CIVILTÀ DEL LAVORO
III • 2016
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Sullo sfondo delle crisi c’è il conflitto permanente tra
i sunniti (Turchia e Arabia Saudita) e gli sciiti (Iran),
con l’incognita della componente curda: secondo lei
si può arrivare, se non a una collaborazione, almeno a
una convivenza tra i due grandi filoni dell’islamismo?
È largamente auspicabile che si arrivi a una convivenza pa-
cifica fra le due famiglie dell’Islam, anche se onestamente
temo sia molto difficile che ciò si realizzi in tempi brevi.
Situazioni di grandi conflittualità fra le due anime divise
dell’Islam sussistono in relazione a numerosi scenari di
crisi internazionale, in Siria, in Iraq o in Yemen, ma anche
all’interno degli stessi Paesi islamici, in primo luogo in
Arabia Saudita. Tuttavia, un tentativo di dialogo e di col-
laborazione è del tutto necessario e spetta unicamente al
mondo islamico, ai suoi più autorevoli interpreti, porre le
basi per un confronto positivo su questo piano.
Alcune iniziative in questa direzione esistono, a partire da
quelle promosse da Ahmed
Al Tayyeb, Grande Imam
della moschea egiziana di
Al Azhar e massima autorità
riconosciuta dell’Islam sun-
nita, che parla apertamente
della necessità di una con-
ciliazione fra sunniti e sciiti.
Ma ci sono anche questio-
ni politiche da considera-
re attentamente, a partire
dalla conflittualità perma-
nente che oppone Pae-
si come l’Arabia Saudita e l’Iran. Alla comunità interna-
zionale spetta, dunque, il compito di agevolare il dialogo
fra questi Paesi e di prosciugare le fonti dell’insicurezza.
Che previsioni fa per la Libia?
Pacificare la Libia è uno degli auspici più grandi della co-
munità internazionale, ma per la sua concreta attuazio-
ne molto dipenderà dalla capacità del nuovo esecutivo di
operare in modo lungimirante, di non commettere errori
e di coinvolgere tutti gli attori sul terreno.
Il nodo decisivo – inutile negarlo – è rappresentato dalla
posizione del generale Haftar, delle forze armate di To-
bruk e dei loro sponsor politici e militari, in primo luogo
l’Egitto. Solo attraverso una forte mediazione politica, ca-
pace di garantire al generale un ruolo di primo piano nel-
la fase di transizione che attende il Paese, potrà garan-
tirsi una prospettiva alla Libia. È una strada stretta, ma è
anche l’unica percorribile per far tacere le armi, per rico-
struire un tessuto sociale vivo e per scongiurare il rischio
di una nuova controffensiva di Isis nel Paese.
L’Italia ha sinora operato con grande prudenza, cercan-
do di favorire il dialogo tra Usa e Russia, nonostante
l’Ucraina, e la stabilizzazione in Siria: che ruolo preve-
de per il nostro Paese nel prossimo futuro?
L’Italia gioca da sempre un ruolo di ponte fra Stati Uniti e
Russia, fra Europa e Africa, convinta che solo attraverso il
dialogo e l’intermediazione politica si possano superare
le difficoltà e le incomprensioni.
Oggi è ancora su questa strada che ci si deve indirizzare,
consapevoli che solo nel dialogo e nel confronto si può
costruire un futuro di nuova prosperità e di pace.
L’Italia ha questa chiara visione del futuro, puntando a
un rilancio di un progetto europeo oggi appannato dalle
logiche dell’austerity, persino dopo il terremoto causato
dalla Brexit.
L’Europa deve tornare a es-
sere protagonista in positivo
della scena internazionale e
non semplicemente spetta-
trice passiva e colpevole di
ciò che le accade intorno.
Al contempo, è indispensa-
bile che l’Italia spinga coe-
rentemente per consolidare
l’alleanza con gli Stati Uniti,
in una fase in cui lo stesso
disimpegno americano dal
Mediterraneo sta indirettamente contribuendo ad alimen-
tare instabilità e incertezza. Da ultimo, l’Italia deve giocare
un ruolo attivo perché l’Europa ritrovi la via di un dialogo
assertivo con i propri vicini, ristabilendo gli storici lega-
mi con la Russia che, nonostante la delicata vicenda dei
rapporti con l’Ucraina, non può certamente essere rele-
gata a un irragionevole ruolo di marginalità politica. Solo
consolidando la cooperazione diplomatica sarà possibile
svolgere un ruolo attivo anche in Medio Oriente e in Afri-
ca settentrionale. L’Italia ha la capacità di giocare le sue
carte sullo scacchiere internazionale, con la responsabilità
e la visione politica che le sono proprie, a partire dal ruolo
che potrà esercitare occupando per un anno il seggio di
membro non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite. L’auspicio è che sappia scrollarsi di dosso
una certa paura per il futuro e che possa tornare a sug-
gerire con convinzione soluzioni praticabili per affrontare
i problemi che affliggono la comunità internazionale.
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L’EUROPA DEVE RITROVARE
LA VIA DI UN DIALOGO
COSTRUTTIVO CON
LA RUSSIA, CHE NON
PUÒ ESSERE RELEGATA
A UN RUOLO POLITICO
MARGINALE