65
FOCUS
CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2016
to professionale. Un esercito sempre più disincantato e
disilluso che vaga senza meta, senza aver chiaro il pro-
prio ruolo nella società e nel mercato del lavoro, senza
un progetto su cui riversare il proprio interesse e i propri
sogni, con il timore di essere marginalizzato e di dover ri-
nunciare definitivamente a un futuro di piena cittadinanza.
Un esercito che sembra scivolare verso i confini del mer-
cato del lavoro e rischia di trasformarsi in disoccupazione
strutturale. In seguito nemmeno i contratti più flessibili ri-
uscirebbero a inserirla nel mondo del lavoro, con conse-
guenze a catena anche dal punto di vista pensionistico.
Il fenomeno è molto più accentuato nei paesi del sud e
dell’est europeo. Da cosa dipende questa variabilità? La
si può interpretare attraverso le caratteristiche del regi-
me di welfare e del regime di transizione all’età adulta
nei diversi paesi europei. La condizione di Neet, infatti,
è sì conseguenza della crisi economica e della modesta
mobilità sociale, ma sul fenomeno influisce anche la po-
ca autonomia giovanile. Perciò sono i paesi europei dove
i giovani restano più a lungo a casa con i genitori, a re-
gistrare un’alta presenza di Neet. Quello dei giovani è un
tema che mi sta molto a cuore, perché le nuove gene-
razioni sono la componente più preziosa per realizzare il
benessere di un paese. Per questo credo davvero sia tem-
po di tornare a occuparsi dei ragazzi, orientarli al sapere
professionalizzante, favorire il loro ingresso nel mercato
del lavoro, creare dei percorsi virtuosi che favoriscano l’al-
ternanza scuola-lavoro, dare vita a procedure veramente
meritocratiche di selezione professionale. Senza trascura-
re un’organica serie di politiche economiche, lavoristiche,
educative, edilizie, di welfare, per accrescere le possibilità
dei giovani italiani di emanciparsi dalla dipendenza mate-
riale dalla famiglia d’origine che, paragonata ai loro coe-
tanei di altri paesi europei, appare eccessivamente lunga.
Sono convinto che i benefici creati da un ampliamento
dello spazio dedicato ai giovani nel mercato del lavoro sa-
rebbero innumerevoli, e a vantaggio di tutti: dall’impatto
sulla produttività a quello sull’innovazione, dalla moderniz-
zazione di tempi e luoghi di lavoro alla coesione sociale.
Tuttavia, questa sorta di letargo esistenziale, non riguarda
solo i giovani Neet, ma può essere esteso alla più ampia
composizione sociale. Nel nostro Paese, purtroppo, con-
tinua a vincere il soggettivismo, l’egoismo, l’interesse in-
dividuale. Non maturano invece i valori collettivi, l’unità
degli interessi. Anche per questo crescono le disegua-
glianze, con la conseguente caduta della coesione sociale.
È un’Italia vivace e dinamica quella che posso vedere da
Milano, una città che combina tecnologia, industria, de-
sign, cultura e comunicazione. Ma basta cambiare punto
di osservazione e dalle cronache emerge il ritratto di un
paese gravemente diseguale. Il Nord in crescita, per ca-
pacità produttiva e redditi. Il Sud invece povero e mar-
ginale, con processi industriali sempre più rarefatti e ag-
grovigliato in una spesa pubblica assistenziale, clientelare,
carente di risorse, di strumenti per l’integrazione, di ser-
vizi sociali, per la formazione e il lavoro.
È lo specchio di un contesto culturale che, alimentando
passività e disagi, favorisce condizioni di marginalità e po-
vertà. E i numeri delle statistiche non fanno che aggiun-
gere drammatica attualità al problema: il Pil pro capite
nel Mezzogiorno è quasi metà di quello del Nord. Un di-
vario antico eppure crescente, con una forbice di oppor-
tunità, speranze, prospettive di lavoro che si aggrava, so-
prattutto per le nuove generazioni.
Impossibile non percepire con sempre più chiara consape-
volezza che tale divario è intollerabile e che, oltre a divi-
dere il Paese, continuerà anche sul lungo periodo a depri-
merne la crescita. Non dimentichiamo, infatti, che siamo
tutti legati gli uni agli altri in una relazione di interdipen-
denza e, senza rimettere il Mezzogiorno sul treno dello
sviluppo, nessuno starà bene davvero e non ci sarà svi-
luppo europeo per nessuno, in Italia.
•
Niccolò Branca di Romanico, nominato Cavaliere
del Lavoro nel 2011, è presidente e amministratore
delegato di Branca International, fondata nel 1845,
gruppo leader nel settore dei liquori con i marchi
Fernet-Branca, Stravecchio Branca e Brancamenta.
È presente in oltre 165 paesi.