargo invece serve al massimo mezzo megawatt.

Non si è ancora fatto per problemi di costi?

Ci sono anche problemi tecnici da superare, proprio per la grande necessità di energia richiesta.

Cioè servirebbe una centrale elettrica dedicata?

Per quello le strutture di Vado e La Spezia – quest’ultima da convertire a gas secondo il piano di Enel – favorirebbero l’alimentazione pulita delle navi. Ci dev’essere qualcos’altro che frena, allora. Proprio per garantire simili forniture, servono cavi elettrici con sezioni enormi. L’alternativa è quella di cavi con sezioni normali ma con grandi cabine di conversione, per avere tensioni altissime, da convertire poi a 440 volt. Va detto che la tecnologia usata finora non è il massimo dal punto di vista dell’efficienza e dei costi.

E quindi, secondo lei, va evitato?

No, se si sviluppa. Si può catturare l’anidride carbonica emessa dalla centrale attraverso sistemi chimici, e con l’energia elettrica alimentare un elettrolizzatore per produrre idrogeno liquido e un superconduttore, collegato alla nave per il cold ironing, che deve essere tenuto freddissimo per poter far passare enormi quantità di corrente in una sezione piccola. L’idrogeno liquido serve appunto a far funzionare il cavo superconduttore, tenendolo a -250°. Quanto ci racconta, sembra complicato. In realtà questa soluzione, oltre a emettere energia pulita che non genera anidride carbonica, consente un riutilizzo dell’idrogeno, l’idrogeno blu di cui parlavo prima, una volta che ha finito il suo percorso nel cavo. E potrebbe alimentare altri impianti nel porto. Anche i treni che entrano nello scalo potrebbero essere alimentati così.

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Articolo pubblicato il 1 Settembre 2022 da Espansione

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