Civiltà del Lavoro, n. 4-5/2019

35 Civiltà del Lavoro novembre 2019 SPECIALE ne con la sostenibilità ambientale, domanda che è stata ricorrente in questo dibattito, è assolutamente fuorviante: senza sviluppo di tecnologia e senza crescita economica, non possono esserci risorse e know how da in- vestire per recuperare il pianeta e renderlo più sostenibile”. “La vera chiave di volta – ha proseguito l’imprenditore – è rendere il no- stro modo di produrre, di vivere e di lavo- rare insieme sostenibile. Chiunque faccia il nostro mestiere, sa che senza la sostenibi- lità nel lungo periodo non c’è investimento che si regga”. “C’è un altro tema fondamentale – ha appro- fondito D’Amato - sul quale dobbiamo seria- mente interrogarci subito per le ragioni di un’Europa più forte e più unita: quello della crisi, sempre più forte, delle democrazie oc- cidentali, in un confronto globale sempre più stringente con realtà che difettano di demo- crazia, ma hanno una maggiore efficacia ed efficienza nel governo anche delle loro dina- miche interne, e soprattutto nella conquista nel breve periodo di posizioni di potere e di forza, anche dal punto di vista economico”. Nella relazione del Presidente la difesa del modello di democrazia occidentale si salda al tema dell’identità dell’Europa e all’incon- tro-scontro di civiltà. “Oggi – prosegue D’Amato – ci troviamo di fronte a uno scontro di civiltà che a molti fa paura evocare, ma che diventa ancora più perico- loso ignorare. Ora, questo scontro di civiltà, nella mia personale opinione, si supera non rifiutan- do, ovviamente, le civiltà degli altri, ma non può essere superato se non si riconosce innanzitut- to la propria civiltà. Non si può riconoscere l’identità e la cultura degli altri, se non si riconosce e se non si è consapevoli delle proprie radici. Saperle ritrovare, saperle riaffermare, essere con- sapevoli delle nostre radici giudaico-cristiane, di cui abbiamo parlato a lungo, essere anche con- sapevoli che questo non voglia dire negare il portato dell’Illuminismo o della cultura dei diritti, ricordare, come ha detto monsignor Paglia, che è proprio nella prima parola del cristianesimo la chiara distinzione tra Stato e Religione (“date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio”), ecco, tutte queste cose sono fondamentali”. E quale può essere il contributo dell’Italia alla costruzione della nuova Europa? “L’Italia – risponde D’Amato – può fare moltissimo. Ciascuno di noi può contribuire a realizzare questo progetto. E il nostro Paese può fare moltissimo, soprattutto se affronta con autorevolezza e credibilità il modo in cui si pone rispetto all’Europa e anche rispetto alle questioni fondamen- tali all’ordine del giorno del dibattito di queste settimane sulla politica di flessibilità del bilancio europeo e su quello che ci è consentito fare o meno. Il nostro è un Paese che non investe su se stesso da oltre due decenni, a gravissimo rischio non solo di tenuta ambientale, ma anche idroge- ologico, che ha infrastrutture che cadono a pezzi e, dove non ci sono, continuano a non esserci. Un paese così, che non investe su se stesso, non è un paese che riesce a essere competitivo. Dalla difesa della pace alla sostenibilità ambientale fino alla difesa della democrazia occidentale. Il ruolo dell’Italia, che deve ricominciare a investire su se stessa, e l’importanza di una ricucitura della frattura fra il Nord e il Sud del Paese

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