Civiltà del Lavoro, n. 2/2016 - page 18

CIVILTÀ DEL LAVORO
II - 2016
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FOCUS
questo? Sono stato otto anni alla Casa Bianca e in quel
periodo ho capito che senza una base culturale non pos-
siamo prendere decisioni giuste, non possiamo creare i
leader di oggi e di domani. Non possiamo vedere la cul-
tura come un costo, ma come un investimento. Non co-
me un problema, ma come una soluzione.
Oggi sono rettore di una università di Gesuiti a Roma dove
insegno leadership. Nella nostra Loyola University di Chi-
cago i primi due anni di formazione sono di cultura. Uno
può studiare economia e commercio, ingegneria, medi-
cina, però i primi due anni di formazione sono storia, so-
ciologia, scienze politiche, arte, teologia, e vengono all’e-
stero a studiare. Vengono in Italia a studiare. Vengono a
Roma, il centro della cultura del passato e di oggi. Perché
vengono qua? Questi ragazzi, che hanno vent’anni e stu-
diano con noi a Roma per cento giorni, vengono comple-
tamente trasformati in leader globali che apprezzano ar-
te, cultura e avranno il coraggio di salvaguardare domani
quel patrimonio perché sanno che senza quello non pos-
siamo sopravvivere.
Franklin Roosevelt durante la Grande Depressione ha fat-
to tutto il possibile per salvaguardare gli artisti america-
ni, gli scrittori americani. John Kennedy è stato il primo
presidente che ha voluto avere un consigliere scientifico.
Senza di lui non saremmo mai andati alla scoperta dello
spazio, sulla Luna.
Abraham Lincoln, che ha affrontato la grande sfida del-
la Guerra Civile americana, si è basato sui principi fonda-
mentali dei grandi scrittori del passato e degli umanisti
per creare un argomento contro la schiavitù.
Uno dei nostri presidenti più grandi e più interessanti era
Theodore Roosevelt alla fine del secolo passato, l’unico
presidente che ha vinto il premio Nobel per la pace, per-
ché aveva una base culturale immensa. Era scrittore, era
uno dei primi ambientalisti, parlava in varie lingue, im-
parò il russo e il giapponese per aiutare questi due Pae-
si a riappacificarsi.
Il nostro compito è creare leader e pensare che non è un
problema salvaguardare questo patrimonio bensì un’op-
portunità per aiutare tutti noi a prendere delle decisioni
per il futuro che conservino la nostra anima e l’umanità.
MICHELE DALL’ONGARO
MUSICA: MERITO
ED EFFICIENZA
Nella musica la meritocrazia è assolutamente ovvia, è
lampante, non c’è altro modo di emergere se non quel-
lo di essere i più bravi.
Il contesto internazionale ormai è sempre più duro, sem-
pre più forte, è sempre più competitivo. Microsoft, Apple,
Bill Gates sono storie che ritroviamo.
Questo tema di confronto internazionale la musica lo ha
sempre avuto. Io credo che se qualcuno di noi fosse ca-
tapultato su un pianeta sconosciuto e avesse un pomerig-
gio per impadronirsi di un po’ della cultura di quel posto,
più che stare a sentire codici che riguardano l’organizza-
zione penale e civile del Paese, forse farebbe bene a ve-
dere qualche opera d’arte o ascoltare la musica, per en-
trare dentro lo spirito di un popolo, comprendere come
le figure, i processi, il pensiero si fa arte e cosa racconta.
Quello è il modello di comprensione fondamentale per ac-
quisire la consapevolezza di una cultura e questo, tra l’al-
tro, serve soprattutto in questo momento di società flui-
da dove l’impatto sociale e il costo sociale dei fenomeni
migratori ha una valenza gigantesca.
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