Civiltà del Lavoro, n. 2/2016 - page 84

RITRATTI
CIVILTÀ DEL LAVORO
II - 2016
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ambizione del genere. Il mio era soltanto il desiderio di
uno che amava un luogo e la sua gente. L’idea di essere
al suo servizio con iniziative non provvisorie, ma aperte
a un futuro promettente.
Oggi, a cose fatte, tutto può apparire sfumato e l’antica
realtà del vivere quotidiano, anche se non sono passati
molti anni, risulta quasi incredibile.
A stare meglio ci si abitua subito. Ma sino al dicembre
1969, quando i primi impianti vennero solennemente
inaugurati dall’allora Ministro dei Lavori Pubblici Lorenzo
Natali, di turismo vero e proprio ancora non si parlava e
di ciò soffrivano anche le strutture alberghiere realizzate
a Rocca di Cambio e nell’intero comprensorio.
Nonostante questi primi interventi, tutto era immerso in
una fatalistica immobilità, come se il paese fosse desti-
nato a rimanere cristallizzato nel suo passato, imperme-
abile a qualsiasi novità e alle influenze di un mondo che
altrove era in rapida evoluzione.
È in questa realtà che si inquadra l’idea di creare un com-
plesso sciistico e turistico di rilevanza nazionale, suscetti-
bile di graduali ampliamenti in previsione di una sempre
maggiore diffusione dello sport sciistico e dello sviluppo
della pratica del tempo libero in montagna.
Da questa intuizione, intesa a valoriz-
zare il territorio senza stravolgerne le
peculiari caratteristiche, ma anzi svi-
luppandole e rendendole fruibili, na-
sce l’idea del “Paradiso degli sciatori
in un mare di neve e di sole”. Crea-
re cioè nel Centro Italia una stazione
invernale integrata in grado di con-
frontarsi con quelle più famose e ri-
nomate dell’arco alpino.
Per non correre il rischio di dare vita
ad una cattedrale nel deserto, come
è avvenuto per molte altre imprese nel nostro Paese, bi-
sognava creare una realtà viva e dinamica, compatibile
ed inserita armonicamente in un contesto ambientale di
grande suggestione.
Per un’idea di tale respiro erano sempre mancate sul po-
sto competenze ed esperienze ed anche, mi sia consenti-
to, l’indispensabile patrimonio di fantasia, di coraggio im-
prenditoriale, nonché adeguati mezzi finanziari.
Non fecero difetto poi, purtroppo – come dimostra la sto-
ria successiva di questo progetto – le miriadi di lacci e
lacciuoli, politici e burocratici, partitici e non, che finirono
con il frenare, con l’ostacolare e, infine, con il paralizzare
una iniziativa che non è riuscita appieno, e me ne ram-
marico, ad esprimere tutte le potenzialità per le quali era
stata concepita.
Ed a questo proposito vorrei aggiungere una precisazione
che non considero marginale.
Elaborare un piano ambizioso non significa che questo
debba essere velleitario. Il mio desiderio era concreto e
lucido. E la prova consisteva proprio nelle documentate
previsioni e nel fatto che la sua attuazione avrebbe signi-
ficato un passo in avanti, addirittura storico, per Rocca di
Cambio, Rocca di Mezzo, Lucoli, Ocre e una parte della pro-
vincia de L’Aquila. Semmai, proprio
la certezza che nutrivo sulla concre-
tezza del progetto, mi illuse di poter
ottenere anche un sostegno politi-
co e burocratico che trovavo ovvio,
anche perché contavo (sbagliando?)
sulla collaborazione della stragrande
maggioranza dei miei concittadini e
potenziali collaboratori. Ecco perché
il “sogno” si confermò di grande aiu-
to, perché mi consentì di superare
molte delusioni.
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