Civiltà del Lavoro, n. 3/2021

53 Civiltà del Lavoro giugno • luglio 2021 FOCUS duttività del fattore lavoro, dall’altra veniamo premia- ti per la nostra capacità di migliorare continuamente i prodotti in esercizio e di sfidare la miglior concorrenza mondiale nella progettazione di componenti per nuovi e più performanti veicoli. La capacità di anticipare soluzioni di mercato insieme al cliente rimane centrale. Componenti ridotti nel numero, meno ingombranti e più leggeri, anche per compensare il volume e il peso del pacco batterie, sono una eccellenza che ci viene ri- conosciuta, frutto di un know-how costruito in cento anni di storia industriale. Venire coinvolti dal produttore finale, già nella fase di de- finizione del concept del veicolo, rappresenta un vantag- gio irrinunciabile per la componentistica italiana. A proposito di volumi, lei ha indicato nel raddoppio dei volumi di produzione la condizione indispensabi- le per la sopravvivenza del settore. Si tratta di 1 mi- lione di auto. È così? Si, nel documento che abbiamo inviato al Governo abbia- mo parlato di un progetto industriale per produrre alme- no 1 milione di vetture in Italia. Inoltre, abbiamo chiesto di fissare un contenuto di nazionalizzazione minimo del 50% per le vetture prodotte nel nostro Paese. Sarebbe una soluzione per salvaguardare le filiere. Altrettanto importante è il mantenimento in Italia dei Centri di Ricerca e di Trasferimento Tecnologico con i quali l’intero sistema interagisce e cresce: le aziende da una parte, le università dall’altra. Spetta al Governo di allocare adeguate risorse per favorire il perseguimento di questo obiettivo. L’indotto italiano dell’automotive è adeguatamente internazionalizzato? Nel 2019 l’intero settore automotive ha esportato pro- dotti per 40,5 miliardi di euro. Di questi, 22 miliardi pro- vengono dalla componentistica, a fronte di importazioni inferiori ai 17 miliardi: positiva come sempre per oltre 5 miliardi la bilancia commerciale. Quale impatto potrà avere la nascita di Stellantis per il comparto italiano? A differenza del Governo francese, che è entrato nel ca- pitale di Stellantis, l’Italia non si è nemmeno seduta al ta- volo, ma non è mai troppo tardi se c’è la volontà di farlo. Il futuro delle fabbriche italiane è a rischio poiché, come dichiarato dall’Ad di Stellantis Carlos Tavares, gli stabili- menti italiani sono poco competitivi rispetto a quelli di altri Paesi. Bisogna impegnare l’azienda a sviluppare la filiera e l’occupazione nel nostro Paese. Non cerchiamo protezioni, ci basta essere messi in condizione di po- ter giocare alla pari la sfida della dirompente transizio- ne ecologica e tecnologica in atto. Il rischio, che va cor- so, è evidente e riguarda definiti comparti della filiera (il power-train sopra tutti gli altri); ed è a questi comparti che va dedicato nei prossimi 5 – 7 anni un sostegno au- tomatico e a fondo perduto nella misura del 50% delle spese sostenute per l’innovazione e lo sviluppo dei pro- dotti, sulla falsa riga di quanto stanziato da Industria 4.0 per la digitalizzazione dei processi. In Francia il costo dell’energia è circa le metà di quel- lo italiano. Per rendere più competitivo il settore ba- sterebbe cominciare ad abbassare i costi delle com- modities. Cos’altro? Oltre alla riduzione del costo dell’energia, nel nostro Pa- ese bisogna intervenire sulla riduzione del costo del la- voro per unità di prodotto. Per difendere gli investimenti già fatti al Sud ed attrarne di nuovi, inoltre, sarebbe strategico inserire la decontri- buzione del costo del lavoro per le aziende che lì ope- rano. Altra proposta è quella di inserire l’esenzione dei contributi per i giovani neo-assunti per almeno due an- ni. Sarebbe opportuno incoraggiare gli sforzi della filie- ra nell’innovazione tecnologica, produttiva e formativa. Uno dei gap italiani è legato alle dimensioni delle azien- de della filiera. Come favorire l’integrazione tra i pla- yer più piccoli? I componentisti devono capire che oggi devono lavo- rare insieme. È fondamentale avere delle grandi azien- de, perché senza quelle non ci sono né le filiere né tut- ti i supplier di secondo livello. Dall’altra parte si rende necessario chiedere all’Europa una politica industriale per l’auto con grossi investimenti che supportino vera- mente la trasformazione, sia a livello produttivo che nel- la riqualificazione degli addetti. Dobbiamo reinventare le nostre aziende ma da soli non possiamo farcela. MARCO BONOMETTI è stato nominato Cavaliere del Lavoro nel 2012. È presidente e Ad di Omr Holding SpA, sotto la sua guida l’azienda, fondata dal nonno nel 1919, è diventata un Gruppo industriale internazionale con oltre 3.600 dipendenti e 16 stabilimenti. Il Gruppo è attivo principalmente nella componentistica per autovetture, veicoli industriali e mezzi di movimento da terra

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