Civiltà del Lavoro, n. 2/2016 - page 83

come Sindaco del paese mio padre (1960-65), essendomi
nel frattempo, trasferito a Milano per esigenze di lavoro.
Successivamente ripresi la guida della giunta comunale
nel 1965, lasciandola alla fine del 1966 quando misi ma-
no, come dirò, al progetto di Campo Felice.
(…) Siamo arrivati così al 1965 quando, per la terza vol-
ta, mi toccò l’onore di ricoprire il ruolo di primo cittadino,
che coincise col mio rientro a Roma dopo i primi sintomi
di malattia di mio padre.
Grazie alla bravura dei colleghi Consiglieri riuscii ad avvia-
re altre importanti iniziative, tra cui la circonvallazione a
monte dell’abitato e, su progetto dell’architetto Mario Sta-
ra, la costruzione della sede dell’attuale Palazzo Comuna-
le. Ma, ormai, dentro di me si era prima lentamente poi
sempre più tenacemente radicata la convinzione che sol-
tanto una svolta straordinaria avrebbe potuto riscattare un
territorio reso asfittico dalla carenza di iniziative produtti-
ve. E la mia mente aveva individuato nelle grandi super-
fici montane del territorio di Rocca di Cambio la possibi-
lità di realizzare il sogno di creare una attività turistica la
cui materia prima fosse la neve.
Dopo aver scartato una prima ipotesi per una funivia sul
»
versante di Monte Cagno, mi orientai definitivamente ver-
so i più grandi spazi di Campo Felice, confortato dal parere
di illustri professionisti delle specifiche attività invernali.
Consapevolmente, inebriato dalla stupenda avventura che
stava per iniziare, lasciai l’incarico di sindaco nel 1966,
per evitare ogni possibile incompatibilità con i miei inte-
ressi personali.
(…) Pochi sanno la vera storia della nascita di Campo Fe-
lice. Quella che sarebbe diventata la stazione sciistica fu
concepita per rispondere a un preciso obiettivo. Dare vita,
attraverso una decisa azione imprenditoriale, ad una at-
tività in grado di generare stabili e concrete ricadute oc-
cupazionali e di ribaltare il futuro di una popolazione che
era sempre più bisognosa di qualcosa di nuovo, di una
scossa decisiva per uscire da un’economia povera, fonda-
ta ancora sul tradizionale settore silvo-pastorale. Scarse e
misere erano le prospettive per le famiglie e soprattutto
le speranze dei giovani in un futuro migliore. L’unica al-
ternativa concreta era stata per anni il duro e spesso do-
loroso fenomeno dell’emigrazione.
Il collegamento di questo programma ai miei doveri di
sindaco non era dettato dall’ambizione di essere rieletto
nelle successive tornate elettorali, né di cercare gloria in
quell’area dimenticata dell’Abruzzo. Il nome conquista-
to dalla mia famiglia e dalla sua industria in campo na-
zionale, ed anche oltre i confini, già soddisfaceva ogni
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LA MEMORIA DELLE RADICI
L’AMORE PER I GIOVANI
Aldo Jacovitti, scomparso lo scorso 19 maggio, era il Decano dei
Cavalieri del Lavoro e aveva solo 46 anni quando il Capo dello
Stato lo insignì dell’onorificenza che premia le doti e il succes-
so degli imprenditori che hanno creato sviluppo e posti di lavo-
ro dimostrando allo stesso tempo la loro responsabilità etica e
sociale. La storia della sua attività è un capitolo di quella dell’I-
talia che dopo la guerra inizia una rincorsa che la porterà in po-
chi decenni a diventare una delle prime potenze economiche
e industriali del mondo.
La Clasa Petroli nacque come un’azienda di famiglia, che grazie
alla determinazione, alla capacità e all’ambizione di chi ne ten-
ne il timone acquisì rapidamente una dimensione importante,
con depositi costieri e interni e una rete di circa 500 punti ven-
dita. Mentre dava il suo contributo al miracolo economico, Al-
do Jacovitti fu più volte sindaco di Rocca di Cambio - il paese
di origine della famiglia - e si prese cura della sua storia, delle
sue bellezze, delle sue tradizioni. Sempre per amore del “suo”
Abruzzo decise, negli anni ’60, di creare la stazione invernale
di “Campo Felice”, sogno e scommessa di un “Paradiso degli
sciatori in un mare di neve e di sole”, per valorizzare il territo-
rio “senza stravolgerne le peculiari caratteristiche, ma anzi svi-
luppandole e rendendole fruibili”.
Così ricordava questo progetto, “ispirato dall’orgoglio delle pro-
prie origini”, nelle pagine del suo libro L’Abruzzo nel cuore. E
sono parole che dovrebbero ispirare sempre il rapporto con i
tanti e diversi territori che rimangono una delle principali ric-
chezze dell’Italia.
Sono stati tanti coloro che, in questi giorni, hanno voluto evi-
denziare anche il suo impegno e il suo amore per i giovani e
in particolare per gli studenti del Collegio Universitario “Lama-
ro Pozzani”. Il Fondo che volle istituire nel 1995 intitolandolo
a Nicola e Perfetta, i suoi genitori, ha sostenuto in questi anni
molti allievi che sono entrati nel Collegio venendo dall’Abruz-
zo. C’è in questa iniziativa qualcosa di più dell’attenzione per il
mondo degli studi e della ricerca, che è già un merito degno
di essere sottolineato in un paese che verso quel mondo resta
così avaro. C’è un’idea profonda del senso dell’esistenza e del-
la responsabilità fra le generazioni.
Aldo Jacovitti amava i luoghi e le persone importanti della sua
vita, li raccontava continuamente e faceva di questa memoria
l’intelaiatura etica del presente e una fonte di ispirazione per
costruire futuro.
Si è costruito negli incontri che ogni anno aveva, in occasione
del Natale, con gli studenti abruzzesi del Collegio, non un sem-
plice rapporto di riconoscenza, ma un legame capace di dura-
re nel tempo. In fondo, è quello che si chiede di fare alla “buo-
na” impresa, della quale i Cavalieri del Lavoro sono chiamati
ad essere esempio: creare lavoro, relazioni e ricchezza che du-
rino nel tempo.
Stefano Semplici
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