Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2021

25 Civiltà del Lavoro ottobre • novembre 2021 vani, ma anche perché i dati ci dicono che l’Italia fa po- che patenti e pochi brevetti, la metà rispetto a Francia e Gran Bretagna e, credo, un quinto rispetto alla Ger- mania addirittura. Spendiamo meno in ricerca, in ricerca e sviluppo di business, rispetto agli altri paesi, di nuovo con numeri che sono circa la metà rispetto ai due pae- si di riferimento e significativamente inferiori rispetto alla Germania. Quindi, Pnrr, grande investimento infra- strutturale, reti, cloud, infrastrutture, ma anche compe- tenze di base. Ultima considerazione: le opportunità. Il 56% degli italiani pensa che lavoro e occupazione siano la prima preoccupazione. Questo è ovvio. Che cosa può far ridurre questa preoccupazione? Ovviamente aprire le opportunità. Aprire più opportunità vuol dire fonda- mentalmente dare più possibilità di intraprendere, di fa- re concorrenza, una parola che in Italia non è molto po- polare in alcuni ambiti, ma che è necessaria. Spesso mi viene chiesto perché in Italia ci sono poche startup che ce la fanno a crescere. La risposta non è dif- ficilissima. Le università sono buone come quelle degli altri, anzi, in alcuni casi sono molto buone. Silicon Valley, East London, Berlino sono piene di italiani molto bravi. Quindi il problema non è quello. Si dice spesso che manca il capitale, ma, di nuovo, nei fondi di Venture capital, di Growth capital è pieno di ca- pitale italiano, di famiglie italiane, di istituzioni italiane, che, quindi, hanno risorse da investire. Ci sono startup. Non è vero che non ci sono. Ma non crescono. Se non crescono, uno deve domandarsi se non è l’ambiente in cui queste operano, sicuramente per i fardelli ammini- strativi, ma anche per la difficoltà di accedere rapida- mente al mercato. Hanno bisogno di più capitale, non ce la fanno e a un certo punto accettano di rimanere a una dimensione piccola. E poi questo ovviamente va a incidere sulla ca- pacità di investire in ricerca e sviluppo e così via. Allora, io penso che, in conclusione, il tema del digitale si leghi molto bene al tema dei giovani perché chiaramente tut- to quello che stiamo facendo, per quei 50 e rotti miliardi che stiamo mettendo sulla parte digitale, sicuramente va a vantaggio dei giovani, ma deve andare a vantaggio dei giovani sul territorio italiano e con opportunità italiane. È molto importante che queste energie finanziarie e uma- ne possano trovare applicazione in Italia, in imprese ita- liane che le accolgono, ma anche nell’ambiente italiano che sia favorevole all’apertura, al nuovo e quindi anche alla concorrenza e alla valorizzazione delle idee e del la- voro che questi giovani dovranno mettere per dare lo- ro quel lavoro e quelle opportunità imprenditoriali che ci chiedono. Io penso che il circolo virtuoso del digitale sia proprio investimento in infrastruttura, competenze e opportunità per i giovani e poi apertura e crescita d’in- vestimento innovativo. Sono ottimista sul fatto che possiamo farcela, che pos- siamo diventare dei fuoriclasse, ma non dobbiamo dare per scontato che avvenga senza tanto, tanto lavoro con- giunto di tutte le componenti pubbliche e private che condividono questo obiettivo. Maurizio Sella e Myrta Merlino PRIMO PIANO

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