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FOCUS

CIVILTÀ DEL LAVORO

IV • V - 2016

to professionale. Un esercito sempre più disincantato e

disilluso che vaga senza meta, senza aver chiaro il pro-

prio ruolo nella società e nel mercato del lavoro, senza

un progetto su cui riversare il proprio interesse e i propri

sogni, con il timore di essere marginalizzato e di dover ri-

nunciare definitivamente a un futuro di piena cittadinanza.

Un esercito che sembra scivolare verso i confini del mer-

cato del lavoro e rischia di trasformarsi in disoccupazione

strutturale. In seguito nemmeno i contratti più flessibili ri-

uscirebbero a inserirla nel mondo del lavoro, con conse-

guenze a catena anche dal punto di vista pensionistico.

Il fenomeno è molto più accentuato nei paesi del sud e

dell’est europeo. Da cosa dipende questa variabilità? La

si può interpretare attraverso le caratteristiche del regi-

me di welfare e del regime di transizione all’età adulta

nei diversi paesi europei. La condizione di Neet, infatti,

è sì conseguenza della crisi economica e della modesta

mobilità sociale, ma sul fenomeno influisce anche la po-

ca autonomia giovanile. Perciò sono i paesi europei dove

i giovani restano più a lungo a casa con i genitori, a re-

gistrare un’alta presenza di Neet. Quello dei giovani è un

tema che mi sta molto a cuore, perché le nuove gene-

razioni sono la componente più preziosa per realizzare il

benessere di un paese. Per questo credo davvero sia tem-

po di tornare a occuparsi dei ragazzi, orientarli al sapere

professionalizzante, favorire il loro ingresso nel mercato

del lavoro, creare dei percorsi virtuosi che favoriscano l’al-

ternanza scuola-lavoro, dare vita a procedure veramente

meritocratiche di selezione professionale. Senza trascura-

re un’organica serie di politiche economiche, lavoristiche,

educative, edilizie, di welfare, per accrescere le possibilità

dei giovani italiani di emanciparsi dalla dipendenza mate-

riale dalla famiglia d’origine che, paragonata ai loro coe-

tanei di altri paesi europei, appare eccessivamente lunga.

Sono convinto che i benefici creati da un ampliamento

dello spazio dedicato ai giovani nel mercato del lavoro sa-

rebbero innumerevoli, e a vantaggio di tutti: dall’impatto

sulla produttività a quello sull’innovazione, dalla moderniz-

zazione di tempi e luoghi di lavoro alla coesione sociale.

Tuttavia, questa sorta di letargo esistenziale, non riguarda

solo i giovani Neet, ma può essere esteso alla più ampia

composizione sociale. Nel nostro Paese, purtroppo, con-

tinua a vincere il soggettivismo, l’egoismo, l’interesse in-

dividuale. Non maturano invece i valori collettivi, l’unità

degli interessi. Anche per questo crescono le disegua-

glianze, con la conseguente caduta della coesione sociale.

È un’Italia vivace e dinamica quella che posso vedere da

Milano, una città che combina tecnologia, industria, de-

sign, cultura e comunicazione. Ma basta cambiare punto

di osservazione e dalle cronache emerge il ritratto di un

paese gravemente diseguale. Il Nord in crescita, per ca-

pacità produttiva e redditi. Il Sud invece povero e mar-

ginale, con processi industriali sempre più rarefatti e ag-

grovigliato in una spesa pubblica assistenziale, clientelare,

carente di risorse, di strumenti per l’integrazione, di ser-

vizi sociali, per la formazione e il lavoro.

È lo specchio di un contesto culturale che, alimentando

passività e disagi, favorisce condizioni di marginalità e po-

vertà. E i numeri delle statistiche non fanno che aggiun-

gere drammatica attualità al problema: il Pil pro capite

nel Mezzogiorno è quasi metà di quello del Nord. Un di-

vario antico eppure crescente, con una forbice di oppor-

tunità, speranze, prospettive di lavoro che si aggrava, so-

prattutto per le nuove generazioni.

Impossibile non percepire con sempre più chiara consape-

volezza che tale divario è intollerabile e che, oltre a divi-

dere il Paese, continuerà anche sul lungo periodo a depri-

merne la crescita. Non dimentichiamo, infatti, che siamo

tutti legati gli uni agli altri in una relazione di interdipen-

denza e, senza rimettere il Mezzogiorno sul treno dello

sviluppo, nessuno starà bene davvero e non ci sarà svi-

luppo europeo per nessuno, in Italia.

Niccolò Branca di Romanico, nominato Cavaliere

del Lavoro nel 2011, è presidente e amministratore

delegato di Branca International, fondata nel 1845,

gruppo leader nel settore dei liquori con i marchi

Fernet-Branca, Stravecchio Branca e Brancamenta.

È presente in oltre 165 paesi.