Civiltà del Lavoro, n. 2/2022

29 FOCUS Foto freeartist © 123RF.com Civiltà del Lavoro marzo • aprile • maggio 2022 ste. Diverso esito hanno sortito bandi su tematiche so- ciali o ambientali. L’avviso sui borghi era rivolto a piccoli comuni con meno di 5mila abitanti ovvero dei municipi più piccoli e teoricamente con meno strumenti operati- vi. Eppure, sui 5.532 centri minori ben 1.791, pari al 32,4%, hanno presentato un progetto, un comune ogni tre. Le regioni più coinvolte sono state la Toscana, dove ben il 70% dei borghi ha sottoposto al ministero un progetto, in Emilia Romagna si è raggiunto il 62%, ma anche le re- altà meridionali hanno ben figurato. In Puglia si è rag- giunto il 56% e in Campania il 51%. Naturalmente, per avere effetti concreti, specie sull’oc- cupazione giovanile, bisognerà vedere attuati i propositi per ora solo enunciati. Tuttavia è un buon inizio perché sono molti i sindaci attivi che mostrano spirito d’iniziati- va e capacità progettuali. Non si tratta semplicemente di approfittare dei milioni messi in palio dal Pnrr, si respira una forte motivazione a operare per la comunità, forse proprio perché si tratta di piccole comunità identitarie. Che cosa si potrebbe fare di più per migliorare la ca- pacità di progettazione, investimenti ed esecuzione delle opere? Le abbiamo provate tutte, finora, con scarso successo. Credo che si possa invertire la tendenza puntando su due importanti driver. Il primo è la collaborazione fra pubblico e privato in un’efficace suddivisione dei com- piti. L’ente territoriale deve aver chiari i suoi obiettivi e le risorse possono venire dai grandi programmi per la ripresa dopo le straordinarie crisi di questi anni. Ma la realizzazione e la gestione deve affidarsi a modelli or- ganizzativi emanageriali che solo l’impresa è in grado di mettere in campo. Dando spazio il più possibile ai par- tenariati, alle concessioni, al contributo di imprese so- ciali e così via, l’ente locale si riserva la funzione di pro- grammazione, verifica e scelta dei partner. L’altro drive è la formazione e la manutenzione delle competenze dei pubblici dipendenti. Qui è necessaria una rivoluzione per quanto riguarda la selezione, da im- prontare a criteri rigidamente meritocratici e non clien- telari,ma purtroppo in questo momento non è detto che i migliori siano attratti dalla Pubblica amministrazione. Sarebbe utile se le Regioni, per esempio quelle del Sud, o i Comuni si consorziassero per realizzare ope- re importanti? Sinceramente credo che opere importanti come ad esem- pio ferrovie, raccordi stradali, nodi logistici o portuali, termovalorizzatori e così via abbiano bisogno di opera- tori specializzati per essere realizzati “presto e bene”. Possono essere pure di proprietà pubblica, ma con una conduzione dichiaratamente aziendale. Può essere uti- le, talvolta indispensabile, consorziarsi, ma comunque anche fare la stazione appaltante implica competenze tecniche che solo strutture stabili possono incorpora- re. Da questo punto di vista, la fusione di tante munici- palizzate del Nord ha dato ottimi risultati. Si potrebbe anche ricorrere alla collaborazione pub- blico-privata? E in questo caso che cosa potrebbero fare di più le imprese? L’impresa dovrebbe fare l’impresa, evitando di essere il “cavalier servente” della politica. La realizzazione di in- frastrutture non può che avere un imprinting pubblico, trattandosi di investimenti a rendimento differito nel tempo, che il mercato solo in circoscritti casi può so- stenere. L’impresa funzionale alla ripresa del Paese ac- cetta una competizione vera basata sull’efficienza per aggiudicarsi l’opportunità di collaborare con le ammini- strazioni pubbliche. Mi rendo conto che le procedure sono spesso contor- te e talvolta non sufficientemente trasparenti, al punto che nel mondo imprenditoriale si sono dovute sviluppa- re molto più le competenze legali che quelle tecniche. In questo momento, tuttavia, abbiamo bisogno di aziende ben strutturate e non di operatori improvvisati a caccia di risorse pubbliche.

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