Civiltà del Lavoro, n. 2/2018

CIVILTÀ DEL LAVORO II - 2018 15 Direi che ha fallito anche la frettolosa riforma (l’ennesi- ma), il “Rosatellum”, che avrebbe dovuto porre rimedio almeno agli inconvenienti. Negli ultimi anni, e anche nelle ultime settimane, si è diffusa la sensazione che la democrazia parlamenta- re disegnata dalla Costituzione sia diventata una de- mocrazia presidenziale, dove il premier è “eletto dal popolo” e non nominato dal Capo dello Stato tra le personalità politiche, o anche non politiche, che pos- sono ottenere la fiducia del Parlamento. Quali rischi ci sono in questa posizione? Bisogna ricordare che la Costituzione è stata scritta dopo il ventennio del fascismo storico, dopo la Resistenza, che è stata davvero un movimento di popolo che ha coinvol- to per esempio anche 600mila soldati e buona parte del- la popolazione; e non si presta né a buffi tentativi di revi- sionismo, né a rivendicazioni di monopolio politico di una parte sola. Per questo, per reagire al regime fascista che aveva umiliato il Parlamento e spento la democrazia, è stato scelto un sistema fortemente parlamentare, con due Camere che hanno le stesse funzioni, pur riconoscendo (con un ordine del giorno famoso del Parlamento: l’odg Perassi) la necessità di una razionalizzazione che poi non vi è stata. Purtroppo, soprattutto dopo l’introduzione della legge elettorale maggioritaria del 1993, abbiamo tollera- to che i nomi dei leader fossero inseriti direttamente nei simboli dei partiti sulla scheda elettorale. Nel frattempo, però, il sistema elettorale è ritornato in sostanza alle sue caratteristiche originarie. Ciò ha consentito ai politici di far credere colpevolmente agli elettori che essi avessero il potere di eleggere direttamente il presidente del Consi- glio e alla fine molti elettori ci hanno creduto. Lo stallo delle ultime settimane nella difficoltà di forma- re un governo dopo le elezioni del 4 marzo deriva anche da questa distorsione; alcuni leader sostengono di esse- re stati “votati da milioni di elettori” mentre il sistema parlamentare non consente l’elezione diretta del premier. Come si può uscire da questo corto circuito che rischia di rendere assai complesso il funzionamento della de- mocrazia parlamentare? Ci sono solo due modi: o si cambia davvero la Costitu- zione in senso presidenzialista, con tutte le difficoltà che abbiamo richiamato prima sulla percorribilità di una sua riforma globale; oppure tutti i politici debbono responsa- bilmente impegnarsi a spiegare ai cittadini che il sistema parlamentare non prevede l’elezione e neppure la vota- zione diretta del premier e quindi dovrebbero cominciare con il togliere i nomi dei leader dai simboli dei loro parti- ti. Non sta scritto da nessuna parte che gli elettori debba- no sapere la sera stessa delle elezioni chi ha vinto; e non vorrei che per questa via si arrivasse un giorno a sape- re già la sera prima delle elezioni chi vincerà l’indomani. Un altro tema che resta attuale è il superamento del bicameralismo paritario: se si vuole introdurre una legge elettorale che consenta a uno dei tre poli poli- tici attuali di conquistare la maggioranza parlamen- tare o con il ballottaggio tra i primi due o con un suf- ficiente premio di maggioranza, occorrerebbe che solo una Camera concedesse la fiducia, altrimenti re- sterebbe il rischio di avere due maggioranze diverse nelle due Camere. È vero che siamo uno dei pochi paesi che hanno man- tenuto un bicameralismo paritario, in cui entrambe le » DALLA COSTITUZIONE CONTINUA AD ARRIVARCI UN MESSAGGIO DI UGUAGLIANZA E DI SOLIDARIETÀ SOSTANZIALE E SOPRATTUTTO DI DIGNITÀ

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