Civiltà del Lavoro, n. 6/2020

Civiltà del Lavoro dicembre 2020 77 Può indicarci anche altre iniziative avviate per favorire lo scambio di conoscenza all’interno dell’azienda? Abbiamo consolidato la conoscenza realizzando molti stru- menti informatici dove archiviamo le conoscenze vitali, le procedure particolari, le tecniche uniche che ci contraddi- stinguono, gli errori progettuali da non ripetere. Salviamo interi progetti e li cataloghiamo puntualmente. Ogni repar- to ha così il compito di rendere queste informazioni dispo- nibili a tutti e per giunta in più lingue. Prenda ad esempio la progettazione. Marsilli ha iniziato circa 30 anni fa ad uti- lizzare il CAD investendo molto nel corso degli anni. Oggi abbiamo circa 80 progettisti che lavorano in 3D e, prima di progettare qualcosa di nuovo, sono tenuti ad accedere agli archivi digitali per valutare le esperienze precedenti. Questo è un trasferimento tecnologico ma è anche un risparmio di tempo e una capitalizzazione delle esperienze. Nell’ultimo decennio ha inaugurato stabilimenti in tutto il mondo, dal Messico alla Cina. Se e in che modo la pan- demia ha cambiato il vostro regime produttivo? Dapprima la pandemia ci ha spaventati con la sua emergen- za e poi ci ha guidati verso un cambiamento radicale. Mar- silli è cresciuta molto negli anni cercando di stare sempre vicina ai propri clienti che sono, per il 96%, in altri paesi. Ciò significa aerei, trasferte, assenze. Questo aspetto della nostra vita lavorativa oggi è diverso. Come tutti, abbiamo prontamente modificato il nostro modus operandi verso un paradigma digitale in cui il monitor del PC ha assunto la funzione di una porta aperta verso i clienti, i fornitori, i col- leghi dall’altra parte del mondo. Ma poi abbiamo anche voluto fare un passo in più e speri- mentare il collaudo a distanza dei nostri impianti. Sembra- va una cosa impossibile ma oggi è già routine: una squadra di tecnici posiziona le telecamere che poi sono controlla- te dal cliente che accede al software, ai risultati statistici della produttività, ma anche al microscopio con cui osser- va i dettagli del suo prodotto. In questo modo possiamo concludere i collaudi anche a distanza nella soddisfazione di entrambe le parti. L’impatto della pandemia è stato vasto e drammatico ma ha dato una spinta verso l’innovazione. Oltre all’impatto della crisi sanitaria paghiamo ritardi di decenni di mancate riforme. Quali gli interventi più urgenti? Ravviso il bisogno urgente di una riforma strutturata della fiscalità ma anche una semplificazione della burocrazia che oggi sono un fardello pesante per le imprese italiane che operano sul mercato internazionale e che competono con player che non hanno questo svantaggio. Noi italiani rischiamo di perdere parte del vantaggio com- petitivo. Inoltre, se posso scherzosamente paragonare l’Italia ad un’impresa, mi viene da dire che ha un discutibile ufficio marketing e che fa un pessimo lavoro di brand awareness. Noi che operiamo sul mercato globale dobbiamo spesso far valere il nostro diritto e la nostra volontà ad essere seri, professionali e affidabili. La cosa mi rattrista perché quan- do invece ci vengono riconosciute serietà e professionalità, veniamo ingiustamente paragonati ai tedeschi. Rivendico perciò il diritto della mia azienda ad essere seria e creativa (forse anche più dei tedeschi) ma nello stesso tempo rimprovero al legislatore di non mettere in campo alcuna azione internazionale perché questo diritto venga riconosciuto. Quando ha saputo di essere diventato Cavaliere del La- voro qual è stato il suo primo pensiero? È stata una fortissima emozione e tantissimi pensieri ed immagini si sono affacciati nella mia mente. Ho dapprima pensato di non meritarlo e che senza dubbio vi erano im- prenditori che avevano fatto meglio di me. Poi questo pen- siero ha lasciato il posto alla convinzione che l’onorificenza era un riconoscimento non tanto e non solo al lavoro che avevo fatto ma al risultato a cui la mia azienda era arrivata, e questo risultato è sicuramente da condividere con tutti i miei collaboratori, senza i quali non avrei potuto raggiun- gere questo successo. Infine, ho pensato alla mia famiglia, a mia moglie a cui spesso ho sottratto del tempo per spen- derlo in azienda. A lei e ai miei figli ho voluto dedicare il ti- tolo. A loro devo tutto.

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