Civiltà del Lavoro, n. 6/2015 - page 19

CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2015
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di territorio perché è ormai chiaro a tutti che la città de-
ve crescere su se stessa. Occorre, dunque, cambiare rot-
ta, recuperando e riqualificando, anche demolendo e ri-
costruendo, il patrimonio edilizio carente sia dal punto di
vista strutturale, che da quello energetico. Servono, per
questo, strumenti adeguati, in grado di contribuire alla ri-
qualificazione urbanistica ed edilizia, attraverso l’utilizzo di
materiali sostenibili e il ricorso a energie alternative per
limitare il disagio sociale.
Milano deve affrontare il futuro dell’area Expo e lo svi-
luppo delle sette aree dismesse delle Ferrovie dello
Stato: che suggerimenti darebbe alle autorità pubbli-
che per affrontare questo tema?
Si tratta di progetti di grandi dimensioni, che incidono su
aree immense e con un notevole impatto sotto il profilo
economico-finanziario. Per questo il primo passo da fare è
necessariamente quello di elaborare un efficace piano di
fattibilità per capire se e come gli interventi sono realiz-
zabili e gestibili. È persino inutile fare grandi master plan
se prima non si ha idea dell’effettiva solidità dei progetti,
in termini di costi, ritorni e flussi di cassa.
Per quanto riguarda l’area Expo, in particolare, ritengo
che la proposta della Statale e di Assolombarda, di collo-
care lì la parte scientifica dell’università insieme a tutte
le aziende che lavorano nell’Ict, creando un grande polo
della ricerca e dell’innovazione, sia senz’altro la prospet-
tiva migliore e con le maggiori possibilità di successo. Ma
bisogna partire subito, senza perdere tempo.
Siamo in presenza di grandi progetti di sviluppo immobi-
liare in cui la proprietà e lo sviluppatore è l’amministrazio-
ne pubblica, che deve comportarsi da imprenditore. E per
farlo deve decidere in tempi brevi il modello di governan-
ce, a chi affidare il progetto, quali risorse mettere in gio-
co e poi, una volta scelta la strada da seguire, percorrerla
rapidamente e con la massima concretezza.
Il premier Renzi ha detto che il terrorismo si batte an-
che migliorando le periferie e il disagio sociale che
rischia di diffondervisi: avete proposte operative da
questo punto di vista?
Se guardiamo ai grandi comuni metropolitani, l’espansio-
ne del tessuto urbano è proceduta spesso in modo disor-
dinato, creando condizioni di marginalità ed esclusione,
anche fisica, di parti importanti della popolazione.
Occorre avviare un processo di rinnovamento anche e so-
prattutto delle periferie, con progetti che sappiano ricuci-
re il territorio, restituendo identità ai luoghi, e il senso di
appartenenza a chi li abita e li frequenta. Inoltre, molte
volte ci troviamo a intervenire su aree ed edifici privi di
qualità. In questi contesti, accanto all’accessibilità al bene
casa, è necessario garantire un basso costo di gestione
con attenzione all’efficienza energetica, offrire sistemi di
trasporto sostenibili, recuperare edifici pubblici. Il disagio
sociale si nutre anche di mancanza di identità culturale.
In passato l’Ance aveva lanciato il progetto Città dei
Creativi, sottolineando che la crescita economica nel-
la società postindustriale ritorna a occupare le metro-
poli: ma le nostre città sono adeguate ad offrire oc-
casioni di vita e lavoro soddisfacenti alle generazioni
dei nuovi creativi?
Sono passati diversi anni da quell’iniziativa, che nasceva
dalla convinzione che la competitività urbana è stretta-
mente legata alla capacità di attrarre sul territorio i mi-
gliori talenti.
La questione, come lei ben sottolinea, è proprio quella di
creare stimoli e opportunità, cercando di recuperare ter-
reno rispetto alle grandi metropoli europee e statuniten-
si che in questi anni si sono già rimodellate e trasforma-
te coerentemente con le nuove esigenze dei cittadini.
Noi abbiamo ancora molto da fare: penso alle infrastruttu-
re, materiali e immateriali, al potenziamento della rete dei
trasporti, allo sviluppo della fibra ottica. E poi naturalmen-
te piazze, parchi, piste ciclabili, parcheggi, spazi pubblici.
Non possiamo limitarci a costruire abitazioni se non ci
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Claudio De Albertis
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