Civiltà del Lavoro, n. 6/2018

121 CIVILTÀ DEL LAVORO VI - 2018 INTERVISTE sultati raggiunti dall’export, il nostro Paese non valorizza a sufficienza il ruolo sociale ed economico dell’impresa e, anzi, non perde occasione per imbrigliarne le poten- zialità. L’attualità ci presenta situazioni preoccupanti: dai dubbi sulla reale necessità di produrre acciaio alla super- ficialità nel comprendere che cosa sia oggi un rapporto di lavoro; dal rifiuto ideologico delle infrastrutture di ogni ti- po a una sorta di impossibilità a dare riferimenti efficaci e duraturi all’industria. In una prospettiva come questa, Confindustria, e più in ge- nerale tutti gli attori della rappresentanza, devono con- frontarsi con una politica che, come in altre parti d’Euro- pa e del mondo, si dimostra più orientata a restaurare il passato che a governare l’inarrestabile processo di tra- sformazione in atto. È stato da poco eletto presidente di Unindustria Reg- gio Emilia ed è stato presidente di Federmeccanica. In che modo l’ha arricchita l’esperienza associativa? Poco più di un anno fa concludevo il mio mandato di pre- sidenza in Federmeccanica. Un’esperienza importante non solo per ciò che con le organizzazioni sindacali siamo riu- sciti a realizzare, ma anche per tutto quello che ho ap- preso sull’industria italiana, sugli imprenditori, sul lavoro e sulla “fabbrica”. I quattro anni in Federmeccanica sono volati. Servire le imprese e attraverso di esse il Paese è stato il più bel me- stiere del mondo. Riuscire a farlo pensando ai colleghi imprenditori e ai la- voratori è stato un autentico privilegio. Nei mesi scorsi molti colleghi e colleghe di Reggio Emi- lia mi hanno sollecitato ad assumere il nuovo incarico. Ho deciso di dare la mia disponibilità animato da un pre- ciso convincimento: l’esperienza maturata nell’industria, nel lavoro e nella società è un patrimonio che sento il do- vere di restituire, in qualche misura, a una comunità dalla quale ho ricevuto molto. Dai saggi e dagli imprenditori ho ricevuto un mandato preciso: traghettare Unindustria Reggio Emilia nella quar- ta rivoluzione industriale, concorrere a formare una nuova generazione di quadri confindustriali e contribuire al rin- novamento del sistema locale. Tre obiettivi che ho iniziato a perseguire con quel disinte- ressato spirito di servizio che rappresenta l’elemento co- stitutivo del più autentico impegno civile e associativo. • di gestire la complessità. La tecnologia digitale, la gran- de disponibilità di hardware e software, l’interazione tra l’uomo e le macchine facilitano il controllo e la risoluzio- ne delle criticità. L’essenza di Industry 4.0 non è costitu- ita dalla magnitudo raggiunta dallo sviluppo delle diver- se tecnologie abilitanti; il vero dato rivoluzionario è che tutte queste tecnologie, insieme a un’infinità di possibili applicazioni, saranno alla portata di un numero sempre maggiore di imprese e operatori. Tuttavia, questa disponibilità di tecnologie – in molti casi e per molti anni – sarà solo “potenziale” perché per acce- dervi sarà indispensabile attuare una vera e propria rivo- luzione culturale che ogni imprenditore dovrà promuove- re e praticare all’interno della propria impresa. Oltre al mondo dell’impresa, anche l’intera società dovrà favorire l’evoluzione di un processo educativo orientato alla trasformazione digitale. Oltre a riguardare le macchine, l’innovazione riguar- da le persone. A tal proposito, nella vostra organizza- zione produttiva avete adottato la “filosofia kaizen”. Di cosa si tratta? Nel nostro Paese sono migliaia le imprese, capofila di di- stretti e filiere, che hanno contribuito a radicare e diffon- dere i più evoluti modelli d’eccellenza. Comer Industries e Vimi Fasteners sono certamente due di queste. Il futuro appartiene alle organizzazioni capaci di svilup- pare la cultura dell’innovazione continua, dove ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo: l’innovazione di- venta dunque routine e non un momento straordinario in azienda. Per questo nessun applicativo e nessuna piattafor- ma digitale potranno sostituire il contributo di intelligenza e di passione delle persone che collaborano ogni giorno con l’imprenditore nell’impegnativa gestione dell’impresa. Nella mia lunga esperienza imprenditoriale posso afferma- re che la valorizzazione del capitale umano e dell’intelli- genza collettiva rappresenta il presupposto fondamentale su cui si basa il processo di innovazione e di miglioramen- to continuo dell’azienda. La “filosofia kaizen” si basa proprio su questo principio. Lei ha dedicato una vita all’impresa e alla cultura im- prenditoriale. Dal suo osservatorio, percepisce l’affer- marsi nel dibattitto pubblico di pregiudizi anti-impresa? Nonostante la ripresa dell’economia e gli straordinari ri-

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