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REFERENDUM

CIVILTÀ DEL LAVORO

IV • V - 2016

13

soluta anomalia italiana), riduce radicalmente le decisioni

che richiedono il concorso paritario e dunque l’accordo fra

Stato e Regioni, limita a pochi casi la navetta legislativa

fra le due Camere, offre alle istituzioni territoriali un luogo

nel quale partecipare alle decisioni legislative statali, ma

in tempi stretti e lasciando alla Camera la decisione finale.

Nel contempo aumenta le garanzie dei diritti delle op-

posizioni, che avranno tra l’altro il potere di sottoporre al

vaglio della Corte costituzionale le nuove leggi elettora-

li (e anche l’Italicum): non si voterà più con leggi poi di-

chiarate incostituzionali.

Il nuovo assetto del Parlamento, con un bicameralismo

asimmetrico e un Senato rappresentativo delle istituzioni

territoriali, riproduce modelli collaudati, come quello del

Senato francese. Le scelte di fondo della riforma vanno

dunque nella direzione giusta. E sono scelte condivise lar-

gamente sia tra gli studiosi, che tra i partiti.

Basta rileggere gli Atti parlamentari degli ultimi trent’an-

ni per constatarlo.

A differenza delle scelte di fondo, diversi particolari del-

la riforma possono invece suscitare perplessità e criti-

che, anche fondate. Ma sarebbe irresponsabile buttare il

bambino con l’acqua sporca. È bene, io penso, acquisire

le scelte di fondo.

Una volta acquisite, correggere le scelte di dettaglio e mi-

gliorare la formulazione di disposizioni mal scritte non sa-

rà un problema insolubile.

I sostenitori del “no” affermano che questa riforma è

stata approvata da una maggioranza di governo appe-

na sufficiente e da un Parlamento frutto di una legge

elettorale – il Porcellum – dichiarata incostituzionale.

Sarebbe, dunque, una riforma priva di adeguata le-

gittimazione democratica.

Sulle scelte di fondo della riforma, c’è da anni, come ho

già notato, un accordo larghissimo. In prima lettura, il te-

sto è stato approvato da una maggioranza molto ampia.

Una parte dell’opposizione ha poi cambiato opinione a se-

guito dell’elezione di Mattarella al Quirinale: dunque per

ragioni “politiche”, non attinenti al merito della riforma.

La riforma ha comunque ottenuto in ciascuna delle due

Camere una maggioranza non risicata (superiore al 55%),

ancorché non sufficiente a evitare il referendum (che pe-

raltro Renzi voleva per lasciare la decisione finale in ogni

caso ai cittadini).

La sentenza che ha dichiarato incostituzionali alcune di-

sposizioni del Porcellum ha precisato che ciò non inficia

la piena legittimità di questo Parlamento. E comunque

quel che conterà sarà alla fine solo il voto degli italiani.

Un’altra critica è che la combinazione della riforma

costituzionale e della nuova legge elettorale Italicum

produrrebbero un eccessivo potere in capo al governo,

che col premio di maggioranza controllerebbe la Ca-

mera con i capilista bloccati deciderebbe anche buo-

na parte dei suoi deputati, senza sufficienti contrap-

pesi. Come risponde?

La riforma del 2005 fu bocciata dal referendum del 2006

con un voto popolare molto netto (63% a 37%), anche

perché prevedeva un “premierato forte” riducendo i poteri

di garanzia del Capo dello Stato. Dava, tra l’altro, al premier

il potere di sciogliere le Camere e di revocare i ministri.

Questa riforma, invece, non aumenta neanche di una vir-

gola i poteri del Presidente del Consiglio, né riduce i poteri

del Quirinale. Al contrario: prevede uno statuto dei dirit-

ti delle opposizioni; eleva la maggioranza necessaria per

eleggere il Capo dello Stato; introduce in Costituzione li-

miti severi alla adozione dei decreti-legge, in parte com-

pensati dal diritto del Governo di ottenere un voto a data

certa sulle leggi essenziali per l’attuazione del suo pro-

gramma. Si tratta di innovazioni da tempo proposte dal-

la gran maggioranza degli studiosi, compresi quasi tutti

quelli che oggi si schierano per il no.

E per quanto riguarda l’Italicum?

Non è oggetto del referendum. Sarà la Corte costituzio-

nale a stabilire se è o no conforme ai principi democratici

della Costituzione. Il suo meccanismo maggioritario può

non piacere ed essere giudicato non adatto ad un siste-

ma politico non più bipolare: ma non ha effetti sostanzial-

mente diversi dal sistema britannico, diverso dal nostro

ma altrettanto incentrato sul rafforzamento della coesio-

ne della maggioranza.

Quanto ai capilista bloccati, saranno meno del 30% men-

tre più del 70% dei deputati della maggioranza saranno

eletti con le preferenze, dunque saranno scelti dagli elet-

tori, non dal premier/segretario del partito.

Aggiungo che Renzi ha annunciato la disponibilità a rivedere

l’Italicum, se, ovviamente, si troverà un accordo per farlo.

Vi è chi come Massimo D’Alema afferma che, se que-

sta riforma venisse bocciata, si potrebbe varare in cin-

que mesi una riforma più semplice e condivisa. È una

prospettiva realistica?

Ho fatto parte del Parlamento per 27 anni, sono stato re-

latore di maggioranza nella Commissione De Mita-Iotti

(1992-94), membro del Comitato dei “quattro saggi” vo-

luto da D’Alema e Berlusconi (1996), ministro all’epoca

della Commissione D’Alema (1996-98), capogruppo

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