REFERENDUM
CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2016
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soluta anomalia italiana), riduce radicalmente le decisioni
che richiedono il concorso paritario e dunque l’accordo fra
Stato e Regioni, limita a pochi casi la navetta legislativa
fra le due Camere, offre alle istituzioni territoriali un luogo
nel quale partecipare alle decisioni legislative statali, ma
in tempi stretti e lasciando alla Camera la decisione finale.
Nel contempo aumenta le garanzie dei diritti delle op-
posizioni, che avranno tra l’altro il potere di sottoporre al
vaglio della Corte costituzionale le nuove leggi elettora-
li (e anche l’Italicum): non si voterà più con leggi poi di-
chiarate incostituzionali.
Il nuovo assetto del Parlamento, con un bicameralismo
asimmetrico e un Senato rappresentativo delle istituzioni
territoriali, riproduce modelli collaudati, come quello del
Senato francese. Le scelte di fondo della riforma vanno
dunque nella direzione giusta. E sono scelte condivise lar-
gamente sia tra gli studiosi, che tra i partiti.
Basta rileggere gli Atti parlamentari degli ultimi trent’an-
ni per constatarlo.
A differenza delle scelte di fondo, diversi particolari del-
la riforma possono invece suscitare perplessità e criti-
che, anche fondate. Ma sarebbe irresponsabile buttare il
bambino con l’acqua sporca. È bene, io penso, acquisire
le scelte di fondo.
Una volta acquisite, correggere le scelte di dettaglio e mi-
gliorare la formulazione di disposizioni mal scritte non sa-
rà un problema insolubile.
I sostenitori del “no” affermano che questa riforma è
stata approvata da una maggioranza di governo appe-
na sufficiente e da un Parlamento frutto di una legge
elettorale – il Porcellum – dichiarata incostituzionale.
Sarebbe, dunque, una riforma priva di adeguata le-
gittimazione democratica.
Sulle scelte di fondo della riforma, c’è da anni, come ho
già notato, un accordo larghissimo. In prima lettura, il te-
sto è stato approvato da una maggioranza molto ampia.
Una parte dell’opposizione ha poi cambiato opinione a se-
guito dell’elezione di Mattarella al Quirinale: dunque per
ragioni “politiche”, non attinenti al merito della riforma.
La riforma ha comunque ottenuto in ciascuna delle due
Camere una maggioranza non risicata (superiore al 55%),
ancorché non sufficiente a evitare il referendum (che pe-
raltro Renzi voleva per lasciare la decisione finale in ogni
caso ai cittadini).
La sentenza che ha dichiarato incostituzionali alcune di-
sposizioni del Porcellum ha precisato che ciò non inficia
la piena legittimità di questo Parlamento. E comunque
quel che conterà sarà alla fine solo il voto degli italiani.
Un’altra critica è che la combinazione della riforma
costituzionale e della nuova legge elettorale Italicum
produrrebbero un eccessivo potere in capo al governo,
che col premio di maggioranza controllerebbe la Ca-
mera con i capilista bloccati deciderebbe anche buo-
na parte dei suoi deputati, senza sufficienti contrap-
pesi. Come risponde?
La riforma del 2005 fu bocciata dal referendum del 2006
con un voto popolare molto netto (63% a 37%), anche
perché prevedeva un “premierato forte” riducendo i poteri
di garanzia del Capo dello Stato. Dava, tra l’altro, al premier
il potere di sciogliere le Camere e di revocare i ministri.
Questa riforma, invece, non aumenta neanche di una vir-
gola i poteri del Presidente del Consiglio, né riduce i poteri
del Quirinale. Al contrario: prevede uno statuto dei dirit-
ti delle opposizioni; eleva la maggioranza necessaria per
eleggere il Capo dello Stato; introduce in Costituzione li-
miti severi alla adozione dei decreti-legge, in parte com-
pensati dal diritto del Governo di ottenere un voto a data
certa sulle leggi essenziali per l’attuazione del suo pro-
gramma. Si tratta di innovazioni da tempo proposte dal-
la gran maggioranza degli studiosi, compresi quasi tutti
quelli che oggi si schierano per il no.
E per quanto riguarda l’Italicum?
Non è oggetto del referendum. Sarà la Corte costituzio-
nale a stabilire se è o no conforme ai principi democratici
della Costituzione. Il suo meccanismo maggioritario può
non piacere ed essere giudicato non adatto ad un siste-
ma politico non più bipolare: ma non ha effetti sostanzial-
mente diversi dal sistema britannico, diverso dal nostro
ma altrettanto incentrato sul rafforzamento della coesio-
ne della maggioranza.
Quanto ai capilista bloccati, saranno meno del 30% men-
tre più del 70% dei deputati della maggioranza saranno
eletti con le preferenze, dunque saranno scelti dagli elet-
tori, non dal premier/segretario del partito.
Aggiungo che Renzi ha annunciato la disponibilità a rivedere
l’Italicum, se, ovviamente, si troverà un accordo per farlo.
Vi è chi come Massimo D’Alema afferma che, se que-
sta riforma venisse bocciata, si potrebbe varare in cin-
que mesi una riforma più semplice e condivisa. È una
prospettiva realistica?
Ho fatto parte del Parlamento per 27 anni, sono stato re-
latore di maggioranza nella Commissione De Mita-Iotti
(1992-94), membro del Comitato dei “quattro saggi” vo-
luto da D’Alema e Berlusconi (1996), ministro all’epoca
della Commissione D’Alema (1996-98), capogruppo
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