Civiltà del Lavoro, n. 1/2016 - page 7

CIVILTÀ DEL LAVORO
i - 2016
TRA
CRESCITA
E
STAGNAZIONE
L’ECONOMIA MONDIALE
è in bilico tra ripresa
e “stagnazione secolare”, secondo la definizione coniata
nel 1938 dall’economista Alvin Hansen e ripresa più vol-
te dal ministro Padoan negli ultimi mesi. La politica euro-
pea, sotto la sfida delle migrazioni e del terrorismo isla-
mico, rischia poi una pericolosa instabilità: l’avanzata dei
partiti populisti anti-immigrati fa vacillare persino la lea-
dership tedesca di “Mutti” Merkel, che sembrava grani-
tica; la Spagna è entrata nel tunnel dell’ingovernabilità
e la costruzione europea deve affrontare l’alea dell’uscita
della Gran Bretagna, la cosiddetta Brexit.
Per l’Italia il 2016 si conferma un anno decisivo: dobbia-
mo dimostrare che la strategia economica del Governo è
in grado di portare la crescita a un livello sufficiente ad
avviare la riduzione del debito pubblico, il parametro che
ancora inquieta i partner europei; le comunali di giugno e
soprattutto il referendum confermativo di ottobre sulle ri-
forme costituzionali (a cui dedichiamo la copertina di que-
sto numero di “Civiltà del Lavoro”) ci diranno se gli italiani
vogliono continuare a scommettere su Renzi.
Le risposte a queste sfide multiple sono cominciate ad ar-
rivare, ma sono ancora incerte e paiono scollegate tra lo-
ro. La risposta più vistosa è stato il “superbazooka” impu-
gnato dalla Bce di Draghi, che in marzo ha varato misure
senza precedenti per sventare la deflazione, riportare l’in-
flazione all’1,8% entro il 2018, ridurre i tassi d’interesse
e spingere le banche a finanziare più massicciamente le
imprese e gli investimenti produttivi.
L’Europa sta affrontando il doppio problema della gestio-
ne della pressione migratoria, della diffusione del terro-
rismo islamista e del sostegno alla crescita. Il program-
ma, su cui si stanno ancora scontrando visioni diverse, è
quello di affidare all’Unione europea un maggior ruolo nel
controllo dei confini esterni, nella concessione dell’asilo ai
profughi che ne hanno diritto e nel rimpatrio dei clande-
stini economici che non hanno diritto all’asilo.
Per finanziare questo nuovo impegno si è ipotizzata l’emis-
sione di obbligazioni europee, che si potrebbero definire
“Euro Immigration Bond” e che potrebbero forse vincere
la storica contrarietà dei tedeschi alla creazione di nuovo
debito, nazionale o europeo.
Poi l’Unione deve trovare il modo di accelerare il Piano
Junker per la crescita, dotandolo possibilmente di mag-
giori risorse. E, infine, dovrebbe trovare un accordo defi-
nitivo sui temi della flessibilità finanziaria perché la ne-
cessità di combattere la deflazione richiede politiche di
bilancio e fiscali più espansive nei singoli Stati membri.
E qui arriviamo al nostro Paese. I dati non sono del tut-
to incoraggianti: il 2015 si è chiuso con una crescita dello
0,8% (con tre giorni di lavoro in più) e con una progres-
sione trimestrale in discesa.
Per fortuna la produzione industriale dei mesi scorsi ha
dato segni di notevole vitalità e questo ha spinto alcuni
centri economici, a cominciare da quello di Confindustria,
ad affermare che la crescita del primo trimestre sarà più
alta di quella prevista dell’Istat. Staremo a vedere.
Intanto, però, occorre intensificare le iniziative pro-cresci-
ta, dalla riforma della Pubblica amministrazione alla nuo-
va legge sugli appalti, a nuove misure sull’aumento degli
incentivi al salario aziendale e sulla riforma della contrat-
tazione per aumentare la produttività del lavoro che, in-
sieme al debito pubblico, è l’altro indicatore nazionale che
preoccupa la Commissione europea.
Fra il 2001 e il 2015 il nostro Pil pro-capite è diminuito
dell’8,5% e siamo finiti all’ultimo posto della classifica eu-
ropea, superati anche dalla Grecia. In parallelo, la recente
indagine che l’Ucimu realizza ogni dieci anni sugli appa-
rati industriali italiani ha indicato un pericoloso invecchia-
mento del nostro apparato industriale.
In particolare, nel 2014, l’età media dei macchinari di pro-
duzione presenti nelle imprese metalmeccaniche è risul-
tata la più alta mai registrata da 40 anni e oggi l’età me-
dia è pari a dodici anni e otto mesi, mentre nel 2005 era
dieci anni e cinque mesi. Sarebbe, dunque, necessario un
nuovo ciclo di investimenti industriali per il quale sono a
disposizione gli incentivi della nuova Sabatini e i supe-
rammortamenti del 140% previsti dalla legge di stabili-
tà per quest’anno.
Qualche cenno di ripresa si sta notando. Per far si che la
primavera atmosferica sia anche una primavera economi-
ca occorre dunque concentrare nei prossimi mesi gli sforzi
di tutti gli attori politici e sociali, dalle istituzioni ai sinda-
cati, dalle imprese alle molte burocrazie. Non possiamo
perdere la scommessa nel 2016.
EDITORIALE
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