Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2019

30 Civiltà del Lavoro novembre 2019 SPECIALE GLI INCONTRI CON GLI ALLIEVI DEL COLLEGIO LAMARO POZZANI E LE OPINIONI DEI CAVALIERI DEL LAVORO RACCOLTI NEL VOLUME “EUROPA: RADICI – RAGIONI – FUTURO” Cinque LEZIONI sull’Europa Agli inizi del Duemila uno storico tedesco ha censito 184 progetti di costruzio- ne europea elaborati dal 1612 al 1984. Di questi 184 progetti qualche ricercatore sarà in grado di citarne una decina, ma l’unico rimasto nella storia, che rappre- senta ancora un punto di riferimento essenziale del processo di integrazione eu- ropea è il progetto approvato dal Parlamento europeo nel 1984. Ovvero, il pro- getto portato avanti da quello che il Presidente Giorgio Napolitano ha definito “un animale politico a tutto tondo”, il cui scopo nella vita era soltanto batter- si per l’unificazione dell’Europa: Altiero Spinelli. Nel ciclo di incontri promos- so nella primavera di quest’anno dal Collegio della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro in vista delle elezioni europee del 26 maggio, si è parlato (tanto) di Spinelli. Ma non solo. Intellettuali, esponenti della vita economica e protagonisti della nascita e dello sviluppo dell’Unione europea, coordinati dal professor Sebastiano Maffettone e da Paolo Mazzanti, direttore di Askanews, hanno illustrato le ragioni, le radici e le prospettive future della comunità europea a 40 anni dall’elezione diretta del parlamento di Bruxelles. Cinque lezioni, tenute da Dastoli, Francesco Gui, Gian Luigi Tosato, Antonio Patuel- li e Alfredo Diana, raccolte nel volume “Europa: Radici - Ragioni - Futuro” pubblicato nei “Quaderni Lamaro Poz- zani”. Cinque lezioni arricchite dagli spunti sollecitati dagli allievi del Collegio, mai ascoltatori passivi. Tutt’altro. Alle lezioni fanno seguito, nella seconda parte del volume, gli interventi di alcuni Cavalieri del Lavoro intervista- ti dal giornalista Nando Santonastaso e pubblicati sul Mattino in vista e, in qualche modo, in preparazione del Convegno nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Maurizio Sella, Cesare Puccioni, Lorenzo Sassoli de Bianchi, Alber- to Bombassei, Ugo Salerno, Andrea Illy, Alberto Vacchi, Agostino Gallozzi, Francesco Rosario Averna, Costanzo Jannotti Pecci, Domenico Favuzzi e Luigi Roth discutono di come si sia passati, negli ultimi trent’anni, dall’Euro- pa delle convenienze all’Europa delle paure e di come riscoprire l’Europa delle convinzioni e dei principi. Chiude il volume il discorso tenuto da Luigi Einaudi alla Costituente il 29 luglio 1947 su “La guerra e l’unità europea” e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea - la Carta di Nizza -, due testi di riferimento per comprendere i valori che sono alla base della costruzione europea. G.P. Affari internazionali lancia infine un avvertimento circa le proposte allo studio presso alcuni think tank: “Se doves- simo sostituire un sistema di controlli da parte di istituzio- ni europee, comunque sensibili alla politica, con un sistema di controlli automatici da parte dei mercati probabilmente rischieremmo più di quanto non stiamo rischiando oggi”. Annunziata si riallaccia alla questione del metodo e rilan- cia: “E se l’attuale grazia fosse il risultato del fatto che quel- li di prima hanno sbattuto i pugni sul tavolo e hanno fatto paura?”. Non esiste una risposta esatta a questa domanda. Nelli Feroci ricorda che Bruxelles è il luogo del confronto fra i governi, dove paesi del Nord e paesi del Sud hanno vi- sioni differenti su alcuni aspetti. La riduzione dei non performing loans nei portafogli delle banche è una tipica misura di riduzione del rischio che vie- ne ad esempio richiesta dal fronte del nord. D’altra parte sarebbe necessario “riuscire a creare un supporto di natu- ra pubblica al fondo comune di risoluzione delle banche”. Antinomie non risolte, antinomie che continuano a con- dizionare. “La rigidità non è di questo tempo – commenta Zambon – la rigidità fine a se stessa non porta da nessu- na parte”. L’imprenditrice ricorda le difficoltà che spesso vive il mondo della ricerca in Europa, dove i venture capi- talist sono ancora molto scarsi. “Cosa chiederebbe all’Eu- ropa?”, incalza Annunziata. “Un fondo europeo di venture capital che venga gestito da persone competenti – rispon- de Zambon – che sono state dall’altra parte della barrica- ta, che hanno sofferto cosa vuol dire essere in una fase di sperimentazione, capire che c’è del valore e non avere i sol- di per finanziare”.

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=