Civiltà del Lavoro, n. 1/2023

26 PRIMO PIANO Civiltà del Lavoro gennaio • febbraio 2023 Intervista ad Antonello GIANNELLI di Silvia TARTAMELLA na scuola in linea con i tempi, capace di fornire gli strumenti per interpretare la società e solida nell’accompagnare i giovani nel loro percorso di crescita. È quella auspicata da Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi, al quale abbiamo chiesto di scattare una fotografia del sistema scolastico attuale. Presidente, quali sono le principali criticità che oggi affrontano i dirigenti scolastici? E di cosa avrebbero bisogno per migliorare la qualità della didattica? La nostra didattica soffre il fatto di essere rimasta legata al modello pedagogico gentiliano: lezione frontale, per lo più teorica, con i ragazzi che studiano a casa, magari a memoria, e riferiscono durante le interrogazioni. Noi delle generazioni precedenti accettavamo questa impostazione, ma oggi i giovani, e non solo in Italia, non si sentono motivati a studiare in questo modo e il modello si sta rivelando sempre più inefficace. I sistemi scolastici con più successo hanno modalità didattiche differenti, nelle quali per esempio gli alunni studiano la lezione a casa per conto proprio, magari anche guardando dei video su YouTube, e poi a scuola fanno l’equivalente dei compiti in classe. In pratica, si fa il contrario di come si faceva una volta. Per adottare soluzioni simili, però, occorre una massiccia azione di formazione e aggiornamento per i docenti, che a differenza dei colleghi della scuola primaria, più attenti agli aspetti relazionali e psicologici, tendono a un modello basato sulla disciplina, specialmente nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Si investe a sufficienza nella formazione per i docenti? No, si investe troppo poco e soprattutto non c’è una visione di fondo che guidi l’attività formativa. La legge 107/2015 della Buona Scuola ha introdotto una card del valore di 500 euro all’anno con la quale i docenti possono acquistare libri o frequentare corsi, ma non necessariamente si formano in ambito pedagogico, che è quello che a mio avviso servirebbe di più. D’altra parte, consideri che in Italia i professori sono circa 800mila; riuscire ad aggiornare tutti in modo coordinato, chiaro e trasparente non è facile. Si sono fatte tantissime sperimentazioni in passato, che hanno coinvolto all’incirca un 5%, quindi circa 40mila persone: una goccia nel mare. La verità è che non si è mai riusciti ad incidere sulla massa degli insegnanti e sulle modalità di lezione. Cosa si dovrebbe fare? Bisogna individuare la materia o l’insieme di materie su cui formarsi ed avere un approccio pragmatico. Abbiamo bisogno di capire come gestire la classe e tenere alta l’attenzione. Gli anni passano, la società cambia e quello che andava bene un tempo ora non va più. Tra i problemi messi a fuoco dal rapporto della Fondazione Rocca “Scuola, i numeri da cambiare”, vi è il divario di preparazione fra Nord e Sud del Paese e quelU L’iniziativa legislativa finora ha sortito l’effetto di scatenarne rispettivamente i fautori e i detrattori, più su base ideologica che sui contenuti. Al momento il disegno di legge è una sorta di contenitore, non è chiaro cosa accadrà e con quali modalità PIÙ INIZIATIVA AI PRESIDI più formazione per i docenti

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=