Civiltà del Lavoro, n. 6/2015 - page 22

CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2015
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Il premier Renzi ha detto
che il terrorismo si com-
batte anche nei quartie-
ri periferici e ha evocato
il concetto di “rammen-
do delle periferie” caro a
Renzo Piano. Cosa si può
realisticamente fare nei
prossimi mesi su questo
terreno?
Il terrorismo è il portato di
molti fattori economici, cul-
turali, etnici. Si combattono
interessi diversi, è una lotta
per l’egemonia del mondo
islamico.
Renzi ha ben spiegato che
anche l’Italia dà il suo con-
tributo, d’indirizzo politico
e di concreta operatività. Spingiamo con prudenza per
evitare azioni avventate che in passato sono state con-
troproducenti.
Per quanto si può essere abili, comunque, le scelte van-
no concordate a livello internazionale, e molte inevitabil-
mente passano sulla nostra testa. Tuttavia, per la sicurez-
za qualcosa di concreto lo possiamo fare a casa nostra.
E qui viene opportunamente considerato un intervento
perché le periferie delle nostre metropoli non diventino
una terra di nessuno, mantengano e accrescano un con-
trollo sociale diffuso, anche per rendere più difficile l’in-
sediamento terroristico. In fin dei conti, a Roma, Milano o
Napoli non abbiamo veri e propri “ghetti etnici”, maga-
Qualche anno fa lei ave-
va proposto la costituzio-
ne di un ministero per le
città, anche come “cabina
di regia” degli interventi
di sviluppo urbano: è an-
cora attuale questa idea?
Penso che non solo sia at-
tuale, ma oggi ancora più
necessaria. Intanto in Francia
opera un Ministre de la Ville,
in Germania lo Stadentwic-
klung e così via. Senza nul-
la togliere all’operatività dei
sindaci, tutti i governi eu-
ropei sentono la necessità
di un punto di coagulo del-
le politiche nazionali per le
città, per le infrastrutture ur-
bane, per la residenza.
C’è chi, anche da noi, a ragione propone per esempio di
affrontare il disagio abitativo come programma dello Sta-
to e non più regionale, di tornare a parlare di case popo-
lari e non di generico “social housing”, che ha finora pro-
dotto risultati modesti.
Dopo il Dipartimento per le aree urbane degli anni ‘80,
tutte le competenze statali si sono frantumate fino a dis-
solversi. Ma anche la difficile situazione di Roma non ha
più un interlocutore governativo specifico e una legge di
riferimento, come fu quella per Roma Capitale con cui si
sono più o meno ordinatamente realizzate tante opere
come il Parco della Musica.
UN
“MINISTERO DELLE CITTÀ”
PER
GUIDARE
GLI
INTERVENTI
Torna d’attualità il problema delle periferie per evitare ghetti etnici e religiosi.
Nel frattempo Milano deve decidere come utilizzare 2,250 milioni di metri quadrati: le aree
Expo e le sette aree Fs. Per il futuro di Bagnoli, invece, si potrebbe guardare all’esperienza
tedesca. Abbiamo fatto il punto con Giuseppe Roma, docente di Urban management
e già direttore del Censis.
Giuseppe Roma
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