Civiltà del Lavoro, n. 2/2023

61 FOCUS Civiltà del Lavoro | marzo • aprile 2023 Foto andreypopov © 123RF.com te ridotto le relazioni sul posto di lavoro (figura 2). La riduzione delle relazioni appare una criticità soprattutto per i lavoratori e le lavoratrici più giovani, che vedono ridursi le possibilità di fare network e di apprendimento on the job, anche grazie all’affiancamento di figure senior. Alla luce di queste criticità, alcune aziende vincolano l’utilizzo dello smart working a un’anzianità lavorativa minima. Oltre il 70% delle aziende ritiene che lo smart working sia una pratica lavorativa utile per favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro, anche se le percezioni in merito allo smart working come politica di conciliazione sono contrastanti: un’impresa su cinque ritiene che lo smart working andrebbe concesso più alle donne che agli uomini, ma quasi due su tre ritengono che sia incompatibile con la presenza di figli al di sotto di tre anni d’età. BUONE PRATICHE A SUPPORTO DELLE NEO-MAMME Rispetto al tema del supporto alla genitorialità, le interviste hanno evidenziato due principali tipologie di buone pratiche: gli interventi di comunicazione e coinvolgimento delle neo-mamme nel periodo di congedo, per aumentare la probabilità di rientro al lavoro; le azioni di supporto al ruolo dei papà nella cura, come, ad esempio, la maggiorazione salariale e/o l’allungamento congedi di paternità rispetto a quanto previsto dalla legge e la formazione sulla maternità “allargata” ai papà. In termini di contributo dell’occupazione femminile alla crescita e al benessere collettivo, oltre tre aziende su quattro ritengono che l’aumento dell’occupazione delle donne avrebbe effetti positivi sia sulla performance aziendale, sia sulla crescita dell’economia italiana. Nonostante un generale consenso sulla necessità dell’intervento dello Stato per supportare le aziende nel ridurre le differenze di genere, emerge un atteggiamento critico verso le “quote rosa” come strumento efficace per aumentare la presenza di donne in posizioni dirigenziali. Le quote rosa hanno contribuito a ridurre le differenze di genere nelle posizioni apicali, ma sono generalmente viste come un ulteriore vincolo nelle decisioni aziendali, e non sono considerate particolarmente efficaci per aumentare l’occupazione femminile; ciononostante, l’intervento del legislatore è ritenuto utile nell’obbligare le aziende a lavorare su questi temi e ad avviare un cambiamento culturale. Più positiva invece la percezione della certificazione della parità di genere, che secondo il 60% dei rispondenti aiuterà a ridurre le differenze di genere nel mondo del lavoro (figura 3). AGIRE SULLA CULTURA Un aspetto rilevante rimane la necessità del cambiamento culturale già a partire dalla scuola, dove le imprese possono avere un ruolo cruciale per scardinare gli stereotipi e sensibilizzare alla scelta di percorsi di studi che possano

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