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FOCUS
CIVILTÀ DEL LAVORO
IV • V - 2016
Quali sono le cause storico-culturali e quali, invece, i
fattori contingenti che rendono modesta la mobilità
sociale in Italia?
Le cause sono tante e più o meno note e spaziano dal-
le secolari differenze territoriali all’influenza della Chiesa,
dall’arretratezza economica allo scarso rendimento delle
istituzioni e ai rapporti uomo-donna.
Richiamerei l’attenzione su alcuni elementi rilevanti per la
sfera dell’istruzione. In primo luogo, l’economia si caratte-
rizza per un’incidenza elevata di piccole imprese, a condu-
zione familiare; ciò ha spesso portato a una scarsa incenti-
vazione al conseguimento di elevati livelli di istruzione tra
i figli della classe media autonoma e a un ridotto recluta-
mento di talenti dall’ester-
no. In secondo luogo, stori-
camente ci sono state poche
opportunità lavorative per
giovani ben istruiti, a cau-
sa della scarsa presenza di
grandi aziende (con asset-
ti organizzativi complessi e
importanti piani di investi-
mento) e dell’accesso limi-
tato al lavoro nella Pubbli-
ca amministrazione.
In terzo luogo, forse più che
altrove, in Italia per molti
gruppi la mobilità sociale
ascendente è passata per la
Mobilità sociale e crescita economica. C’è correlazio-
ne fra i due fenomeni? E qual è la situazione italiana?
Per un periodo molto lungo la crescita economica ha fa-
vorito la trasformazione della struttura occupazionale (con
una riduzione delle occupazioni manuali e un’espansione
di quelle di livello medio-alto) e la democratizzazione dei
processi di istruzione; grazie a questi processi ogni gene-
razione è riuscita, nel complesso, a migliorare la propria
situazione rispetto alla generazione precedente. Dunque
è evidente che la crescita contribuisce alla mobilità so-
ciale “assoluta”. La mobilità “relativa” è assai più proble-
matica: la crescita economica si può avere (e, anzi, quasi
ovunque accade proprio così) anche quando le famiglie
più avvantaggiate riescono
a trasmettere ai loro figli –
grazie alle maggiori risorse
materiali, culturali e sociali a
loro disposizione – maggiori
opportunità di raggiungere
un alto grado di istruzione e
un lavoro di rango elevato.
Semmai l’assenza di mobi-
lità sociale può comportare
problemi di diseguaglian-
za e di coesione, nonché di
mancata valorizzazione dei
talenti. L’Italia soffre di una
cronica debolezza da que-
sto punto di vista.
UN
PAESE
IMMOBILE
Per Giancarlo Gasperoni, professore ordinario di Sociologia generale all’Università di Bologna, la
struttura produttiva composta in maggioranza da pmi, insieme a un mercato del lavoro debole
e a un sistema universitario poco attraente, spiegano la modesta mobilità sociale in Italia.