Civiltà del Lavoro, n. 2/2023

37 FOCUS Civiltà del Lavoro | marzo • aprile 2023 er la prima volta nella sua storia ultratrentennale lo Stockholm Water Prize, il “Nobel dell’acqua”, è stato assegnato a un italiano, Andrea Rinaldo, ordinario di Costruzioni idrauliche all’Università di Padova, per i suoi studi sulle reti fluviali come chiave per comprendere la natura ed eliminare le disuguaglianze. È un buon segnale: l’Italia ha tanto bisogno di scienza, a cominciare dalla scienza applicata alle risorse idriche. In Europa, e in Italia, sarà un’altra estate caldissima e a rischio siccità. Nello scorso mese di marzo, quando si raggiunge il massimo di accumulo di neve sulle montagne italiane, di solito si depositano tra i 10 e i 13 miliardi di metri cubi d’acqua sotto forma di neve ma quest’anno si è arrivati a soli quattro. Una mancanza del 63% rispetto alle medie stagionali, e ancora peggio rispetto allo scorso anno quando furono 6 i miliardi di metri cubi di neve depositati. Secondo i più recenti dati elaborati dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca – Ispra, stiamo assistendo a un trend consolidato e non a fenomeni straordinari. Nell’ultimo trentennio climatologico 1991–2020, la disponibilità di acqua è infatti diminuita del 20% rispetto al valore di riferimento storico di 550 mm. Anche le stime sul lungo periodo (1951– 2021) evidenziano una riduzione significativa, circa il 16% in meno rispetto al valore annuo medio storico. Questa riduzione, dovuta agli impatti dei cambiamenti climatici, è da attribuire non solo alla diminuzione delle precipitazioni, ma anche all’incremento dell’evaporazione dagli specchi d’acqua e dalla traspirazione dalla vegetazione, per effetto dell’aumento delle temperature. PIOGGIA ABBONDANTE, ACQUA SCARSA Eppure l’acqua che ci piove addosso non sarebbe così scarsa: a essere scarsa è la nostra capacità di raccoglierla. La piovosità in Italia è abbondante: su scala nazionale registra 301 miliardi di metri cubi di pioggia in media, ma solo l’11% delle precipitazioni è prelevata per tutti gli usi. L’Italia si colloca al quinto posto in Europa per quantità di precipitazioni medie, Milano è l’area metropolitana più piovosa d’Europa e Roma è più piovosa di Londra. L’Italia è più piovosa di Olanda o Germania, eppure la penisola è a rischio siccità a causa della mancanza di infrastrutture. Considerando le precipitazioni e il patrimonio idrico italiano, la media annua dell’acqua teoricamente utilizzabile risulta cinque volte il livello medio dei prelievi annui per tutti gli usi (civile, agricolo industriale). Il problema è che le precipitazioni non sono ripartite uniformemente nel corso dell’anno e le stesse aree che sono vittime di ondate di maltempo e alluvioni poi si trovano a fare i conti con la mancanza d’acqua nei mesi più caldi. Alla base del paradosso c’è la carenza di infrastrutture idriche per gestire e utilizzare l’acqua quando e dove serve. L’Italia è sostanzialmente ferma alle stesse capacità di invaso di mezzo secolo fa, ma con necessità e consumi aumentati enormemente. Ci sono 531 grandi dighe la cui capacità d’invaso sarebbe di 13,652 miliardi di metri cubi, ma – come ha messo in evidenza il rapporto “Water Econ- omy in Italy - i volumi reali sono inferiori del 35% (per ritardi nelle procedure di collaudo tecnico-funzionale, per interramento progressivo per mancato drenaggio e per carenza di nuovi investimenti). Da segnalare che l’Italia versa 165.000 euro al giorno all’Unione europea come sanzione per infrazioni relative alla carenza di sistemi di depurazione e riuso delle acque reflue. LA CULTURA CHE MANCA Eppure, nel dibattito pubblico prevale quello che Ferruccio de Bortoli ha definito di recente “un colpevole e inspiegabile fatalismo che rasenta l’irresponsabilità collettiva e individuale. Basta che piova un po’ e subito Più scienza (e coscienza) CONTRO LO SPRECO P

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