Civiltà del Lavoro, n. 2/2021

48 Civiltà del Lavoro marzo • aprile 2021 che il lavoratore deve scegliere un locale idoneo dove lavo- rare da remoto. Occorre fornire al lavoratore delle prescri- zioni più precise ed effettuare controlli, magari a campione. Lei stesso ha auspicato l’inserimento di accordi sullo smart working nei contratti nazionali. Sta accadendo? Una prima raccolta di contratti collettivi, nazionali e soprat- tutto aziendali, curata con lo studio Fieldfisher, offre nume- rose indicazioni utili. Numerosi accordi sono stati conclusi nel corso della pan- demia e si occupano prevalentemente della gestione del- la sicurezza dei dipendenti nei confronti del Covid; alcuni, tuttavia, contengono regole destinate a disciplinare più in generale lo smart working. Alcuni contratti nazionali, in particolare alimentaristi e te- lecomunicazioni e ora quello dei metalmeccanici, offro- no indirizzi generali e linee guida per l’uso dello smart working, peraltro con un rinvio alla contrattazione azienda- le per specificazioni e integrazioni applicative. In generale, in effetti, sono i contratti aziendali la fonte più comune di regolazione di questa nuova forma di la- voro, che, per la sua variabilità e per la necessità di un uso flessibile, richiede di essere adattata alle specifiche modali- tà produttive dei diversi luoghi di lavoro. Gli accordi esaminati sottolineano il carattere sperimenta- le delle regole concordate, non solo quando la loro dura- ta è limitata all’emergenza, ma anche quando il ricorso al- lo smart working è proiettato oltre la fine dell’emergenza. Alcuni accordi precisano che, dopo le deroghe previste nell’emergenza, dovrebbe riprendere vigore la norma della legge n. 81/2017, che richiede il contratto individuale per il ricorso e per la regolazione allo smart working. In generale, tutti gli accordi prevedono il “diritto alla disconnessione”, perché il lavoro da remoto deve comunque essere svolto in un arco orario prestabilito. A sottol ineare i l carattere sper imentale del le scel - te in materia, si prevede, inoltre, la necessità di verifi- che perio-diche fra le parti , per valutare i pro e i con- tro del l ’esperimento: cioè per anal izzare se e quanto si siano concretati gl i aspetti positivi del lavoro a di- stanza, spesso menzionati negli accordi (miglioramenti del cl ima aziendale, del la fiducia e del la responsabi l i- tà nei rapporti di lavoro, riduzione del l ’assenteismo e dei costi di trasporto, migl iore conci l iazione fra lavo- ro e vita personale ecc.) e per vedere qual i siano stati gl i impatti negativi , ad esempio sul lo stress dei dipen- denti , sul lavoro del le donne, sul le retribuzioni e su al- tri aspetti del lavoro. Si può valutare come lo smart working abbia influenza- to la produttività del lavoro? Le prime valutazioni sulla produttività dello smart working sono abbastanza positive, soprattutto nelle imprese priva- te che hanno strumenti in grado di misurare l’efficacia della prestazione lavorativa. E poi bisogna tener presente che le imprese grazie allo smart working risparmiano i costi degli uffici, al punto che in alcune contrattazioni aziendali le rap- presentanze dei lavoratori hanno chiesto di ottenere una parte di questi risparmi, sia sotto forma di bonus economi- ci, sia sotto forma di minore orario di lavoro. Alcuni osservatori hanno criticato lo smart working nella Pubblica amministrazione, sostenendo che non sarebbe stato efficace. È così? E come migliorarlo? Bisogna sempre tenere presente che lo smart working non è semplicemente lavoro da casa: per essere efficace richie- de una gestione aziendale intelligente, a volte una vera e Le prime valutazioni sulla produttività dello smart working sono abbastanza positive, soprattutto nelle imprese private che hanno strumenti in grado di misurare l’efficacia della prestazione lavorativa PRIMO PIANO

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