Civiltà del Lavoro, n. 6/2021

99 Civiltà del Lavoro dicembre 2021 forte spirito imprenditoriale e innovatore. La mia carrie- ra manageriale in Montedison è durata 16 anni, durante i quali ho avuto esperienze internazionali di successo, ho gestito aziende in diversi mercati esteri, alcuni partico- larmente complessi: è stata la base per l’avventura pro- fessionale che è venuta dopo, da qui ho acquisito la mia visione espansiva e la tendenza all’internazionalizzazio- ne che oggi caratterizza fortemente il Gruppo P&R. Poi, arrivato a oltre 40 anni, ho preso consapevolezza che il ruolo da dipendente mi andava stretto. Molti dei pro- getti che presentavo non vedevano la luce per dinami- che aziendali e non riuscivo a dare libero sfogo al mio spirito imprenditoriale, al desiderio di creare e proget- tare qualcosa di nuovo e a cui dare un contributo unico. Così ho fatto una scelta di vita, dettata dal desiderio di autonomia e libertà decisionale, creatività e innovazio- ne: mi sono rimesso in gioco e affrontato tutti i rischi di fare impresa. Così nel 1984 ho lasciato l’azienda e ho iniziato la mia avventura da imprenditore. I ranking che misurano il livello delle pubblicazioni scientifiche vedono l’Italia in ottime posizioni. Non è così per quel che riguarda la capacità di trasferimen- to tecnologico. Cosa fare per superare questo gap? Per capacità di brevettare, l’Italia si distingue in positi- vo per il numero di brevetti ottenuto: purtroppo, molto spesso non c’è correlazione tra quanto brevettato ed una reale necessità del mercato e molti brevetti sono gene- rati da enti universitari o di ricerca pubblica senza cor- relazione con il mondo industriale, il quale poi dovreb- be sfruttarli. In altri paesi del mondo non è così, credo quindi sia necessario intervenire perché questa situa- zione migliori. È anche un dovere delle aziende quello di aprirsi di più al mercato e al dialogo con le università, affinché l’innovazione possa fruttare al massimo. Capi- ta spesso che le idee non vengano sfruttate fino in fon- do perché lo scienziato, dopo averle sviluppate, non ha poi la forza e la dimensione per sfruttarle globalmente perdendo così importanti occasioni. Cosa ha significato per lei la nomina a Cavaliere del Lavoro e quali le emozioni più forti del giorno della cerimonia in Quirinale? In quel momento ero certamente molto emozionato, e la ragione della mia emozione è stata accogliere questa massima onorificenza come un coronamento del lun- go percorso imprenditoriale che ho compiuto e che og- gi è stato suggellato con una nomina data dalla carica più alta del mio Paese, la Presidenza della Repubblica. È stato un momento di grande intensità e riflessione che mi ha permesso di voltarmi indietro e guardare con uno sguardo d’insieme quello che ho creato e la lunga strada che ho percorso, fatta di risultati, raggiungimen- ti, molta dedizione, rischi e sfide. Sono onorato e gra- to perché tutto questo è stato suggellato da quello che per me è il riconoscimento di maggior significato, il Ca- valierato del Lavoro.

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