Civiltà del Lavoro, n. 3/2022

Civiltà del Lavoro giugno • luglio • agosto 2022 BORSA E VALORI Storia della Finnat, dall’Ottocento ai giorni nostri 100 LIBRI na lunga intervista nella quale il Cavaliere Giampietro Nattino ripercorre la sto- ria della sua famiglia, che diventa la storia di un Paese, storia economica e finan- ziaria, ma anche sociale e politica in senso lato. Una storia radicata a Roma, con origini piemontesi. Ottantasei anni, presidente onorario di Banca Finnat Eurame- rica spa, dopo aver guidato per una quarantina d’anni le sorti del gruppo familia- re, Nattino ha favorito l’ingresso in azienda della quarta (e ormai anche della quinta) generazione. Oggi l’ambizioso programma di ricostruzione previsto dal Pnrr “per avere successo dovrebbe con- tare sullo spirito di ricostruzione che ho visto dopo la guerra. Vorrei rivedere quella volontà, quell’u- miltà, quella grande dedizione al lavoro che c’era dopo la guerra. La gente era povera, il lavoro non c’era, però c’era una cosa importante: la speranza, la fiducia nel futuro, la ricostruzione”. Parole che emergono sfogliando il volume “Borsa e Valori. Storia della Finnat, dall’Ottocento ai gior- ni nostri” (editore Franco Angeli, con la cura di Maura Liberatori e Paolo Pagliaro, prefazione di Osvaldo De Paolini). Il sottotitolo spiega che si tratta di una sorta di autobiografia storica (“Storia della Finnat dall’Ottocento ai giorni nostri”), che si allunga alle origini dell’avventura professiona- le prima e imprenditoriale poi, del nonno Pietro e del papà Arturo. Oggi il gruppo ha raggiunto una raccolta globale superiore a 18 miliardi di euro, di cui 7 nel private banking. “La nostra peculiarità – spiega Nattino – è riuscire ad affiancare all’attività principale, che rimane la gestione del patrimo- nio del cliente, i servizi sulla governance della famiglia”. Ma, com’è naturale che sia, la peculiarità più importante per un gruppo finanziario con una storia così significativa non può che essere la re- putazione. Una reputazione che si consolida sin dalle origini, con il nonno Pietro, che indossa la di- visa giovanissimo. Combatte in Africa, ottiene ferite e medaglie. Arrivato a Roma lavora in banca e poi, a 30 anni, diventa uno dei primi agenti di cambio in Italia, fondando quella dinastia professio- nale che a Roma si accompagnò a distanza con quella degli Albertini a Milano e dei Giubergia a To- rino. Veniva chiamato il “leone della Borsa”. È in questo periodo che si afferma lo slogan: “Il buon giorno si vede dal Nattino”. Con Arturo Nattino la famiglia di agenti di cambio si lancia nell’avventura im- prenditoriale. Fu il padre di Giampietro a fondare nel 1946 la Finnat, esattamen- te la “Finanziaria Fratelli G.A. Nattino”. Le iniziali sono quelle dei figli di Arturo, Giampietro appunto e Angelo, prematuramente scomparso otto anni fa. “Io appartengo alla generazione abituata ad apprezzare i fatti, più che gli annun- ci. D’altra parte, facendo il banchiere non potrebbe essere diversamente. Ho sempre pensato che la finanza debba essere molto integrata con l’azienda. Se la finanzi devi anche seguirla”. Infine un passaggio sul cosiddetto capitalismo di relazione. “Si sta molto demo- nizzando il cosiddetto capitalismo di relazione, che c’è in tutto il mondo e con tutti i regimi economici. Le relazioni aiutano a conoscersi, ma non servono se c’è incapacità. Non sostituiscono l’ingegno, la tenacia, l’istruzione. Le relazioni umane hanno un ruolo nell’economia, ma ovviamente devono rimanere nell’am- bito dell’onestà, trasparenza e correttezza”. U

RkJQdWJsaXNoZXIy NDY5NjA=