Civiltà del Lavoro, n. 6/2015 - page 104

VITA
ASSOCIATIVA
CIVILTÀ DEL LAVORO
VI - 2015
104
Di recente una dottoressa italiana è tragicamente
scomparsa in Kenya mentre lavorava per un orfano-
trofio. Che impressioni le suscitano episodi del genere?
Sono fatti che rattristano molto, ma che mettono in evi-
denza come la professione medica, forse più di altre, con-
senta di far emergere sentimenti di altruismo, solidarietà,
desiderio di aiutare gli altri.
Lei è veneta. Come ha saputo del Collegio e cosa l’ha
spinta a concorrere per l’ammissione?
Ne ho sentito parlare per la prima volta in seguito alla mia
candidatura per il premio Alfiere del Lavoro. Ho partecipa-
to, infatti, a un incontro organizzato a Venezia dai Cavalie-
ri del Lavoro. Ho avuto subito una buona impressione, in
particolare per l’opportunità che viene offerta agli allievi
di acquisire conoscenze nell’ambito economico e del dirit-
to – nel mio caso materia diverse rispetto agli studi scelti
– che consentono di capire meglio l’attualità e di essere
più consapevoli e responsabili nelle scelte che facciamo.
Le sue impressioni dopo i primi mesi?
Molto positive. Vivere insieme a tanti coetanei che seguo-
no altri studi è una fonte continua di arricchimento per-
sonale. La sera ci ritroviamo spesso a chiacchierare e cia-
scuno trasmette le proprie passioni e interessi. Credo che
questo confronto mi permetterà di mantenere una men-
te sempre aperta. È il messaggio che ha voluto dare a noi
matricole anche Patuelli: la cultura deve essere il nostro
fine, non uno strumento. Un messaggio di ottimismo e di
incoraggiamento che ho molto apprezzato.
Il Collegio Lamaro Pozzani
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