Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2023

50 FOCUS Civiltà del Lavoro | agosto • settembre • ottobre 2023 so di occupazione, produttività media per occupato), dovessero concretizzarsi i cambiamenti prospettati circa la numerosità della popolazione e la sua componente in età lavorativa. Il calo rispetto al 2022 sarebbe pari al 16,5% del PIL nell’arco di un ventennio (con un -12,2% a livello pro-capite) e salirebbe al 25,7% in un orizzonte di quarant’anni (-13% per il pro-capite). Di fatto, la simulazione mostra come a livello nazionale nel 2062 si perderebbero, per effetto di fattori demografici (se) non compensati da adeguate modifiche favorevoli nei tre fattori economici (attività, occupazione e produttività), ben 500 miliardi di euro sul piano delle risorse. Ciò proprio quando, per l’intenso e inarrestabile processo di invecchiamento della popolazione, ne sarebbero necessarie molte di più, dovendo garantire qualità della vita agli italiani, soprattutto sul fronte dell’assistenza e della cura, in un contesto in cui il fondamentale supporto della rete del welfare familiare sarà sempre più fragile, per via del progressivo assottigliarsi dei legami parentali e della conseguente crescita del numero di anziani soli (figura 1). Anche rispetto alla dinamica dei consumi il cambiamento demografico che interesserà popolazione e famiglie nei prossimi anni sembra destinato a determinare variazioni importanti. Se infatti si adottano i parametri OCSE – che assegnano in ogni unità familiare un “punteggio” di consumo unitario per il primo adulto (il capo-famiglia), scendendo a 0,5 per ciascuno degli altri membri ultra15enni e a 0,3 per quelli in età 0-14 anni – e li si applica alla popolazione e al numero di famiglie previsti per il ventennio 2022-2042 (Istat, 2023), si stima una riduzione delle unità di consumo – e quindi della domanda aggregata con tutte le conseguenze che ne derivano – da 40,7 a 39,9 milioni, con una variazione negativa abbastanza contenuta a livello nazionale (-1,84%), ma un calo decisamente più consistente nel complesso del Mezzogiorno (-8,42%). DALLA CONSAPEVOLEZZA ALL’AZIONE È innegabile che l’auspicata svolta per arginare la corrente impetuosa del declino demografico nel nostro Paese richieda efficaci e tempestivi interventi su più fronti. Innanzitutto, sul terreno delle nascite – i cui eventuali effetti sarebbero comunque inevitabilmente ritardati nel tempo – dove sono necessarie iniziative capaci di rimuovere gli ostacoli che condizionano le scelte familiari nei percorsi riproduttivi, come il costo dei figli, i problemi di cura, le difficoltà nel conciliare genitorialità e lavoro. Per affrontare seriamente il problema della denatalità sarebbe assolutamente necessario riuscire a combinare gli strumenti della politica e della cultura con un approccio nuovo e diverso dal passato, capace di produrre un radicale cambiamento delle condizioni entro cui maturano le decisioni che portano a generare un (o un altro) figlio. Ma occorrerebbe farlo in fretta, senza illudersi che esistano aiuti esterni e magiche soluzioni come, ad esempio, l’importante (ma non risolutivo) contributo di una componente straniera il cui tasso di natalità si è dimezzato nel corso dell’ultimo ventennio: era il 23,5 per mille nel 2004 ed è sceso all’11 per mille nel 2022. Un secondo ambito di azione va ricercato sul terreno delle migrazioni. Non solo per dar vita ad una nuova stagione di ingressi ben governati e adeguatamente accompagnati da validi percorsi di piena integrazione, ma anche per agire sul contenimento di quei flussi in uscita che sono in molti casi alimentati da coorti giovanili la cui alta formazione, talvolta a livello di laurea e dottorato, va troppo spesso a coniugarsi con basse (persino nulle) opportunità di valorizzazione entro i confini nazionali. Nel contrasto (o la semplice attenuazione) degli effetti problematici del cambiamento demografico c’è infine un ulteriore fronte di intervento, quello che può collegarsi al progressivo miglioramento delle condizioni di sopravvivenza e di vita tra coloro che sono oggi “diversamente giovani” senza tuttavia doversi ritenere pienamente inclusi nell’universo dei “già anziani”. Ci si riferisce, in particolare, a soggetti per i quali i confini delle stagioni della vita non dovrebbero venir definiti in base a rigide soglie anagrafiche, bensì modulati nel tempo in funzione dei progressi nei livelli di sopravvivenza e verosimilmen0 200000 400000 600000 800000 1000000 1200000 1400000 1600000 1800000 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85e+ 2022 2032 2042 Fonte: elaborazioni su dati Istat FIG. 1 – Italia – Famiglie unipersonali nelle diverse fasce d’età al 1° gennaio degli anni 2022, 2032 e 2042

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