Civiltà del Lavoro, n. 2/2019

70 Civiltà del Lavoro maggio 2019 VITA ASSOCIATIVA ALBERTO CONTRI Dai Cro-Magnon al Big Bang del web Delle conseguenze del Big Bang del web parla Alberto Contri, stu- dioso e storico presidente della Fondazione Pubblicità Progres- so. “Le innovazioni rese possibi- li da quando, il 6 agosto del 1991, Tim Berners Lee mise sulla rete il primo sito web grazie anche al ri- voluzionario meccanismo dell’inte- rattività, hanno modificato in maniera straordinaria il modo di rapportarsi tra le persone, il modo di lavorare, studiare, divertirsi e fruire dei media. I nostri figli, e ancor più i no- stri nipoti, dovranno inoltre vivere sempre di più immersi nell’Internet delle cose”. Ma c’è un ma: i nostri figli saranno schiavi o padroni del- le innovazioni? Contri ricorda la propria esperienza di do- cente di Comunicazione sociale all’università e di come gli studenti ora vivono di “frammenti”: “Gli studenti colle- zionano frammenti, e al momento di fare una sintesi, in- terloquire in un esame, scrivere una tesi, restituiscono al- trettanti frammenti”. Si tratta del sintomo di un pensiero destrutturato. Ludwig Wittgenstein spiegava che “dato che il linguaggio è il mezzo con cui l’io si relaziona con la real- tà, se è corrotto il tuo linguaggio, significa che è corrotto il tuo rapporto con la realtà”. Contri cita l’epistemologo per denunciare come i più giovani oggi rischiano di essere pe- rennemente connessi eppure fuori dal mondo. Contri conclude allargando ulteriormente lo sguardo e invita la platea a riflettere sul fatto che siamo sempre più schiac- ciati da una molla le cui spire hanno cominciato a compri- mersi molto lentamente almeno 60mila anni fa. Il primo grande breaktrough (rottura evolutiva) nella storia dell’uomo risale al periodo dei Cro-Magnon, quando i primi uomini cominciarono a parlare tra loro. Il secondo grande breaktrough è stato la nascita della scrittura e si è verifi- cato grosso modo solo 50mila anni dopo, intorno al 1500 a.C. Dovranno ancora passare altri tremila anni per arriva- re al terzo breaktrough, l’invenzione della stampa a carat- teri mobili fusi in piombo ad opera di Gutenberg, nel 1445. Passeranno ancora altri 400 anni per arrivare ad un perio- do in cui nel campo della comunicazione e non solo c’è poi stata quasi una importante invenzione all’anno: quotidiani, fotografia, cinema, telefonia, telegrafia, radio, televisione, computer e digitalizzazione dei segnali, per arrivare al Big Bang del web negli anni Novanta. SEBASTIANO MAFFETTONE Le macchine non sono un destino A chiudere il dibattito è Sebastiano Maffettone, che nel ri- annodare le fila di chi lo ha preceduto invita a riflettere sul- le potenzialità e i limiti delle macchine pensanti. Il filosofo ricorda Marx (“Sia detto per inciso – osserva con ironia – Marx ha scritto sul comunismo 300 pagine, sul ca- pitalismo 30mila. Questo significa che pensava di conosce- re molto bene il secondo e poco il primo, eppure sappiamo come è andata a finire”). Quello che sta accadendo adesso assomiglia molto, secondo Maffettone, all’alienazione. “Sia- mo alienati rispetto alla macchina eppure le macchine so- no alienate rispetto a sé stesse nel senso che non possono rendere conto di quello che fanno”. L’intelligenza artificiale, per come si è evoluta e affermata, ha segnato la vittoria dell’approccio del machine learning secondo la logica bottom- up e non top-down. La macchina cioè sa raccogliere una quantità in- credibile di dati e li incorpora in in- formazioni. Ma la macchina sa rico- noscerli? E qui Maffettone chiama in causa la categoria hegeliana del “riconoscimento”. “Si trat- ta di un’esigenza primaria per l’uomo, su questo ho avuto modo di portare avanti un progetto significativo con Le- gaCoop con cui abbiamo sviluppato dei sistemi digitali di tipo social collegati all’idea del riconoscimento. Dobbiamo metterci nelle condizioni di non accettare quello che ci gi- ra intorno come un destino, dobbiamo capire che è nelle nostre possibilità mutarne la direzione”. Viviamo un periodo in cui si parla moltissimo di intelligen- za artificiale. Non solo, l’evoluzione tecnologica è tale da far nascere movimenti esplicitamente ispirati da una visio- ne postumanistica secondo cui la morte potrà essere vin- ta attraverso il trasferimento del cervello su supporti elet- tronici. “Il progresso sta cambiando la vita in tanti modi e a velocità vertiginosa, ma – chiude il filosofo – non si può pensare di battere la morte, ma si deve pensare a non stare troppo male mentre si è vivi: il problema è accompagnare la vita fino alla fine, non fare finta che non esista la morte, sarebbe innaturale”.

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