Civiltà del Lavoro, n. 6/2021

49 Civiltà del Lavoro dicembre 2021 FOCUS Foto ra2studio © 123RF.com luppo già emersa al G20 e alla Cop26, che si sono con- cluse con un compromesso che molti hanno giudicato “al ribasso”, con India e Cina che, pur accettando di li- mitare a 1,5 gradi l’aumento di temperatura, non hanno voluto assumere impegni precisi per non ostacolare la propria crescita economica, che si alimenta soprattutto di energia fossile. In particolare, per raggiungere emis- sioni zero non è stata accettata la data limite del 2050 (la Cina indica il 2060, l’India addirittura il 2070) e nel testo finale la frase “phasing out” (eliminazione) è sta- ta sostituita da “phasing down” (riduzione) delle emis- sioni. Due paroline, “out” e “down”, che rischiano di fa- re la differenza tra salvezza e catastrofe per il pianeta. “Il Pil dei singoli paesi – ha detto l’8 ottobre scorso il Premio Nobel della fisica e presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi parlando alla Camera a una riu- nione preparatoria della Cop26 – sta alla base delle de- cisioni politiche e la missione dei governi sembra essere quella di aumentarlo il più possibile. Obiettivo che però è in profondo contrasto con l’arresto del riscaldamen- to climatico. Il Pil non è una buona misura dell’econo- mia, cattura la quantità ma non la qualità della crescita”. Ma cambiare prospettiva non è facile, mentre il primo effetto della lotta ai cambiamenti climatici sembra es- sere l’aumento dei prezzi di gas (quintuplicati in pochi mesi) ed elettricità, che ha già indotto il nostro governo a stanziare cinque miliardi per ridurre gli aumenti delle bollette per i cittadini più bisognosi. Secondo il presidente dell’Eni Claudio Descalzi, l’aumen- to dei prezzi del gas non deriva se non marginalmente da fenomeni contingenti come la mancanza di vento nel mare del Nord, che ha ridotto la produzione di energia eolica, o la riduzione di export del gas russo. Per Descal- zi l’aumento dei prezzi ha una ragione più strutturale: la riduzione degli investimenti in fonti fossili, che va avanti dal 2014 anche per la concorrenza degli investimenti in fonti rinnovabili. La stessa Eni investe 2,5 miliardi l’anno in rinnovabili e ha appena lanciato la società Plenitude per commercializzare energia pulita. Secondo Descalzi se vogliamo davvero la sostenibilità, dobbiamo utilizzare tutte le fonti e tecnologie che con- sentono di ridurre le emissioni rispetto a carbone e pe- trolio: dunque rinnovabili, ma anche gas, idrogeno blu (prodotto col gas), cattura della CO 2 , nucleare di quarta generazione (che produce meno scorie ma sarà disponi- bile forse fra 10 o 15 anni). L’altro gigante energetico ita- liano Enel punta, invece, decisamente sull’elettrificazione a base di rinnovabili e promette 170 miliardi di investi- menti entro il 2030: “Il Piano di quest’anno, con 170mi- liardi di euro di investimenti diretti entro il 2030, rappre- senta un punto di svolta – ha l’Ad Francesco Starace –. La sua attuazione ci consente di avanzare dal preceden- te decennio della scoperta dell’energia rinnovabile all’at- tualedecennio dell’elettrificazione. Stiamo accelerando la crescita in tutte learee di business, creandovaloreper i no- stri clienti, che sono al centro della strategia del Grup- po, valore che si traduce nella prevista riduzione della loro spesa energetica, aumentando al contempo la loro domanda di elettricità entro il 2030. Inoltre, stiamo an- ticipando di dieci anni l’obiettivo della completa decar- bonizzazione del Gruppo, con il raggiungimentodel “Net Zero” entro il 2040. Continueremo a crescere nelle rin- novabili, valorizzando quello che è già oggi il più grande portafoglio privato di asset rinnovabili al mondo. Il busi- ness di infrastrutture e reti e la nuova business line Glo- bal Customers ci consentiranno di cogliere le incredibili Entro il 31 dicembre la Ue definirà i primi criteri per la classificazione normativa delle fonti e dei processi produttivi sostenibili. Il problema dell’aiuto ai paesi poveri. La necessità di investire di più su ricerca e innovazione

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